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Legge per le procedure delle demolizioni degli immobili abusivi: il PD approva la legge del centrodestra

Appia Antica (foto AMBM)

Appia Antica (foto AMBM)

(Applausi dai Gruppi PD e FI-PdL XVII)

“Bloccare le ruspe anche a Roma, sottilizzando fra i vari tipi di abusivismo, vuol dire soltanto riaccendere l’illegalità in una città già sfregiata nelle sue parti più preziose dai vandali, cioè dal racket: dalla Giustiniana (Parco di Veio), la strada più “abusata” di Roma, all’Appia Antica dove, dal 1975 al 2013, si sono accumulati 1,5 milioni di mc illegali (nel Lazio si parla di 10 milioni). Ora la direzione della Regina Viarum non ha più neppure i mezzi per individuare gli abusi. Figuriamoci per combatterli.Ci si arrende ad un impazzimento speculativo. Il Censis nel lontano 1984, stimava a Roma il cosiddetto “abusivismo di necessità” (da tempo una delle grandi bugie storiche) appena sul 4,5 % delle case fuorilegge. Da decenni si avallano vere e proprie costruzioni affaristiche, villoni con 4 appartamenti, 2 per sé e per i figli, 2 da vendere o affittare: fuori da ogni regola urbanistica, idro-geologica, paesaggistica, senza pagare alcun onere (urbanizzazione, previdenza, imposte sui materiali, ecc.). Un “nero” totale coi danni scaricati sulla collettività…”

Vittorio Emiliani Corriere della Sera 17 maggio 2017

La Legge”sull’”esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi“, primo firmatario Ciro Falanga (gruppo ALA Verdini)”  (ddl n. 580-B)* è stata approvata  al Senato nella seduta pomeridiana del 17 maggio,  con 142 voti favorevoli, 51 contrari e sette astenuti. Favorevoli  FI-PdL  e PD, contrari M5S e Misto-SI-SEL   (contrari che alla Camera si erano astenuti) e Lega Nord-Autonomie. La legge è stata approvata con modifiche, quindi dovrà tornare ancora una volta all’altro ramo del parlamento, dopodichè sarà definitiva.

Approfondiamo  i punti principali  della legge nella versione approdata dalla Camera (che quindi non tiene conto delle modifiche introdotte dal Senato),  cercando  di fare chiarezza sulle fumose motivazioni che  hanno spinto  la maggioranza PD  alla Camera** e ancora al senato il  17 maggio***, a votare insieme al centrodestra  una legge che rischia di bloccare  le demolizioni di molti  abusi  edilizi e addirittura incentivarne di sempre nuovi, visto che stabilisce il criterio che le case abusive stabilmente abitate devono essere messe comunque “in fondo alla lista” delle demolizioni. Cioè, data la penuria di fondi e di mezzi per le demolizioni,   alle calende greche.

Poiché la giustificazione fornita da  PD al voto favorevole, si rifà essenzialmente alle varie modifiche che avrebbe subìto la legge nel passaggio alla Camera stessa, che avrebbero “smontato” gli allarmi lanciati da alcuni esponenti isolati della politica e soprattutto dalla società civile, proviamo a approfondire le modifiche introdotte   (in calce le  dichiarazioni di voto delle principali forze politiche di ieri 17 maggio)

COSA DICE LA LEGGE VIGENTE

La legge parla molto chiaro: Il dirigente comunale, accertata l’esecuzione di interventi edilizi in assenza di permesso, o in totale difformità, ingiunge al responsabile dell’abuso la demolizione;   se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni,   il bene e l’area di sedime sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. In caso di vincolo di inedificabilità, l’acquisizione gratuita si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui   compete   la   vigilanza sul vincolo,   che provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino   dello   stato   dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Il segretario comunale pubblica mensilmente i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all’autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.   In caso d’inerzia, il competente organo regionale adotta i provvedimenti, dandone contestuale comunicazione alla competente autorità giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale[1].

EMERGENZA ABUSIVISMO

Ogni anno in Italia vengono realizzate 20.000  nuove case abusive. In Sicilia anche il Governatore Rosario Crocetta ha proposto di fermare le ruspe, nonostante esista una casa abusiva ogni 900 metri di costa” scrive Luciano Cerasa su  Il Fatto Quotidiano, 16 maggio 2017.

E’ evidente che il problema dell’abusivismo italiano – dalle ville sulla battigia ai tavolini nelle piazze dei centri storici – sia da imputare alla mancanza di fondi, di personale e in certi casi di volontà, per fare i controlli e soprattutto garantire che gli abusi siano ineluttabilmente rimossi, così da renderli poco convenienti. La scarsa probabilità che l’abuso venga effettivamente demolito, e in tempi rapidi, è già ampiamente un incentivo all’abusivismo, senza che siano inseriti ulteriori criteri volti a creare categorie di abusi ancora più difficilmente perseguibili, dato che la prospettiva  temporale della repressione si collocherebbe in un futuro talmente ipotetico da non avere più alcuna deterrenza.

LE MODIFICHE ALLA LEGGE INTRODOTTE DALLA CAMERA

NON C’E’ PIU’ LA “PRIORITA’” ma ci sono i “CRITERI”, A CUI IL PUBBLICO MINISTERO DEVE DARE “ADEGUATA CONSIDERAZIONE”.

Il 1 articolo interviene sul DL che regola l’organizzazione dell’ufficio del Pubblico ministero e inserisce al commaIl procuratore della Repubblica determina” un’ulteriore specificazione che aggiunge i criteri per l’esecuzione degli ordini di demolizione delle opere abusive”…” nell’ambito dei quali è data adeguata considerazione” ad alcune tipologie successivamente specificate. La versione precedente (quella modificata dalla Camera) invece recitava: “Il pubblico ministero… in caso di pluralità di procedure da attivare, osserva i seguenti criteri di priorità”:”

La soppressione dell’espressione “priorità” a favore dei soli “criteri” appare una tautologia, in quanto i criteri di valutazione per forza di cose conducono a una scala di priorità [ e, come vedremo, la “priorità” resta eccome]. Diverso invece il passaggio che attribuisce al pubblico ministero la titolarità della valutazione dei criteri, anziché doverne seguire passivamente l’osservanza, sebbene l’espressione sibillina “dare adeguata considerazione” rimanda a scenari alquanto incerti, soprattutto in quelle zone d’Italia dove l’isolamento delle istituzioni e della magistratura è una realtà diffusa e una simile possibilità rischia di prestarsi a comodi alibi per chi non vuole esporsi.

Cominciare a inserire criteri, condizionali e raccomandazioni, laddove esistono già delle regole stringenti che devono solo essere applicate,  rischia di moltiplicare il contenzioso, bloccando i tribunali e soprattutto ogni iniziativa tesa a far rispettare la legge. Questo lo sanno i semplici cittadini, dovrebbero saperlo assai meglio i parlamentari, soprattutto quelli che si dicono in prima fila per la difesa dell’ambiente e dell’interesse collettivo.

