Quale rigenerazione urbana per la Città Storica, la relazione di Carteinregola e le richieste delle associazioni
Autore : Redazione
Publichiamo la relazione La Città storica di Roma pianificata dalla rendita edilizia a cura di Carteinregola e le richieste delle associazioni Carteinregola, Bianchi Bandinelli e Italia Nostra presentate al webinar del 16 gennaio 2022 Quale Rigenerazione Urbana per Roma – Parte I – Città Storica
QUALE RIGENERAZIONE URBANA PER ROMA
La Città storica di Roma pianificata dalla rendita edilizia
La delibera di Giunta n. 120/2022 del 14 aprile 2022[i] “Indirizzi in merito alla revisione, modifica e attualizzazione delle Norme tecniche di attuazione del vigente Piano Regolatore Generale” dichiara l’intenzione di “procedere ad una attualizzazione dell’impianto normativo” attraverso una “revisione e attualizzazione delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG comunale, nonché alla loro semplificazione e coordinamento con la normativa statale e regionale”, anche “introducendo i principi propri della rigenerazione urbana con le procedure previste dalla L.R. 7/2017”. Vogliamo parlare delle ricadute di quest’ultima sul Piano Regolatore, in quanto, come vedremo, un suo solo articolo praticamente ne annulla significativamente la portata pianificatrice e regolatrice, proprio nei tessuti otto novecenteschi della Capitale
Fermo restando che l’obiettivo di promuovere un’autentica rigenerazione urbana, riducendo il consumo di suolo e migliorando la qualità della vita dei cittadini è un’importante a sfida a cui è chiamata la Capitale, vogliamo qui fare un richiamo alla realtà che deve essere affrontato prima di ogni dichiarazione programmatica, spesso meramente retorica.
Come già detto, la rigenerazione urbana, come processo che investe aspetti urbanistici, sociali ambientali e culturali, che riguarda in particolare le zone della città più degradate e povere di verde e servizi per i cittadini, non può essere confusa con il rinnovamento edilizio, che riguarda interventi su singoli edifici, fosse pure per la riqualificazione energetica, e che si concentra prevalentemente in quelle aree della città più appetibili dal punto di vista immobiliare, che a Roma si trovano nella Città Storica.
Ricordiamo che la Città Storica è definita dal Piano regolatore di Roma “l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti del- l’impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate”[ii]. E che in tali aree gli obiettivi degli “interventi edilizi e urbanistici, nonché le iniziative di promozione sociale ed economica” sono “la conservazione dei tessuti edilizi esistenti e degli specifici e stratificati caratteri storico-morfologici” e “la manutenzione e il recupero degli spazi aperti esterni (strade, piazze, parchi e giardini) e interni (corti, orti e giardini), come componenti strutturanti dei diversi impianti insediativi”[iii].
Il Piano Regolatore vigente consente interventi di demolizione e ricostruzione anche nei tessuti storici, compresi quelli “T5” (Monteverde Vecchio, Via Dandolo, Via delle Fornaci, Garbatella, Villa Fiorelli, Piazza Galeno, Via dei Villini, Corso Trieste, Parioli, Via Aldrovandi) e “T7” (Circonvallazione Gianicolense, Via Fonteiana, Via Vitellia, Circonvallazione Trionfale, Ponte Milvio, Parioli compreso fra Viale Pilsusdky e Viale Parioli; corona esterna di Piazza Bologna, Ville dell’EUR) che individuano l’edilizia puntiforme otto-novecentesca dei villini e della città giardino[iv], ma tali interventi “sono ammessi previa verifica, da parte del Comune, dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti”, da effettuare in base alle disposizioni degli articoli del PRG e ai criteri definiti nella “Guida per la qualità degli interventi”; in ogni caso il Comune può “formulare indirizzi o prescrizioni progettuali da osservare” e gli interventi sono sottoposti, “ai fini dell’approvazione o abilitazione, al parere consultivo del “Comitato per la qualità urbana e edilizia[v] . Anche se va fatto presente che la “verifica dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti” si riferisce a singoli edifici e non a una valutazione dell’interesse paesaggistico del tessuto, e che qualunque parere per gli interventi, ad eccezione di quelli su edifici vincolati, è solo “consultivo” e non “vincolante”.
