A cura del “Gruppo Urbanistica” di Carteinregola
Quale potrebbe essere una corretta previsione di sviluppo urbanistico di Roma?
Sicuramente quella che parta da linee coerenti di sviluppo sostenibile, di tutela dell’ambiente, di miglioramento della qualità della vita.
Roma ha oggi circa 3 milioni di abitanti, una popolazione in costante decremento, ed è investita da una forte crisi edilizia con 250mila abitazioni invendute. Il fenomeno del decremento di popolazione avviene in gran parte, a favore della prima e seconda fascia dell’hinterland. Tutto questo dovrebbe essere controllato attraverso una ridistribuzione dei pesi urbanistici derivati dall’attuazione dell’ Area Metropolitana.
Negli ultimi 30 anni sono stati creati numerosi strumenti urbanistici con l’obiettivo di rendere più efficace la disciplina di controllo del territorio. Purtroppo molti di questi strumenti, sia interni che esterni al PRG, hanno fallito nel loro intento a causa di una impostazione in cui hanno prevalso le previsioni edificatorie, peraltro sbagliate, sulla tutela paesistica, in un quadro di assoluto capovolgimento della gerarchia legislativa italiana. Infatti, anziché essere i piani di tutela ambientale a condizionare il piano regolatore comunale, è accaduto il contrario.
Se dovessimo prospettare, attraverso un nuovo strumento urbanistico lo sviluppo di Roma nei prossimi 10 anni, dovremmo ridurre drasticamente le attuali previsioni d’incremento di cubatura limitandola per una crescita di 200-300mila abitanti ed indirizzandola alla riqualificazione delle periferie e delle zone da riqualificare.
E’ necessario quindi:
- Puntualizzare la contraddizione quantitativa tra previsioni edificatorie del PRG e previsioni aggiornate di sviluppo demografico.
- Puntualizzare la contraddizione qualitativa tra domanda ed offerta non solo di edilizia residenziale ma di qualità dell’abitare oggi sacrificata alle esigenze immobiliari e finanziarie.
- Analizzare criticamente tutte le voci che compongono le previsioni edificatorie del PRG:
a) strumenti urbanistici di attuazione del PRG (Piani attuativi, Programmi di recupero urbano, Housing sociale, PRINT e Toponimi);
b) ricollocazione delle previsioni edificatorie attuate dal PRG del 2008 con l’allegato A delle NTA (Compensazione per Aree parchi del Piano delle certezze – Comprensorio “Tor Marancia” di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 53/2003 con SUL da compensare pari a 608.250 mq – Comprensorio “Casal Giudeo” di cui alla deliberazione della Giunta comunale n. 125/2001 con SUL da compensare stabilita dalla stessa deliberazione.
4. Affermare, di conseguenza ai tre punti precedenti, l’assoluta necessità di adeguare i nuovi Piani ed i nuovi strumenti attuativi del PRG alle necessità sociali, ambientali, economiche di tutta la popolazione e non solo di qualche categoria a discapito della collettività.
5. Ripensare gli interventi edilizi non più come espansione e come consumo indifferenziato di suolo, ma come riqualificazione ambientale, recupero, restauro conservativo, rigenerazione, messa in sicurezza, consolidamento strutturale, adeguamento antisismico, risparmio energetico, infrastrutturazioni leggere del trasporto pubblico, parcheggi di scambio intermodali nei nodi delle centralità urbane e metropolitane.
6. Creare, sulla base di questi principi e di queste necessità pubbliche preminenti, delle migliori condizioni politico-culturali per proporre una Variante di salvaguardia al PRG, una sostanziale modifica delle NTA, una nuova legge urbanistica nazionale, una coerente legislazione urbanistica regionale, un nuovo sistema vincolistico, adeguato alle drammatiche urgenze della Città, da parte di tutti gli Enti sovraordinati (Soprintendenze, Regione).
