Perchè NO, vocabolario dell’Autonomia differenziataGianluca Felicetti, Presidente LAV, Autonomia differenziata e tutela degli animali con Anna Maria Bianchi e Pietro Spirito (registrato 22 febbraio 2024)
Anna Maria Bianchi Buonasera questa sera parliamo di autonomia regionale differenziata e ambiente, ma soprattutto di tutela degli animali e di benessere animale, e delle disposizioni legislative e gestionali che con l’autonomia differenziata potrebbero passare in esclusiva potestà alle regioni che ne fanno richiesta, insieme alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Ne parliamo con Gianluca Felicetti presidente della LAV e con Pietro Spirito.
Pietro Spirito. . Questa vicenda dell’autonomia differenziata, oltre a interessare gli animali a due zampe, riguarda gli animali in generale, perché la normativa entra a piedi uniti nella regolamentazione dell’ambiente, quindi in tutta una serie di materie che riguardano la tutela e la salvaguardia della natura e degli animali. Quali sono gli impatti che tu immagini all’ approvazione di questa riforma? E quali sono i nuovi rischi che corriamo nel futuro?
Gianluca Felicetti Innanzitutto i rischi già li stiamo vivendo, e da anni, per una autonomia, o meglio, per una interpretazione di fatto antitetica a quelle che sono le direttive europee e le pur minime leggi nazionali a tutela degli animali, operate per esempio dalle Province autonome di Trento e Bolzano in tema di lupi e orsi per citare un argomento di stretta attualità e senza entrare nel merito delle diverse sfaccettature di carattere morale, ecologico, economico che hanno a che fare con questo aspetto. Quindi noi già viviamo sulla non tutela della fauna selvatica, una legge quadro la 157 del 1992 che permette alle Regioni sostanzialmente di violare le normative in vigore sovraordinate, di far richiamare l’Italia dall’Unione Europea, quando c’è una procedura di infrazione, dovuta anche a norme regionali che per esempio prevedono la caccia a più specie di quelle che a livello europeo sono cacciabili. La regione, la provincia autonoma fa il danno e poi a risponderne è lo Stato.
Quindi questa è una vicenda che noi già, in tema di autonomia o, per meglio dire, da parte nostra, di “millantata autonomia”, o meglio di una “facciamo come vogliamo”, poi tanto a risponderne sarà lo Stato in sede europea, noi per alcune norme – quella della tutela della fauna selvatica e della caccia – già abbiamo avuto l’approvazione regionale e delle province autonome di norme, pensiamo alle continue leggine provinciali che la provincia autonoma di Bolzano e la provincia autonoma di Trento in particolare, hanno già approvato negli anni scorsi e continuano a voler approvare: al consiglio provinciale trentino abbiamo una norma, quella per la quale il presidente e la giunta vogliono avere il plafond di almeno otto orsi da uccidere ogni anno, e, ripeto, si commenta da sola in termini di per altro non sicurezza rispetto al territorio e ai possibili incontri scontri esseri umani – orsi, ma qui stiamo in un ambito nel quale veramente ognuno in questo campo fa già come vuole.
E nei nostri temi abbiamo già un esempio di autonomia differenziata che ha causato, per usare un eufemismo, un gran casino. A tutela degli animali domestici siamo stati il primo Paese nel 1991 a prevedere una norma di tutela, per esempio dei cani e gatti “non di proprietà” e quindi dei cosiddetti randagi, dei vaganti, con lo stop all’uccisione di questi animali solo perché “randagi”, dal ‘91 l’Italia è stato il primo Paese a fissare questo importantissimo principio etico, ma poi ha demandato con lo strumento “legge quadro” alle regioni e province autonome l’applicazione sul territorio di questo principio. Quali sono le storture? Che per esempio a seconda della regione noi abbiamo già da anni per esempio la metratura minima che un cane deve avere in un canile, e quindi non si capisce come mai il cane del Friuli Venezia Giulia debba essere più o meno tutelato rispetto al cane della Campania o viceversa, ma addirittura noi abbiamo avuto e abbiamo storture incredibili che sostanzialmente contraddicono il senso di questa norma di tutela nazionale, perché, calata a livello territoriale, questa norma di tutela degli animali da affezione e di prevenzione del randagismo si è immiserita sul territorio, con la non conoscenza, con la non volontà, con, addirittura in alcuni casi, l’affarismo dei canili lager privati che sono stati incentivati da norme regionali in particolare nel meridione.
Quindi un’autonomia differenziata per questi due grandi ambiti di attività sugli animali li abbiamo già vissuti, ci bastano e ci avanzano, e quindi siamo fortemente preoccupati che la norma sull’autonomia differenziata esalti ancora di più questo “tana libera tutti” sostanzialmente, che anche nel tema della difesa dell’ambiente, degli animali, degli ecosistemi e della biodiversità potrà portare solo a peggiorare la tutela, delle volte fissata solo sulla carta, ma fissata per gli animali.
