Il 17 settembre 2020 si è svolto il dibattito organizzato da Sinistra Italiana città metropolitana di Roma a Primavalle su “Succede a roma: tanta gente senza casa tante case senza gente -tanti abitanti senza città tanta città senza abitanti – idee e proposte per un’altra idea di citta’, alla presenza degli assessori all’urbanistica comunale Luca Montuori e regionale Massimiliano Valeriani, in cui sono intervenuti Vezio De Lucia, Carlo Cellamare, Enrico Puccini, Giancarlo Storto, Enzo Scandurra, Anna Maria Bianchi, Paolo Gelsomini e vari esponenti di sindacati, associazioni e comitati (coordinatore del dibattito Adriano Labbucci). Qui sotto una sintesi dei punti e dei contributi a base dell’intervento di Anna Maria Bianchi . in calce i vidseo degli interventi degli assessori.
Che cos’è la rigenerazione urbana?
L’espressione “Rigenerazione urbana”, è spesso utilizzata impropriamente, generando un equivoco tra “rigenerazione urbana”, “locuzione che, traducendo l’inglese urban regeneration, designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate”, e “rinnovamento urbano”, “urban renewal”, progetti “spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo (da Enciclopedia Treccani[1]).
In realtà, il serrato dibattito in corso a Roma, e soprattutto, le ricadute della “Legge della rigenerazione urbana” approvata nel luglio 2017 dalla Regione Lazio, riguardano la seconda accezione, cioè la rigenerazione intesa come operazioni immobiliari/edilizie. Un equivoco che spesso si cela dietro la retorica delle premesse ai provvedimenti, come “…promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici” e per “favorire il recupero delle periferie“[2], mentre poi piovono operazioni immobiliari nei tessuti della città storica, dove il valore lievitato degli edifici ristrutturati o ricostruiti permette profitti enormemente più remunerativi – leciti, certo – a vantaggio dei privati, che però non hanno niente a che fare con gli interventi nelle zone delle città su cui sarebbe maggiormente urgente e necessario intervenire.
Nelle ultime settimane un emendamento al DL semplificazioni inserito in Commissione al Senato e poi approvato definitivamente, ha suscitato molte critiche – prima , durante e dopo l’approvazione – da parte delle “categorie produttive”, di alcuni ordini professionali e perfino di alcuni ambientalisti. L’emendamento prevede che “…nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”. Tanto è bastato per far scoppiare un coro di “così la rigenerazione urbana non si fa più“, unita all’iperbolica affermazione che “A Roma, per dire, l’area dove non varranno le semplificazioni [per le demolizioni ricostruzioni NDR] si estende in alcuni casi fino a oltre il raccordo anulare!”[3]. Ma poichè, come si evince dal testo,ledemolizioni e ricostruzioni non vengono proibite, ma solo subordinate al governo pubblico nelle zone che corrispondono ai centri storici e alla città storica[4] , se ne può concludere che evidentemente la rigenerazione urbana fuori dal centro storico, cioè nelle zone semiperiferiche e periferiche dove servirebbe davvero, interessa ben poco, e che il governo del territorio da parte delle istituzioni elette dai cittadini per molte categorie – imprenditoriali e non solo – è un inutile orpello, anzi la causa primigenia della mancata “semplificazione”, che ostacola lo sviluppo della città.