Attraverso una possibile revisione dell’attuale N.P.R.G. e delle N.T.A. sarebbe quindi necessario intervenire sui seguenti punti:
- Diritti edificatori
- Deroghe e varianti
- Riqualificazione territoriale
- Standard urbanistici
- Housing sociale
- Aree dismesse
- 1. PUNTI CRITICI GENERALI E RICHIESTE
La Riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione (Legge 18 ottobre 2001 n.3) afferma che “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
Anche in ambito europeo la nuova cultura della Città Metropolitana ha favorito un dibattito sullo sviluppo di sistemi territoriali policentrici, sullo sviluppo di reti intermodali di trasporti per i passeggeri e per le merci con un decisivo impulso del trasporto su ferro, sulla salvaguardia del patrimonio naturale e culturale del territorio, sulla preservazione delle identità locali e delle molteplicità culturali delle città in un mondo globalizzato dove, a causa di un costante aumento del fenomeno dell’inurbamento, più della metà della popolazione mondiale vive oggi nelle aree urbane.
Nella nostra Regione si registra una scollatura tra i vari livelli della Pianificazione ed una scarsa applicazione del principio di sussidiarietà che dovrebbe vincolare i Comuni a rispettare scelte e decisioni del livello istituzionale gerarchicamente superiore. Anche il principio di sostenibilità del territorio e delle risorse naturali e culturali sembra essere stato finora più un enunciato di principio che una buona pratica da imporre ai Comuni nei processi di trasformazione del territorio. La Regione Lazio che ha il compito di definire i nuovi assetti, le nuove competenze, i nuovi ruoli in una dimensione di Area Vasta, non ha ancora approvato il nuovo Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Ma quali sono i principi irrinunciabili ed i relativi interventi urgenti a cui deve uniformarsi questa nuova Pianificazione del territorio?
Innanzitutto rendere vigente il suddetto PTPR che, dopo le puntuali controdeduzioni, dovrà essere approvato dal Consiglio Regionale. In questo percorso è importante attivare un tavolo concertativo con il MiBAC (Ministero Beni Attività Culturali) in modo da stabilire definitivamente il sistema vincolistico e paesistico su tutto l’ambito regionale.
Fondamentale poi è la stesura di un Testo unico sull’Urbanistica che ordini la materia, semplifichi le procedure e gli iter amministrativi e che innovi profondamente immettendo strumenti agili per la Rigenerazione urbana di ambiti vasti, per la Sostituzione e la Ristrutturazione edilizia ed urbanistica, per l’Housing sociale, per il Recupero delle aree dismesse.
Contestualmente è indifferibile intervenire nella Pianificazione e nella gestione del sistema ambientale, rinnovando la normativa in materia di aree protette come Parchi, Riserve e Monumenti naturali, Zone speciali di conservazione, Siti di importanza comunitaria, Zone di protezione speciale.
Inoltre è necessario puntare decisamene sul rilancio dell’Agricoltura nella consapevolezza che solo il corretto utilizzo dei suoli è garanzia di tutela e salvaguardia.
Infine, sin da ora, bisognerà snellire la macchina amministrativa riducendo e accorpando uffici e competenze, ma anche potenziando le strutture strategiche quali ad esempio quelle che sono destinate a interfacciarsi con Bruxelles in merito ai fondi europei da sempre sottoutilizzati.
Nella Pianificazione, che assume aspetti settoriali diversi, non può mancare l’equilibrio tra i vari settori: il socio-economico deve essere compatibile con l’ambiente ed ogni sviluppo, per essere anche fattore di progresso, deve essere assolutamente sostenibile.
Di fronte ad una rappresentanza politica, finanziaria ed imprenditoriale alla continua ricerca di liquidità a finanziamento delle attuazioni urbanistiche ed immersa in una pesante crisi del mercato immobiliare che non garantisce più ritorni certi ad operazioni sempre più incerte, c’è una cittadinanza intera che assiste e contrasta la continua trasformazione del proprio territorio considerandola sempre più operazione economico/finanziaria fine a se stessa.
Si è persa l’idea stessa dell’Urbanistica come processo comune del “fare città” e non si riesce più a rintracciare quel senso di condivisione che dovrebbe essere alla base della trasformazione urbana, verso un nuovo modello di sviluppo adeguato ed in sintonia con le modificazioni sociali in atto.