Questa contraddizione è ancora più ampia se pensiamo che questo sta avvenendo a 2 anni, che si celebra in questi giorni, della integrazione dell’Articolo 9 della Costituzione, principio fondante della nostra Repubblica, che ha inserito la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità e rimanda le leggi dello Stato, la tutela degli animali. Di fronte a una maggioranza parlamentare con puntelli anche nell’opposizione, ahinoi, per cacciare sempre ovunque gli animali selvatici, questa ulteriore norma graverebbe la possibilità sostanzialmente di poter fare quello che si vuole.
In queste settimane inoltre, a riprova che questa è, non una contraddizione in termini, è una stortura nella quale dovrebbe esserci un intervento, a nostro avviso importante, da parte del capo dello Stato come garante della Costituzione, è che alcune regioni hanno voluto leggere – è il caso dell’Emilia Romagna – che in tema di condizione degli animali nei laboratori delle università, dei laboratori pubblici e privati utilizzati per la sperimentazione, l’ Emilia Romagna ha ritenuto, per iscritto, in un botta e risposta che abbiamo avuto con la presidenza della regione, con quelli che sono i loro uffici legali e legislativi con il nostro ufficio legale e legislativo, di sostanzialmente interpretazione dell’articolo 9 della Costituzione come un “bene, allora noi Regioni non dobbiamo più legiferare su queste materia”. Dato che poi abbiamo Regioni capofila, in una parte e nell’altra, che invece lottano per questa autonomia differenziata – e sotto sotto alcune anche se non lottano sono contentissime di questo provvedimento capestro – voi capite che andiamo verso una autonomia che sarebbe ancora di più, in questi temi, davvero pericolosa e da fermare, perché non contempera un principio costituzionale, ed è tutt’altro che è un’attività nell’interesse pubblico, quella della difesa dell’ambiente, degli animali, della biodiversità e degli ecosistemi.
Pietro Spirito Le normative europee poste a tutela della salute del diritto degli animali, come confliggono, se confliggono, con questo indirizzo che sposta sui territori frammentati la possibilità di definire normative differenziate?
Gianluca Felicetti Faccio un esempio della leggina che la provincia autonoma di Trento ha voluto fare approvare in dirittura d’arrivo delle sue elezioni dell’ottobre scorso, sostanzialmente abbiamo una direttiva europea, la direttiva cosiddetta “habitat”, a difesa degli habitat, sia nella parte della flora del territorio, che delle specie animali che le che le popolano, che dà modo già di intervenire al legislatore nazionale, e dove vi è un corpo provinciale – Trento e Bolzano – e regionale – nelle altre regioni autonome italiane riconosciute – di poter intervenire anche con la propria forza di polizia per eventualmente, a riprova di un intervento necessario e grave, di poter operare un’attività nei confronti degli animali selvatici.
In genere questo è stato visto però come una possibilità “in negativo”, cioè per uccidere gli animali, per effettuare il cosiddetto “controllo faunistico”, non per effettuare una tutela in più. È chiaro che Bruxelles poi chiama lo Stato, chiama Roma, chiama il Governo, non chiama la singola regione a rendere conto della violazione presunta, possibile o certa della direttiva europea, e quindi poi a pagarne le conseguenze, anche nel caso di una procedura d’infrazione, di un pagamento di una sanzione comminata dalla commissione europea è lo Stato, non è la regione o la provincia autonoma che ne risponde. Questo è l’assurdo.
Pietro Spirito C’è un sistema di poteri centrali che in un qualche modo ha fatto un passo indietro. Nella tematica dei conflitti che pure non sono stati pochi tra Stato e Regioni in questi 20 anni circa di legislazione concorrente, su questi temi mi pare che ci sia stata meno conflittualità. Mentre altre materie hanno determinato fortissime tensioni tra lo Stato centrale e le regioni, su questi temi della natura e dell’ambiente mi pare che la vivacità conflittuale tra Stato e Regioni sia stata minore, quasi che lo Stato in un qualche modo abbia già, per così dire, “rimesso il fucile nella saccoccia”, si sia quasi un po’ rassegnato. Quale è la tua opinione ?
Gianluca Felicetti Anche in Governi precedenti purtroppo sono state perse delle occasioni, dei mesi, degli anni, di governo e di maggioranze che avrebbero potuto riequilibrare per esempio quella che è una stortura in tema di non tutela degli animali e di non tutela dell’ambiente e del famoso articolo 117. Questo è un ambito che ha visto dei conflitti e – concordo sostanzialmente – lo Stato ci è andato già autodisarmatosi, anche frutto questo atteggiamento di norme quadro, figlie di un’altra epoca, della seconda metà anni ottanta, in tema di animali, ho fatto gli esempi di fauna selvatica e animali cosiddetti d’affezione, cani e gatti per capirci, e prevenzione del randagismo, che sono datate 1991 e 1992, e quindi sono frutto di quell’epoca lì, ma dirò di più, anche in termini di controlli sul territorio, pensiamo a quelli a tutela della salute pubblica dei consumatori, e anche del “benessere degli animali” negli allevamenti per la produzione zootecnica, la presenza di un Ministero della Salute, se ha bisogno, al di là dei pochi veterinari, di uffici nazionali del ministero che sono dislocati sul territorio, per quanto riguarda il controllo a campione delle partite di prodotti di origine animale e di animali vivi importati per motivi zootecnici, per motivi di allevamento, così come anche di vendita nei negozi come presunti animali da compagnia, pensiamo a tutta la partita degli animali esotici, la questione del rispetto della convenzione di Washington a proposito di sviluppo di zoonosi, epidemie e pandemie, della questione dei pipistrelli, per il quale potevamo ancora importare fino a ottobre del 2023 un pipistrello, legalmente, dal Nord Africa, un pipistrello della frutta, in nome della del libero commercio: abbiamo capito tutti, spero con il covid, che più stiamo lontani dagli animali selvatici e meglio è.