AGGIORNAMENTO 19 gennaio 2023: a una lettura successiva, una delle modifiche, all’art. 2 comma 1ter, del DPR 380/2001 è sicuramente poco utile ai fini della tutela della città storica, se non per quanto riguarda, nel caso di demolizione e ricostruzione con cambio di sagoma, altezze, ecc il mancato rispetto delle distanze tra gli edifici con conferma di quelle preesistenti, l’unica fattispecie per la quale in caso di deroga la legge impone l’obbligo di “piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati di competenza comunale”. Quanto alla modifica all’articolo 3, Definizioni degli interventi edilizi, comma 1, lettera d), che riguarda alcune restrizioni per la categoria degli interventi che rientrano nella “ristrutturazione edilizia”, occorre comunque tenere presente che è sempre possibile operare con modalità più invasive con il permesso di costruire. (> Vedi il nostro articolo Il decreto semplificazioni del 2020 e l’ennesima mancata tutela della Città storica del 16 gennaio 2023)
La rigenerazione urbana della Regione Lazio
Le buone intenzioni… (…) promuovere, incentivare e realizzare, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini, la rigenerazione urbana intesa in senso ampio e integrato comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi…Art. 1 (Finalità e ambito di applicazione) della Legge Regionale del Lazio 7/2017
Nel Lazio, dopo anni di “Piano casa” in deroga ai piani regolatori comunali (“Piano Casa” stravolto dal centro destra della Polverini e prorogato con poche modifiche dal centro sinistra di Zingaretti dal novembre 2014 al giugno 2017 )[5] , nel luglio 2017 è stata approvata la legge regionale Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio (LR 7/2017) [6] che contiene un articolo – Art. 6 – che è un “mini Piano casa” incistato nella legge, che di fatto incentiva con un premio di cubatura le demolizioni e ricostruzioni anche – soprattutto – nella Città storica: “(…)sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta”
… e le ricadute sulla città storica, dove il valore immobiliare rende le operazioni edilizie più convenienti, come si evince dalle due richieste di interventi di demolizione e ricostruzione con premio di cubature per Villa Paolina, una palazzina storica in Piazza XXI aprile, II Municipio, presentate in un primo momento (maggio 2017) ai sensi dell’art. 4 del Piano casa , e in un secondo ai sensi dell’art. 6 della Legge regionale della rigenerazione urbana del luglio 2017.
L’articolo 6 della Legge 17/2017 del Lazio è stato oggetto di proposte di modifiche – e di forti contestazioni – ancora prima della sua approvazione: anche l’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) già nella fase di disamina della proposta di legge in Commissione Urbanistica, aveva esplicitato forti perplessità, e ancora mesi dopo l’approvazione definitiva aveva avanzato critiche e proposte correttive proprio per le sue sciagurate ricadute sui tessuti storici della città [8]. E molte proposte per la tutela della città storica sono state avanzate – da anni ! – da urbanisti e esponenti del mondo culturale [9] , da associazioni ambientaliste – tra le quali Carteinregola – e il tema è stato rilanciato periodicamente da molte testate giornalistiche. Ma fino a oggi nulla è cambiato. Il Comune di Roma non ha mai rimesso mano al Piano Regolatore Generale del 2008 per cancellare la demolizione e ricostruzione con aumento di cubatura dagli interventi ammessi nelle citate zone omogenee A. E la Regione Lazio, – nel silenzio di Comune e Ministero dei Beni culturali – ha continuato ad escludere il centro storico di Roma dal Piano Territoriale Paesaggistico Regionale – approvato nell’agosto 2019 e definitivamente vigente dal 20 febbraio 2020 –, quindi anche l’obbligo di autorizzazione paesaggistica e le altre prescrizioni previste per gli altri centri storici del Lazio [10].
Cosa si intende per città storica?
Ma va chiarito quale sia esattamente la città storica, dove l’emendamento al Dl semplificazione impedisce ai privati di abbattere e ricostruire villini e palazzine al di fuori di una guida pubblica, che, è stato detto “si estende dal centro a in alcuni casi fino a oltre il raccordo anulare”, che i tessuti storici che si intendono tutelare sono concentrati nel I e II Municipio (centro storico e tessuti otto -novecenteschi) più alcune aree limitate nel resto della città – fondamentalmente EUR, Garbatella e Città giardino – e, oltre il Grande Raccordo Anulare, si trovano solo alcuni insediamenti storici limitati.