Ebbene, di fronte a quanto concesso dall’Art. 6 – Interventi diretti[vi] – della Legge regionale per la Rigenerazione Urbana del luglio 2017, le procedure citate, previste dal Piano regolatore della Capitale a tutela della Città storica, sono diventate carta straccia.
Una legge regionale che, per quanto riguarda la Capitale, potrebbe comporsi di quel solo articolo, dato che annulla ogni limitazione o intervento dei piani regolatori comunali, con l’unica eccezione dell’area all’interno delle Mura Aureliane, che rientra nelle zone individuate come “insediamenti urbani storici dal PTPR”[vii].
E i primi due commi dell’articolo 6 rischiano, come già il famoso “Piano casa” nella versione Polverini e in quella della proroga Zingaretti[viii], di “cambiare per sempre i connotati” a parti storiche della città, tessuti che non hanno un valore per il pregio architettonico dei singoli edifici che ne fanno parte, ma per il loro insieme, per l’importanza paesaggistica ma anche per la testimonianza storica e la valenza identitaria delle strade, delle piazze, degli isolati
COMMA 1: Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi didemolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.
Sono quindi sempre ammessi interventi che demoliscono un edificio e lo ricostruiscono modificandone la sagoma, i prospetti, le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, aumentandone l’altezza, senza nessun limite o prescrizione da parte degli uffici comunali. E l’incremento dei volumi fino al 20 %, unito all’aumento di valore di un immobile più moderno, sono un vero e proprio incentivo per operazioni ad alto profitto immobiliare, che si concentrano in particolare sugli edifici con un’unica proprietà, nelle zone più pregiate, magari in dismissione, come appunto villette, ex conventi o scuole, nelle zone storiche della città.
COMMA 2: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 sono consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.
Anche rispetto i cambi di destinazione d’uso degli edifici, che il Piano Regolatore inserisce in un quadro di regole e contrappesi per garantire il necessario equilibrio delle funzioni e dei carichi nelle aree urbane, l’art. 6 della Legge Regionale consente agli operatori privati di non rispettare le “prescrizioni” e “le percentuali previste” “dagli strumenti urbanistici”, e cancella anche le eventuali condizioni poste dal PRG per i cambi di destinazione: “incondizionatamente”[ix].
Una legge regionale che stabilisce che alcuni interventi con forti impatti nei tessuti storici sono sottratti alla pianificazione e alla decisione pubblica è uno strumento di pianificazione?
Anche se appare come un ossimoro, evidentemente è così, quanto meno per il Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale cheil 24 ottobre 2022ha inviato una nota con vari pareri alle direzioni dei Dipartimenti, ai Municipi, alla Soprintendenza capitolina, all’Assessore all’urbanistica e al Direttore generale[x], che riprende dei pareri rilasciati dallaDirez. Regionale del Lazio per La Pianificazione Territoriale, Paesistica E Urbanistica – Servizio “Ufficio Speciale Per La Rigenerazione Urbana” dove si legge che nei tessuti della Città Storica gli interventi di demolizione ricostruzione con modifica di sedime, sagoma, prospetto e tipologia, se proposti ai sensi del citato articolo della legge regionale [art. 6 sono realizzabili in attuazione diretta[xi], e dove sono citati vari pareri regionali rilasciati nel tempo, il cui leitmotiv è sempre quello delle eventuali “limitazioni” poste dagli strumenti attuativi vigenti che sono “da tralasciare” se si configurano come “prescrizioni” che possono limitare la realizzabilità degli interventi[xii].
Una roulette russa per interi pezzi della nostra città, la cui conservazione e valorizzazione non dipende più dalle politiche urbanistiche e dalla pianificazione di chi è stato eletto dai cittadini, ma dalle ragioni della rendita che gli operatori privati possono estrarre dal patrimonio storico di Roma.
Una città, non dimentichiamolo, che ha appena ottenuto dalla Regione Lazio nuove prerogative in campo urbanistico e che rivendica da tempo una maggiore autonomia decisionale e legislativa proprio per il suo essere Capitale.
La tutela della Città storica passa dall’esercizio delle prerogative di governo del territorio di Roma Capitale
(e anche attraverso la modifica della Legge Regionale e una efficace tutela paesaggistica con il Piano Territoriale Paesistico Regionale).
