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Lidia Ravera: un bambino muore di freddo…

Pubblichiamo questa amara riflessione della scrittrice Lidia Ravera: davanti a situazioni come quella che si sta consumando al confine tra Bielorussia e Polonia, dovremmo alzare gli occhi da noi stessi, dai problemi della città, dalla politica italiana e guardare il mondo, che può anche essere racchiuso in un bimbo piccolo piccolo. Mondo in cui ci siamo anche noi. (AMBM)

Un bambino muore di freddo, a un anno, fra le braccia dei suoi genitori.Nella civilissima Europa. Nella civilissima Europa la polizia spara getti d’acqua gelida su gruppi di esseri umani in fuga dalla guerra e/o dalla fame. In pieno inverno. Temperature sotto lo zero.Tanto vale sparare coi fucili.Almeno si muore in fretta.E noi: bla bla bla, per citare una leader politica, una dei pochi, una delle quasi nessuna.Appena appena maggiorenne.La stretta della pietà si fa intollerabile.Morire di freddo a un anno, mentre tuo padre e tua madre stanno lottando per metterti al sicuro, lontano dal Paese dove hai avuto la disgrazia di nascere. Maledico la mia immaginazione che mi obbliga a vedere, a sapere, a sentire.Ieri sera non riuscivo a guardare la mia nipotina, che ha sette mesi, mentre giocava sul tappeto di casa mia, una casa ben riscaldata, con il maglioncino i leggings i calzini rosa e quattro adulti chini su di lei, a divertirsi della sua allegria.L’immagine di quell’altro bambino continuava a tormentarmi.E non sono un’anima bella. Sono come tutti voi, presa dalle mie cose, con le mie ossessioni e le mie speranze e le mie consapevolezze scomode. Sono abituata all’impotenza, perchè ho vissuto, e ho visto quanto poco la mia volontà o la mia pietà o il mio implacabile senso del dovere (apportare almeno qualche miglioria al mondo?) servono per spostare gli squilibrati equilibri del pianeta. Nemmeno poco, niente.Sono abituata a subire la fiammata della compassione appena il telegiornale mi scarica addosso gli ultimi crimini contro l’umanità (perchè di questo si tratta, quando si ammazza un bambino di un anno, quando si respingono con getti d’acqua gelida persone che hanno bisogno di essere accolte), sono abituata a tacere e a dimenticare.Sono abituata a perdonarmi, paga della mia sofferenza, sono abituata a sventolarmela sotto il naso, la mia sofferenza, come un salvacondotto per il Paradiso delle Buone Intenzioni.Ma questa volta sento che è troppo, quello che sta succedendo al confine della Polonia con la Bielorussia.Che non dobbiamo accettarlo. Che non possiamo chiamarci fuori.E bla bla bla…

Lidia Ravera

(dal profilo Fb di Lidia Ravera, 20 novembre 2021)

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Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail. com

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