Questo è l’elaborato D6 dal PRG con la città storica (in rosa) [11]
Un mondo alla rovescia
Basta osservare attentamente la mappa sottostante e sovrapporla idealmente ad alcune mappe di #mapparoma, come quella “Offerta pubblica e privata nei quartieri: asili, cultura, negozi e piazze”, per vedere l’effetto positivo/negativo tra zone omogenee storiche centrali – ricche di spazi e servizi – e il resto della città, sempre più deprivato man mano che ci si allontana dal centro, per capire che incentivare la rigenerazione urbana – ma anche la sostituzione edilizia – nella città storica è un paradosso.
#mapparoma9 – Offerta pubblica e privata nei quartieri: asili, cultura, negozi e piazze
La proposta di Carteinregola a Comune e Regione
A controprova, e per trasparenza, chiediamo la pubblicazione di tutti gli interventi eseguiti a Roma dal 2012 a oggi in base al “Piano casa” (legge LR 21/2009 – scaduta il 31 maggio 2017 ) e alla legge regionale della Rigenerazione urbana – divisi per articoli collegati alle diverse tipologie di intervento e georeferenziati – in una sezione del sito Regionale e Comunale, per permettere anche ai cittadini di monitorare le “trasformazioni urbane” e valutare la qualità e l’efficacia delle iniziative di Regione e Comune. Soprattutto verificare se alle dichiarazioni d’intenti seguono fatti che vanno nella stessa direzione, e nella direzione dell’interesse pubblico. E naturalmente, come sollecitiamo fin dal 2017, chiediamo la soppressione o la consistente modifica dell’art. 6 della Legge 7/2017.
Postilla (dopo il dibattito)
Nel suo intervento a conclusione dell’incontro, l’Assessore Valeriani, rispondendo a queste e ad altre argomentate richieste sul tema, ha detto che a Roma i progetti di interventi di “rigenerazione” ai sensi della LR 7/2017 sono 48. Vorremmo sapere quanti di questi scaturiscono dalle possibilità offerte dall’art. 6 e dove sono atterrati. In ogni caso l’assessore si è detto disponibile a rimettere in discussione l’art. 6, e anche a comprendere nel Piano Territoriale Paesaggistico regionale (PTPR) il centro storico – città storica? – di Roma. Esclusione dal Piano che viene da lontano, e oggetto di un emendamento al PTPR proposto da Carteinregola e altri portato in Consiglio regionale nell’agosto 2019 da alcuni consiglieri di varie appartenenze, e infine bocciato dal maxiemendamento dello stesso Valeriani [12].
Certo è un po’ facile fare marcia indietro, adesso che una legge nazionale (il DL semplificazioni) ha messo paletti consistenti. Ma siccome c’è sempre il rischio che nuovi emendamenti, infilati in provvedimenti futuri, annullino o ridimensionino quanto inserito – ci risulta con grande fatica – nel DL semplificazioni , aspettiamo fiduciosi degli atti concreti da parte della Regione Lazio. E anche da parte del Comune di Roma, dato che l’Assessore Montuori, sempre in risposta alle nostre obiezioni sul rischio demolizioni nella città storica, ha escluso la possibilità di una tutela diretta dei tessuti storici tramite modifiche al PRG, e ha ancora tirato in ballo il famoso “tavolo” “salva villini” [13], che ci risulta che in quasi due anni, abbia posto dei vincoli su pochi isolati nel quartiere Trieste. Eppure basterebbe – almeno così ha sostenuto l’Assessore Valeriani – che il Comune facesse (avesse fatto) dei passi ufficiali – per iscritto – per chiedere alla Regione di inserire la tutela della Città storica nel PTPR. Sembra semplice, ma da anni assitiamo a palleggi tra enti, specie se di colore diverso, e siamo sempre al punto di partenza.
(AMBM)
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
19 settembre 2020
L’INTERVENTO DELL’ASSESSORE ALL’URBANISTICA COMUNALE LUCA MONTUORI
[2]Art. 1(Finalità e ambito di applicazione) della Legge Regionale del Lazio 7/2017
(…) promuovere, incentivare e realizzare, al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini, la rigenerazione urbana intesa in senso ampio e integrato comprendente, quindi, aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, anche per promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociali ed economici, favorendo forme di co- housing per la condivisione di spazi ed attività.
