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FOIA: I pareri

I PARERI

Pubblichiamo di seguito i pareri sul decreto trasparenza presentati al Governo dalla Conferenza Stato Regioni, dal Garante Privacy , dall’ANAC.

Parere Conferenza delle Regioni del 3 marzo 2016

La Conferenza delle Regioni ha trasmesso al Governo un parere sul decreto Madia in cui le Regioni sostengono di vedere con favore lo schema di decreto recante il riordino della disciplina in materia di pubblicità e trasparenza (Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/n-2901/del-14-03-2016/prevenzione-corruzione-pubblica-e-trasparenza-il-parere-sul-decreto-14998/) anche se “ Non vanno sottovalutate però le inevitabili difficoltà applicative che comporta il passaggio a un nuovo sistema, che si aggiunge all’accesso civico come delineato dal D.lgs 33/2013, istituto a sua volta introdotto solo di recente nell’ordinamento”.

Le Regioni osservano, infatti, che in presenza di una possibilità di accesso a dati e documenti amplissima come il FOIA, il panorama delle informazioni da pubblicare potrebbe essere significativamente ristretto: la legge 241/1990 non è abrogata; con l’introduzione del FOIA, i tipi di accesso vigenti e attivabili nei confronti delle PA diventerebbero tre, ciascuno con le proprie regole e con propri contenuti (documenti, informazioni, dati accessibili ovvero preclusi).

La pluralità delle modalità di accesso aumenterebbe il carico di lavoro delle PA, incidendo negativamente sul livello di efficienza e speditezza.

Le proposte sono:

  • Si propone di trattare la materia in un apposito Capo I bis, da rubricare “Diritto di accesso a dati e documenti” (la rubrica “Dati pubblici aperti” crea ambiguità).
  • Considerata la rilevante novità che si va ad introdurre, appare necessario fissare in una disposizione iniziale la definizione di “dati e documenti” oggetto del diritto di accesso.
  • Ricondurre la normativa relativa all’accesso ad unità, anche semplificando la normativa vigente, riconducendola ad unità, prevedendo un unico accesso generalizzato a dati e documenti, attivabile da chiunque, con un chiaro elenco di informazioni precluse.
  • Si propone, al riguardo anche riprendendo il parere del Consiglio di Stato che ha evidenziato come sia opportuno ridurre al minimo necessario, in tutti i profili sopra descritti, l’impatto derogatorio (già rilevante in termini di legittimazione e presupposti dell’accesso) rispetto alle disposizioni procedurali previste per l’accesso ordinario dalla legge 241 del 1990, di suggerire una modalità unica in termini procedurali per le diverse tipologie di accesso previste da decreto legislativo , anche in termini di modulistica unica, sia cartacea che su supporto informatico; Lo strumento dovrà essere un apposito spazio sulla home page dei siti istituzionali, gestito dall’URP, e ove questo non sia presente, da un ufficio o struttura unica individuata dall’amministrazione. Il cittadino avrà così a disposizione un canale (sportello virtuale) unico, con ovvi vantaggi in termini di semplicità e le PA potranno sfruttare le competenze degli URP, acquisite nella pluriennale esperienza della trattazione di accessi formali cartacei. La richiesta di accesso, smistata dall’URP senza che il cittadino debba preoccuparsi della corretta destinazione, troverà poi risposta da parte dell’Ufficio competente. Quest’approccio aiuterebbe di molto le eventuali difficoltà che si potranno riscontrare in fase attuativa del decreto sia per i cittadini/imprese che richiederanno l’accesso sia per gli operatori degli enti che per le stesse pubbliche amministrazioni chiamate a rispondere.
  • Prevedere un periodo di adeguamento per gli enti in ragione dei forti impatti organizzativi della nuova disciplina introdotta;
  • Su un piano distinto dall’accesso, permangono gli obblighi di pubblicazione delle PA mediante la sezione Amministrazione trasparente. Essi rimangono sanzionabili per iniziativa del RTPC (Responsabile Trasparenza Prevenzione e Corruzione) e dell’ANAC.

