Movida: un’assemblea a San Lorenzo, tra un titolo sbagliato e uno svolgimento istruttivo
Autore : Redazione
di Paolo Gelsomini
Piazza dell’Immacolata, quartiere San Lorenzo a Roma: in un’afosa serata di luglio una cinquantina di persone hanno rimesso sui giusti binari un’assemblea che era stata presentata male fin dal titolo “Questa notte è ancora nostra” titolo che ha suscitato qualche legittimo interrogativo del tipo “nostra di chi?”. Più chiaro il sottotitolo “Assemblea sulle politiche della notte” che invitava ad una ricerca tesa a “non lasciarsi irretire dalle retoriche decoro vs degrado”.
Organizzata da Christian Raimo, assessore alla Cultura del terzo Municipio, che ha subito sgomberato il campo da ogni riferimento alla “movida selvaggia” considerato termine allarmante e fuorviante. E questo è stato uno degli errori di presentazione perché non si può prescindere dal comune sentire dei cittadini residenti di quartieri e rioni che denunciano le invasioni notturne di giovani in preda all’alcol, essi stessi vittime di una visione distorta di un divertimento notturno (auto) distruttivo e violento.
“La politica ha cessato di mediare tra interessi favorendo di fatto quelli più forti” – ha esordito la giornalista Sarah Gainsforth – dimenticando però di sottolineare che quelli dei residenti non sono interessi ma diritti alla salute.
A proposito di interessi, Leone Barilli dei Radicali romani ha voluto riprendere il concetto di “bene economico” riferito alla notte, con collegamento alla libera iniziativa imprenditoriale sana, che potrebbe avere il ruolo di espellere le presenze mafiose infiltrate nel tessuto produttivo.
Più complessa ed articolata l’analisi della consigliera regionale Marta Leonori, ex assessora al Commercio di Roma Capitale. “Manca una lettura complessa di un problema complesso, non si può limitare l’apertura di locali di somministrazione ma occorre gestire sia gli spazi urbani che si riempiono, sia i processi sociali che ne derivano con una capacità di governance che oggi manca, per una città viva e vivibile”.
Concetti ripresi dalla Presidente del secondo Municipio Francesca Del Bello secondo la quale occorre favorire la nascita di attività economiche sane che valorizzino il quartiere, mettere in campo politiche giovanili per creare spazi ed azioni alternative alla movida, incrementare i rapporti con le scuole per costruire interventi scolastici culturalmente e socialmente validi, progettare spazi urbani.
La discussione si estende, con il rischio di allontanarsi dal problema urgente e drammatico dell’invivibilità notturna dei luoghi della città. Dice Chiara della Rete degli studenti medi: “Abbiamo l’esigenza di vivere la notte in una città a misura di giovani con l’adeguamento dei mezzi pubblici ed il rafforzamento della sicurezza soprattutto per noi ragazze quando torniamo a casa”.
A scompigliare le carte ci pensa Claudio Cippitelli, sociologo, che afferma che l’etica e l’estetica sono categorie soggettive e che i cittadini anziché protestare dovrebbero fare un elenco di problemi per cercare soluzioni.
Una vera provocazione per i residenti di San Lorenzo che, zitti fino ad allora, cominciano ad intervenire.
Luisa descrive la sofferenza dei residenti e sogna di costruire una rete sociale capace di mettere in campo interventi pratici, mentre Katia dice esplicitamente che, se non si vuole distruggere il quartiere e conservarne la funzione residenziale, non bisogna più tollerare le scorribande notturne, le violenze, i rave con la musica a palla fino alle 5 del mattino. E poi si domanda: “che cosa vuol dire il sindaco della notte? Qui occorre gestire le emergenze nei tempi brevi e governare i processi nei tempi lunghi”.
Altri cittadini dicono di essere lì non per intervenire ma per ascoltare le proposte dalle istituzioni.
La consigliera regionale Marta Bonafoni rafforza il concetto di andare oltre la movida, non per sottovalutarne gli effetti sui residenti, ma per cercare di contemperare le varie esigenze, del divertimento dei giovani, del diritto alla quiete pubblica e al riposo, del diritto al lavoro. Occorre mettere in campo politiche pubbliche, dai servizi ai trasporti, alla progettazione degli spazi urbani, insieme a soggetti diversi e a processi di partecipazione, alla ricerca di mediazioni possibili e necessarie. Per questi obiettivi a Parigi esiste non un Sindaco della notte ma un Consiglio della notte composto da istituzioni, attori sociali ed economici.