(…) incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, favorire il recupero delle periferie, accompagnare i fenomeni legati alla diffusione di piccole attività commerciali, anche dedicate alla vendita dei prodotti provenienti dalla filiera corta, promuovere e agevolare la riqualificazione delle aree urbane degradate e delle aree produttive, limitatamente a quanto previsto dall’articolo 4, con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di complessi edilizi e di edifici in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare
…) qualificare la città esistente, limitare il consumo di suolo, aumentare le dotazioni territoriali mediante l’incremento di aree pubbliche o la realizzazione di nuove opere pubbliche ovvero il potenziamento di quelle esistenti, favorire la mobilità sostenibile, in particolare potenziando la mobilità su ferro;
[3] In un articolo su La Repubblica del 6 settembre 2020, intitolato Dl semplificazioni, ecco perché complica la transizione all’economia verde, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, rispettivamente ex presidente e membro del direttivo di Legambiente,entrambi ex senatori PD, oltre a lamentare le mancate misure del DL semplificazioni in materia di energia rinnovabile, chiariscono meglio la posizione dell’associazione ambientalista riguardoalle modifiche introdotte al Senato riguardanti la “rigenerazione urbana”, già oggetto di un comunicato congiunto di qualche giorno fa di Legambiente e ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) : “Le città italiane vanno “rigenerate” – scrivono ” per fare questo occorre rendere più semplice sul piano burocratico e autorizzativo l’opera di sostituzione edilizia [cioè demolizione e ricostruzione NDR] del tanto che va rifatto da zero e la riqualificazione delle innumerevoli aree degradate”. E su questo non possiamo che essere d’accordo.Ma, aggiungono, per effetto degli emendamenti citati, “la semplificazione esclude tutta la cosiddetta “città consolidata”: che non vuol dire soltanto i centri storici, ma anche buona parte delle città novecentesca. A Roma, per dire, l’area dove non varranno le semplificazioni si estende in alcuni casi fino a oltre il raccordo anulare!”. Legambiente continua quindi a voler ignorare ciò che è assai chiaro negli emendamenti contestati – e ripetuto più volte in questo articolo – , cioè che gli emendamenti non escludono affatto la rigenerazione urbana dalla città consolidata, nè le sostituzioni edilizie, ma le subordinano alla guida pubblica anzichè lasciare che – come accade oggi – sia affidata all’iniziativa dei privati che, grazie ai premi di cubatura, continuano a rivolgersi, per tali interventi, a molti tessuti storici che non sono certo da “rigenerare”. Concludono gli autori invocando”una svolta “green” nelle politiche economiche, energetiche, infrastrutturali, urbane, con una vera, concreta semplificazione normativa” , ribadendo lo “sconcerto per il fatto innegabile che questo decreto segna un punto a favore dei “complicatori” contro i “semplificatori“.
[4]Art. 10 Semplificazioni e altre misure in materia edilizia
Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonche’ di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
«a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter è sostituito dal seguente:
“1 ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela.”»;
2) al comma 1, lettera b), sostituire il numero 2) con il seguente:
«2) alla lettera d), il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: “Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.“»;
3) al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente: «d) all’articolo 9-bis:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: “Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili.”;
2) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: “1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.”;
4) al comma 1, lettera f), sostituire il numero 1) con il seguente:
“1) il comma 1-bis è sostituito dal seguente: “1-bis. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia, la richiesta di permesso di costruire in deroga è ammessa previa deliberazione del consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico limitatamente alle finalità di rigenerazione urbana, di contenimento del consumo del suolo, al recupero sociale e urbano dell’insediamento, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto–legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.”;
5) al comma 5,
Non e’ subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21, 106, comma 2-bis, e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la posa in opera di elementi o strutture amovibili sulle aree di cui all’articolo 10, comma 4, lettera g), del medesimo Codice, fatta eccezione per le pubbliche piazze, le vie o gli spazi aperti urbani adiacenti a siti archeologici o ad altri beni di particolare valorestorico o artistico.
