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Il ruolo delle amministrazioni pubbliche

di Paolo Gelsomini

L’idea di partecipazione a Roma viene da lontano, e si è caratterizzata principalmente come strumento di intervento dei cittadini nei processi di trasformazione urbana. Già nel 1997, prima amministrazione Rutelli, furono ipotizzati ed in parte attuati i “Laboratori di quartiere” come strutture dove sperimentare un nuovo modo di fare urbanistica con la partecipazione attiva dei cittadini. I Laboratori municipali, come affermava l’allora assessore alle Politiche del Territorio Cecchini, si dovevano affiancare agli uffici circoscrizionali e costituire un ponte naturale tra l’amministrazione ed i cittadini. Le strutture di riqualificazione urbana sarebbero state ubicate a Ostiense, Marconi, Casilino, Tor Bella Monaca, Esquilino.

Nel 2004, con Veltroni sindaco e Morassut assessore alle Politiche del Territorio, si parla delle Case della Città, una in ogni Municipio.

L’idea fu portata avanti, oltre che da Morassut anche dall’allora assessore alle periferie Luigi Nieri.

Il principio era quello di rendere accessibile a tutti il nuovo Piano Regolatore e, con esso, tutte le norme urbanistiche relative alla sua attuazione.

Infine, con la delibera 57/2006 il Comune di Roma riconosce nella partecipazione un metodo fondamentale per la formazione delle decisioni in materia di trasformazioni urbane.

Con questa delibera il processo partecipativo non si limita agli aspetti di informazione e consultazione ma ha carattere di continuità ed è strutturato. Debbono essere sottoposti al processo di informazione e partecipazione gli strumenti urbanistici attuativi, i progetti urbani, i programmi integrati, i progetti unitari delle centralità metropolitane ed urbane e delle centralità locali, nonché altri strumenti o interventi di trasformazione del territorio di competenza comunale con valenza urbanistica, economica e sociale.

Si devono costituire la Casa della Città a livello comunale e le Case dei Municipi o Consulte a livello municipale.

Gli strumenti della partecipazione debbono passare per i momenti dell’informazione, della consultazione, della progettazione partecipata, del monitoraggio e verifica degli esiti.

Ma questa delibera 57/2006 non è stata mai applicata in pieno o applicata male anche per scarsa conoscenza da parte dei comitati e delle associazioni oltre che per evidente mancanza di volontà politica.

 

La complessità e la varietà delle problematiche metropolitane, la frammentazione sociale unita alla crisi della rappresentanza politica, i mille interessi privati in competizione tra loro, l’allentamento dei valori di solidarietà ed il venir meno delle tradizionali forme di identità sociale e politica dei cittadini, hanno reso oggi impellente il bisogno di un salto di qualità del concetto di partecipazione.

Finora la Politica sembra non essersene resa conto e le Amministrazioni ad ogni livello perpetuano forme di coinvolgimento dei cittadini, anche apprezzabili in qualche caso, ma che proprio a causa di quegli elementi disgreganti che hanno mutato profondamente negli ultimi venti anni culture, valori, comportamenti, spesso si risolvono in camere di sfogo, in sterili contrapposizioni tra cittadini ed amministratori o tra residenti ed imprenditori, o in estemporanee e spesso narcisistiche ed autoreferenziali esibizioni professionali da parte dei cittadini esperti. Dopo di che si dice che sono stati consultati i cittadini e che è stata fatta la partecipazione e tutti a casa, ma senza condivisione e spesso senza neanche un vero confronto.

Ma la partecipazione non può essere scambiata né con l’assemblearismo confuso ed ideologico, né con la contrattazione separata con le categorie economiche, culturali, sociali.

Le strutture partecipative che a nostro avviso potrebbero darsi le Amministrazioni dovrebbero innanzitutto essere il più possibile inclusive per far nascere una partecipazione informata e consapevole, portatrice di competenze a tutti i livelli, di esperienze, di memorie collettive, di testimoni dell’identità dei luoghi, della loro storia, dei loro simboli e non solo del loro valore commerciale e della loro rendita fondiaria.

Ma la partecipazione non può però essere neanche un semplice esercizio retorico e spero che non sia retorico affermare un principio basilare e perfino banale: l’Amministrazione pubblica deve essere la rappresentante della Città come Bene Comune senza sottovalutare il fatto che dentro i processi partecipativi si incontrano e si scontrano interessi differenti e spesso contrapposti.

Ed è proprio per questo che le Amministrazioni debbono introiettare e metabolizzare tutte le energie positive che vengono dalla società, tutte le differenze, tutti gli interessi, le idee, i bisogni ed anche i sogni. Nella partecipazione inclusiva si debbono incontrare diversi tipi di competenze e di esperienze, e due tipi di principi come quelli della rappresentanza e della competenza dove la competenza è rappresentata non solo da esperti e tecnici ma anche da semplici cittadini con conoscenze specifiche e con strumenti di analisi e di sintesi spesso sprecati.

Il processo partecipativo presuppone quindi la creazione di un contesto pubblico in cui ci si confronta e ci si scontra sulle cose che si sono conosciute nella fase dell’informazione, si mettono in comune conoscenze e competenze, si interagisce e si apprende, si ricercano forme di relazioni con lo spazio urbano e con le altre persone, si ragiona con la matematica e si crea con la fantasia, si portano avanti legittimi interessi nel segno della sostenibilità e della compatibilità che il superiore interesse della difesa del Bene comune esige.