UN ELENCO DI CRITERI CHE ALLA FINE RISCHIANO DI CREARE SOLO MAGLIE PIU’ LARGHE

Sempre l’articolo 1, dopo una serie di criteri più che condivisibili – anzi, persino troppo scontati, come la precedenza alla demolizione di manufatti in aree protette, o che creano problemi alla pubblica incolumità o che appartengono a esponenti della criminalità organizzata etc – si cala sulla norma una frase (in cui rispunta la “priorità” uscita dalla finestra)  che può diventare un vero Vaso di Pandora: “la priorità è attribuita, di regola, agli immobili in corso di costruzione o comunque non ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati”. Questo vuol dire che il magistrato dovrà mettere per iscritto – “con provvedimento del titolare dell’ufficio requirente” – perché ha deciso di far demolire, ad esempio, a parità di abuso  in area protetta, la catapecchia dove un pastore tiene le pecore, e non la villa dove un maggiorente del posto vive con la famiglia. E se sceglierà di far demolire la villa del maggiorente, l’avvocato di quest’ultimo potrà eccepire che avrebbe dovuto far prima demolire la stalla del pastore ancora in costruzione e disabitata. E chi si è costruito la seconda casa sul bagnasciuga ci potrà sistemare la nonna o una famiglia di prestanome e rimandare all’infinito l’abbattimento.

Tempi duri e bui attendono quelli che cercano ancora salvare dalla barbarie del cemento abusivo gli ultimi lembi del nostro paesaggio e delle nostre coste.

SI CAMBIA LA VECCHIA LEGGE E I RAPPORTI MENSILI DIVENTANO ANNUALI

A tutto questo si aggiunge che si sostituisce anche l’articolo della legge vigente (articolo 41 del decreto 6 giugno 2001, n. 380)(1) laddove indicava che “il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell’albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all’autorita’ giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l’ufficio territoriale del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”   con “Entro il mese di dicembre di ogni anno, il dirigente (…) comunale trasmette al prefetto e alle altre amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela del vincolo (…) l’elenco delle opere non sanabili”eEntro il mese di dicembre di ogni anno le amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela trasmettono al prefetto l’elenco delle demolizioni da eseguire”. Non paiono necessari ulteriori commenti.

IL SOLITO OSSERVATORIO E I FONDI INSUFFICIENTI

A leggere gli ultimi due articoli della legge – Art.3 e 4 – che riguardano rispettivamente il fondo per le demolizioni delle opere abusive e la Banca dati sull’abusivismo edilizio, si resta davvero perplessi. Il primo, a leggere l’appello dei Verdi, sembra decisamente insufficiente a fronteggiare lo tzunami di cemento abusivo che cala ogni giorno sulla penisola. Il secondo, vantato come grande conquista dai deputati  Cinque stelle  (e ragione dell’astensione alla Camera,  fortunatamente non confermata al Senato),, appartiene a tutte quelle attività  del tipo “monitorare, osservare, mappare, quantificare, relazionare, trasmettere, etc” che quasi sempre rimangono nel mondo dei buoni propositi e degli atti mancati.

Senz’altro è utile  sorvegliare i dati e le mappe.

Ma esiste solo un modo per combattere l’abusivismo: demolire i manufatti abusivi. Senza se e senza ma.

Tutto il resto è politica politicante, che  troppo spesso non si batte per il rispetto delle regole, perseguendo quello che è giusto, ma   quello che conviene alle ragioni del consenso.

L’asse centro destra-centro sinistra su questioni vitali come la tutela del territorio, continua a produrre proposte inquietanti  (e per fortuna altre forze politiche ci hanno ripensato). Inquietanti come quell'”Applausi dai Gruppi PD e FI-PdL ” riportato dal resoconto del dibattito parlamentare dopo la dichiarazione di voto dell’on. Saggese (Partito Democratico)

Anna Maria Bianchi Missaglia

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinegola@gmail.com

A Vai alla pagina con la cronologia e i materiali della legge 580

vedi anche il post del 16 maggio con l’appello SI FERMI LA LEGGE BLOCCA DEMOLIZIONI CHE LEGALIZZA IN MODO PERENNE L’ABUSIVISMO EDILIZIO che sintetizza i punti più controversi e i rischi della legge al Senato

(*) Il link l’ultima versione  della legge approdata al Senato, con i due testi a fronte, quello arrivato alla Camera dopo l’approvazione in Senato il 22 gennaio  2014  e quello poi approvato con  vari emendamenti dalla Camera che riapproda ora al Senato http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/46919.pdf Scarica il testo ricostruito DISEGNO DI LEGGE DEMOLIZIONE ABUSI AL SENATO

(** ) Vai alla pagina con le dichiarazioni di voto del maggio 2016 alla Camera

(***) Le dichiarazioni di voto al Senato del 17 maggio 2017 – dal resoconto stenografico della Seduta del Senato del 17 maggio 2017http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=1023016 (scarica l’intero dibattito Dibattito senato legge demolizioni abusi 17 maggio 2017)

in calce gli interventi di: (in costruzione)

  • Per il Partito Democratico – dichiarazione di voto  favorevole – On. Saggese
  • Per Popolo della Libertà/Forza Italia   –  dichiarazione di voto favorevole – On. De Siano
  • Per il Movimento Cinque Stelle – dichiarazione di voto contrario – On. Cappelletti
  • Per Misto-SI-SEL – dichiarazione di voto contrario –  On. De Petris
  • per Art.1-MDP -dichiarazione di voto contrario – On. Casson
  • Per LN-Aut – dichiarazione di voto contrario  – on. Stefani
iter legge blocca demolizioni

Dal sito Open Polis

Dichiarazioni di voto  del 2016 dal sito della Camera

http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0627&tipo=stenografico#sed0627.stenografico.tit00120.sub00010.int00240

(dichiarazioni di voto da pag.81)

  • Per il Partito Democratico – dichiarazione di voto  favorevole –   era intervenuto –  Roberto Morassut, ex Assessore all’Urbanistica della Giunta Veltroni dal 2001 al 2008.
  • Per il Movimento Cinque Stelle –  la senatrice Claudia Mannino – dichiarazione di astensione
  • Per Sinistra Italiana/SEL/PossibileMisto-SI-SEL – senatore Arcangelo Sannicandro – dichiarazione di astensione
  • Per la Lega – Senatore Roberto Simonetti  – dichiarazione di voto contrario
  • Per Popolo della Libertà – Senatore Carlo Sarro –  dichiarazione di voto favorevole

[1] DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 giugno 2001, n. 380

Ripubblicazione del testo del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante: “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)”, corredato delle relative note. (Decreto pubblicato nel supplemento ordinario n. 239/L alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 245 del 20 ottobre 2001). (GU Serie Generale n.266 del 15-11-2001 – Suppl. Ordinario n. 246)

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2001-11-15&atto.codiceRedazionale=01A12340

Art. 31 (L) Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformita’ o con variazioni essenziali (legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7; decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, art. 2, convertito, con   modificazioni,   in legge 21 giugno 1985, n. 298; decreto       legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109)

  1. Sono interventi eseguiti in totale difformita’ dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio   integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
  2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformita’ dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
  3. Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione,   il bene e l’area di sedime, nonche’ quella necessaria,   secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non puo’   comunque   essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
  4. L’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce   titolo   per   l’immissione   nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
  5. L’opera acquisita e’ demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.
  6. Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilita’, l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui   compete  la   vigilanza   sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino   dello   stato   dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune.
  7. Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell’albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all’autorita’ giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l’ufficio territoriale del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  8. In caso d’inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 27, ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal comma 3 del medesimo articolo 27, il competente organo regionale, nei successivi   trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorita’ giudiziaria ai fini dell’esercizio dell’azione penale.
  9. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita.

