Una piccola storia animalista, che però deve essere raccontata (sperando che abbia un lieto fine)
Autore : Redazione
di Anna Maria Bianchi Missaglia*
A Roma, in alcune ex stalle abbandonate da tempo in un parco regionale, la signora Paola ha cominciato a portare animali che rischiavano di essere abbattuti e a prendersene cura, insieme a un numero crescente di volontari. Ragazzi e ragazze che sanno chiamare ogni ospite per nome e che hanno instaurato un rapporto che solo chi ha voluto bene a un cane, a un gatto, a un cavallo può comprendere fino in fondo. Ma non stiamo parlando di cani, di gatti, di cavalli. E il seguito di questa storia potrà far sorridere o anche infastidire chi non ha mai provato quella magica empatia che riesce talvolta a scavalcare la distanza che ci separa dalle altre creature, e a farci sentire responsabili della loro salvezza e del loro benessere.
Parliamo di maiali, e in parte di cinghiali. Di 100 tra maiali e cinghiali. Creature particolarmente invise nella Capitale, soprattutto adesso che la peste suina ha generato, giustamente, allarme sociale. Ma in generale, come tutti gli animali che fanno parte della nostra catena alimentare, preferiamo non pensare alla loro esistenza prima dell’ approdo negli scaffali dei supermercati, e riservare il nostro affetto ai cosiddetti “animali da compagnia”. Eppure molti animali “da produzione” non sono meno “intelligenti” e comunicativi di quelli che vivono nei nostri appartamenti. Soprattutto i suini. Ed esiste chi da tempo, all’estero e anche in Italia, ha creato dei rifugi per questo tipo di animali maltrattati, maiali, capre, oche, mucche, conigli ecc, i “Santuari per animali domestici”, che – a differenza di altri Paesi – in Italia non hanno riconoscimento giuridico e sono equiparati agli allevamenti, anche se hanno finalità del tutto diverse (in calce qualche link di esperienze italiane). Non esistono infatti norme specifiche per gli animali cosiddetti “da reddito” che sono ospitati nei santuari nel rispetto delle loro esigenze, senza finalità riproduttive e/o commerciali di alcun tipo.
A questo si è aggiunto, per la Signora Paola, una denuncia per aver salvato dei cinghiali a spasso per la città, poi la Regione le ha intimato di lasciare il casale e, in questi ultimi giorni, le è stato preannunciato l’abbattimento dei suoi animali con la motivazione della peste suina, nonostante la relativa ordinanza (numero 1 del 2022) preveda la regolarizzazione (1) a qualsiasi titolo di cinghiali e maiali non DPA – Non destinati alla produzione di alimenti – , e nonostante che gli animali siano regolarmente censiti dal 31 marzo 2022 presso la Asl RM1 come animali non a scopo alimentare, che siano tutti microchippati tramite transponder, e che vivano all’interno di una spazio recintato che impedisce contatti con altri animali all’esterno. Una situazione che potrebbe essere una soluzione – a rifugio regolarizzato e con il sostegno necessario – per il traferimento dei cinghiali che scorrazzano nella Capitale, che oggi, se non vengono abbattutti sul posto, vengono comunque uccisi o ancora peggio, dato che possono essere destinati agli allevamenti di cani da caccia come prede per l’addestramento.
Stiamo tutti vivendo un momento terribile, non riusciamo a uscire dalla pandemia, c’è una guerra in Europa con vittime e profughi, in autunno ci aspetta una crisi economica molto grave, si rischia pure la crisi di Governo. Però se questa vicenda trovasse un lieto fine non cambierebbe molto nella nostra vita, ma sarebbe una seppure microscopica finestra che dà luce alla nostra umanità.
Leggere queste righe e rilanciarle perchè le istituzioni – in primis Regione Lazio e ASL – non cancellino questa realtà nel silenzio e nell’indifferenza potrebbe dare una chance alla signora Paola e ai suoi volontari. E a quelle cento creature che hanno avuto la sfortuna di nascere maiali anzichè cani, gatti, cavalli.
Chi fosse interessato può sottoscrivere la petizione Salviamo gli animali de La Sfattoria Degli Ultimi dall’abbattimentoa questo indirizzo