Il Governo ha impugnato la legge regionale sarda scempia-coste.
Autore : Redazione
Pubblichiamo l’articolo del Gruppo di Intervento Giuridico che commenta l’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale, da parte del Governo, di un provvedimento della Regione Sardegna contro il quale si erano mobilitate molte associazioni, compresa Carteinregola, chiedendo, prima, che il Consiglio regionale a guida centro destra non lo approvasse, poi che il Governo lo impugnasse. Oggi la buona notizia: è stata quindi accolta la richiesta inoltrata da GrIG, di impugnare la legge “Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985 e n. 16 del 2017” in quanto numerose disposizioni si pongono in contrasto con la normativa statale in materia di tutela del paesaggio, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali contenute nella legge urbanistica n. 1150 del 1942 e nel Testo Unico dell’edilizia di cui al dPR n. 380 del 2001”. (AMBM)
Dal comunicato stampa ufficiale del Governo italiano, 19 marzo 2021:
“Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini, ha esaminato diciassette leggi delle Regioni e delle Province Autonome e ha deliberato:
di impugnare:
la legge della Regione Sardegna n. 1 del 18/01/2021, “Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985 e n. 16 del 2017” in quanto numerose disposizioni si pongono in contrasto con la normativa statale in materia di tutela del paesaggio, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali contenute nella legge urbanistica n. 1150 del 1942 e nel Testo Unico dell’edilizia di cui al dPR n. 380 del 2001”.
E’ stata, quindi, accolta la richiesta inoltrata nel gennaio scorso (20 gennaio 2021) dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico odv (GrIG), inviata insieme alla petizione per la salvaguardia delle coste sarde, per il mantenimento dei vincoli di inedificabilità costieri, i vincoli di inedificabilità nella fascia dei 300 metri dalla battigia marina, stabiliti dalle normative vigenti e dalla disciplina del piano paesaggistico regionale (P.P.R.), sottoscritta da più di 38.800 cittadini.
Stessa richiesta han fatto decine di semplici cittadini, grazie ad appositi moduli predisposti.
Una scelta per preservare il futuro, una scelta di civiltà.
Altro cemento sulle coste non vuol dire turismo, significa solo degrado ambientale e perdita di attrattiva.
Questa legge scempia-coste, invece, moltiplica le volumetrie in zona costiera, in area agricola e nei centri storici, aumentando il rischio per l’incolumità pubblica con l’incentivazione delle residenze nei seminterrati, frutto della bulimìa cementizia di una politica tanto miope quanto deleteria, che vuol rendere la Sardegna un miserabile contenitore di metri cubi e poco più.
Lo chiamano “piano casa”, l’ennesimo, ma non c’entra nulla con l’autentico piano casa che negli anni ’50-’60 del secolo scorso fornì davvero una casa a milioni di Italiani dopo le devastanti distruzioni della II guerra mondiale.
Il testo approvato dal Consiglio regionale contiene norme, talune anche pasticciate e confuse, che consentono enormi aumenti volumetrici per le strutture ricettive situate oltre la fascia costiera dei 300 metri dalla battigia marina anche del 50%, variazioni di destinazione d’uso e incrementi volumetrici nelle aree agricole, una vera e propria compravendita di crediti volumetrici fra aziende ricettive, l’incremento degli utilizzi abitativi dei seminterrati, che tanti lutti hanno causato nelle troppe calamità innaturali che hanno afflitto la Sardegna a causa della cattiva gestione del territorio.
Il solo contentino della rinuncia agli incrementi volumetrici anche nella fascia di tutela integrale dei 300 metri dalla battigia marina è ben poca cosa, una foglia di fico.
Questo è solo un piano per la speculazione edilizia.
Il testo, infatti, è denso di illegittimità, non potendo la Regione autonoma della Sardegna eludere l’obbligo di pianificazione paesaggistica congiunta in tutta quella fascia costiera e nelle aree agricole tutelate con vincolo paesaggistico oggetto di singoli provvedimenti di individuazione (art. 136 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) ovvero di tutela discendente dalla legge (art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.).
Basti pensare che sono una sessantina i provvedimenti individuativi di aree costiere tutelate con vincolo paesaggistico lungo le coste sarde, andandone a tutelare circa il 75-80%.
Eppure, oltre al pesante degrado della risorsa ambientale, che allontanerebbe parecchi turisti, basterebbe evidenziare in proposito il ridotto tasso di occupazione delle strutture: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana, ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria).
I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare. Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per non più del 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, 2017).
Non solo.
Il recente report della C.N.A., elaborato sui dati ISTAT, indica in ben 261.120 le “abitazioni vuote”, cioè il 28,2% del patrimonio edilizio complessivo e propone una soluzione intelligente sia in chiave turistica che per il contrasto al consumo del suolo: “la creazione di alberghi diffusi, alberghi residenziali e B&B, concepiti come sistema a rete a gestione centralizzata delle prenotazioni e dei servizi accessori (dalle pulizie, alla ristorazione, alle visite guidate, al noleggio di mezzi di trasporto, ecc.). Si tratta un modello di offerta ricettiva di recente diffusione in Italia ed Europa, tra l’altro riconosciuto in modo formale per la prima volta proprio in Sardegna con una normativa specifica del 1998, la cui particolarità consiste nell’offrire agli ospiti l’esperienza di vita in un autentico borgo storico o in un piccolo nucleo rurale, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso, dove è situata la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro e tutti gli altri servizi che contraddistinguono l’ospitalità alberghiera”.
Il potenziale isolano è notevole e ben potrebbe rivitalizzare i tanti borghi semi-abbandonati: “nel 2018 i 14 alberghi diffusi e gli 80 alberghi residenziali, con una offerta complessiva di 14.278 posti letto (l’1,5% delle strutture e il 6,5% dei posti letto), hanno infatti accolto 192.756 arrivi e 1.182.513 presenze, pari rispettivamente all’8,1% degli arrivi e l’11% delle presenze complessivamente registrate in regione”.
In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative, a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e navali in regime di continuità territoriale o comunque attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti, continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio, l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per finire con la promozione di veri e propri “pacchetti turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua, Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che la Sardegna non ha mai avuto.
La legge regionale scempia-coste è solo l’ultimo pessimo esempio di politica ambientale dell’Amministrazione Solinas, l’ennesima norma illegittima adottata per favorire interessi particolari: finirà davanti alla Corte costituzionale come già avvenuto per le leggi regionali sarde concernenti la privatizzazione strisciante delle spiagge mediante permanenza di chioschi e altre strutture balneari (la legge regionale 21 febbraio 2020, n. 3), l’ennesima illegittima proroga del c.d. piano casa (la legge regionale 24 giugno 2020, n. 17) e riguardo l’interpretazione autentica (legge regionale 13 luglio 2020, n. 21) che consentirebbe la riscrittura del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) nelle sue parti fondamentali (fascia costiera, zone agricole, beni identitari).
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