Roma è oramai una città divisa: da una parte la maggioranza dei cittadini che vive ogni intervento urbanistico, pianificato o meno, come un sopruso inaccettabile; dall’altra operatori economici, mondo imprenditoriale ed amministrazioni pubbliche che pensano di poter imporre scelte urbanistiche eludendo decisamente la concertazione ed il confronto territoriale.
Per questo, affinché si possa rimettere e mantenere ferma la barra sull’interesse pubblico, serve una nuova classe politica e dirigente seria, sganciata da logiche di appartenenza, ancorata al merito e con una visione strategica che sappia andare oltre la durata della prossima consiliatura. Sarebbe un errore madornale affidare questa nuova stagione politico-amministrativa a chi negli ultimi anni ha continuato ad operare in senso opposto e contrario a tutto ciò che si poteva configurare come intervento di interesse e/o di utilità pubblica.
Prova ne sono l’Housing sociale per oltre 2.300 ettari in Agro romano in pieno contrasto con la Pianificazione paesistica regionale, la valorizzazione immobiliarista delle aree dismesse al solo scopo contingente di fare cassa, il riconoscimento di nuovi diritti compensativi senza nessuna base giuridica a danno della futura gestione della città, l’atterraggio di diritti edificatori in aree destinate a verde pubblico e servizi fuori da ogni logica di pianificazione generale, il raddoppio delle previsioni edificatorie nelle centralità metropolitane a favore della parte privata delle stesse.
Date queste premesse chiediamo nuove regole per il governo del territorio assumendo ad elemento strategico la presa d’atto della fine dell’espansione della città a favore della Rigenerazione urbana e della Ristrutturazione edilizia ed urbanistica, costruendo procedure di partecipazione dove si sviluppi un confronto con i territori basato sull’informazione, sulla consultazione e sulla progettazione partecipata.
Una nuova idea di gestione democratica del territorio che eviti prima di tutto particolarismi, discrezionalità, favoritismi e clientelismi, e che sia accompagnata, nell’azione amministrativa, da una piena sintonia “politica” tra la Regione Lazio e Roma Capitale ispirata alle seguenti finalità:
– La salute degli abitanti; la salvaguardia dei beni ambientali e culturali; la difesa dei caratteri identitari dei luoghi ; la preservazione dell’Agro ed il rilancio dell’agricoltura locale a chilometro zero e dell’agriturismo con funzioni di risorsa economica ed occupazionale e di difesa del territorio.
– Un sistema integrato di trasporti governato da un’unica agenzia della mobilità; il blocco di tutti i programmi di realizzazione di grandi infrastrutture che incentivano l’uso del mezzo privato; la revisione di tutti i progetti che comportano consumo di suolo; il blocco di tutte le manovre urbanistiche che portano nelle centralità e nelle aree di riserva milioni di metri cubi senza la verifica del rispetto degli standards urbanistici e dell’impatto sulla mobilità; la conseguente revisione del PRG.
– Lo sviluppo del trasporto su ferro a cominciare dal potenziamento delle reti dei pendolari e dei treni locali ed il ridisegno di una rete di percorsi ciclo-pedonali su tutto il territorio; Il deciso e definitivo ripensamento di tutti i piani edilizi straordinari legati ai grandi eventi; ia stesura ed approvazione di una “Legge sull’architettura” tante volte annunciata ed oggi assolutamente necessaria per la Regione Lazio e per l’intero Paese, ma soprattutto per Roma.
Gli interventi urbanistici ed edilizi di cui Roma ha bisogno devono inoltre essere tesi:
– all’avvio della messa in sicurezza idrogeologica e sismica del territorio e del patrimonio edilizio, con particolare attenzione a quello scolastico;
– all’attuazione di un efficiente Piano per il risparmio energetico;
– al rinnovo del patrimonio edilizio degradato (non più rispondente ai bisogni sociali), dal punto di vista ambientale, architettonico, funzionale, impiantistico;
– all’incentivazione degli interventi privati attraverso una corretta politica fiscale e/o con altre forme che non siano i premi di cubatura.
Tali interventi devono essere finalizzati a conseguire obiettivi sociali (andando incontro ai bisogni delle famiglie, dei giovani, degli anziani), economici (rilanciando le attività delle imprese dell’edilizia locale), urbanistici (ricercando la riqualificazione della città e la salvaguardia dell’ambiente).