Anche i controlli sul territorio sono demandati al servizio veternario regionale, che pur essendo affrancato agli assessorati alla sanità, seppure con l’eccezione della provincia autonoma di Bolzano dove è affrancato all’ assessorato all’agricoltura, abbiamo 21 interpretazioni diverse, 21sensibilità diverse e questo sempre molto spesso in negativo, rispetto alla noi tutela della salute pubblica, dell’ambiente e degli animali.
Pietro Spirito Vorrei fare un esempio che dura da un po’ di tempo, circa una decina d’anni. In Campania è in corso una strage delle bufale, una vera e propria strage perché ne son morte circa 140.000, per effetto del fatti che la Regione non è riuscita a contenere il virus da brucellosi bufalina. C’è ancora in corso una discussione molto ampia, perché gli allevatori campani chiedono il commissariamento da parte del governo, vista l’assoluta incapacità della regione a governare questo fenomeno. Questo esempio dice con chiarezza che in molte vicende che sono legate ai virus degli animali, se non si segue un comportamento standard nazionale, possono emergere casi locali molto gravi ,come questo della strage delle bufale, che riguarda per la verità non solo la Campania, ma anche la Sicilia. Più si scende nel livello della responsabilità e più si rischia di creare problemi seri alla salute degli animali e degli uomini. Allora questo che è un principio cardine, mi pare abbastanza evidente, considerato che il Covid lo ha dimostrato largamente. Possibile che non si riesca almeno a introdurre il freno verso una frammentazione dei poteri che poi danneggia l’ambiente, gli animali e poi anche gli uomini?
Gianluca Felicetti Io cerco di descrivere questo meccanismo perverso in negativo, che tu hai ben sintetizzato, in un libro che è uscito da pochi giorni per le edizioni People, che ho intitolato La politica degli animali, proprio per far capire che gli animali c’entrano eccome con la politica e che le questioni legate agli animali, volenti o nolenti, fanno parte della nostra vita di tutti i giorni, compreso quello della salute pubblica, in un mondo dove virus zoonotico e l’organizzazione mondiale della sanità ci dice che tre quarti dell’epidemia e delle pandemie degli ultimi cento anni derivano da malattie animali, o meglio da animali, “mal trattati” dagli esseri umani, tutti i virus della influenza aviaria, pensiamo alla peste suina che è entrata e ormai non esce più da importanti parti del nostro Paese e così via, in un mondo dove c’è un’organizzazione mondiale della sanità veterinaria e dove sul territorio vi sono istituti, i cosiddetti istituti zooprofilattici che sono competenza a metà dello Stato ma soprattutto poi gestiti nella realtà dalle regioni In ambito territoriale, a livello territoriale, la questione brucellosi di cui dicevi, la questione peste suina, l’influenza aviaria, solo per citare tre gravi malattie – seppure per quanto riguarda la peste suina ricordiamo sempre non trasmissibile per fortuna agli esseri umani a differenza delle di altre di quelle citate – la povertà, la non volontà di aggiornamento professionale, la povertà di un rapporto diretto con un sistema produttivo che, rispetto alla territorialità, chiaramente fa valere un aspetto occupazionale, di interessi che vengono considerati anche solo in un retropensiero del funzionario pubblico, come più importanti, poi a farne le spese sono la nostra salute l’ambiente e gli animali e, devo dire, sono anche miopi rispetto alla difesa di un comparto produttivo che invece viene danneggiato enormemente, rispetto a questo sistema di autonomie, mal interpretato, non solo mal gestito ma di fatto immiserito in interessi particolaristici che sono tutt’altro rispetto agli interessi pubblici.
Anna Maria Bianchi Io ringrazio Gianluca Felicetti per averci spiegato ulteriori implicazioni dell’autonomia differenziata che investono molti aspetti della vita comune e della vita individuale; molto spesso si parla solo di aspetti importanti come la sanità e la scuola, ma molti sono i motivi di preoccupazione: è un cambiamento dei connotati del nostro Paese che, come abbia o visto, è stato già avviato da tempo e non ha dato risultati positivi, ma che a questo punto rischia di essere ancora più aggravato da quanto si sta apparecchiando.
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