L’unica tutela prevista dallo stesso articolo 6 è nel comma finale: Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal Piano Territoriale Paesistico Regionale. Quindi, come ricordato, nella Città storica dentro le Mura Aureliane non si possono fare interventi diretti. Tuttavia tanti altri tessuti che fanno parte della “Città Storica” del Piano regolatore – di cui il “Sito Unesco – centro storico di Roma” è solo una parte – non sono tutelati dal PTPR: nel Piano adottato nel 2007, si è operata la’arbitraria scelta di riferirsi non alla Città storica del PRG ma a un “insediamento urbano storico” non definito attraverso strumenti urbanistici oppure, come indicato nello stesso PTPR, alla città del 1873/83, e così fino alla versione del PTPR vigente, approvata nell’aprile 2021. “Sito Unesco – centro storico di Roma” che, pure se escluso dall’applicazione dell’art. 6, è comunque escluso anche dalle tutele previste dal PTPR per gli altri centri storici del Lazio, a partire dall’ “autorizzazione paesaggistica” che a Roma è un semplice “parere consultivo” delle Soprintendenze[xiii].
Chiediamo
1. Al Ministero della Cultura e alla Regione Lazio, ma anche, come soggetto principalmente interessato, a Roma Capitale, di attuare quanto inserito nell’art. 44 – Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto delle NTA del PTPR approvato definitivamente il 21 aprile 2021 al comma 19: “Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità; “specifiche prescrizioni di tutela”nelle quali includere la Città Storica, come definita dal PRG e comunque delle zone omogenee “A”[xiv]nell’ “Insediamento urbano storico”.
2. Alla Regione Lazio di modificare l’art. 6 della legge 7/2017, escludendo i premi di cubatura all’interno della zona “A” e di eliminare la locuzione “è sempre consentito” che potrà essere sostituita concedendo a Roma Capitale – come già la Presidente Polverini al Sindaco Alemanno per il cosiddetto “Piano casa” che prevedeva analoghe deroghe agli strumenti urbanistici comunali[xv] – l’individuazione delle aree – zone omogenee A o tessuti individuati – dove sia esclusa l’applicazione dell’art. 6.
3. A Roma Capitale di rappresentare alla Regione l’inaccettabile interferenza che l’articolo 6 produce nel governo delle trasformazioni urbanistiche, la cui titolarità è da sempre appannaggio dell’istituzione comunale, quale presupposto per riaffermare le prerogative del ruolo di Capitale e le proprie competenze inerenti la gestione del territorio e le scelte di pianificazione. Pianificazione che deve essere aggiornata da Roma Capitale anche con l’inserimento di specifiche tutele dei valori paesaggistici, con norme di Piano regolatore chiare e certe.
4. A Roma Capitale di rendere pubblico il bilancio degli interventi, realizzati e in corso, ai sensi del cosiddetto “Piano casa” e dei diversi articoli della Legge di rigenerazione regionale, indicandone la localizzazione e la tipologia[xvi], e di attivare sul tema un confronto ampio nella città, che coinvolga tutte le comunità dei territori, a partire dalla Città storica, poiché la gestione del territorio, ma soprattutto della rigenerazione urbana e di Beni comuni come i tessuti di valore storico e paesaggistico, riguardano tutta la cittadinanza. In proposito si ricorda quanto introdotto dall’art. 9 c.62 della L.R. 19/2022[xvii] che “le varianti al Piano regolatore generale e alle norme tecniche attuative sono adottate dall’Assemblea capitolina previa consultazione degli enti pubblici e delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, garantendo, comunque, idonei processi di partecipazione e informazione dei cittadini”[xviii].
Tali richieste non vanno nella direzione di impedire le trasformazioni, ma di sottoporle al fondamentale presidio della regia pubblica, unica garanzia della prevalenza dell’interesse generale sul pur legittimo profitto privato.
[iv] Secondo il documento dell’INU del 19 marzo 2018 PER DIFENDERE I TESSUTI URBANI A VILLINI DI ROMA “…A questi andrebbero aggiunti anche altri tipi di tessuti, in particolare quelli T4, T7 e T10, all’interno dei quali possono ricadere edifici e giardini cui applicare la tutela”
[v] NTA PRG Art. 24 comma 13 Il Comitato per la qualità urbana e edilizia si esprime entro 45 giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento, decorsi infruttuosamente i quali si prescinde dal parere medesimo. La richiesta del parere è formulata in seno al procedimento di istruttoria degli strumenti urbanistici esecutivi o delle richieste di permesso di costruire. In caso di Denuncia di inizio attività (DIAil parere consultivo del Comitato è richiesto dal soggetto attua- tore prima della presentazione della denuncia e, ove acquisito, ne correda la documentazione
[vi] Per interventi diretti si intendono quelli realizzabili direttamente senza titolo abilitativo ovvero sulla base del titolo abilitativo richiesto dalla normativa statale o regionale in materia, il cui rilascio non risulti subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo
[vii]il comma 6 dello stesso articolo 6 della Legge 7/2017 pone alcune limitazioni: “le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR
[ix] “incondizionatamente” è stato aggiunto con un comma del collegato al bilancio regionale approvato dal Consiglio il 24 novembre 2022:
Questa la versione precedente del comma: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001.
