Sostegno alle attività produttive VS tutela dei Beni Culturali ?
Autore : Redazione
Piazza Navona (foto AMBM)
Che l’emergenza Coronavirus e soprattutto le conseguenze economiche dell’emergenza potessero diventare il motivo per cancellare regole a tutela dell’interesse pubblico – e , in questo caso, dello spazio pubblico e della tutela dei Beni culturali – era ed è un nostro forte timore, che sembra avere conferma in una mozione approvata dall’Assemblea Capitolina l’8 aprile (1) che riguarda le OSP, Occupazioni di Suolo Pubblico. Il tema è da tempo oggetto di un tira e molla tra le categorie interessate – in particolare ristoratori, bar e somministratori di cibo e bevande vari – e i residenti del Centro Storico, che chiedono da anni regole certe per tavolini e gazebi, insieme a molte associazioni, tra le quali Carteinregola, che si battono per la tutela dei monumenti e del Paesaggio della Capitale, nonchè per la vivibilità dello spazio pubblico anche nei luoghi commercialmente più appetibili.
In realtà la mozione capitolina è piuttosto generica, ma è il combinato disposto con le parole dell’Assessore al Commercio Carlo Cafarotti (2) e del Presidente della Commissione Commercio Andrea Coia (M5S), a rendere preoccupante – e assai deludente – lo scenario che ci aspetta.
L’Assessore infatti, ricordando le perdite economiche delle categorie di settore per il fermo di questo periodo, e il probabile perdurare dell’obbligo di distanziamento sociale per un altrettanto lungo periodo, con la riduzione degli spazi per la clientela per molti esercizi, ipotizza un aumento delle occupazioni per chi già le ha, e la possibilità di utilizzarle per chi non le ha mai avute. “Una norma transitoria e temporanea per l’intero 2020″, che potrebbe anche essere ragionevole – per il solo periodo del distanziamento – che però sembra avere ben pochi limiti, visto che si faranno salvi “il codice della strada e lo spazio per far passare i mezzi di soccorso” e che “gli altri criteri verranno, gioco forza, messi in stand by“. Facciamo presente che negli “altri criteri” ci sarebbero i vincoli del Ministero dei Beni culturali. Ma va oltre il Presidente Coia (3), che invoca addirittura una modifica di una legge nazionale (4) per rendere ancora meno restrittivi i già ultra laschi termini del silenzio-assenso dell’Amministrazione per concedere i permessi, anche per la “tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali“. In proposito, secondo Coia “Non si deve nemmeno abusare del Codice dei Beni Culturali nato con il lodevole intento di preservare il patrimonio storico-culturale della nostra meravigliosa Capitale e non per far chiudere le attività produttive“(3).
Ecco servito il piattino che, temiamo, diventerà il macabro refrain – bi/tripartisan – del dopo emergenza: in nome della salvezza di – alcune – attività produttive, si cancellano le già assai fragili regole a tutela di un bene di tutti.
Certamente non intendiamo sottovalutare la drammatica situazione economica del nostro Paese e della nostra città, le cui conseguenze continueranno ad abbattersi su tante persone, famiglie, categorie, compresi tanti esercizi commerciali. E sicuramente il distanziamento sociale impone un ripensamento e una riorganizzazione del modo di vivere, e anche dell’offerta commerciale, seppure, lo sottolineiamo ancora, limitatamente al periodo dell’emergenza.
Emergenza che però, è assai triste constatare, sembra stimolare nei vecchi come nei nuovi politici la risposta pavloviana della deroga a spese dei beni pubblici, senza alcun guizzo di intraprendenza e di fantasia che vada oltre la trasformazione di un patrimonio comune – la cultura, la bellezza, spesso anche l’ambiente – in una merce da usare come contropartita economica.
Eppure ce ne sarebbero state e sicuramente ce ne saranno tante, di iniziative che i nostri amministratori avrebbero potuto attivare tempestivamente per i tanti locali che hanno abbassato le serrande ormai da un mese e mezzo, anzichè prevedere di spalmare tavolini e pedane in ogni angolo delle zone più frequentate, quindi, diciamocelo, soprattutto nel centro storico. Ad esempio lanciare una campagna di assistenza e di incentivi per attivare il servizio a domicilio di tanti locali fin dai primi giorni. Magari creando una mappa geolocalizzata di chi consegna a casa, che non comprendesse solo supermercati e mercati rionali (messa on line quasi un mese dopo l’inizio delle chiusure!)(4).
