Roma Città Metropolitana, è tempo di cambiare
Autore : Redazione
Rilanciamo un articolo in cui Walter Tocci, senatore PD, già vicesindaco e a ssessore alla mobilità ai tempi della giunta Rutelli, nonchè autore del libro «Roma. Non si piange su una città coloniale – Note sulla politica romana» (edizioni Goware) spiega che è necessario azzerare la corrosa e obsoleta macchina amministrativa capitolina, sostituendo il Comune, con una “Regione Capitale” con poteri legislativi sul modello di Washington Dc e il land di Berlino. Operare quindi una semplificazione dell’attuale quadro istituzionale, portandolo dai 4 livelli attuali (Regione Lazio, Area Metropolitana, Comune di Roma, Municipi) a 2 livelli (Regione Capitale, comuni metropolitani) trasformando anche gli attuali 15 municipi in comuni autonomi, inseriti, con gli altri comuni della ex provincia di Roma, in una Ragione Capitale che ha poteri legislativi e di coordinamento degni di un complesso tessuto metropolitano.
Una proposta che andrebbe valutata rapidamente, visto che alle prossime elezioni romane si dovrebbe eleggere anche il Sindaco e il consiglio della città metropolitana, sempre che il Governo vari la legge necessaria (AMBM)
Il libro Roma. Non si piange su una città coloniale – Note sulla politica romana» (edizioni Goware) è on line: SCARICA IL LIBRO (DA DINAMOPRESS) https://drive.google.com/file/d/0BxkCNytKMnQXTjFwVzQ1MUJVdkk/view
Corriere della sera 9 novembre Campidoglio, proposta di Tocci: «Aboliamo il Comune, Roma deve diventare Regione» Il senatore del Pd, già vicesindaco ai tempi della giunta Rutelli, suggerisce di azzerare la «vecchia e corrosa macchina capitolina» sostituendola con il modello di Washington Dc e del land di Berlino di Dino Martirano
Dopo la defenestrazione di Ignazio Marino, alcuni commissari del Pd sguinzagliati dal presidente Matteo Orfini per sorvegliare le sezioni romane del partito hanno ripreso in mano un agile volumetto che, giorno dopo giorno, sta diventando una sorta di Bibbia anche nel perimetro renziano. Quel prezioso libretto s’intitola «Roma. Non si piange su una città coloniale – Note sulla politica romana» (edizioni Goware) ed è frutto del sudore e dell’esperienza accumulata da Walter Tocci, già vice sindaco ed assessore alla Mobilità della giunta Rutelli, oggi catalogato come «gufo-frenatore» perché al Senato si è messo di traverso votando contro al riforma costituzionale del bicameralismo firmata dal premier Renzi e dal ministro Boschi. Nonostante questo, però, Tocci e suoi saperi su Roma sono citati da tutti nel Pd ora il partito ha una strada tutta in salita da percorrere, a Roma.
In calce a quelle 98 pagine di analisi del disastro Campidoglio – del baratro creato dal «Patto della Pajata» Bossi-Alemanno-Polverini al deficit cronico di credibilità in cui è piombato il Pd romano fino all’abisso di Mafia Capitale – Tocci avanza una «proposta pazzesca»: «C’è bisogno di una scossa. Bisogna prendere il toro per le corna, eliminando il vecchio Comune di Roma e azzerando la corrosa e obsoleta macchina amministrativa capitolina». Via il Comune, dunque, che in un tempo ragionevole dovrà essere sostituito dalla Regione Capitale con poteri legislativi sul modello di Washington Dc e il land di Berlino. In pratica Tocci – che in tutti questi anni ha continuato, da solo, a battere assemblee serali nei quartieri e nelle municipalizzate – propone di semplificare l’attuale quadro istituzionale. Al punto che da 4 livelli attuali (Regione Lazio, Area Metropolitana, Comune di Roma, Municipi) si passi a 2 livelli (Regione Capitale, comuni metropolitani). Insomma, anche gli attuali 15 municipi dovrebbero diventare comuni autonomi veri e propri inseriti (con gli altri comuni della ex provincia di Roma) in una Ragione Capitale che ha poteri legislativi e di coordinamento degni di un complesso tessuto metropolitano.
E la Regione Lazio? Dissolta: Viterbo andrebbe con la Toscana, Rieti con l’Abruzzo (o con ciò che reterà dell’Abruzzo), Latina e Frosinone con la Grande Campania. Il cuore del Lazio (l’attuale provincia di Roma più o meno allargata) andrebbe dunque a costituire la regione Capitale che anche il candidato civico per il Campidoglio oggetto di lusinghe, a destra e a sinistra, Alfio Marchini, ha evocato nella sua intervista al Corriere di Ernesto Menicucci. Per comprendere quali sarebbero i vantaggi immediati di una tale semplificazione istituzionale, Tocci accende un faro sull’anomalia delle municipalizzate: oggi, infatti, il Comune di Roma è allo stesso tempo «proprietario» e «cliente» delle società che erogano servizi (trasporti, acqua, luce, raccolta rifiuti, etc) con un evidente e permanente conflitto di interessi.
Scrive dunque il senatore Dem: «Se il Comune penalizza Ama o Atac per le carenze del servizio, finisce per creare un debito che poi si carica sul bilancio; oppure se aumentano gli investimenti per la qualità del servizio, diminuiscono i dividendi per l’azionista (cioè lo stesso Comune)». Invece nel nuovo assetto, «i comuni (sia quelli dell’hinterland sia gli ex municipi) diventano titolari del contratto di servizio e del relativo finanziamento. Pagano l’Atac e l’Ama solo se l’autobus rispetta le frequenze stabilite e la pulizia della strada è davvero effettuata perché i comuni rappresentano le prerogative dei cittadini e non gli interessi degli azionisti». Dall’albero genealogico del Pd, Walter Tocci salva solo Marco Causi (il vicesindaco dimissionario mandato al capezzale di Marino): «L’unico che a suo tempo si oppose al penoso “patto della pajata” che il sindaco Alemanno celebrò con Bossi e la Polverini in una ridicola performance culinaria davanti a Montecitorio.
Decisero di modificare il contributo dello Stato cancellando la voce investimenti prevista dalla legge 396e stornando tutti gli investimenti per la spesa corrente. Dunque, mentre Milano otteneva i fondi per la quinta linea della Metro e Napoli realizzava la più potente cura del ferro italiana, a Roma si diceva che lo Stato non aveva più le risorse per i tram mentre Alemanno “sperperava i soldi nelle varie parentopoli”». Sui tempi dell’azzeramento del Campidoglio, Tocci non si fa illusioni. Lui, al Senato, ci ha provato con il collega Raffaele Ranucci a dare il primo colpo. Ma l’emendamento che prevede la riduzione delle regioni da 20 a 12 (la 12a sarebbe la Regione Capitale) e’ stato neutralizzato dal governo (i senatori delle piccole regioni erano già in rivolta) che lo ha praticamente espunto dalla riforma del bicameralismo. Così per la prossima riforma costituzionale che riduce il numero delle regioni se ne riparla, nel migliore dei casi, a fine 2016. Quando il Campidoglio avrà, presumibilmente, un sindaco nuovo. Vecchi invece saranno gli attrezzi del mestiere del primo cittadino per affrontare la quotidiana emergenza Capitale.
9 novembre 2015 | 08:12