Quei mali dell’urbanistica romana che Stefano Boeri non potrà sanare
Autore : Redazione
E’ stata pubblicata sul sito istituzionale la Delibera approvata dalla Giunta capitolina che istituisce il laboratorio Roma050 promosso e coordinato dall’Architetto Stefano Boeri, che ha provocato discussioni e polemiche*. Un commento di Paolo Gelsomini. Scarica la delibera (nella foto: le torri con il “bosco verticale” di Boeri nel centro di Milano e le torri di Tor Bella Monaca, nella periferia di Roma)
Una prima analisi dei mali dell’urbanistica romana che Stefano Boeri non potrà sanare
di Paolo Gelsomini
La questione è oramai nota ed è stata ripresa da tutti gli organi di stampa: la Giunta Capitolina ha approvato le “Linee di indirizzo per la costituzione del Laboratorio Roma050 – Il futuro di una Metropoli Mondo, per la diffusione di strategie di innovazione urbana e politiche di sostenibilità ambientale per Roma Capitale”.
Citiamo testualmente: “La proposta ha l’obiettivo di sollecitare azioni in grado di favorire un processo di transizione ecologica che porti Roma a diventare una vera e propria Metropoli Arcipelago. Non solo una Metropoli costituita da quartieri, rioni e borgate dotate di una loro identità e realmente in grado di offrire ai loro cittadini i servizi e le infrastrutture necessarie, ma anche una Metropoli che nel suo insieme si avvia ad una radicale modernizzazione nelle infrastrutture della mobilità, del ciclo dei rifiuti, delle acque e del verde urbano. Una città del verde e della biodiversità dotata di alberature stradali, giardini, parchi, tetti e cinture verdi che permettono di diminuire danni e rischi del cambiamento climatico, raffrescare le città, migliorare la qualità dell’aria, ridurre l’inquinamento, tutelare le acque, controllare i deflussi superficiali, salvaguardare le biodiversità e la qualità dell’ambiente urbano”.
Alla luce di questi obiettivi strategici il Sindaco di Roma ha invitato l’Architetto Stefano Boeri, attraverso un contratto di consulenza (1) quale esperto di chiara professionalità e competenza a partecipare e contribuire all’elaborazione di una visione futura per la città di Roma.
Al tal fine l’Architetto Boeri ha presentato all’Amministrazione Capitolina una specifica ipotesi progettuale denominata “Laboratorio Roma050 – Il futuro di una Metropoli Mondo” (2), che prevede l’istituzione di un Laboratorio finalizzato a contribuire all’elaborazione di una strategia complessiva di rigenerazione urbana e ambientale per la Città di Roma e il suo vasto territorio.
L’orizzonte temporale che Roma ha davanti è ricco di scadenze ed attraversa due Giunte capitoline, quella di Gualtieri, in scadenza nel 2025, anno di inaugurazione del Giubileo e del termine degli investimenti del PNRR, e quella successiva, in scadenza nel 2029-2030, anno di Roma Expo e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e del Piano europeo per l’energia e il clima, fino ad arrivare al 2050 con l’appuntamento dei protocolli internazionali (Climate-neutral) e l’inaugurazione del nuovo Giubileo.
Di fronte a questo contesto e a questo programma strategico senz’altro condivisibile, la perplessità su questa scelta del Sindaco di dare l’incarico a Stefano Boeri, non solleva tanto un problema di conflitto di architetti del nord versus architetti de noantri che tanto ha inquietato l’Ordine degli Architetti di Roma, quanto una questione di merito e di metodo.
Sul merito, non ci sembra di cogliere novità rilevanti di programmazione urbana più di quelle definite in alcune parti strutturanti del PRG vigente quali gli Ambiti di Programmazione strategica (3), le Centralità metropolitane, urbane e locali (4), il Sistema Ambientale e Agricolo (5), il Sistema dei servizi, delle infrastrutture e degli impianti (6).