5) al comma 5, aggiungere, in fine, il seguente periodo: “Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono definite le modalità di attuazione del presente comma.”
[6]Legge Regionale 18 luglio 2017, n. 7Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero ediliziocon i passaggi collegati della circolare esplicativaDeliberazione 19 dicembre 2017, n. 867 Approvazione circolare esplicativa: “Indirizzi e direttive per l’applicazione delle “Disposizioni per la rigenerazione urbana ed il recupero edilizio” di cui alla legge regionale 18 luglio 2017, n. 7″e note con le principali fonti e passaggi normativi citati dalla Legge e dalla circolare a cura di Carteinregola scarica legge rigenerazione urbana + circolare Regione Lazio con riferimenti
[7]
L’art. 6 della Legge regionale del Lazio 7/2017
Cosa dice
Art.6 – Interventi diretti*
Per le finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.
Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1, oltre al mantenimento della destinazione d’uso in essere, sono altresì consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti indipendentemente dalle modalità di attuazione dirette o indirette e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001.
(…)
Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR**.
Le tipologie di intervento previste dal Piano Regolatore possono essere di due tipi: ad attuazione diretta e ad attuazione indiretta.
Nel primo caso, l’attuazione diretta, chi vanta diritti su una certa area può procedere all’edificazione o alla riqualificazione dopo aver completato la sola istruttoria amministrativa prevista dalla legge presso il settore edilizia privata del Comune: permesso di costruire, dichiarazione di inizio attività (eccetera specificare). Se il progetto rispetta le norme, l’atto è dovuto.
Nel secondo caso, l’attuazione indiretta, è necessario che il privato presenti un piano particolareggiato rispetto al disegno urbanistico connesso al suo intervento, detto Piano attuativo comunale (Pac). L’attuazione indiretta riguarda soprattutto le aree della città rispetto alle quali il Piano regolatore preveda vincoli essenziali per la pianificazione del territorio, subordinando i diritti del privato all’interesse della collettività.
(**) La città storica di Roma, compreso il centro storico all’interno delle mura, non è normata dal PTPR defintivamente approvato nell’agosto 2019 e entrato in vigore il 20 febbraio 2020; sono quindi tutelati solo gli edifici puntualmente vincolati.
[8] Cosa diceva l’INU nel marzo 2018 (*)
(…) [La LR 7/2017] può avere un impatto negativo su quei tessuti storici realizzati a Roma a partire dall’Unità d’Italia e soprattutto in attuazione del Piano Nathan- Sanjust del 1909. In particolare i villini della prima metà del secolo scorso, spesso associati alla proprietà unica dell’immobile, sono inseriti in ambiti di grande valore storico, ambientale e di paesaggio urbano, quindi anche immobiliare. Tale valore è in gran parte determinato dalla tipologia prevista dal Piano del 1909, in base alla quale solo 1⁄4 del lotto poteva essere edificato ed i 3⁄4 andavano sistemati a verde; ciò ha contribuito alla qualità estetica e ambientale dei tessuti a “villini”, nei quali il verde privato, con alberature che si affacciano sui marciapiedi, rende gradevole e più salubre l’ambiente circostante. Queste condizioni di contesto rendono finanziariamente appetibili le operazioni di integrale sostituzione edilizia con ampliamenti che però snaturano la qualità dei tessuti in cui sono inseriti. Basti ricordare in proposito gli effetti negativi provocati dalla autorizzazione (Regolamento edilizio del 1920) a costruire palazzine nei lotti destinati a villini e poi, negli anni ’50 e ’60, la diffusa sostituzione con tipologie a palazzina dei villini di Città Giardino a Monte Sacro. Oggi questo fenomeno molto dannoso per la qualità urbana si potrebbe riprodurre nei quartieri Trieste, Salario, Nomentano, San Lorenzo, Garbatella, Monteverde vecchio, Prati, Delle Vittorie e nella stessa Città Giardino.”