DICHIARAZIONI DI VOTO AL SENATO DEL 17 MAGGIO 2017

SAGGESE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAGGESE (PD). Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge che ci apprestiamo a votare stasera ha come oggetto una materia complessa e rilevante. Ne abbiamo discusso a lungo: è la materia delle demolizioni dei manufatti abusivi, delle competenze dei vari organi dello Stato nella repressione del fenomeno, degli strumenti e delle modalità attraverso i quali rendere efficaci gli interventi repressivi.

Il fenomeno dell’abusivismo edilizio esprime le contraddizioni storiche e sociali caratterizzanti lo sviluppo delle città italiane e dell’urbanizzazione di grandi aree agrarie nel dopoguerra, soprattutto, ma non solo, nel Mezzogiorno d’Italia. Dal punto di vista storico è evidente il contrasto violento che ha caratterizzato il binomio città e campagna, tipico di un Paese con un piano di sviluppo industriale tardivo e violentemente concentrato in poco tempo. Al contempo va considerato il peso che la grande rendita fondiaria ha esercitato sullo sviluppo del Paese, ponendo lo stesso, oggi, dinanzi a gravi problemi concernenti la salvaguardia del paesaggio, la tutela dei beni storici e architettonici e l’integrità ambientale di molti contesti rurali. Sul piano sociale appare indiscutibile la conquista del diritto al bene casa da parte di molte famiglie, ma molto spesso quelle famiglie sono state escluse dall’offerta edilizia delle città. Ovviamente questo non può giustificare assolutamente alcun tipo di abusivismo, neanche quello che viene definito di necessità.

Il grande sfruttamento del territorio non pianificato, la precarietà delle urbanizzazioni e dei servizi primari e secondari, delle opere pubbliche e delle infrastrutture, sono stati e continuano ad essere tra le più pregnanti conseguenze del primo abusivismo edilizio, quello operato appunto per necessità, che ha cambiato radicalmente e profondamente l’aspetto delle periferie urbane, stravolto porzioni di centri storici e dato vita spesso e diffusamente a tessuti industriali e manifatturieri spontanei, che hanno dovuto sempre fare i conti, in contrapposizione, con il costo troppo alto dei suoli legali.

Nel tempo, però, il fenomeno dell’abusivismo ha parzialmente cambiato connotati, trasformandosi da abusivismo di necessità in abusivismo speculativo, perdendo quei caratteri originari di un fenomeno sviluppatosi da povertà e arretratezza del contesto sociale. L’abusivismo speculativo a partire dagli anni Novanta ha alimentato un ciclo edilizio spropositato, che definire sommerso appare grottesco e che, invece, rappresenta ad oggi un vero e proprio pezzo dell’economia reale, del cosiddetto PIL, che si accompagna spesso alla piaga dell’evasione fiscale, al lavoro nero, al danno ambientale e alla criminalità.

Le risposte che nel tempo sono state date all’abusivismo edilizio riflettono tutte queste contraddizioni. Sono state citate le leggi sul condono approvate proprio con cicli esatti di nove anni l’una dall’altra, più o meno come gli intervalli del ciclo edilizio abusivo di quegli anni (nel 1985, nel 1994 e nel 2003); esse portano, infatti, i segni distintivi e indelebili di questo percorso storico, ne riflettono le contraddizioni e motivano, in parte spiegandole, le difficoltà di molte amministrazioni nel chiudere questa drammatica pagina, sanando ciò che rientra nei limiti di legge o reprimendo, abbattendo e ripristinando lo stato dei luoghi originari.

Il provvedimento che ci apprestiamo a votare interviene in questo specifico segmento del procedimento che segue un abuso dal suo nascere, per poi sdoppiare il suo iter nella procedura di condono oppure nella demolizione del manufatto realizzato al di fuori del perimetro della legge e non coperto da una sanatoria. Il provvedimento è nato da un’esigenza reale, quella di rendere più fluida e ordinata l’azione della pubblica amministrazione, sia in sede penale sia in sede amministrativa, come prescrive l’ordinamento in materia di demolizioni. Questa è un’esigenza che a sua volta ha preso le mosse da situazioni specifiche, controverse, faticosamente affrontate negli anni tra il susseguirsi di ricorsi, leggi nazionali, leggi regionali e conflitti vari tra i diversi livelli di governo.

Con il disegno di legge in esame si è raggiunto un equilibrio sicuramente di non facile realizzazione. Molti e diversi sono, infatti, gli interessi in gioco. Da un lato, vi è la necessità di realizzare il sistema più efficace per disciplinare e razionalizzare le procedure sottese alla demolizione dei manufatti abusivi; impegno, questo, che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, purtroppo non sempre riesce ad ottemperare per mancanza di risorse, per un’eccessiva contraddittorietà della normativa – anche questo è vero – o per scarsità di uomini e mezzi a disposizione di coloro che dovrebbero eseguire gli ordini del giudice. Siamo indietro nel difficile compito di ripristinare lo stato dei luoghi in tutti quei casi in cui si è verificato un abuso edilizio. Dall’altro lato – ed è questa l’altra necessità da conciliare – vi è la stringente necessità di sbloccare questo stato di cose, questa situazione di stallo, andando invece a colpire le situazioni di abuso più gravi, più drammatiche e più sfrontate, quelle più pericolose per l’ambiente circostante e che evidenziano un grado di allarme sociale maggiore e più significativo di altre.

È evidente come la risposta dello Stato, non potendo essere identica in ogni contesto, per quelle mancanze e carenze di cui poc’anzi ho parlato, non possa che essere commisurata al tipo di abuso posto in essere. Faccio soltanto un esempio. Un complesso residenziale realizzato a pochi passi dal mare o in aree paesaggistiche protette da vincoli, con finalità speculative, costituisce sicuramente un abuso meritevole di un atteggiamento repressivo più forte di quello perpetrato dalla famiglia che in periferia, seppure abusivamente e illegalmente (perché tale rimane), realizza una veranda per ricavare un lavatoio di servizio.