Il parere del Garante Privacy

Anche l’Autorità del Garante privacy si è espressa favorevolmente sullo schema di decreto legislativo recante il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, ma con alcune specifiche condizioni (Fonte: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/4772904):

  • sviluppare alcuni criteri di delega non adeguatamente articolati; razionalizzare e rimodulare gli obblighi di pubblicazione in funzione di tre criteri essenziali: grado di esposizione dei singoli titolari di funzioni pubbliche al rischio corruttivo, funzionalità del dato da pubblicare rispetto alla effettiva necessità di conoscenza da parte dei cittadini e bilanciamento delle esigenze di trasparenza con il diritto alla protezione dei dati.

Il tema dell’applicazione delle disposizioni sulla trasparenza da parte della PA necessita – secondo il Garante – di un approccio equilibrato per evitare che i diritti fondamentali alla riservatezza e alla protezione dei dati possano essere gravemente pregiudicati da una diffusione, non adeguatamente regolamentata, di documenti che riportino delicate informazioni personali. Occorre quindi tenere in considerazione i rischi per la vita privata  e per la dignità delle persone interessate che possono derivare da obblighi di pubblicazione sul web di dati personali non sempre indispensabili a fini di trasparenza. Rischi che emergono ancora di più in considerazione della delicatezza di alcune informazioni e della loro facile reperibilità grazie ai motori di ricerca.

L’Autorità ha anche chiesto di precisare meglio l’estensione degli obblighi di trasparenza, definendoli in maniera puntuale e non con un generico ed indeterminato rinvio alla “normativa vigente”.

Anzitutto, ove si richieda di accedere a dati personali, il Garante propone di accogliere l’istanza solo se funzionale a un interesse ritenuto prevalente rispetto al diritto alla riservatezza, ovvero oscurando i dati personali presenti. L’Autorità propone anche di escludere l’accesso a dati sensibili, giudiziari o di minori, in ragione della tutela rafforzata che l’ordinamento riconosce a tali dati. Si suggerisce poi di demandare a un regolamento attuativo l’individuazione, nel dettaglio, delle categorie di dati e documenti suscettibili di accesso e dei casi di rigetto dell’istanza a fini di tutela delle persone interessate. Questo per evitare, in assenza di parametri certi, interpretazioni difformi da parte delle singole amministrazioni, tali da poter determinare un diverso grado di tutela della riservatezza  e un’ ingiustificata disparità di trattamento per i cittadini.

In assenza delle modifiche richieste dal Garante vi è, infatti, il rischio di errate interpretazioni da parte delle diverse amministrazioni, suscettibili di comportare conseguenze paradossali.

L’Atto di segnalazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC

(Fonte: http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6439)

Al fine di migliorare le “performance” delle pubbliche amministrazioni sull’adempimento alle richieste di Foia sarebbe auspicabile attribuire all’Autorità Nazionale Anticorruzione, d’intesa con il Garante dei dati personali, un potere di “moral suasion”, da rendere effettivo con la formulazione di apposite linee guida predisposte allo scopo di fornire alle amministrazioni orientamenti per l’adozione di criteri omogenei che possano fungere da parametro per la trattazione dell’accesso “universale”.

Relativamente all’individuazione degli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti che limitano l’accesso ai dati e ai documenti delle PA, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ritiene di dover evidenziare la circostanza che essi potrebbero essere espressi, in sede di decreto legislativo, in termini meno generici in modo da facilitare l’amministrazione detentrice dei dati nel compiere il bilanciamento tra diritto di accesso ai dati pubblici e la tutela della riservatezza, pubblica e privata. Si consideri, ad esempio, quanto alla riservatezza pubblica, la dizione “la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato”, ovvero, quanto alla riservatezza privata, la dizione “la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia” (le dizioni sono contenute nell’art. 5-bis del testo). In entrambi i casi, in realtà, siffatto decreto non sembra delimitare adeguatamente il campo delle esenzioni dall’accesso. Analoghe considerazioni valgono per il limite legato a “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica”, che prefigura la non operatività del nuovo diritto a conoscere a fronte di questioni di rilevante interesse economico. Del resto, già la legge delega n. 124/2015 pone in primo piano il “fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”; e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Dunque, se appare coerente consentire all’amministrazione di verificare, di volta in volta, l’eventuale prevalenza degli interessi (pubblici) alla disclosure, rispetto a quelli (pubblici e privati) che ne giustificherebbero l’esclusione (c.d. overriding public interest test), l’onere in tal modo imposto a tutte le pubbliche amministrazioni (e agli altri enti di diritto privato controllati o partecipati dalle pubbliche amministrazioni) potrebbe, probabilmente, rivelarsi nel breve periodo, non poco gravoso.