Questa la versione vigente dal 24 11 22: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche
[x]il documento (Prot. QI/2022/0177981) con oggetto la “condivisione di pareri relativa a quesiti inerenti gli artt. 6, 7 e 8 della Legge 7/2017 è stato messo on line dal sito dell’Ordine degli ingegneri, ma non l’abbiamo trovato nell’elenco dei pareri pubblicati sul sito del Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale https://www.ording.roma.it/images/Pdf/Parere-Dipartimento-su-rig-Urbana-del-24-10-2022.pdf
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
a) “interventi di manutenzione ordinaria”(…)
b) “interventi di manutenzione straordinaria“, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. (…)
c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo“, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. (…)
d) “interventi di ristrutturazione edilizia“, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;(lettera modificata dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020, poi dall’art. 28, comma 5-bis, lettera a), legge n. 34 del 2022, poi dall’art. 14, comma 1-ter, legge n. 91 del 2022) e) “interventi di nuova costruzione“, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. (…)
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale; e.7) (…)
f) gli “interventi di ristrutturazione urbanistica“, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. (…)
[xiii] Il PTPR, art. 44 prevede che “Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009), un protocollo cheesto fin dalla copertina denuncia il valore solo “consultivo” del parere richiesto.
[xiv] Questo il nostro emendamento proposto al Consiglio regionale e presentato – invano – da alcuni consiglieri del 2019: “all’articolo 43 il comma 17 (15 nel PTPR adottato) è sostituito dal seguente: “L’insediamento urbano storico del Comune di Roma è sottoposto alle prescrizioni di tutela paesaggistica del presente articolo sia nelle aree interne alle mura del centro storico monumentale, come individuato negli elaborati prescrittivi Tav. A 24 e Tav. B 24 del presente Piano, sia nelle aree di cui agli ambiti T5 e T7, rispettivamente art. 30 e 32 delle Norme tecniche del PRG, inerenti la Città storica che individuano l’edilizia puntiforme otto-novecentesca dei villini e della città giardino”
[xvi]Vogliamo ricordare di aver richiesto in più occasioni a diverse amministrazioni, l’ultima anche attraverso accesso agli atti generalizzato tramite PEC al Dipartimento Urbanistica e presso gli Uffici tecnici dei Municipi I e II, 20 giugno 2022, che fosse reso pubblico il bilancio degli interventi realizzati ai sensi del cosiddetto “Piano casa” e dei diversi articoli della Legge di rigenerazione regionale, senza ottenere alcuna risposta.
E che da mesi abbiamo chiesto Roma Capitale realizzi un portale istituzionale dedicato alle trasformazioni urbane, con una mappa interattiva che riporti le informazioni indispensabili su tutte le trasformazioni in corso e previste, comprese quelle relative al PNRR, al Giubileo, e all’eventuale Expo 2030.
[xvii]Comma62. Le varianti di cui al comma 61 sono adottate dall’Assemblea capitolina, previa consultazione degli enti pubblici e delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, garantendo, comunque, idonei processi di partecipazione e informazione dei cittadini. Le varianti adottate sono depositate presso la segreteria comunale in libera visione al pubblico, dandone avviso nei modi stabiliti da Roma Capitale. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni. Nei successivi sessanta giorni l’Assemblea capitolina si esprime sulle osservazioni presentate e approva le varianti apportando le modifiche conseguenti al recepimento delle osservazioni ritenute accoglibili. Le varianti approvate sono pubblicate sull’albo pretorio di Roma Capitale, dandone notizia sul relativo sito istituzionale, e acquistano efficacia il giorno successivo a quello della loro pubblicazione.