Badate, si tratta di abuso in entrambi i casi e come tale va sanzionato in entrambi i casi: nessun condono, neppure mascherato, come pure si vuol fare credere in quest’Aula. Con questo provvedimento si cerca esclusivamente di prevedere dei meccanismi certi che puntino ad un unico obiettivo: evitare che la repressione e il contrasto ai piccoli abusi, che rimangono in vita, diventi il più grande alibi ed il più grande ostacolo alla persecuzione dei grandi abusi speculativi, o comunque degli illeciti più risalenti. Ed è per questa ragione che questo lavoro è stato lungo ed articolato ed è per questo che ci sono state delle modifiche e dei miglioramenti.

I contributi positivi forniti nelle audizioni hanno consentito l’introduzione di significative modifiche con un unico esclusivo obiettivo: combattere più efficacemente l’abusivismo e fornire al lavoro degli uffici giudiziari e degli enti locali strumenti sicuramente più incisivi e più efficaci.

Con questo disegno di legge – lo ripeto – non intendiamo discutere di condoni mascherati o, peggio, di sanatorie camuffate da cavilli procedurali e giuridici. La ratio è ben altra e va in altra direzione: è quella di snellire un sistema; nel mentre si porta avanti un progetto di revisione complessiva delle procedure sottese agli abbattimenti e si reperiscano risorse realmente in grado di alleggerire il carico sia delle procure che degli enti locali.

Onde evitare di andare nella direzione contraria rispetto a quella che ci siamo prefissati, infittendo ancor di più la giungla normativa in materia di abusivismo edilizio, è stato svolto un lavoro complesso, articolato e profondo fatto di audizioni, di ricerca, di ascolto, che ha consentito oggi di avere un atto più completo e più ricco, nel quale confluiscono anche e soprattutto i suggerimenti dei tanti operatori di giustizia che in molti uffici giudiziari, quelli che veramente operano a contatto con tali realtà, applicano già. Si tratta di criteri che non hanno carattere precettivo.

Il testo sul quale oggi siamo chiamati ad esprimere il nostro voto mantiene e rafforza il regime di intervento finalizzato alla repressione del fenomeno dell’abusivismo edilizio attraverso l’azione penale e quella amministrativa; semplifica i criteri per l’esecuzione degli ordini di demolizione plurimi, pur senza individuare delle gerarchie, offrendo invece un indirizzo chiaro al lavoro dei pubblici ufficiali; individua – le voglio brevemente richiamare – tre fattispecie in grado di razionalizzare la materia: in primo luogo, il rilevante impatto ambientale o la costruzione su aree demaniali o in zone soggette a vincolo di ogni tipo; in secondo luogo, i manufatti che costituiscono pericolo per l’incolumità delle persone; in terzo luogo, i manufatti che siano nella disponibilità di soggetti condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso.

È palese, dunque, l’indirizzo chiaro che le fattispecie sopraelencate danno al contrasto deciso all’abusivismo speculativo e alle sue ricadute sul piano ambientale, della legalità e della lotta alla criminalità. Il testo rafforza e definisce al meglio i poteri e le prerogative dei prefetti, dettando finalmente tempi certi per ottemperare agli adempimenti che da questa normativa discenderanno.

Con questo provvedimento, dunque, si compie un passo avanti che deve naturalmente essere accompagnato da una coesa politica delle istituzioni, a partire dalle Regioni che in molti casi ancora oggi non hanno definito la redazione dei piani paesaggistici ponendo in essere un grave inadempimento. Un provvedimento che disciplina più nel dettaglio gli strumenti e le norme di contrasto ad una piaga che – ahimè – trova forti radici nella storia di questo Paese e che per essere debellato necessita di chiarezza, trasparenza ed efficacia, per tutelare lo straordinario e unico patrimonio naturale e di civiltà che l’Italia ha e che ancora sopravvive, nonostante le troppe ferite inferte da uno sviluppo distorto.

Per questi motivi, dichiaro il voto favorevole del Gruppo del Partito Democratico. (Applausi dai Gruppi PD e FI-PdL XVII).

DE SIANO (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE SIANO (FI-PdL XVII). Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole del Gruppo Forza Italia al disegno di legge recante: «Disposizioni in materia di criteri per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi».

Certo, il provvedimento in esame non è la risoluzione del problema che coinvolge tanti pezzi del nostro Paese, ma è una risposta che il Parlamento dà a un problema reale, che esiste e rappresenta il dramma per tanti cittadini che vivono in determinate parti del Paese.

Dichiaro il voto favorevole del nostro Gruppo, perché riteniamo che il provvedimento sia anche e soprattutto un atto di buon senso e di giustizia sociale. Il nostro movimento politico – in modo particolare i parlamentari campani – porta avanti con forza l’attenzione su un fenomeno che esiste, è reale e merita risposte definitive da parte del Governo e del Parlamento. I cittadini se lo meritano per una ragione fondamentale: lo sancisce la nostra Costituzione. Stante il principio di uguaglianza, i cittadini italiani sono tutti uguali e hanno gli stessi diritti e doveri.

Nel caso di buona parte dei cittadini campani, non è stato così e noi lo continueremo a denunciare con forza, perché riteniamo sia un sacrosanto diritto dei nostri concittadini. Credo sia un atto di buon senso e dovuto statuire per legge che i manufatti pericolosi per la pubblica incolumità o quelli nella disponibilità della criminalità organizzata vadano demoliti prima di quelli realizzati per stato di necessità da nuclei familiari indigenti. Si tratta di un atto di giustizia sociale. È in malafede chi, discutendo del provvedimento, si affretta a dire che è un condono mascherato. Il disegno di legge in esame non è un condono e serve esclusivamente a proteggere le case abitate dai nuclei familiari più poveri.

Dall’altro lato, il provvedimento stabilisce che le esigue disponibilità vengano utilizzate per abbattere gli immobili della speculazione, gli ecomostri e gli scheletri edilizi che deturpano il nostro paesaggio.

È innegabile che le sentenze vadano eseguite e non possa esserci scappatoia che tenga. Il problema diventa grave quando le demolizioni avvengono con il contagocce, come appunto avviene nella nostra Regione, in Campania. Vuoi per difficoltà di carattere organizzativo, vuoi per mancanza di risorse finanziarie, le demolizioni nella nostra Regione – e credo in gran parte d’Italia – si sono contate sulle dita di una mano, sono avvenute a macchia di leopardo e continuano ad avvenire a macchia di leopardo. È quindi evidente che qualcosa non funziona.

Mi rivolgo in modo particolare a coloro i quali sono amministratori locali, a coloro i quali quotidianamente hanno la responsabilità di guidare la propria comunità, il proprio Paese, il proprio municipio: come fanno questi signori – e noi dovremmo spiegarlo a loro – a spiegare a chi viene privato della propria casa, sia pure in esecuzione di una sentenza di condanna passata in giudicato, che il turno del vicino, che magari ha realizzato un abuso di dimensioni maggiori e in un’epoca ancora più lontana nel tempo, non è ancora arrivato e non si sa se arriverà mai?