- 2. PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI
La questione dei procedimenti di partecipazione è centrale e fondamentale per la condivisione dei progetti di trasformazione urbana ed anche per cercare di recuperare l’enorme “deficit” di fiducia ed il distacco che si è creato tra la politica ed i cittadini. E’ indispensabile che venga garantito, finalmente, un vero processo partecipativo che parta dal diritto costituzionale dell’informazione diffusa e preventiva, con norme precise per le consultazioni ed i confronti con le istituzioni. In ogni caso basterebbe cominciare ad applicare seriamente la “Delibera comunale N.57/2006 sulla Democrazia partecipativa”. Oggi tutto questo non trova riscontro così come le direttive europee per la corretta applicazione della VIA (Valutazione Impatto Ambientale) e della VAS (Valutazione Ambientale Strategica).
- 3. RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA ED URBANISTICA E RIGENERAZIONE URBANA
Gli interventi e gli investimenti finalizzati alla “Ristrutturazione edilizia ed alla Riqualificazione e Rigenerazione urbana” (Sostituzione edilizia, Recupero delle aree dismesse, Attuazione degli ambiti di programmazione strategica) dovranno essere incentivati. Gli aumenti di cubatura, anche se non consumano suolo, dovranno essere valutati con preliminari studi di impatto sulla mobilità, sulla sostenibilità e sulla vivibilità delle aree, con particolare riferimento ai principi di equità ed uguaglianza nella prospettiva di una migliore qualità della vita.
L’Amministrazione Comunale dovrà, sulla base di incentivi, finanziamenti e perequazioni, programmare Piani di interventi sostanziali di riqualificazione territoriale basati non più su diritti edificatori pregressi, ma sul valore dell’interesse pubblico. Così si potrà intervenire puntualmente e in maniera coordinata su territori consolidati che necessitano di riordino urbanistico, di adeguamento reale degli standards, di abbattimento e ricostruzione, di infrastrutture e spazi pubblici, di housing sociale e di efficientamento energetico.
Per fare questo è necessario avere una cabina di regia strutturata come ufficio di scopo per ogni singolo ambito di Rigenerazione urbana, per puntare decisamente sulla razionalizzazione della città consolidata e sul suo riordino a partire dalla Riqualificazione degli spazi pubblici, della vivibilità collettiva e delle valenze ambientali ed architettoniche. Nella definizione degli ambiti dovranno avere priorità quei territori che vedono importanti aree dismesse (l’ex Fiera di Roma, le Caserme, il Centro carni) intorno alle quali incardinare la Rigenerazione urbana partendo dai progetti e dalla loro qualità e fattibilità, e non dagli indici di cubatura. Così come quei tessuti omogenei che per la loro ubicazione e la loro stratificazione funzionale hanno una chiara vocazione strategica e che dispongono di enormi potenzialità di rivitalizzazione economica inespressa come ad esempio l’ambito di Testaccio-Porta Portese.
- 4. COMPENSAZIONI E VINCOLI
Questo è forse il punto più importante da dirimere. Per farlo bisogna prendere atto dei pronunciamenti della Giustizia Amministrativa che, da una parte riconosce all’Ente locale la facoltà di pianificare il proprio territorio collocando e/o cancellando pesi urbanistici, dall’altra impone agli stessi Enti locali l’obbligo di garantire motivazioni generali e di evitare eccessi di potere. Nello specifico di Roma il nuovo PRG è stato preceduto dal Piano delle Certezze che nel 1997 ha variato 2.425 ettari di aree edificabili destinandole ad Agro vincolato o a Verde (di cui 1.298 all’interno degli allora costituendi Parchi e 1.127 all’esterno) comportando la cancellazione o la compensazione delle previsioni edificatorie all’epoca vigenti.
Il nuovo PRG di Roma considera lo strumento compensativo utilizzabile solo se connesso all’impianto della Variante delle Certezze, limitandosi a localizzare aree, meccanismi e procedure al fine di poter accogliere le previsioni edificatorie da ricollocare.