[xviii] Non possono essere considerate applicazioni del citato art. 9 c.62 della L.R. 19/2022 le consultazioni della VIII Commissione capitolina Urbanistica avvenute dall’8 giugno al 22 settembre 2022, in quanto oltre che a mancare il contenuto delle varianti, era assente ogni idoneo processo di informazione dei cittadini.
La delibera di Giunta n. 120/2022 del 14 aprile 2022[i] “Indirizzi in merito alla revisione, modifica e attualizzazione delle Norme tecniche di attuazione del vigente Piano Regolatore Generale” dichiara l’intenzione di “procedere ad una attualizzazione dell’impianto normativo” attraverso una “revisione e attualizzazione delle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG comunale, nonché alla loro semplificazione e coordinamento con la normativa statale e regionale”, anche “introducendo i principi propri della rigenerazione urbana con le procedure previste dalla L.R. 7/2017”. Vogliamo parlare delle ricadute di quest’ultima sul Piano Regolatore, in quanto, come vedremo, un suo solo articolo praticamente ne annulla significativamente la portata pianificatrice e regolatrice, proprio nei tessuti otto novecenteschi della Capitale
Fermo restando che l’obiettivo di promuovere un’autentica rigenerazione urbana, riducendo il consumo di suolo e migliorando la qualità della vita dei cittadini è un’importante a sfida a cui è chiamata la Capitale, vogliamo qui fare un richiamo alla realtà che deve essere affrontato prima di ogni dichiarazione programmatica, spesso meramente retorica.
Come già detto, la rigenerazione urbana, come processo che investe aspetti urbanistici, sociali ambientali e culturali, che riguarda in particolare le zone della città più degradate e povere di verde e servizi per i cittadini, non può essere confusa con il rinnovamento edilizio, che riguarda interventi su singoli edifici, fosse pure per la riqualificazione energetica, e che si concentra prevalentemente in quelle aree della città più appetibili dal punto di vista immobiliare, che a Roma si trovano nella Città Storica.
Ricordiamo che la Città Storica è definita dal Piano regolatore di Roma “l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti del- l’impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate”[ii]. E che in tali aree gli obiettivi degli “interventi edilizi e urbanistici, nonché le iniziative di promozione sociale ed economica” sono “la conservazione dei tessuti edilizi esistenti e degli specifici e stratificati caratteri storico-morfologici” e “la manutenzione e il recupero degli spazi aperti esterni (strade, piazze, parchi e giardini) e interni (corti, orti e giardini), come componenti strutturanti dei diversi impianti insediativi”[iii].
Il Piano Regolatore vigente consente interventi di demolizione e ricostruzione anche nei tessuti storici, compresi quelli “T5” (Monteverde Vecchio, Via Dandolo, Via delle Fornaci, Garbatella, Villa Fiorelli, Piazza Galeno, Via dei Villini, Corso Trieste, Parioli, Via Aldrovandi) e “T7” (Circonvallazione Gianicolense, Via Fonteiana, Via Vitellia, Circonvallazione Trionfale, Ponte Milvio, Parioli compreso fra Viale Pilsusdky e Viale Parioli; corona esterna di Piazza Bologna, Ville dell’EUR) che individuano l’edilizia puntiforme otto-novecentesca dei villini e della città giardino[iv], ma tali interventi “sono ammessi previa verifica, da parte del Comune, dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti”, da effettuare in base alle disposizioni degli articoli del PRG e ai criteri definiti nella “Guida per la qualità degli interventi”; in ogni caso il Comune può “formulare indirizzi o prescrizioni progettuali da osservare” e gli interventi sono sottoposti, “ai fini dell’approvazione o abilitazione, al parere consultivo del “Comitato per la qualità urbana e edilizia[v] . Anche se va fatto presente che la “verifica dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti” si riferisce a singoli edifici e non a una valutazione dell’interesse paesaggistico del tessuto, e che qualunque parere per gli interventi, ad eccezione di quelli su edifici vincolati, è solo “consultivo” e non “vincolante”.
Ebbene, di fronte a quanto concesso dall’Art. 6 – Interventi diretti[vi] – della Legge regionale per la Rigenerazione Urbana del luglio 2017, le procedure citate, previste dal Piano regolatore della Capitale a tutela della Città storica, sono diventate carta straccia.