Per l’INU i tessuti a cui applicare la tutela dovrebbero essere “ i tessuti urbani a villini della Città storica, classificati come T5 e dettagliatamente individuati nelle planimetrie del PRG vigente. A questi andrebbero aggiunti anche altri tipi di tessuti, in particolare quelli T4, T7 e T10, all’interno dei quali possono ricadere edifici e giardini cui applicare la tutela1.
L’INU avanzava proposte a Regione e Comune:
–Alla Regione Lazio delle Modifiche al campo di applicazione della LR 7/2017
(…)Gli insediamenti urbani storici richiamati dalla legge sono però quelli delimitati dal Piano Territoriale Paesistico Regionale adottato (PTPR): nel caso di Roma l’insediamento storico coincide con la città interna alle mura aureliane, cioè una porzione urbana molto ridotta rispetto alla “Città storica delimitata dal PRG vigente” [tuttavia neanche il centro storico è sottoposto al PTPR]. La differenza tra i due perimetri (1.400 ettari circa all’interno delle mura, 4.982 ettari la Città storica del PRG) consiste principalmente nella città edificata tra la fine dell’ottocento ed il primo novecento, ove si collocano appunto i tessuti a villini”. E concludeva: “…Occorre dunque una modifica della LR 7/2017 che, per gli interventi diretti di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione con ampliamento (fino al 20%) previsti all’art. 6 della legge, estenda l’esclusione anche alle “zone omogenee A individuate dai PRG approvati, o a loro parti da definirsi con deliberazione di consiglio comunale, purché più ampie di quelle definite dal PTPR”.
E concludeva “…Questa esclusione è necessaria perché, mentre nei precedenti articoli della LR [5] (…) gli interventi devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti), nel caso degli interventi diretti previsti all’art. 6 l’attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare”.
Al Comune di Roma – Esclusione dalla applicazione della LR 7/2017 dei tessuti a villini di Roma e riduzione delle utilità private negli ampliamenti e nei cambi di destinazione d’uso
(…) Con una deliberazione autonoma, motivata in base alla rilevanza culturale, architettonica ed ambientale di tali tessuti, cui andrebbero eventualmente aggiunti, previa dettagliata verifica sul campo, anche quelli classificati T7 e T10, il Comune di Roma dovrebbe escludere l’applicazione ad essi delle norme della LR 7/2017, ed in particolare di quelle del citato art. 6. In effetti, poiché il Comune deve considerarsi unico soggetto competente in materia urbanistica a definire le cosiddette “zone A” di cui al D.M. n. 1444/1968, esso può ben deliberare di escludere l’applicazione dell’art. 6 della LR anche oltre gli stretti perimetri degli insediamenti storici come definiti dal PTPR2″.
…”Questa esclusione è necessaria perché, mentre nei precedenti articoli della LR – art. 2 (programmi di rigenerazione urbana), art. 3 (ambiti di riqualificazione e recupero edilizio), art. 4 (cambio di destinazioni d’uso) e art. 5 (miglioramento sismico ed efficientamento energetico) – gli interventi devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti), nel caso degli interventi diretti previsti all’art. 6 l’attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare”
[11]Aree omogenee A Le zone territoriali omogenee in Italia sono le zone in cui viene diviso un territorio comunale, nell’ambito della cosiddetta zonizzazione. Ogni zona presenta dei limiti diversi che vincolano ogni tipo di intervento in tale area. Vennero formalmente introdotte dall’art. 17 legge 6 agosto 1967 n. 765 e ulteriormente disciplinate dall’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Le zone sono vincolate dai piani regolatori generali di ciascun comune, dagli standard urbanistici definiti nel decreto ministeriale del 1968, e da vincoli di tipo “ricognitivo”, “conformativo” e “urbanistico”.