Sulla falsariga delle esperienze straniere, sembra, altresì, necessario prevedere un periodo di adeguamento, per consentire una adeguata formazione del personale preposto alle richieste di accesso generalizzato, prima che il meccanismo del Freedom entri a pieno regime in tutti i pubblici uffici. In altre parole, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ritiene di dover proporre l’introduzione di un periodo di moratoria, almeno di un anno, per l’entrata in vigore del diritto di accesso generalizzato. Questa soluzione, lungi da apparire come dilatoria, dimostrerebbe la volontà del legislatore di garantire l’effettiva attuazione di tale diritto. Occorre, infatti, dare un tempo minimo sufficiente alle amministrazioni per adeguare la propria organizzazione ai nuovi compiti (in connessione con le Autorità Nazionale Anticorruzione Via Marco Minghetti 10 – 00187 Roma 6 modifiche introdotte in materia di obblighi) e alle autorità coinvolte (ANAC e Garante privacy), per adottare la disciplina regolatoria necessaria. Si tratta di una soluzione di buon senso adottata anche in altri ordinamenti. A mero titolo di esempio, si deve ricordare che nell’esperienza britannica il FOIA, approvato nel 2000, è entrato in vigore, quanto al diritto di accesso, il primo gennaio del 2005.

Quanto al cittadino, poi, si segnala che il ricorso giurisdizionale come unico strumento di tutela presenta qualche aspetto problematico: un costo, non irrilevante, che potrebbe entrare in conflitto con la gratuità che anche in altri ordinamenti si accompagna alla tutela dei diritti di trasparenza; il possibile protrarsi dell’incertezza interpretativa, in attesa del consolidarsi di una giurisprudenza che, anch’essa, in virtù dei limiti segnalati nel bilanciamento della legge, rischia di frammentarsi tra decisioni di Tar diversi. L’Autorità Nazionale Anticorruzione si limita qui a prospettare alcune soluzioni che potrebbero costituire una possibile alternativa. In particolare si potrebbe attribuire ad ANAC un ruolo di regolazione della materia, che deve essere disciplinata, a valle della legge, con norme di rango secondario, al fine di: a) dare orientamenti alle amministrazioni sui criteri da adottare per l’opera di bilanciamento tra diritto alla conoscenza dei dati e dei documenti dell’amministrazione e esigenze di riservatezza (pubblica e privata): a tal fine sarebbe necessario prevedere, in particolare, apposite Linee guida da adottarsi di intesa tra l’Autorità e il Garante per la protezione dei dati personali, ad orientare il comportamento delle amministrazioni quando la richiesta di accesso riguardi dati personali; b) dare, con proprie Linee guida, orientamenti alle amministrazioni sugli strumenti, regolamentari o amministrativi generali, necessari ad organizzare adeguatamente al proprio interno la trattazione delle richieste di accesso generalizzato; c) vigilare che le amministrazioni si adeguino. Questa prima soluzione è quella più coerente con la delega dell’art. 7, della legge n. 124 del 2015 e con le funzioni fin qui attribuite all’Autorità, divenuta, con il dl. n. 90 del 2014 (in particolare l’art. 19, comma 15), l’unica Autorità nazionale competente in materia di trasparenza. Sul piano sostanziale, poi, vi sono le strette correlazioni tra la regolazione e la vigilanza già riconosciuta in materia di obblighi di pubblicità e quella necessaria in materia di accesso generalizzato FOIA, a partire dalla unificazione delle due fattispecie di accesso nell’accesso civico e dal Programma triennale della trasparenza (oggi, con le Autorità Nazionale Anticorruzione Via Marco Minghetti 10 – 00187 Roma 7 modifiche del testo alla legge n. 190, sezione del Piano triennale della prevenzione della corruzione), con il quale le amministrazioni dovranno adottare tutte le misure organizzative necessarie ad attuare la trasparenza (obblighi di pubblicazione e FOIA insieme). Siffatta scelta sarebbe, poi, in linea con le esperienze straniere che hanno introdotto il FOIA, istituendo (nel nostro caso valorizzando) a tal fine Autorità indipendenti (come la CADA francese o l’Information Commissioner britannico), proprio per ridurre progressivamente gli spazi di incertezza aperti dalla nuova disciplina.