Lo scopo della proposta di legge è mettere ordine alle esecuzioni dei provvedimenti di demolizione che – secondo i dati non di Forza Italia, ma di Legambiente – sono migliaia nella sola nella sola Regione Campania e riguardano ecomostri, fabbricati pericolanti, scheletri di cemento armato, immobili abusivi appartenenti alla criminalità organizzata, costruzioni realizzate sulle spiagge e finanche, per ultimo, case di necessità abitate da persone prive di ogni altra possibilità di alloggio.

Questa mattina ho ascoltato con attenzione l’intervento del senatore D’Anna che ha parlato delle migliaia e migliaia di metri cubi di materiale di risulta proveniente dalle eventuali ipotetiche demolizioni. Come si fa? Dove si allocano? Ebbene, c’è stato uno studio fatto dal quotidiano campano «Il Mattino» secondo cui, paradossalmente, l’ammontare delle costruzioni da demolire, in base alle sentenze passate in giudicato, in Regione Campania, in Provincia di Napoli e a Napoli, ammonterebbe all’equivalente di una città come Padova. Qualche collega, dall’altra parte, sorride ma è la verità: ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza, per lo meno per quanto riguarda parti del nostro Paese.

Fa piacere, comunque, che con il tempo lo abbiano capito tantissimi colleghi parlamentari che, superato lo scetticismo iniziale, non hanno avuto difficoltà a condividere con noi questa battaglia di giustizia e di civiltà che – mi piace ricordarlo e l’ho detto anche prima – nasce dall’impegno politico dei parlamentari campani e appartenenti al Gruppo del PdL campano, insediatosi nel 2015.

Perché questa battaglia è nata in Campania e non in un’altra Regione d’Italia e non si avverte la stessa sensibilità in altre parti del Paese? La ragione è molto semplice: una battaglia del genere non poteva nascere in Emilia-Romagna, non poteva nascere in Toscana, perché in quelle Regioni sono state applicate pedissequamente le leggi emanate dallo Stato centrale e si sono date risposte certe e concrete alle leggi, cosa che non è avvenuta in Campania. In Campania i condoni del 1985 e del 1994 sono naufragati nella peggiore di tutte le paludi burocratiche, quelle dell’interpretazione delle norme, dei ricorsi, dei contenziosi legali, delle denunce, del terrorismo ideologico dei sindaci e dei funzionari quotidianamente intimoriti. Tanto, tantissimo lavoro per i burocrati, per i magistrati, per le avvocature e per tanti avvocati che hanno difeso la povera gente. Pensate che a Napoli – non è demagogia, ma è un dato certo – dopo ben trent’anni dall’approvazione del primo condono, giacciono ancora pratiche di condono edilizio e sono parecchie centinaia: si poteva discutere di quelle pratiche di trent’anni fa.

Consentitemi di dire che la cosa più paradossale è quello che è successo con una legge dello Stato, quella approvata nel 2003, il famoso terzo condono edilizio. Il diritto alla sanatoria è stato riconosciuto a tutti cittadini di Italia, fuorché ai campani. Lo hanno ricordato il senatore Palma, il senatore D’Anna, il senatore Falanga e altri colleghi che mi hanno preceduto. È così: è stato negato alla popolazione della Campania, dove l’emergenza abitativa costituisce una vera e propria piaga sociale, un diritto riconosciuto agli altri.

Perché tutto ciò? Dobbiamo ringraziare l’allora governatore della Regione Campania che, stretto nella morsa dei vetero-ambientalisti, non ha esitato a bloccare tutto con una legge regionale, poi dichiarata dalla Corte Costituzionale illegittima. Lo ha fatto però tardivamente perché nel frattempo i termini erano scaduti e i cittadini campani non avevano avuto il tempo di presentare istanza di sanatoria.

Naturalmente fa rabbia – devo ricordarlo a me stesso e a quest’Assemblea – che a ciò si poteva porre rimedio qui in Senato, ma non c’è stata la possibilità, perché quella norma fu bocciata e non passò per un voto.

Concludo dichiarando il voto favorevole del Gruppo Forza Italia al provvedimento in esame, affermando che si tratta di un atto di buon senso e di giustizia sociale. Ringrazio tutti coloro, a partire dal senatore Falanga, che hanno contribuito al raggiungimento di questo risultato, che spero, con il voto di stasera, possa rasserenare centinaia di persone che vivono in stato di soggezione psicologica per un dramma che hanno dentro casa. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII).

CAPPELLETTI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAPPELLETTI (M5S). Signor Presidente, questo provvedimento non è stato esaminato in Commissione in sede deliberante perché il Movimento 5 Stelle si è opposto, insieme ad altri Gruppi politici, dal momento che volevamo portare il dibattito in Aula. Questo provvedimento presentava e presenta tuttora notevoli criticità. Abbiamo voluto quindi che ci fosse una discussione, per meglio capire e meglio comprendere quali potevano essere le soluzioni a queste criticità. Ma non è stato chiarito nulla. Non è stato chiarito – ad esempio – a cosa serva.

È stato detto che serve per avere un ordine di priorità nella realizzazione delle demolizioni. Ma le procure hanno già adottato un ordine di priorità per le demolizioni, con gli strumenti organizzativi che sono stati introdotti. Si dirà che magari procure diverse hanno introdotto dei criteri di priorità diversi. Allora, per dare una risposta a questa obiezione, è già intervenuto il Consiglio superiore della magistratura con delle proprie linee guida, che sono state diramate da tempo.

La totalità dei procuratori auditi ha rappresentato delle perplessità, se non una vera e propria aperta contrarietà nei confronti di questo provvedimento. Va dato atto che esso è stato molto migliorato rispetto alle precedenti versioni, ma quel che è veramente certo è che ogni avvocato si potrà opporre alle demolizioni e potrà chiedere perché si vuole demolire la casa del suo cliente, che magari è un camorrista, anziché un’altra abitazione e chiederà di verificare che tutti i criteri siano stati rispettati. Insomma, è attesa una valanga di incidenti di esecuzione – sono molto probabili – che questo rischia di paralizzare e non certo di accelerare l’iter per l’esecuzione delle sentenze.

Non abbiamo avuto risposta dal dibattito, dal Governo e dai relatori anche ad altri importanti punti critici del provvedimento. Questa norma potrebbe addirittura diventare uno strumento in mano alla criminalità, che potrà erigere case abusive in spregio della legge, mettendoci dentro qualcuno che le abiti, magari proprio allo scopo esclusivo di scongiurare l’esecuzione degli abbattimenti.