Nella prima pagina delle Norme Tecniche Attuative del PRG è scritto che “Il Piano persegue gli obiettivi della riqualificazione e valorizzazione del territorio secondo i principi della sostenibilità ambientale (…)”. Ma purtroppo non è andata così. A Roma, già a cavallo del nuovo millennio, furono spazzati via alcuni principi cruciali della pianificazione: regole certe per poter costruire, definizione di connessioni di reti del trasporto pubblico, progettazione e cura del verde, rispetto dei paesaggi urbani, tutela del centro storico, salvaguardia dell’agricoltura.
E’ saltata ogni forma di pianificazione urbanistica corrispondente a una visione d’insieme. Si è invasa la campagna, si sono sparsi a manciate, come coriandoli, palazzoni e centri commerciali lungo e al di fuori del Raccordo Anulare a prescindere dai servizi, dalle scuole, dai trasporti. Lo spazio pubblico ed i beni comuni hanno progressivamente ceduto il passo a quegli insediamenti che potevano assicurare forme di rendita fondiaria e finanziaria ai privati e finanziamenti alle casse comunali.
Il centro storico è diventato un luna park per turisti e una mangiatoia a cielo aperto con architetture e aree archeologiche e monumentali relegate al ruolo di location.
Il sito Unesco, che comprende l’intero centro storico racchiuso all’interno della cerchia delle Mura Aureliane e di quelle Gianicolensi, oltre al complesso della basilica di San Paolo fuori le Mura, non prevede prescrizioni di tutela ma solo indicazioni di priorità e definizioni d’interventi che dovrebbero essere attuati dagli organi statali e dagli strumenti legislativi e deliberativi della Regione e del Comune. Cosa che il PTPR (Piano Territoriale Paesaggistico Regionale) non fa.
Le Centralità destinate a strutturare un nuovo disegno multipolare della città si sono snaturate, passando dalle iniziali destinazioni direzionali e di servizi pubblici generali a residenze e centri commerciali, configurandosi come poli di attrazione di traffico automobilistico privato.
L’istituzione delle “compensazioni” , passate da strumento straordinario a pratica ordinaria di contrattazione urbanistica, allude al fatto che ciò che viene tolto ai proprietari dalla modifica della destinazione d’uso iniziale è risarcito dalla possibilità di realizzare altrove una volumetria di equivalente valore economico. Volumetria che potrebbe anche aumentare notevolmente in base ai valori immobiliari del luogo che decrescono man mano che ci si allontana dalle zone centrali facendo di conseguenza aumentare i metri cubi da compensare.
Ed ecco le conseguenze: è stato presentato il 26 luglio il Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (7) a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA). Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno.
E Roma non fa eccezione.
Come ricorda il dossier del Gruppo urbanistica di Carteinregola (8), “la Legge Regionale sulla Rigenerazione urbana n.17 del 2017 all’art.1 e lo stesso programma di mandato del Sindaco dichiarano in modo esplicito che la rigenerazione deve concorrere a risolvere problemi sociali e ambientali, particolarmente gravi nelle aree della città sorte abusivamente e in quelle parti della città dove i servizi e il verde previsti dai piani non sono stati realizzati. Gli interventi che si approvano, in nome della rigenerazione, riguardano invece tutt’altro: appartamenti di lusso e alberghi nella Città storica e nelle aree centrali. Questo scollamento è gravissimo: Roma, oggi, è una città fortemente diseguale. Ma la rigenerazione intesa come mero investimento immobiliare concorre ad accentuare le differenze, utilizza il valore della città come rendita di posizione e non restituisce niente. Noi pensiamo, all’opposto, che Roma sia una sola e che la rigenerazione serva innanzitutto nella Città da ristrutturare e in parte nella Città della trasformazione, dove gli investimenti privati sono i benvenuti se aiutano a risolvere i problemi dei cittadini. Se si vuole modificare il PRG, è in questa direzione e per queste finalità che riteniamo si debba agire”.
