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Rapporto spiagge di Legambiente 2020: gli errori che non dobbiamo più commettere

Rapporto Spiagge 2020 LegambienteRilanciamo il Rapporto Spiagge 2020 di Legambiente, che cita anche (pag. 21) al situazione di Ostia e  l’Associazione Mare Libero della rete di Carteinregola (*), che ha pubblicato qualche tempo fa Il Libro bianco IL MARE NEGATO (scaricabile gratuitamente qui).

Pubblichiamo l’introduzione del Rapporto di Legambiente e il link per scaricarlo.

(dall’introduzione del Rapporto Spiagge 2020 di Legambiente ) scarica Rapporto Spiagge 2020 

Il ciclone Covid-19 non ha ancora smesso di diffondere paure e problemi sull estate 2020, tra in- certezze sulla possibilità di andare in spiaggia e inedite regole di convivenza, distanziamenti e mascherine. Intanto si sta già fotografando una forte contrazione degli arrivi internazionali e al contempo un boom di richieste per luglio e agosto, in molte località costiere, da parte di italiani che avranno la possibilità di riscoprire il Belpaese. Si è parlato a lungo di spiagge in questi mesi, proprio per la difficoltà di controllare e garantire i distanziamenti in quelle libere e le distanze in quelle in concessione, aprendo anche una prima riflessione sulla situazione dell accessibilità al mare in particolare nelle zone più frequentate del Paese. Per tante e diverse ragioni guardare a come stanno cambiando le spiagge in Italia, negli usi e negli aspetti ambientali e paesaggistici, risulta oggi di particolare interesse. Innanzitutto perché i litorali italiani sono un tassello importante dell attrattività turistica di città e località costiere e quindi di creazione di lavoro e reddito, per cui la qualità dei servizi e la fruibilità, la bellezza e pulizia delle spiagge sono fattori da guardare con grande attenzione. E poi perché si tratta di ecosistemi di estrema delicatezza, che hanno portato ad allargare la tutela con aree marine protette e vincoli di inedificabilità a tutela di dune e pinete costiere, ma dove purtroppo continuano fenomeni di inquinamento in molte regioni, processi di erosione e trasformazioni portate dall uomo. Per approfondire questi temi Legambiente ha presentato alcune settimane fa l’Osservatorio paesaggi costieri italiani (www.paesaggicostieri.eu), mentre con questo Rapporto, che ha oramai trovato una cadenza annuale, vogliamo contribuire a capire quanto sta avvenendo sulle spiagge italiane e come garantire un futuro di qualità alle aree costiere italiane. Ma quali sono le principali questioni e tendenze che vengono fuori dall’analisi?