Non abbiamo avuto risposta alla domanda sul perché siamo qui a discutere di un provvedimento siffatto, che è potenzialmente criminogeno per i motivi elencati, e non già di una norma più stringente che consenta di abbattere gli edifici abusivi al momento della loro costruzione. Perché non discutiamo di una norma che consenta agevolmente di commissariare quei Comuni che non sono rigorosi nel far rispettare la legge con riferimento all’abusivismo? Ci chiediamo perché il provvedimento in esame abbia posto al centro non già la tutela del territorio, ma la tutela di chi ha realizzato l’immobile abusivo. Ripeto che deve essere posta al centro la tutela del territorio e non già la gestione delle demolizioni.

Il Movimento 5 Stelle è riuscito a migliorare la proposta normativa. Abbiamo inserito il fondo rotativo, perché il problema della demolizione nel nostro Paese sta tutto lì: si tratta di un problema legato alla mancanza di fondi. Abbiamo chiesto e ottenuto la creazione della banca dati degli immobili abusivi, che nel 2017 ancora manca nel nostro Paese. Tuttavia, queste positive innovazioni non sono sufficienti a farci esprimere un voto favorevole, perché i nuovi criteri introdotti porteranno a pesanti rallentamenti nelle procedure di demolizione, in particolare alla luce di quanto disposto dall’articolo 1, comma 3, lettera b), che impone rigidamente – non semplicemente raccomanda – i criteri di priorità. Insomma, non vogliamo correre il rischio di essere funzionali agli interessi della malavita organizzata.

Per tutti questi motivi, dichiaro il voto contrario del Movimento 5 Stelle al provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo M5S).

DE PETRIS (Misto-SI-SEL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE PETRIS (Misto-SI-SEL). Signor Presidente, il senatore Albertini ha iniziato il suo intervento dicendo che questo non è certamente un provvedimento che possa rappresentare una resa all’illegalità. Guardi, senatore Albertini – poi risponderò anche ad altri – penso che sia anche peggio: questo è un incentivo all’illegalità, e per un motivo molto semplice. In discussione generale abbiamo cercato di mettere in evidenza gli elementi assolutamente discutibili e gravi contenuti nel provvedimento, ma alla fine è la filosofia generale che non va bene. Stiamo parlando di un numero di immobili abusivi elevatissimo, probabilmente di circa 70.000 immobili abusivi. Nel nostro Paese, tra l’altro, ci sono stati dei condoni.

Con questo provvedimento si fa finta di dire che stabiliamo un ordine di priorità per le demolizioni. In realtà, si mette in campo una serie di strumenti – ho citato prima le dichiarazioni del procuratore generale Riello di Napoli, molto chiare da questo punto di vista – che permetterà, nei fatti, di non arrivare ad alcuna demolizione.

Tra l’altro, aver scelto anche una serie di criteri di priorità, compreso quello di preservare il cosiddetto abusivismo di necessità, diventa altro che cavallo di Troia. Giustamente, con questo sistema (case finite e abitate) ci vuole pochissimo; da una parte – come abbiamo segnalato anche attraverso gli emendamenti – ci sarà una corsa ulteriore a finire gli immobili che finora non sono stati completati e, dall’altra, non ci vuole niente a occuparli e a renderli abitati. E questi sono trucchi e trucchetti che renderanno, perché quello è lo scopo.

Quanto al richiamo sentimentale del senatore Falanga, non ho capito se il Natale, la famiglia e il calore della casa esistono soltanto dove ci sono illeciti e abusi, o solo in una parte del Paese. Ma che ragionamenti stiamo facendo? Assumetevi tutti quanti la responsabilità di dire quanto si sta facendo. Non si ha avuto il coraggio di fare un condono, perché, poi, con il condono, almeno c’è un inizio e una fine, c’è una finestra. Qui no. Questo è un provvedimento che non ha tempo.

Noi avremo tutto con comodità, purché andiamo sempre più in là. E non avremo solo 70.000 di abusi: vedrete che il prossimo anno ne avremo molti di più. Oltretutto, vorrei ricordare che è anche peggio, perché – come sapete – con il condono è prevista la concessione in sanatoria e, quindi, bisogna pagare, come fanno i comuni cittadini in molte parti del Paese – per fortuna – che chiedono una concessione edilizia e pagano gli oneri concessori. Qui non ci sarà neanche questo.

Vorrei fare poi due riflessioni. Ma a noi non è bastato tutto ciò che è accaduto nel nostro Paese sull’onda anche di un abusivismo che, in una parte sostanziale del Paese – penso al Sud – ha distrutto il paesaggio, i beni primari, un patrimonio che è di tutti, che era la ricchezza di quei luoghi, anche dal punto di vista della possibilità dello sviluppo economico? Questo è quanto è accaduto.

Io sono di Roma e anche noi abbiamo avuto il fenomeno dell’abusivismo. Anzi, ha riguardato quasi un milione di abitanti. Sono state fatte le sanatorie. E, anche se sono state pagate concessioni in sanatoria, quel problema non solo ha provocato un danno enorme a un bene primario tutelato dalla Costituzione – e ha fatto bene il senatore Casson a richiamare l’articolo 9, perché lo dimentichiamo sempre – non solo ha distrutto il nostro territorio – e prima lo aveva già fatto l’abusivismo – ma ha anche scassato le casse dei bilanci dei Comuni. Pensate cosa è costato portare tutti i servizi e quanto alti sono stati gli oneri di urbanizzazione. Volete che parliamo del trasporto pubblico a Roma? Al netto di tutte le scelte sbagliate e del disastro della gestione dell’ATAC, sapete che cosa significa dover portare il trasporto pubblico in zone molto lontane, magari soltanto per un piccolo nucleo? Sapete cosa vuol dire portare le opere di urbanizzazione, attraversare pezzi dell’agro romano e, quindi, indurre ancora di più a devastazioni e a edificazioni, anche in zone che dovrebbero essere tutelate? Il danno per la collettività è enorme.

E non si può continuare a dire – e mi rivolgo anche al Partito Democratico – che è finita l’epoca dei condoni, che arriva il momento della tutela del territorio, che arriva finalmente il momento di fare la legge contro il consumo del suolo – ma quella è sepolta e può rimanere lì dov’è – e poi compiere un’operazione come questa. È una legge che stata chiamata «Disposizioni in materia di criteri per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi» quando, in scienza e conoscenza – e per questo c’è tanta pressione – questo provvedimento serve solo e unicamente a fare in modo che a quelle demolizioni non si arrivi mai, soprattutto in un territorio dove l’abusivismo e l’illegalità sono stati spesso un tutt’uno e sono stati utilizzati anche a danno della povera gente dalla criminalità organizzata e da una classe politica che scientemente non ha mai fatto i piani regolatori e che scientemente non ha voluto mettere in campo opere vere e serie per la tutela del territorio, per fornire le risposte che servivano e anche per soddisfare le esigenze abitative.