(da PRG di Roma) scarica prg_nta Art.107. Zone territoriali omogenee comma 1. Con riferimento alle zone territoriali omogenee di cui al DM n. 1444/1968, le componenti del presente PRG sono così classificate:
a) sono classificate come zona territoriale omogenea A: le componenti della Città storica, salvo gli Ambiti di valorizzazione;
(da PRG di Roma) (pag. 29 e seguenti fino a pag. 43)
Art.24. Norme generali
Per Città storica si intende l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell’impianto urbano e di quelli tipomorfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferi- mento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate.
All’interno della Città storica, gli interventi edilizi e urbanistici, nonché le iniziative di promozione sociale ed economica, sono finalizzati alla conservazione e valorizzazione delle qualità esi- stenti, nel rispetto delle peculiarità di ciascuna delle componenti insediative, e sono volti al perseguimento dei seguenti obiettivi:
a) la conservazione dei tessuti edilizi esistenti e degli specifici e stratificati caratteri storico-morfologici, anche attraverso l’e- liminazione delle superfetazioni;
b) la preservazione della destinazione residenziale prevalente, nonché del tessuto commerciale e artigianale che riveste un valore storico-artistico e di identità sociale e culturale;
c) l’integrazione delle attrezzature e dei servizi mancanti per il consolidamento della funzione residenziale e lo svolgimen- to delle altre funzioni compatibili;
d) il trasferimento delle sedi direzionali, al fine di ridurre il carico urbanistico dei Tessuti più centrali e favorire la distri- buzione policentrica di tali funzioni;
e) il restauro dei complessi e degli edifici speciali con la con- ferma, la riscoperta e la valorizzazione del loro ruolo stori- co-morfologico, funzionale e simbolico nella struttura urbana;
f) la tutela e valorizzazione dei beni di archeologia antica e medievale, siano essi parti strutturali, tecnologiche o decora- tive inglobate in costruzioni di epoca successiva ovvero orga- nismi edilizi autonomi (torri, oratori, fortificazioni, ecc.);
g) la manutenzione e il recupero degli spazi aperti esterni (strade, piazze, parchi e giardini) e interni (corti, orti e giardini), come componenti strutturanti dei diversi impianti insediativi;
h) la riqualificazione degli edifici e delle aree degradate, anche attraverso interventi di demolizione con o senza ricostruzio- ne, e ridisegno degli spazi aperti.
La Città storica si articola nelle seguenti componenti:
a) Tessuti;
b) Edifici e complessi speciali;
c) Spazi aperti;
d) Ambiti di valorizzazione.
Tali componenti sono individuate nell’elaborato 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:10.000, e, relativamente alla parte centrale della Città, nell’elaborato 2.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:5.000. Concorrono all’articolazione della Città storica, gli Ambiti di programmazione strategica di cui all’art. 64, che associano più componenti anche esterne alla Città storica.(leggi le pagine seguenti fino a pag. 43 scarica prg_nta Città storica)
La proposta di emendamento sul centro storico-città storica di Carteinregola viene presentata (con diversa formulazione) da alcuni consiglieri di maggioranza (Paolo Ciani del Centro Solidale – Demo. S, Marta Bonafoni della Lista civica Zingaretti , Alessandro Capriccioli di + Europa Radicali, MartaLeonori del Pd) e dal M5S (Marco Cacciatore).
[13] Il 16 gennaio 2019 conferenza stampa indetta dal Ministero per i Beni e le attività culturali Soprintendenza speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio Strategie di salvaguardia del Paesaggio urbano. La proposta della Soprintendenza per il Tavolo per la salvaguardia, istituito con l’Assessorato all’Urbanistica di Roma Capitale, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e la Regione Lazio, è “una nuova tipologia di vincolo per armonizzare le trasformazioni urbane, lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’identità culturale dei quartieri storici di Roma“. La novità “risiede nella natura strategica del vincolo, di medio e lungo periodo: governare e non bloccare le trasformazioni, attraverso una tutela graduata, rispetti le caratteristiche storiche e tipologiche dei quartieri della città“.https://www.carteinregola.it/index.php/63306/