Sempre più spiagge vengono date in concessione, al punto da far scomparire in diversi Comuni quelle libere. I dati sono chiari, aumentano ovunque in Italia le concessioni balneari, al punto che in alcune località è diventato difficile persino trovare uno spazio dove poter andare in spiaggia a fare il bagno e prendere il sole gratis. Complessivamente oltre il 50% delle spiagge oggi è in concessione, mentre quasi l 8% del litorale non è balneabile. I dati sono molto diversi da Nord e Sud, tra le regioni, ma la tendenza è univoca: aumentano ovunque le spiagge in concessione e laddove non avviene è perché semplicemente non ci sono più spiagge libere. È il caso della Versilia, della Romagna e di alcuni tratti della Liguria, dove meno del 10% delle spiagge è liberamente e gratuitamente frequentabile. In Sicilia, dove la percentuale di spiagge in concessione è molto più bassa, nel 2019 sono state presentate oltre 600 richieste di nuovi stabilimenti. Siamo di fatto l’unico Paese europeo che non pone un limite alle spiagge in concessione, lasciando alle Regioni queste scelte e poche lo hanno fatto. Le situazioni più gravi sono a Forte dei Marmi, Rimini, Alassio, San Benedetto del Tronto o a Palermo, con la spiaggia di Mondello dove di fatto è residuale la spiaggia aperta alla libera fruizione. Purtroppo, ci sono anche situazioni puntuali di illegalità su cui servono controlli e un incisivo intervento da parte delle forze dell ordine, come ad Ostia, nel Comune di Roma, o a Pozzuoli dove muri e barriere impediscono di vedere e accedere al mare, o come nel Salento con dune sbancate per realizzare parcheggi e tirare su stabilimenti balneari. Ma la questione che viene fuori da questa analisi della situazione delle concessioni è più generale, riguarda l’urgenza di arrivare a una strategia per le spiagge italiane, fatta di obiettivi di qualità e di controlli, per far rispettare il diritto dei cittadini di poter godere liberamente e gratuitamente di almeno un tratto di mare e di spiaggia. Anche perché, ricordiamocelo, le spiagge sono un demanio pubblico inalienabile e quindi di tutti.
Una novità di quest ultimo anno è che l’attenzione nei confronti di questa situazione sta finalmente aumentando, con cittadini che sistanno organizzando per difendere i tratti di costa rimasti liberi dalle concessioni.
È stato fondato un coordinamento nazionale mare libero, costituito da comitati  locali di diverse parti d Italia e cominciano a diffondersi anche vere e proprie proteste organizzate, come quella del 18 luglio a Napoli, quando manifestanti con bandiere dei pirati sono arrivati direttamente dal mare, in canoa, contestando la privatizzazione delle spiagge, i prezzi per l’accesso (aumentati dal 20 al 47% rispetto al 2019 sul litorale da Posillipo a Marechiaro) ed i bassissimi canoni che i gestori pagano allo Stato. È stata chiesta, inoltre, la bonifica di Bagnoli per far ritornare quei tratti di costa, devastati dagli insediamenti industriali, di nuovo balneabili.

Il 24 luglio al grido di Tutti al mare è stata organizzata una protesta a Massa, in Toscana, per protestare contro l’incredibile riduzione delle spiagge libere, visto che su 8 chilometri di costa insistono ben 14 stabilimenti balneari ed una sola spiaggia libera. Tra le ragioni della protesta vi è anche la sporcizia di quel tratto di spiaggia libera, per il quale non sono arrivare indicazioni da parte della Regione per la pulizia, a differenza dell attenzione prestata a quelle in concessione per garantirne la riapertura. Un’ altra azione di sensibilizzazione e protesta è stata recentemente organizzata da Legambiente Palermo sulla spiaggia di Mondello. Si tratta del blitz La mia spiaggia resta libera , che ha ribadito l importanza di garantire spazi adeguati sulle spiagge libere. Le attiviste e gli attivisti hanno fi to un sopralluogo teso ad avviare i lavori di costruzione di un lido esclusivo nel tratto di spiaggia libera tra il lido Ombelico del mondo e il lido dei Vigili del Fuoco. Un team composto dalla proprietaria del futuro sotto copertura , ha così stimolato la reazione dei fruitori della spiaggia, inducendoli alla riflessione sulla perpetua aggressione delle spiagge libere e il loro valore sociale, oltre che naturalistico. Al termine dell azione è stato esposto uno striscione recante la scritta La mia spiaggia resta libera , invitando le persone a firmare la petizione online per la revoca del Decreto regionale che modifica le linee guida in materia di utilizzo del demanio marittimo. A questa richiesta si unisce quella di aumentare le aree di spiaggia libera e di avviare una gestione delle stesse nel rispetto del patrimonio naturalistico, troppo spesso messo in secondo piano per un economia vorace e poco lungimirante.