Se non si rimuovono radicalmente le cause strutturali dello sviluppo urbano di Roma, se non si modificano norme regionali e comunali che stanno indirizzando il mercato degli investimenti internazionali verso aree appetibili centrali e semicentrali di lusso più che venire incontro ad una crescita sostenibile della città e al recupero di interi quadranti degradati della periferia, affidare ad un prestigioso architetto la regia di un copione viziato da tante pesanti interferenze della rendita immobiliare e finanziaria non serve ad allestire uno spettacolo all’altezza delle aspettative del pubblico.
Ai mali strutturali dell’urbanistica romana si è aggiunta poi l’esperienza del Covid che ha moltiplicato le grandi difficoltà e le diseguaglianze economiche, sociali, culturali e spaziali che molti cittadini delle periferie vivono.
Le gravissime conseguenze dei cambiamenti climatici e della disgregazione sociale hanno messo definitivamente in discussione il modello di sviluppo delle città nel mondo, dei consumi di suolo e di energia, della mobilità, del rapporto città-campagna, dell’habitat delle specie animali e vegetali, della coesione sociale della comunità urbana, della sicurezza sociale.
A Roma esistono le risorse, le capacità e le idee per pensare un futuro differente. La città non manca di progettualità e di iniziative che la rendono viva e vitale. Lo testimoniano, in primo luogo, le tante esperienze, le iniziative sociali e culturali, le pratiche di cura e riappropriazione degli spazi, il protagonismo sociale, le forme di collaborazione che si esprimono sui territori e che, in alcuni casi, costituiscono economie locali e forniscono servizi al territorio altrimenti mancanti.
Si stanno sviluppando idee e progettualità per Roma da parte di diversi studiosi, ricercatori, organizzazioni e reti associative.
L’ultima esperienza progettuale venuta dal basso è quella della “corona verde” dall’Aniene all’Appia Antica, elaborata e proposta in Commissione Ambiente dalla “Libera assemblea di Centocelle” per mettere a sistema le aree verdi del quadrante di Roma est dopo aver raccolto progetti, voci delle realtà sociali, esperienze cittadine, iniziative. Un’idea importante per mettere tutte queste esperienze a sistema all’interno di una grande rete ecologica (9).
Ed ora veniamo al metodo di scelta dell’architetto Stefano Boeri da parte del Sindaco. Evidentemente non si è tenuto conto delle risorse espresse da questa città, dalle sue istituzioni culturali e professionali, dai centri di ricerca, dai poli scientifici di eccellenza, dalle tante esperienze sociali e culturali di partecipazione dal basso fonti inesauribili di conoscenze e competenze.
Né si è partiti dai mali strutturali dell’urbanistica romana, che per essere superati hanno bisogno di scelte politiche forti e coraggiose, a cominciare dall’attuazione di veri piani di recupero delle zone degradate e di rigenerazione urbana orientata dalla mano pubblica e non dagli interessi dei costruttori.
Ma anziché cercare di indirizzare la rigenerazione urbana verso le aree degradate della periferia e subordinare l’allocazione delle compensazioni alle esigenze di una pianificazione sostenibile di sistema, si è pensato ad operazioni di marketing che avrebbero ben altri scopi e che sarebbero funzionali alla nuova fase del mercato immobiliare che ha abbandonato la periferia per rivolgersi verso le aree della città consolidata. “I grandi gruppi stranieri di investitori istituzionali, dai fondi immobiliari a quelli assicurativi, stanno scoprendo la Capitale. E puntano su Roma grazie alle nuove tendenze che si stanno affermando per le sue capacità di città in trasformazione, grazie anche ai progetti di rigenerazione urbana”(10).
Troppi segnali vanno in questa direzione: le proposte di revisione molto elastica e permissiva di alcuni punti del PRG; l’art. 6 della Legge regionale n.17/2017 sulla rigenerazione urbana (11) e la perdurante mancanza di indicazioni di aree dei programmi di rigenerazione da parte del Comune come prescritto dalla stessa L. R. (12); la carenza – per lo più mancanza – di vincoli paesaggistici, in particolare nella Città storica. E altro dovrebbe essere l’orizzonte di riferimento politico per una vera trasformazione culturale prima che urbanistica di Roma e della sua area metropolitana. E quando i riferimenti saranno chiari e condivisi ben vengano i concorsi internazionali, i coinvolgimenti dei privati, gli adeguamenti delle Norme Tecniche Attuative del PRG.