Quindi, per tutti questi motivi, credo che, sebbene la Camera in qualche modo abbia migliorato questo provvedimento, non sia stata purtroppo attenuata la sua gravità che è peggiore addirittura di un altro condono. E dico anche che il provvedimento è stato peraltro anticipato dal governatore De Luca, che nel frattempo si è fatto una leggina in Regione ad esso ispirata. Io vi dico solo che spero unicamente che esso faccia la fine delle altre leggi regionali, che la Corte costituzionale per fortuna ha bocciato nel tempo.

Vi volete ancora una volta nascondere, cercando addirittura di dire che avete stabilito dei criteri per salvare le persone che sono più in difficoltà. Il senatore Falanga ha osato dire che in questo modo finalmente si potrà fare un’operazione di demolizione nei confronti dei grandi speculatori, ma in realtà l’operazione è volta solo e unicamente a fare in modo – come giustamente è stato segnalato anche dai magistrati – di mettere i bastoni fra le ruote, per non arrivare a nessun tipo di demolizione. Questa è la realtà dei fatti.

Per tutti questi motivi, noi saremo assolutamente contrari e voteremo contro il provvedimento, perché lo riteniamo davvero un ulteriore favore all’abusivismo e un vero incentivo all’illegalità. Di questo passo dovrete dare spiegazioni ai cittadini che invece devono presentare i progetti e i controprogetti, ai cittadini che si sono attenuti alle regole per poter edificare la propria casa. (Applausi dai Gruppi Misto-SI-SEL e Art.1-MDP e del senatore D’Anna).

CASSON (Art.1-MDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASSON (Art.1-MDP). Signor Presidente, colleghi senatori, questo è un provvedimento molto strano che, partito dal Senato in una certa maniera e poi trasmesso alla Camera dei deputati, é ritornato qui in tutt’altra maniera. È strano perché la collocazione che si è voluta dare a questo insieme di norme si inserisce all’interno di un decreto legislativo che nulla ha a che fare con la materia, ma che ci dà la certezza, o quantomeno il sentore, di quanto importante sia per coloro che hanno problemi di abusivismo e che difendono situazioni di abusivismo, fare in modo che diventino norme di carattere generale.

Strano perché all’inizio, nella prima fase, si parlava di «priorità» e ora, quasi con una tautologia, si sostituisce la parola «priorità» con la parola «criteri» (che etimologicamente risale al verbo greco krìno); poi però il tutto viene ammorbidito quando si dice che bisogna tenere in adeguata considerazione questa situazione e, quindi, si consiglia una formulazione diversa. Strana è anche la formulazione che viene data a questi criteri da tenere in adeguata considerazione, perché si richiede al pubblico ministero un surplus d’indagine, un approfondimento e una verifica dei criteri che allungherà notevolmente i tempi, portando alle calende greche qualsiasi possibilità di intervenire, come dirò anche tra poco.

Strano perché questo disegno di legge contiene al suo interno un trojan horse, per mutuare un termine dell’informatica, e cioè un cavallo di Troia, perché la priorità viene attribuita di regola agli immobili in corso di costruzione, o comunque non ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado, e agli immobili non stabilmente abitati. È facilmente pensabile l’escamotage che verrà utilizzato da chi vorrà far saltare qualsiasi abbattimento: tutti troveranno un figlio o un parente, più o meno lontano, per fare in modo che non si dia esecuzione all’abbattimento, perché l’immobile abusivo verrà considerato stabilmente abitato. Si diceva e si dice: fatta la legge, trovato l’inganno. Qui, addirittura, l’inganno è stato suggerito e scritto nella legge: vi do questi criteri, ma potete anche aggirarli in questa maniera.

Strano anche perché ci sono indicazioni da parte di tutti i procuratori della Repubblica, ordinari e generali, che sono intervenuti, secondo cui tali criteri apriranno la via a un contenzioso enorme e infinito, perché giustamente gli avvocati faranno valere il diritto di difesa, faranno incidenti di esecuzione a non finire che dureranno anni, anche dieci anni, e tutto verrà sospeso per moltissimo tempo.

Assieme a queste stranezze c’è anche un’aberrazione. Basti pensare che per le case abusive costruite in aree protette (è un aspetto molto grave) queste demolizioni verranno fermate. Mi riferisco alle costruzioni abusive nelle aree protette con vincolo ambientale e idrogeologico, perché il disegno di legge prevede di mettere per ultimi questi casi. Questa è una vera e propria aberrazione.

Aggiungo che se mai il disegno di legge in esame dovesse entrare in vigore, sarebbe di una gravità particolare e non accettabile, perché nella sostanza legalizza in modo permanente l’abusivismo, con effetti futuri che hanno il carattere della permanenza. Le case abusive, purché abitate in qualsiasi maniera, con quegli escamotage e con quegli imbrogli, saranno comunque salvate. Non è accettabile che questo disegno di legge si basi sulla ben nota distinzione di comodo tra quello che viene considerato l’abusivismo di speculazione e l’abusivismo di necessità, cioè quello costituito dalle case abitate, che verrà messo in coda al fine di evitare le demolizioni.

Quali saranno, allora, gli effetti del presente disegno di legge? Se esso entrerà in vigore darà certezza del fatto che le demolizioni verranno fermate per alcuni motivi che ho già indicato, ma anche per i prossimi che sto per indicare. Innanzitutto la cifra che è stata stanziata e che si prevede di stanziare comunque al termine del lavoro legislativo è bassissima ed è sufficiente – secondo un calcolo materiale che è stato fatto – a consentire nel corso di un anno 130-140 demolizioni e questo, a fronte di decine di migliaia di casi, è davvero risibile. Inoltre non vengono date forze, strutture né personale per poter intervenire. Vi è poi un altro fattore: buona parte delle case è abitata, quindi sarà messa in coda alle priorità, con dispregio di tutte le considerazioni che ho fatto poco fa.

Tuttavia, l’aspetto ancora più grave del presente disegno di legge è che la sua applicazione non ha alcun limite di tempo, a differenza ad esempio dei tanto vituperati condoni. Ciò significa che nel prossimo futuro, tra qualche mese e tra qualche anno, o comunque in qualsiasi situazione fino all’abolizione della norma, chiunque potrà edificare materialmente una villa o una casa in una vallata, su una costa, in una zona di pregio, in qualunque zona, anche sottoposta a vincoli; in questo modo il Parlamento italiano si sta accingendo a legalizzare in modo permanente l’abusivismo edilizio, invece di bloccarlo.

Su questo aspetto aggiungiamo un’altra considerazione. Non è che ci sia semplicemente il rischio che questa norma possa essere utilizzata dalla criminalità organizzata; è certo che la norma verrà utilizzata dal crimine, diventerà uno strumento importante nelle sue mani. Infatti, con vari sistemi, attraverso i cavalli di Troia di cui si diceva prima, con i prestanome, con l’indicazione di criteri di necessità previsti dalla legge, si potrà continuare a costruire case abusive in dispregio alla legge fondamentale che riguarda questa materia. Questa, sostanzialmente, è la realtà.