Grande crescita di stabilimenti che puntano su un offerta green e di qualità. Dal Cilento al Salento, da Ravenna e Rimini a Viareggio, passando per il Parco di Migliarino San Rossore per arrivare all area protetta di Torre del Cerrano ed al Museo della Spiaggia a Laigueglia, è davvero di enorme interesse quanto sta avvenendo in termini di scelte a impatto zero sull ambiente. Sono tantissimi gli stabilimenti che hanno scelto di diventare plastic free e di puntare sul solare per prodursi energia e acqua calda, di salvaguardare le dune e recuperare specie autoctone, di valorizzare prodotti a chilometro zero di utilizzare solo legno e materiali naturali per le strutture, di eliminare ogni barriera per l’accesso, di premiare e aiutare con spazi ad hoc chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica e molto altro ancora. In molte realtà una proficua collaborazione tra Comuni e balneari ha portato ad una offerta di qualità con strutture leggere che consentono di vedere il mare senza barriere e di far convivere parti in concessione e litorale libero, come avviene con grande successo da diversi anni in tante spiagge, come raccontato nel Rapporto, in ogni parte d Italia, dalla Romagna alla Versilia, da San Vito Lo Capo al Cilento, alla Sardegna. Ed è importante sottolineare che questa scelta è premiata dai clienti, italiani e stranieri, che oggi scelgono proprio questo tipo di offerta di qualità e attenta all impatto sull ambiente.

Le spiagge italiane si stanno riducendo per l’erosione costiera. Dal 1970 ad oggi i tratti di litorale soggetti ad erosione sono triplicati e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose con tendenze molto diverse tra le regioni e picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media è come se avessimo perso 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione con tendenze molto diverse tra le regioni e picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media è come se avessimo perso 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione.Legambiente ha presentato poche settimane fa un quadro dell evoluzione dell ero- sione delle nostre coste (partendo dagli ultimi dati pubblicati dal Ministero dell Ambiente in collaborazione con ISPRA e con le 15 Regioni marittime) da cui si comprende da un lato l entità del meno e dall altro che le cause principali sono da attribuire ai cambiamenti rilevanti introdotti negli ultimi decenni sulle coste dal consumo di suolo, con la costruzione di edifici e di nuove opere infrastrutturali portuali o di opere rigide a difesa dei litorali. Se i dati sono inequivocabili a pr eoccupare è quanto potrà avvenire in uno scenario di cambiamenti climatici e innalzamento del mare come quello in atto. Analizzare l’attuale situazione e gli scenari futuri delle aree costiere rappresenta dunque un fattore decisivo per salvaguardare e prevenire i danni. In Italia sono impressionanti gli scenari di allagamento delle coste italiane elaborati da Enea, in collaborazione con CNR e altri centri di ricerca universitari italiani ed esteri, che mostrano come a rischio inondazione ci sia un area pari a quella della Liguria. In totale per il nostro Paese sono state individuate 40 aree costiere a rischio inondazione: 13 di queste aree sono state mappate, per un totale di 384,8 km di costa allagata, corrispondente alla perdita di territorio pari a 5686,4 kmq. Le 40 aree a maggior rischio in Italia, secondo le elaborazioni di Enea, sono: l’area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna; la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l’area di Lesina (Foggia) e di Taranto in Puglia; La Spezia in Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull’Isola d Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana; la piana Pontina, di Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la piana del Volturno e del Sele in Campania; l’area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai (Muravera) e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria (Sassari), di Porto Pollo e di Lido del Sole (Olbia) in Sardegna; Metaponto in Basilicata; Granelli (Siracusa), Noto (Siracusa), Pantano Logarini (Ragusa) e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; Gioia Tauro (Reggio Calabria) e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria. Le conseguenze dei cambiamenti climatici previste per le zone costiere includono poi un aumento della frequenza di eventi estremi con conseguenti inondazioni. È inoltre importante considerare, tra gli impatti rilevanti, anche la risalita di acque saline nei fiumi e l’intrusione negli acquiferi costieri, che rendono più difficoltoso il deflusso delle acque verso il mare in caso di eventi estremi. I danni economici nei prossimi anni rischiano di essere davvero rilevanti. Se ne sono accorti a Milano Marittima la scorsa estate quando una tromba d’aria ha provocato danni stimati per la sola parte pubblica a 2 milioni di euro. Mentre secondo l’UE l’impatto sulle coste europee di questi fenomeni ha provocato danni pari a 7 miliardi di euro all anno, ma che, si stima, passeranno a 20 miliardi di euro all anno nei prossimi anni, con una popolazione colpita pari a 10 milioni di europei.