 

Non è sufficiente che le Case della Città siano di vetro. Non basta la trasparenza se poi i cittadini, una volta informati, non sono messi in condizione di interagire tra loro e con le Amministrazioni, di maturare le proprie posizioni sugli argomenti trattati, di essere parte del tutto dove il tutto non è costituito solo dai contenitori di questa Città ma anche dai contenuti, dalle azioni, dalle relazioni, dai servizi erogati, dalle Culture prodotte, dalle regole condivise che debbono diventare un segno tangibile di una Comunità ritrovata intorno ad un’idea di Città pubblica che oggi sta pericolosamente tramontando come bene illustra il libro di Francesco Erbani.

Ecco, noi chiediamo alle Amministrazioni di interpretare questi disagi urbani epocali, ma di cogliere anche le infinite opportunità che vengono dalla società civile. Questo è il senso della nostra proposta di Linee guida che oggi noi sottoponiamo all’attenzione dei cittadini, delle istituzioni, dei politici.

 

La partecipazione, per essere effettiva, deve basarsi sulla pubblicità di atti e documenti, sulla loro accessibilità, sulla disponibilità di informazioni, ma anche su percorsi di apprendimento finalizzati a mettere tutti i partecipanti nella condizione di selezionare ed utilizzare correttamente le informazioni nelle diverse fasi del processo, per una valutazione civica delle decisioni, degli atti e del funzionamento dei servizi.

L’Amministrazione pubblica ha il compito di attivare gli organismi del processo partecipativo impegnandosi ad attuarne gli esiti e, ove questo non si verificasse, rendendo pubbliche le ragioni delle sue decisioni secondo il criterio della massima trasparenza.

Per le Amministrazioni pubbliche la partecipazione consapevole dei cittadini è una risorsa da utilizzare e non un’incombenza da assolvere e quindi nei regolamenti specifici dovrebbero essere previsti i luoghi dove esercitarla e le modalità per attuarla. Alla Casa della Città ed alle Case dei Municipi, luoghi appositamente attrezzati anche sul piano informatico, faranno riferimento gli organismi previsti da queste Linee guida per la partecipazione quali la Commissione, i Forum ed i Laboratori che collaborano con l’Amministrazione in tutte le fasi del processo partecipativo e coinvolgono tutti gli attori ad esso interessati.

La Commissione è una struttura delegata ad istruire i processi partecipativi ed è presieduta dal Sindaco o dal Presidente del Municipio o dai funzionari da essi delegati.

Il Forum è l’organismo più idoneo a costituire uno specifico contesto pubblico comprendente tutti i soggetti territoriali ed istituzionali interessati dove lo scambio di informazioni, di analisi e di elaborazioni è incoraggiato e facilitato.

Il Laboratorio è un organismo portatore di conoscenze specifiche e capace di attuare tecnicamente le direttive del Forum che rimane l’organismo politico di confronto e di indirizzo.

Il potere e la responsabilità di approvare ed attuare gli esiti del processo partecipativo sono prerogative dell’Amministrazione competente che opera nel rispetto della sua autonomia politica ed istituzionale.

I risultati del processo partecipativo, anche se sprovvisti di valore legale, hanno la forza politica che deriva dal consenso che si è creato tra i partecipanti nel corso del processo e come tali non possono non aver un effetto nelle decisioni delle Amministrazioni.

In Italia è maturo il tempo per prendere decisioni coraggiose e responsabili da parte delle Amministrazioni. E’ sempre più diffusa l’esigenza di incentivare le persone a prendersi cura dei beni comuni, convinta che dall’impegno di cittadini attivi, responsabili e solidali dipenda il futuro del Paese. Così sta operando dal 2005 Labsus, il Laboratorio per la Sussidiarietà, associazione che promuove l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale in Italia.

Occorre moltiplicare la partecipazione o meglio incrementare la densità partecipativa sul territorio italiano, per contribuire a realizzare un nuovo modello di democrazia.

 

Posso tranquillamente dire che queste Linee guida scaturiscono da anni, forse decenni di pratica sociale e politica. Personalmente ho partecipato e partecipo a molte assemblee, incontri cittadini-amministratori, commissioni comunali e municipali, convegni a tema e posso affermare con convinzione che c’è bisogno di quel salto di qualità di cui si parlava all’inizio.

Ho avuto la fortuna di partecipare alle riunioni ed alle assemblee per la redazione e la discussione per il Regolamento sulla partecipazione popolare e sulla istituzione del Laboratorio di cittadinanza del primo Municipio e dico che il fatto di aver ragionato ed elaborato nel gruppo di carteinregola quelle idee che hanno portato alla redazione delle Linee guida sulla partecipazione, mi ha consentito di immettere quelle idee nel Regolamento del mio Municipio e, per questo sono grato sia al mio Municipio che al gruppo di Carteinregola

Questa è l’immagine che vorrei veicolare anche dentro questo mio intervento, l’immagine di una rete basata sugli scambi, sui reciproci apporti, sul confronto proficuo tra la cultura amministrativa ed istituzionale e quella più diretta dei cittadini.

Spero vivamente che questo nostro lavoro, ancora in cammino e soggetto a tutte le osservazioni, possa però contribuire a dare alle Amministrazioni un nuovo ruolo nei processi partecipativi ed anche i cittadini debbono cambiare cultura passando dalla sterile negazione di tutto alla consapevolezza del proprio ruolo di esperti e competenti o, come si dice, di risorse umane che affermano e propongono qualcosa, che analizzano, criticano e sono parte della soluzione e non del problema.

Se la Politica è l’arte del possibile, queste Linee Guida, rivolgendosi alle Amministrazioni, vogliono realizzare veramente questa storica frase.

 

Paolo Gelsomini