Una legge regionale che, per quanto riguarda la Capitale, potrebbe comporsi di quel solo articolo, dato che annulla ogni limitazione o intervento dei piani regolatori comunali, con l’unica eccezione dell’area all’interno delle Mura Aureliane, che rientra nelle zone individuate come “insediamenti urbani storici dal PTPR”[vii].
E i primi due commi dell’articolo 6 rischiano, come già il famoso “Piano casa” nella versione Polverini e in quella della proroga Zingaretti[viii], di “cambiare per sempre i connotati” a parti storiche della città, tessuti che non hanno un valore per il pregio architettonico dei singoli edifici che ne fanno parte, ma per il loro insieme, per l’importanza paesaggistica ma anche per la testimonianza storica e la valenza identitaria delle strade, delle piazze, degli isolati
COMMA 1: Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi didemolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.
Sono quindi sempre ammessi interventi che demoliscono un edificio e lo ricostruiscono modificandone la sagoma, i prospetti, le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, aumentandone l’altezza, senza nessun limite o prescrizione da parte degli uffici comunali. E l’incremento dei volumi fino al 20 %, unito all’aumento di valore di un immobile più moderno, sono un vero e proprio incentivo per operazioni ad alto profitto immobiliare, che si concentrano in particolare sugli edifici con un’unica proprietà, nelle zone più pregiate, magari in dismissione, come appunto villette, ex conventi o scuole, nelle zone storiche della città.
COMMA 2: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 sono consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.
Anche rispetto i cambi di destinazione d’uso degli edifici, che il Piano Regolatore inserisce in un quadro di regole e contrappesi per garantire il necessario equilibrio delle funzioni e dei carichi nelle aree urbane, l’art. 6 della Legge Regionale consente agli operatori privati di non rispettare le “prescrizioni” e “le percentuali previste” “dagli strumenti urbanistici”, e cancella anche le eventuali condizioni poste dal PRG per i cambi di destinazione: “incondizionatamente”[ix].
Una legge regionale che stabilisce che alcuni interventi con forti impatti nei tessuti storici sono sottratti alla pianificazione e alla decisione pubblica è uno strumento di pianificazione?
Anche se appare come un ossimoro, evidentemente è così, quanto meno per il Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale cheil 24 ottobre 2022ha inviato una nota con vari pareri alle direzioni dei Dipartimenti, ai Municipi, alla Soprintendenza capitolina, all’Assessore all’urbanistica e al Direttore generale[x], che riprende dei pareri rilasciati dallaDirez. Regionale del Lazio per La Pianificazione Territoriale, Paesistica E Urbanistica – Servizio “Ufficio Speciale Per La Rigenerazione Urbana” dove si legge che nei tessuti della Città Storica gli interventi di demolizione ricostruzione con modifica di sedime, sagoma, prospetto e tipologia, se proposti ai sensi del citato articolo della legge regionale [art. 6 sono realizzabili in attuazione diretta[xi], e dove sono citati vari pareri regionali rilasciati nel tempo, il cui leitmotiv è sempre quello delle eventuali “limitazioni” poste dagli strumenti attuativi vigenti che sono “da tralasciare” se si configurano come “prescrizioni” che possono limitare la realizzabilità degli interventi[xii].
Una roulette russa per interi pezzi della nostra città, la cui conservazione e valorizzazione non dipende più dalle politiche urbanistiche e dalla pianificazione di chi è stato eletto dai cittadini, ma dalle ragioni della rendita che gli operatori privati possono estrarre dal patrimonio storico di Roma.
Una città, non dimentichiamolo, che ha appena ottenuto dalla Regione Lazio nuove prerogative in campo urbanistico e che rivendica da tempo una maggiore autonomia decisionale e legislativa proprio per il suo essere Capitale.
Gruppo urbanistica di Carteinregola
SECONDA PARTE:
La tutela della Città storica passa dall’esercizio delle prerogative di governo del territorio di Roma Capitale (e anche attraverso la modifica della Legge Regionale e una efficace tutela paesaggistica con il Piano Territoriale Paesistico Regionale).