Di fronte a uno scenario di questo tipo occorre far crescere attenzione e analisi sullo stato di salute delle coste italiane e poi sulle scelte da intraprendere rispetto alla dimensione delle sfide che avremo di fronte nei prossimi anni. Il paradosso, da cui dobbiamo assolutamente uscire, è che nel nostro Paese nessuno a livello nazionale, regionale o locale si occupa davvero di coste. Le competenze sono incredibilmente frazionate per cui nessuno di fatto si interessa di monitorare i processi di erosione (sempre più rilevante con i cambiamenti climatici), inquinamento, aggressione del cemento, in modo poi da individuare le politiche capaci di tenere assieme le diverse questioni e di programmare gli interventi di recupero e valorizzazione. Non possiamo più permettercelo in una prospettiva di crisi climatica come quella che abbiamo descritto, e soprattutto non dobbiamo consentirlo, perché gli 8mila chilometri di aree costiere italiane con il loro sistema di porti, città e aree protette, spiagge sono già oggi una straordinaria risorsa in chiave turistica che potrebbe rafforzarsi e allargarsi costruendo un offerta sempre più qualificata, integrata e diversificata anche come aree e stagionalità. L’ errore che non dobbiamo commettere è di continuare ad affrontare gli argomenti separatamente, inseguendo la cronaca nel periodo estivo dei danni da cicloni o erosione, di spiagge libere e in concessione (con le polemiche sui canoni e sulla Direttiva Bolkestein), dell inquinamento di questo o quel tratto di costa.

In questo quadro è particolarmente importante sottolineare il successo delle località balneari che stanno puntando proprio su un offerta di qualità (quelle che come Legambiente raccontiamo ogni anno e premiamo con le Cinque Vele insieme al Touring Club Italiano). Tutte le analisi sul turismo internazionale raccontano prospettive di crescita enormi per questo tipo di turismo. Il turismo balneare in particolare fa registrare la tendenza a una forte concorrenza nel Mediterraneo in termini di offerta, rispetto alla quale serve organizzare un rilancio che punti proprio a valorizzare l’intreccio di natura e città, di spiagge e porti, di culture e storie che è possibile trovare intorno al litorale. Per queste ragioni nel Rapporto abbiamo scelto di approfondire diversi temi ambientali e di fruizione delle spiagge, evidenziando le questioni più importanti da fotografare, capire e quindi affrontare con nuove politiche.

scarica Rapporto Spiagge 2020 

8 agosto 2020

per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

(*)Ad Ostia (RM) vi sono 61 stabilimenti su 13,8 km di costa, ma per 3,45 km nel tratto più urbano è stato costruito un muro che rende impossibile persino vedere il mare e poi di accedervi; era stata proprio Legambiente Lazio, con i suoi dossier dal 2007, a coniare il termine lungomuro ed iniziare la battaglia per l accessibilità. La vicenda del litorale romano è assurta alle cronache per vicende giudiziarie che hanno portato anche al sequestro di stabilimenti per abusi edilizi ed infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione. Malgrado la quantità di concessioni presenti a Ostia e il giro di affari, i lidi del Lungomare pagano canoni totali di 2,9 milioni di euro annui, pertinenze escluse, mentre per gli stabilimenti le cui concessioni sono scadute risultano indennizzi totali di oltre 1 milione di euro. Alcuni degli stabilimenti più esclusivi e cari del litorale pagano cifre irrisorie a fronte di guadagni enormi, altri hanno le concessioni scadute da tempo, ma continuano a occupare con muri e ombrelloni il litorale (come denuncia da tempo l’Associazione Mare Libero di Ostia).

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