Anche Pulika Calzini, della Rete Imprese Monti Green, pensa che costruire percorsi di confronto sia l’unica strada per fare maturare le soluzioni condivise migliori.
Tobia Zevi, che ha partecipato alle recenti elezioni primarie per il Sindaco di Roma, continuerà a lavorare per costruire una proposta di gestione della notte.
Secondo Alessandro i problemi della movida non si affrontano con le ordinanze che cacciano gli avventori sani e mantengono i disturbatori capaci di aggirarle, lasciando così i quartieri ed i rioni senza un presidio sociale ed in mano ad alcolizzati e spacciatori.
Ritornano a parlare i residenti di San Lorenzo, con Francesco che afferma che le necessarie analisi sul fenomeno movida non debbono lasciare inevaso il problema principale del disturbo al sonno di chi abita il quartiere, problema che va risolto in tempi brevi.
Ed aggiunge Simone: “Non c’è una proposta mediana tra la repressione dei comportamenti e la tolleranza della sfrenata autonomia. Eppure ci sono le condizioni per dispiegare nuove energie della società civile, per costruire un percorso di proposte fattibili e di audizioni per contribuire alle scelte della politica e delle istituzioni“.
C’è anche l’analisi politica generale sui mali del libero mercato lasciato senza il controllo pubblico, con il solo scopo di produrre ricchezza per pochi a discapito dei danni arrecati a molti con l’aggravamento di una questione sociale diventata incandescente sui luoghi di lavoro e nella città.
Da sottolineare infine due interventi altisonanti e drammatici, quello della giovane Agnese e quello del ricercatore universitario Stefano Simoncini.
Agnese, con voce rotta da un profondo e sofferto coinvolgimento emotivo, urla al microfono che i giovani potrebbero e vorrebbero fare anche altro al di fuori dello sballo, ma sono trattati come consumatori e non come interlocutori politici. I giovani non sono solo un problema, i giovani vogliono lavorare dignitosamente, vogliono affermare le loro capacità, vogliono studiare, socializzare, avere gli strumenti materiali per crescere nella città e con la città. I giovani per fare arte, musica, teatro, cinema non debbono essere costretti ad essere inseriti in circuiti costosi, chiusi e controllati mentre le esperienze sociali e culturali autogestite si distruggono una dopo l’altra e con esse si distruggono gli spazi urbani che le avevano accolte. I giovani non possono più essere costretti a restare chiusi dentro appartamenti con quattro o cinque persone senza computer e senza comunicazioni sociali. I giovani così esplodono e si rivolgono verso l’unico spazio pubblico offerto: quello dello sballo e della movida.
Dice Simoncini: “Abito a San Lorenzo nel cuore della movida e quello che sta accadendo è di una gravità eccezionale che richiede misure eccezionali. Non credo che ci siano possibilità di convivenza pacifica se la politica non ci mette mano tempestivamente. Reati gravi contro la quiete e il benessere pubblico vengono compiuti quotidianamente senza che mai nulla sia fatto per contrastarli o arginarli. Mai nulla. E questo non può essere considerato un diritto, e neanche un comportamento semplicemente “fuori dagli schemi“. “Sono comportamenti fuori dalle regole democratiche e contro i diritti alla quiete, al benessere, alla salute e alla integrità psico-fisica delle persone. Cori da stadio in strada o in piazza con musica a tutto volume sparata da sound system da discoteca portati con carrelli, risse continue e droga a fiumi. Tutta questa roba deve semplicemente finire. E non ci sono mediazioni possibili, si deve capire che certe cose non si possono fare e basta. La politica può favorire la nascita di poli del divertimento dove questo è possibile, o può tollerare lo svolgimento di iniziative informali come i rave in spazi dove questo è possibile. Tolleranza piena dove è possibile agire fuori dagli schemi e tolleranza zero dove questa libertà comporta l’azzeramento del diritto alla quiete e alla salute di altri. Perché non si fa un tavolo con la Prefettura? L’autodeterminazione dei giovani non può essere questa”.
Conclusione: Tra questi due ultimi interventi c’è la chiave del percorso che deve affrontare sia la politica che la società civile. Non per essere equidistanti dai due drammatici aspetti toccati, ma per affermare il concetto che un fenomeno come quello della movida si governa nei tempi medi e lunghi, non basta amministrarlo con ordinanze, e che le pesantissime conseguenze sulla salute psico-fisica dei residenti e sulla loro stessa permanenza nel tessuto sociale dei quartieri e dei rioni, si devono affrontare nei tempi brevi, anzi brevissimi.
Paolo Gelsomini
Roma, 23 luglio 2021
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregoal@gmail.com
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