Purtroppo lo strumento della compensazione è diventato un sistema perverso che ha prodotto un’urbanistica contrattata e ha determinato un incremento sproporzionato della crescita urbana. Le compensazioni avvengono infatti tra privati su aree private. Così chi ospita volumetrie originariamente destinate in altri luoghi esige il proprio profitto, che si traduce in genere in un raddoppio delle volumetrie previste, in base al valore immobiliare dell’area da compensare.
Il caso del comprensorio di Tormarancia è esemplare: erano previsti 1 milione e ottocentomila metri cubi. Alla fine delle compensazioni sono diventati 5,2 milioni. Per dare un’impostazione finalmente diversa, che si basi soprattutto sulla tutela del territorio e delle sue risorse, l’Amministrazione comunale deve rivisitare tutti i diritti compensativi producendo una variante di piano che prediliga la densificazione nella città abitata, anziché aumentare la quantità di superficie edificata nelle aree marginali e periferiche della città, che oltre a causare nuovo consumo di suolo agricolo produce una richiesta di investimenti sui servizi che le casse del nostro Comune non possono più sopportare.
Con la Variante delle certezze sono stati cancellati numerosi ambiti edificatori e si è proceduto a compensare solo quelle previsioni urbanistiche dove la vincolistica vigente non inibiva la trasformazione, ma si limitava ad indicare prescrizioni attuative demandando al Nuovo Piano Regolatore la ricollocazione degli stessi. Solo le previsioni edificatorie sottoposte a vincoli totali delle Soprintendenze o del PTP Regionale dovevano essere rispettate dal Comune senza nessun obbligo del risarcimento compensatorio previsto dal PRG.
Occorre quindi che gli organi istituzionali dal Governo, alla Regione, alle Sovrintendenze rivedano la loro politica vincolistica a favore della riqualificazione e della rigenerazione urbana, della tutela ambientale, della salvaguardia dell’agricoltura. In questo modo solamente si può vincolare un’area senza obbligo di risarcimento compensatorio.
Si deve ricordare, a questo proposito, la prerogativa degli Enti sovraordinati (Sovrintendenze, Regioni e Stato) che possono innovare in qualunque momento la vincolistica, generale e puntuale, al fine di tutelare aree anche con previsione di trasformabilità vigenti. In tal caso l’Ente locale ne prende atto variando la propria previsione urbanistica senza dover fare ricorso all’istituto delle compensazioni. In alternativa c’è la strada della variante al PRG ed alle Norme Tecniche di Attuazione che però deve essere motivata con chiarezza e fondata sulla necessità di perseguire superiori interessi generali legati al risparmio di suolo, alla salvaguardia ambientale, alla mobilità sostenibile ecc.
Dalle analisi prodotte emerge il dato essenziale che “diritti edificatori e compensazioni” non sono sanciti da nessuna Legge nazionale e/o regionale, ma sono derivati da una precisa scelta politica. E se oggi il problema costituito da un enorme dimensionamento del PRG, aggravato da una popolazione che non cresce oramai da molti anni e da una forte decrescita economica, è figlio di quella scelta politica, non ci possono essere dubbi che tocca alla Politica trovare soluzioni, anche con misure “straordinarie”, ad una situazione che straordinaria lo è già da molto tempo. Esistono oggi a Roma compensazioni sancite da una delibera comunale confermata dalla Regione. Si tratta delle compensazioni derivate dal Piano delle certezze che ha salvaguardato parchi ed aree verdi affidando al nuovo PRG il compito di ricollocare quelle cubature in ambiti appositamente previsti per accoglierle moltiplicate in ragione del calcolo del valore immobiliare. Ora si deve aprire una nuova fase del governo del territorio incentrato sul concetto di Rigenerazione urbana del consolidato, di Riqualificazione ambientale, di Manutenzione edilizia. Occorre decretare la fine dell’espansione della città, e contestualmente aprire una nuova fase basata sulla prevalenza degli interessi collettivi e sull’equità e la qualità degli stessi.
