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Enzo Scandurra: La svolta ecologica,ultima chance per il pianeta e noi

E’ uscito il nuovo libro dell’amico e socio Enzo Scandurra, pubblichiamo la recensione di Laura Marchetti da Il Manifesto del 12 agosto 2022

La scienza ci salverà, sganciata dal capitalismo e «corretta» dalla poesia

Scaffale. Intorno al libro «La svolta ecologica. Ultima chance per il pianeta e noi» di Enzo Scandurra, pubblicato da DeriveApprodi

Enzo Scandurra, urbanista e filosofo della città, è un ottimista. Se non lo fosse non avrebbe passato la vita a combattere per il miglioramento del mondo. Ma il suo ultimo libro (La svolta ecologica Ultima chance per il pianeta e noi, DeriveApprodi, pp. 128, euro 12) è carico di una preoccupazione radicale per le sorti del pianeta e forse anche per i nipoti, a cui è dedicato. Ne è causa l’esito della pandemia e il fatto che una speranza mondiale di cambiamento possibile cede il passo alla constatazione che tutto possa addirittura peggiorare.
Scandurra è un lettore di Bateson, forse uno dei primi in Italia. L’inizio del libro è quindi un metalogo: fra Antonia e Pietro, giovani nel ’68. Passeggiano in un parco ma la loro fede nelle sorti progressive del mondo è oscurata. Lei, materna, pensa ai barconi che quotidianamente portano corpi di morti. Come morti sono i pesci nel ruscello e anche quella strana neve d’estate, che non è soffice ma inquietante e macabra. Lui è più ottimista e vuole baciarla: una promessa di nuova linfa. E poi è un uomo che confida nella scienza. Come il suo doppio, Scandurra, un uomo di scienza che però vuole correggere le colpe della scienza con l’immaginazione e la poesia.

IL PROSIEGUO DEL LIBRO non cede infatti al catastrofismo irrazionalista e se la magia è evocata è solo nella forma materiale della bellezza: bellezza della Natura e di un universo che ha dato una risposta di armonia rispetto al caso iniziale. Bellezza di Gaia, metafora della biosfera che autogenerandosi dal Kaos si staccò per prendere la forma più accogliente per il vivente. Bellezza degli esseri umani, che hanno saputo trasformare la loro imperfezione creando il linguaggio, le istituzioni politiche e il soccorso. Soprattutto sul soccorso insiste Scandurra rileggendo la storia evolutiva non come vittoria del più forte ma del più cooperativo, che ha capito cioè che, senza i denti di tigre e la pelliccia dell’orso, si può sopravvivere solo imparando a unirsi.

QUESTA SPECIE INTELLIGENTE rischia però oggi, di un sol colpo, di distruggere la bellezza accumulata nel corso dei milioni di anni. Di produrre cattiva entropia che porterà a un irreversibile squilibrio cosmico. Di regredire a quella «primitivizzazione» che significa povertà di massa, morte di massa, uccisione di massa, nonché perdita di tutti i tesori culturali dell’umanità. Di fronte a questo, occorre una svolta radicale, una ecologia «profonda» che non si limiti ad aggiustamenti di superficie – qualche sacchetto di raccolta di differenziata in più – ma che implichi una cambio di paradigma, una nuova visione del mondo, nuovi modi di abitare e produrre, nuove forme della politica e della scienza

ECCO, LA SCIENZA. Bisogna iniziare da qui, dice Scandurra in pagine assai intense. Bisogna riprendere una battaglia per la scienza contro quel pensiero irrazionale, privo di fonti e di verifiche, che dilaga in questi tempi tristi.
Ma è una scienza che va rifondata, sganciata dalle grinfie del capitalismo e del colonialismo, aperta alla probabilità, disponibile alla gratuità e perfino all’«inutile». E qui l’autore cita ad esempio la ricerca di Giorgio Parisi. Cosa c’è di più «inutile» che osservare il volo degli stormi? Eppure quel volo dà informazioni raffinatissime sui sistemi complessi a chi sa porre domande con «creatività e metodo». Magari lasciando che la scienza, nella sua esperienza rigorosa, si impregni di momenti onirici, inconsci, poetici, fino a mescolare insieme tutti questi ingredienti, fino all’istante magico e mai garantito dell’«illuminazione»: nulla di mistico, se non la scoperta fertile di nuove connessioni.
E qui Scandurra rimarca il ruolo fondamentale dell’università per ricostruire nuovi alfabeti scientifici. Ha insegnato molti anni in una facoltà di Ingegneria «dove si insegna a fare ponti più lunghi, grattacieli più alti, strutture che sfidano gli eventi meteorologici più estremi e, soprattutto, moltiplicare i dispositivi tecnici di cui fanno buon uso le industrie militari», ma dove si dimenticano i valori, i fini, i saperi umanistici.

PURTROPPO ACCADE anche nelle facoltà umanistiche dove trionfa la «semplessità», ovvero il pensiero riduzionista che ha abbandonato la «complessità» per sottrarre la parte dal Tutto e renderla manipolabile: sia se questa parte è un elemento della Natura sottratto all’ecosistema, sia se è l’individuo stesso, sottratto alla Storia e alla comunità. Il riduzionismo diventa così la base dell’odio, dell’aggressività, della mancanza di pietà che connota questa fase storica: è il fondamento della guerra.
Ma noi «come facciamo a sopportare questo dolore umano? Come possiamo continuare a sederci a cena, davanti alla tv , davanti a questo spettacolo di distruzione? Dovremmo invece ascoltare i morti; mentre si chiedono perché hanno ucciso i fratelli. I morti, nella morte, sono fratelli. Ma anche i vivi sono fratelli nella vita».
Così Scandurra richiama le parole delle Encicliche papali che, resistendo al «collasso narrativo», spingono i popoli verso la salvezza non in nome di Dio ma della terra, dell’acqua, del cibo, dell’energia e della pace e si affidano ai «poeti sociali», come li chiamano in America Latina, coloro che hanno la capacità di creare futuro e convivialità laddove appaiono solo scarto ed esclusione. Poeti sociali oppure Hoffnungsträger, «portatori di speranza», come chiamava Petra Kelly i Grünen in un Congresso ormai troppo lontano.

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

22 agosto 2022

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