Invece di approvare norme più rigide e stringenti per abbattere ed eliminare in partenza l’abuso ed eventualmente arrivare anche al commissariamento dei Comuni che non siano rigorosi e che dimostrino di non rispettare le norme sulla lotta all’abusivismo edilizio, si adottano norme di questo tipo che certamente non sono accettabili e neanche presentabili.

Questo è un po’ un vizio italico che, di fronte a determinate situazioni e tragedie, come quelle causate da dissesto idrogeologico, a volte piange lacrime di coccodrillo, perché si nasconde dietro alle norme che approva e, dopo aver versato lacrime di coccodrillo per le tragedie gravissime che si verificano continuamente nel nostro Paese, il giorno seguente torna a chiudere gli occhi e invece di combattere l’abusivismo edilizio riprende a favorirlo.

Concludo ricordando a questo proposito un passo fondamentale della nostra Costituzione, che tra l’altro getta anche una luce in termini di profili di illegittimità costituzionale su alcune di queste norme. All’articolo 9, secondo comma, della nostra Costituzione si dice testualmente che la Repubblica «tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Il disegno di legge che ci apprestiamo a votare non tutela assolutamente questo bene primario, tanto primario che è stato inserito nella parte fondamentale e primaria della nostra Carta costituzionale.

Qualcuno ha definito questo provvedimento un condono mascherato, ma in realtà è peggio, perché non è mascherato: è un condono vero e proprio, palese, chiaro e soprattutto permanente. Per questo motivo, il Gruppo Articolo 1-MDP esprimerà un voto contrario. (Applausi dal Gruppo Art.1-MDP).

STEFANI (LN-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANI (LN-Aut). Signora Presidente, desidero dire poche parole, perché se ne sono spese tante, forse troppo.

Il disegno di legge è nato in questo ramo del Parlamento con un’impostazione ed è poi stato modificato alla Camera dei deputati, per arrivare a un testo estremamente complesso e anche di difficile lettura.

Va da sé che si sta trattando di un caso che il provvedimento in esame non vuole risolvere, ma dilatare, procrastinandone gli effetti. Più che un caso, quello che imperversa ancora oggi in molte parti del nostro Paese è purtroppo un fenomeno di illegalità diffusa. Una illegalità che il nostro Paese insiste ancora a perseguire e certamente non a risolvere. Si tratta, infatti, di situazioni che effettivamente, guardando a quello che dovrebbe essere il nostro grado di civiltà, sembrano quasi incredibili.

In alcune parti del Paese, per poter installare una legnaia c’è bisogno di intraprendere una costosa pratica edilizia, farsi rilasciare il permesso per costruire e pagare gli oneri di urbanizzazione. In altri luoghi, invece, come si evince dai dati forniti, si parla di migliaia di opere eseguite del tutto o comunque in parte abusivamente. Si tratta di una malversazione veramente diffusa: quasi 70.000 immobili sarebbero oggetto di un ordine di demolizione. Se facciamo un calcolo, considerando almeno tre persone per ogni nucleo familiare e ipotizzando che ogni immobile possa ospitare una famiglia, stiamo parlando di 200.000 persone, cioè un’intera città capoluogo.

Purtroppo è una situazione che ancora esiste e che per l’Italia è sicuramente una vergogna nazionale, mi si passi il termine, che ci espone ad un internazionale pubblico ludibrio, quasi che solo in Italia si viva dentro immobili abusivi e come se solo in Italia esistessero costruzioni in contesti paesaggistici vincolati. Davanti a questo pubblico ludibrio la nostra risposta è contenuta nel provvedimento al nostro esame, sul quale noi avevamo avanzato delle forti perplessità che alimentano una fortissima contrarietà. Proprio per questa ragione non abbiamo proposto emendamenti: il testo non è nemmeno emendabile, non è migliorabile. Infatti, alla fine, si sta parlando di un provvedimento atto solo a confondere e a ritardare le operazioni. Dobbiamo far cessare questo spettacolo indegno per il nostro Paese. Alcune parti della nostra bellissima Italia non devono restare marchiate come la patria degli abusivismi.

Mi si permetta anche una considerazione. È vero quanto detto da alcuni colleghi: magari in questi immobili vivono famiglie che quando si vedono abbattere la casa comunque perdono l’ambiente in cui vivono, in cui hanno fatto crescere i loro figli e per cui hanno anche investito delle risorse. Mi si passi però una similitudine: consideriamo uno spacciatore. Se si comincia a pensare a dove è nato – magari in periferia – e al fatto che non ha avuto una buona educazione e al fatto che il padre a sua volta era un criminale, alla fine anche il più piccolo criminale può far pena. Qualsiasi situazione può alimentare un sentimento simile. Ma quando ci troviamo in questa sede, a legiferare, non possiamo tener conto dei singoli contesti, anche familiari, di dolore e di disperazione. Uno Stato deve tutelare in primis la legalità perché il nostro Paese può crescere soltanto in un contesto di legalità. Non dovremmo, quindi, utilizzare norme come questa che arrivano quasi ad ammettere, nelle premesse, che esiste la possibilità di una deregulation.

Infatti, se approfondiamo, il problema non è solo che vengono costruiti immobili abusivi, magari non rispettando il piano regolatore, il piano degli interventi o comunque un qualsiasi piano urbanistico. Stiamo parlando di abitazioni, di immobili che vengono costruiti senza il minimo rispetto delle normative sulla sicurezza, dagli impianti ai soffitti, ai pavimenti.

(Segue STEFANI). Ci sono persone che vivono in contesti estremamente pericolosi. E pensare che nel momento in cui analizziamo questa situazione e adottiamo un provvedimento come questo ci sono – come una collega prima ha anticipato – proposte di legge all’esame della Regione Veneto, dalla quale provengo, proprio sul consumo del suolo. Si stanno già esaminando norme che rivelano un elevato grado di civiltà, perché l’urbanizzazione deve essere considerata e valutata.

Pertanto, ci troviamo ora di fronte a un fenomeno grave al quale fondamentalmente non si dà una risposta, perché il provvedimento al nostro esame non risolve il problema degli abusi e non risolve il problema della deregulation. Sono norme atte a creare confusione e a determinare una situazione dalla quale (ma sembra che non ci sia consentito nemmeno pensarlo) qualcuno potrebbe trarre profitto.

Fortunatamente la Camera dei deputati ha apportato taluni aggiustamenti al progetto iniziale, ma è un testo che per noi è assolutamente inaccettabile. Siamo e resteremo sempre dell’idea che in Italia deve essere beneficiato chi rispetta la legge e chi è onesto e non si possono prevedere, per i casi in cui le leggi non sono rispettate, formule come questa che magari, di fronte a un problema notevole, individuano palliativi o soluzioni che per noi sono assolutamente inaccettabili.

Per questa ragione il Gruppo della Lega Nord voterà contro il provvedimento.(Applausi dal Gruppo LN-Aut).

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