L’unica tutela prevista dallo stesso articolo 6 è nel comma finale: Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal Piano Territoriale Paesistico Regionale. Quindi, come ricordato, nella Città storica dentro le Mura Aureliane non si possono fare interventi diretti. Tuttavia tanti altri tessuti che fanno parte della “Città Storica” del Piano regolatore – di cui il “Sito Unesco – centro storico di Roma” è solo una parte – non sono tutelati dal PTPR: nel Piano adottato nel 2007, si è operata la’arbitraria scelta di riferirsi non alla Città storica del PRG ma a un “insediamento urbano storico” non definito attraverso strumenti urbanistici oppure, come indicato nello stesso PTPR, alla città del 1873/83, e così fino alla versione del PTPR vigente, approvata nell’aprile 2021. “Sito Unesco – centro storico di Roma” che, pure se escluso dall’applicazione dell’art. 6, è comunque escluso anche dalle tutele previste dal PTPR per gli altri centri storici del Lazio, a partire dall’ “autorizzazione paesaggistica” che a Roma è un semplice “parere consultivo” delle Soprintendenze[xiii].
Chiediamo quindi:
1. Al Ministero della Cultura e alla Regione Lazio, ma anche, come soggetto principalmente interessato, a Roma Capitale, di attuare quanto inserito nell’art. 44 – Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto delle NTA del PTPR approvato definitivamente il 21 aprile 2021 al comma 19: “Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità; “specifiche prescrizioni di tutela”nelle quali includere la Città Storica, come definita dal PRG e comunque delle zone omogenee “A”[xiv]nell’ “Insediamento urbano storico”.
2. Alla Regione Lazio di modificare l’art. 6 della legge 7/2017, escludendo i premi di cubatura all’interno della zona “A” e di eliminare la locuzione “è sempre consentito” che potrà essere sostituita concedendo a Roma Capitale – come già la Presidente Polverini al Sindaco Alemanno per il cosiddetto “Piano casa” che prevedeva analoghe deroghe agli strumenti urbanistici comunali[xv] – l’individuazione delle aree – zone omogenee A o tessuti individuati – dove sia esclusa l’applicazione dell’art. 6.
3. A Roma Capitale di rappresentare alla Regione l’inaccettabile interferenza che l’articolo 6 produce nel governo delle trasformazioni urbanistiche, la cui titolarità è da sempre appannaggio dell’istituzione comunale, quale presupposto per riaffermare le prerogative del ruolo di Capitale e le proprie competenze inerenti la gestione del territorio e le scelte di pianificazione. Pianificazione che deve essere aggiornata da Roma Capitale anche con l’inserimento di specifiche tutele dei valori paesaggistici, con norme di Piano regolatore chiare e certe.
4. A Roma Capitale di rendere pubblico il bilancio degli interventi, realizzati e in corso, ai sensi del cosiddetto “Piano casa” e dei diversi articoli della Legge di rigenerazione regionale, indicandone la localizzazione e la tipologia[xvi], e di attivare sul tema un confronto ampio nella città, che coinvolga tutte le comunità dei territori, a partire dalla Città storica, poiché la gestione del territorio, ma soprattutto della rigenerazione urbana e di Beni comuni come i tessuti di valore storico e paesaggistico, riguardano tutta la cittadinanza. In proposito si ricorda quanto introdotto dall’art. 9 c.62 della L.R. 19/2022[xvii] che “le varianti al Piano regolatore generale e alle norme tecniche attuative sono adottate dall’Assemblea capitolina previa consultazione degli enti pubblici e delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, garantendo, comunque, idonei processi di partecipazione e informazione dei cittadini”[xviii].
Tali richieste non vanno nella direzione di impedire le trasformazioni, ma di sottoporle al fondamentale presidio della regia pubblica, unica garanzia della prevalenza dell’interesse generale sul pur legittimo profitto privato.
[iv] Secondo il documento dell’INU del 19 marzo 2018 PER DIFENDERE I TESSUTI URBANI A VILLINI DI ROMA “…A questi andrebbero aggiunti anche altri tipi di tessuti, in particolare quelli T4, T7 e T10, all’interno dei quali possono ricadere edifici e giardini cui applicare la tutela”
[v] NTA PRG Art. 24 comma 13 Il Comitato per la qualità urbana e edilizia si esprime entro 45 giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento, decorsi infruttuosamente i quali si prescinde dal parere medesimo. La richiesta del parere è formulata in seno al procedimento di istruttoria degli strumenti urbanistici esecutivi o delle richieste di permesso di costruire. In caso di Denuncia di inizio attività (DIAil parere consultivo del Comitato è richiesto dal soggetto attua- tore prima della presentazione della denuncia e, ove acquisito, ne correda la documentazione
[vi] Per interventi diretti si intendono quelli realizzabili direttamente senza titolo abilitativo ovvero sulla base del titolo abilitativo richiesto dalla normativa statale o regionale in materia, il cui rilascio non risulti subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo
[vii]il comma 6 dello stesso articolo 6 della Legge 7/2017 pone alcune limitazioni: “le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR
[ix] “incondizionatamente” è stato aggiunto con un comma del collegato al bilancio regionale approvato dal Consiglio il 24 novembre 2022:
Questa la versione precedente del comma: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001.