E prima di moltiplicare questa filosofia con un florilegio di deroghe, magari anche per camion bar, bancarelle, cartelloni, fino all’edilizia – ricordiamo che il famigerato “Piano Casa” aveva tra le premesse la necessità di fronteggiare la crisi di settore – , sarebbe il momento di pensare finalmente con un orizzonte più ampio e lungimirante, che comprende le tante altre categorie che si trovano in grande difficoltà in questo momento, e mettere al lavoro delle teste pensanti per immaginare soluzioni creative e anche “di sistema”.
Ad esempio si potrebbero creare nuovi spazi in luoghi inutilizzati pubblici e privati, coinvolgendo molti giovani che da tempo hanno dimostrato che esiste un mondo di allestimenti temporanei e poco impattanti che coniugano cultura, arte, sociale (e magari non cancellare quelli che già ci sono, con una proposta di regolamento del patrimonio indisponibile che mette al centro i ricavi economici e non quelli sociali). Mettere a disposizione a costo zero le centinaia di negozi chiusi vuoti e degradati ai piani terra delle case popolari un po’ in tutte le periferie. Iniziative che intendano davvero valorizzare tutti i territori, soprattutto quelli più trascurati, dove non c’è bisogno di derogare alle tutele del MiBACT con il silenzio assenso.
Un mondo nuovo, che potrebbe trovare nutrimento dalle ceneri di questo incendio, per rendere Roma una vera città resiliente, slogan che, ancora di più nello scenario attuale, appare decisamente fuori luogo.
Invece dobbiamo ancora sentire quell’espressione, “abusare del Codice dei Beni Culturali”, in contrapposizione alle esigenze delle realtà produttive, che eravamo abituati a subire da schieramenti politici con una storia ben diversa, storia che qualcuno aveva promesso di riscrivere “dal basso”…
Anna Maria Bianchi Missaglia
20 aprile 2020
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
Vedi anche l’approfondita disamina di Paolo Gelsomini Difendiamo le attività economiche ma non a discapito del pubblico interesse 20 aprile 2020 di Paolo Gelsomini
Vedi anche La Capitale disfatta e la disfatta della Capitale 9 aprile 2020 di Anna Maria Bianchi Missaglia
NOTE
(1) scarica Mozione n. 96.2020 (PMO) vedi Difendiamo le attività economiche ma non a discapito del pubblico interesse 20 aprile 2020
(2) Su Il Messaggero del 20 aprile 2020, in un articolo dal titolo “Bar e ristoranti, da giugno deroghe sui tavolini all’aperto” di Camilla Mozzzetti
(3) (AGENPARL) – lun 20 aprile 2020 Commercio: Coia (M5s), appello al governo per salvare le attività produttive
Roma, 20 aprile 2020 – “ Occorre ridurre i tempi del procedimento di esame delle istanze di concessione di suolo pubblico trattandole con il principio del silenzio/assenso. Se si vogliono salvare queste attività dal fallimento o dall’essere depredate da individui senza scrupoli pronti a rilevarle per pochi spiccioli si deve intervenire subito, modificando la legge 241/1990. Non si deve nemmeno abusare del Codice dei Beni Culturali nato con il lodevole intento di preservare il patrimonio storico-culturale della nostra meravigliosa Capitale e non per far chiudere le attività produttive ”. Lo dichiara in una nota stampa Andrea Coia, Presidente della Commissione Commercio di Roma Capitale.
(4)Legge 7 agosto 1990, n. 241
Nuove norme sul procedimento amministrativo https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/1990_0241.htm
Questo l’articolo sul silenzio/assenso (il grassetto è nostro)
Art. 17-bis. Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici (articolo introdotto dall’art. 3 della legge n. 124 del 2015)
1. Nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.
2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all’articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.
(3) Vedi delibera 91/2019 Delib._n.91_2019 Assemblea_Capitolina_n._91_2019(PMO)
(4) Vedi sito istituzionale del Comune di Roma Roma aiuta Roma, Sezione “Spesa a casa”https://www.comune.roma.it/romaiutaroma/it/supermercati-a-casa.page
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