Ma questo è un processo che dovrebbe coinvolgere tutta la città e le sue forze culturali ed economiche. Invece si comincia da Boeri come se improvvisamente un programma TV si interrompesse per lanciare i “consigli per gli acquisti”…
Paolo Gelsomini
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
5 agosto 2022
(*) Vedi anche Rigenerazione urbana: Roma non ha bisogno di “archistar”, ma di un progetto partecipato dalla città di Anna Maria Bianchi Missaglia 1 agosto 2022
NOTE
(1) Determinazione Dirigenziale n. RA12264 del 09/03/2022
(2) Prot. Dipartimento PAU n. 10644 del 24/06/2022 e successiva nota prot. 130284 del 29/07/2022
(3) Sono definiti prevalentemente da elementi naturali, direttrici e tracciati storici tra loro interrelati aventi valenza di strutturazione morfologica e funzionale dell’insediamento alla scala urbana e territoriale: Il Tevere, il Parco dei Fori e dell’Appia Antica, le Mura, il tracciato Flaminio-Fori-Eur, la Cintura ferroviaria.
(4) Le centralità metropolitane e urbane sono finalizzate alla nuova organizzazione multipolare del territorio metropolitano attraverso una forte caratterizzazione funzionale e morfotipologica, nonché una stretta connessione con le reti di comunicazione e il contesto locale, con rilevanti connotati di identità sociale e storica. Le centralità locali riguardano i luoghi più rappresentativi dell’identità locale e corrispondono agli spazi urbani dove sono localizzate le funzioni in grado di rivitalizzare e riqualificare i tessuti circostanti per una migliore organizzazione sociale e civile dell’ambito municipale locale.
(5) Sono componenti del Sistema Ambientale e Agricolo: Le aree naturali protette, il reticolo idrografico, la rete ecologica, l’agro romano, i parchi agricoli.
(6) Servizi pubblici, servizi privati e verde privato attrezzato, infrastrutture per la mobilità, aree per i nodi di scambio, piattaforme logistiche, percorsi pedonali e ciclabili, infrastrutture tecnologiche, reti tecnologiche.
(7) dal sito di ISPRA- Istituto Superiore Per la Ricerca Ambientale)
(8) vedi Dossier dell’Associazione Carteinregola su Revisione e semplificazione delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG comunale ai sensi della Delibera di Giunta Capitolina n.120/22 “Indirizzi in merito alla revisione, modifica e attualizzazione delle Norme tecniche di attuazione del vigente Piano Regolatore Generale comunale approvato ai sensi dell’art. 66-bis della legge regionale 22 dicembre 1999 n. 38 e smi. Legge 17 agosto 1942 n. 1150 e smi.” (> Vai alla pagina) SCARICA LA VERSIONE STAMPABILE
(9) Vedi Roma Today 21 luglio 2022 La “corona verde” dall’Aniene all’Appia antica: nasce la rete ecologica di parchi a Roma est Il progetto della libera assemblea di Centocelle presentato in commissione Ambiente
(10) Dal Corriere della sera –Cronaca di Roma di domenica 31 luglio 2022: “Immobili, i fondi esteri pronti a investire a Roma” di Lilli Garrone.
(11) Art. 6 (Interventi diretti)
c.1.Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.(2a)
c.2. Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001
(12)Art.3 (Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio)
c.1. I comuni, con una o più deliberazioni di consiglio comunale, individuano, anche su proposta dei privati, ambiti territoriali urbani nei quali, in ragione delle finalità di cui all’articolo 1, sono consentiti, previa acquisizione di idoneo e valido titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001 o del permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 28 bis del d.p.r. 380/2001, come recepito dall’articolo 1 ter della l.r. 36/1987, interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti con il riconoscimento di una volumetria o di una superficie lorda aggiuntive rispetto a quelle preesistenti nella misura massima del 30 per cento.