Questa la versione vigente dal 24 11 22: Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche
[x]il documento (Prot. QI/2022/0177981) con oggetto la “condivisione di pareri relativa a quesiti inerenti gli artt. 6, 7 e 8 della Legge 7/2017 è stato messo on line dal sito dell’Ordine degli ingegneri, ma non l’abbiamo trovato nell’elenco dei pareri pubblicati sul sito del Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale https://www.ording.roma.it/images/Pdf/Parere-Dipartimento-su-rig-Urbana-del-24-10-2022.pdf
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
a) “interventi di manutenzione ordinaria”(…)
b) “interventi di manutenzione straordinaria“, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. (…)
c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo“, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. (…)
d) “interventi di ristrutturazione edilizia“, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;(lettera modificata dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020, poi dall’art. 28, comma 5-bis, lettera a), legge n. 34 del 2022, poi dall’art. 14, comma 1-ter, legge n. 91 del 2022) e) “interventi di nuova costruzione“, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. (…)
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale; e.7) (…)
f) gli “interventi di ristrutturazione urbanistica“, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. (…)
[xiii] Il PTPR, art. 44 prevede che “Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009), un protocollo cheesto fin dalla copertina denuncia il valore solo “consultivo” del parere richiesto.
[xiv] Questo il nostro emendamento proposto al Consiglio regionale e presentato – invano – da alcuni consiglieri del 2019: “all’articolo 43 il comma 17 (15 nel PTPR adottato) è sostituito dal seguente: “L’insediamento urbano storico del Comune di Roma è sottoposto alle prescrizioni di tutela paesaggistica del presente articolo sia nelle aree interne alle mura del centro storico monumentale, come individuato negli elaborati prescrittivi Tav. A 24 e Tav. B 24 del presente Piano, sia nelle aree di cui agli ambiti T5 e T7, rispettivamente art. 30 e 32 delle Norme tecniche del PRG, inerenti la Città storica che individuano l’edilizia puntiforme otto-novecentesca dei villini e della città giardino”
[xvi]Vogliamo ricordare di aver richiesto in più occasioni a diverse amministrazioni, l’ultima anche attraverso accesso agli atti generalizzato tramite PEC al Dipartimento Urbanistica e presso gli Uffici tecnici dei Municipi I e II, 20 giugno 2022, che fosse reso pubblico il bilancio degli interventi realizzati ai sensi del cosiddetto “Piano casa” e dei diversi articoli della Legge di rigenerazione regionale, senza ottenere alcuna risposta.
E che da mesi abbiamo chiesto Roma Capitale realizzi un portale istituzionale dedicato alle trasformazioni urbane, con una mappa interattiva che riporti le informazioni indispensabili su tutte le trasformazioni in corso e previste, comprese quelle relative al PNRR, al Giubileo, e all’eventuale Expo 2030.
[xvii]Comma62. Le varianti di cui al comma 61 sono adottate dall’Assemblea capitolina, previa consultazione degli enti pubblici e delle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, garantendo, comunque, idonei processi di partecipazione e informazione dei cittadini. Le varianti adottate sono depositate presso la segreteria comunale in libera visione al pubblico, dandone avviso nei modi stabiliti da Roma Capitale. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni. Nei successivi sessanta giorni l’Assemblea capitolina si esprime sulle osservazioni presentate e approva le varianti apportando le modifiche conseguenti al recepimento delle osservazioni ritenute accoglibili. Le varianti approvate sono pubblicate sull’albo pretorio di Roma Capitale, dandone notizia sul relativo sito istituzionale, e acquistano efficacia il giorno successivo a quello della loro pubblicazione.
[xviii] Non possono essere considerate applicazioni del citato art. 9 c.62 della L.R. 19/2022 le consultazioni della VIII Commissione capitolina Urbanistica avvenute dall’8 giugno al 22 settembre 2022, in quanto oltre che a mancare il contenuto delle varianti, era assente ogni idoneo processo di informazione dei cittadini.
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