5.DEROGHE Il permesso di costruire in deroga è lo strumento per riqualificare le aree dismesse e la riqualificazione delle aree urbane costituisce una finalità di interesse pubblico (diversamente l’istituto della deroga non sarebbe utilizzabile),
Secondo l’articolo 14 del Dpr 380/2001 il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è rilasciato esclusivamente per edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale. Inoltre, la deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare solo i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati dettati dalle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi, fermo restando in ogni caso il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 del Dm 1444/1968, in tema di standard minimi per servizi, densità edilizie massime e distanze inderogabili.
Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è istituto di carattere eccezionale giustificato dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primari garantiti dalla disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti dall’articolo 14 D.P.R. 380/2001.
Gli strumenti urbanistici di intervento nelle aree dismesse nella città da ristrutturare sono quelli relativi ai Programmi integrati, ai Programmi di recupero urbano ed ai nuclei di edilizia ex abusiva da recuperare. In questi contesti occorre rivedere tutta la disciplina dell’edificabilità aggiuntiva e della possibilità di costruire in deroga agli strumenti urbanistici. Proprio dietro lo strumento delle deroghe e degli accordi di programma si nasconde la possibilità di ingenti incrementi di cubature, non giustificate dalla necessità di riqualificazione, ben superiori alle cubature delle compensazioni.
6. PATRIMONIO IMMOBILIARE
Il tema patrimoniale gioca un ruolo chiave perché il Comune di Roma è un proprietario sciatto e poco interessato all’enorme patrimonio immobiliare ed oltretutto è incapace sia di gestirlo che di valorizzarlo. Lascia in abbandono decine di ettari che vengono regolarmente occupati, aprendo la strada a future usucapioni ma, nel contempo, è sempre alla ricerca di nuove “aree di manovra” da acquisire per determinare standards e/o collocare interventi urbanistici. Mentre sulle aree pregiate, interne al sistema ambientale, non è stato in grado di immaginare una gestione alternativa a quella dell’affido al Servizio Giardini, nella città si costituiscono cooperative di giovani agricoltori e associazioni per gli orti urbani che rivendicano terra da coltivare e il dibattito sull’agricoltura multifunzionale nelle aree periurbane è centrale in tutte le città europee. Per non parlare dell’endemica incapacità gestionale di quell’enorme patrimonio non residenziale che il più delle volte giace in uno stato di abbandono da anni (Palazzo Rivaldi ai Fori, Palazzo del Governo vecchio, i Forti ardeatino e Monte antenne, l’Arsenale pontificio) in attesa di essere recuperato e riconsegnato alla città.
In un’ottica di Rigenerazione urbana è fondamentale mettere in campo in maniera innovativa questo patrimonio pubblico, non per fare cassa tramite la vendita, ma per rivitalizzarlo con nuove forme di concessione durature nel tempo e che sappiano sviluppare attività economiche solide e innovative. Certamente non è possibile immaginare il riuso del dismesso a totale carico dell’Amministrazione pubblica, ma è necessaria la compartecipazione del privato, sia esso impresa che associazionismo diffuso. Tutto ciò in un’ottica di recupero della città e di sviluppo di una nuova imprenditoria culturale, turistico e ricettiva, legata anche al sociale, al tempo libero, ai servizi, alle nuove tecnologie ed alla creatività. Anche il patrimonio abitativo del Comune di Roma deve essere riorganizzato e gestito con efficienza, implementato tramite il recupero dell’esistente e le attuazioni urbanistiche previste dal Piano. Ma un ruolo fondamentale giocherà proprio la capacità di attivare all’interno degli ambiti di Rigenerazione urbana e nelle parti dismesse degli stessi, un Housing sociale, sia in maniera diffusa che nel consolidato, a favore dei ceti medio-bassi e di categorie quali studenti, giovani coppie, fuorisede.
Infine si ritiene urgente l’avvio di un censimento dei beni pubblici attraverso l’elaborazione di una mappa dei terreni e degli edifici di proprietà comunale, provinciale e regionale presenti nell’area di Roma Metropolitana, per poter quantificare la dimensione del patrimonio pubblico inutilizzato e inaugurare una nuova gestione, più trasparente e all’ insegna dell’interesse collettivo
Presidio di Carteinregola in Campidoglio 10 aprile 2013