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Voci contro l’Autonomia differenziata: Dianella Pez

Voci contro l’Autonomia differenziata: GIU’ AL NORD – DIANELLA PEZ del Comitato Friuli Venezia Giulia per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti – con Pietro Spirito, economista dei trasporti e Antonella Fabbricatore, direttore Terra Mia di Napoli, e Anna Maria Bianchi Missaglia (intervista registrata il 5 febbraio 2024)

Anna Maria Bianchi questa sera parliamo di nord e di sud. Sappiam che l’autonomia regionale differenziata non è solo una secessione  dei “ricchi” del nord rispetto ai “poveri” del sud,  però è sicuramente uno degli elementi che in qualche modo la condizionano e la caratterizzano. Ne parliamo con  Dianella  Pez dei Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata per l’uguaglianza dei diritti e l’unità Repubblica del Friuli Venezia Giulia,  insieme a   Antonella Fabbricatore, direttore della testata web Terramia di Napoli e Pietro Spirito

Pietro Spirito  Innanzitutto vorrei dare la parola ad Antonella Fabbricatore, così ci racconta cos’è il giornale in line Terra Mia, che tra le due attività hs decidivfi intraprendere una campagna di informazione sulla autonomia differenziata.

Antonella Fabbricatore Buonasera a tutti.  Terra Mia è un giornale socioculturale che esiste da oltre dieci anni. Esisteva in forma cartacea, ma per la crisi  ha traslocato  sul web, con un sito e poi con una pagina un blog sui social molto seguita.

Stiamo sensibilizzando da tempo la pubblica opinione anche sul tema delle autonomia differenziata. Di  recente abbiamo ospitato per discuterne Pietro Spirito, Paolo Siani, Luciano Scateni. Cerchiamo di informare le persone su  questa proposta scellerata che necessariamente va fermata perché sarà davvero la rovina del sud, lo svuoterà o comunque lo impoverirà ancora di più. Grazie perché averci ospitato e grazie per darmi la possibilità anche di dare quests occasione ai nostri lettori attraverso questo appuntamento di Carteinregola.

Pietro Spirito  Dianella,  voglio cominciare con un parallelo. Quando ci fu il referendum tra Repubblica e Monarchia,  Pietro Nenni disse che soffiava il vento del nord ed effettivamente il vento del nord determinò come esito la vittoria delle Repubblica, perché come è noto al sud la monarchia vinse. Ora che vento soffia al nord? Che tipo di vento c’è?

 Dianella Pez Al nord soffiano più venti contrastanti. Dal punto di vista dell’autonomia differenziata, c’è un vento identitario, che preme sull’idea dell’avere per sé, sul cosiddetto “portarsi a casa”, sul relazionarsi di preferenza con le aree del nord confinanti con l’Italia ritenute più affini piuttosto che col sud del paese. Sono venti che premono verso la disgregazione del Paese come conseguenza del desiderio di staccarsi dal centro nella convinzione che da soli “si faccia meglio”. Ci sono nel contempo venti che fanno propria una visione che chiamerei morale, prepolitica. Non è soltanto la ricaduta dell’autonomia differenziata sullo stesso nord a fare da movente ma l’idea di responsabilità collettiva nutrita dall’obbligo di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Un vento che parla di una nuova questione morale capace di rompere con l’egoismo espresso anche da membri di partiti di centrosinistra che guardano soltanto al puro interesse regionale, incapaci di ascoltare con l’orecchio della solidarietà. Si guarda alla Regione come fosse un soggetto depositario di diritti mentre lo sono i cittadini e le cittadine. Soffia quindi da un lato un pessimo vento legato al desiderio di potere, a volte di dominio, rappresentato da una prassi politica che ha questo obiettivo anche personale, quasi la politica fosse un’agenzia di collocamento per il suo raggiungimento. È un vento molto forte, che a volte soffia con violenza. A lui si contrappone tuttavia una aspirazione diversa, quell’aspirazione sociale propria della sinistra del “soli non si va da nessuna parte”: i diritti, se sono, sono per tutti e tutte.  Questi due venti vivono contemporaneamente nella nostra atmosfera, nel nostro clima complessivo politico e civile.

Pietro Spirito Vorrei farti notare, Dianella, che in realtà questo vento della solidarietà si scontra con i particolarismi, cioè con tante piccole bandiere  identitarie che fanno fatica a mettersi assieme. Ora è evidente che questa battaglia si potrà vincere solo con una granitica  unità. E anzi allargando l’orizzonte, perché se prendiamo i numeri della rappresentanza parlamentare ovviamente il centrodestra è in largo vantaggio, e forse è ancora in vantaggio anche nel Paese. E se si arrivasse al referendum non è detto che vincerebbero le ragioni della solidarietà. Come si può costruire questo tipo di alleanza? Superando anche qui le piccole patrie della solidarietà di cortile?

Dianella Pez C’è uno schieramento, non ancora un blocco sociale vero e proprio, con la sinistra al centro. Ci sono le associazioni, i sindacati. Le pecche dell’autonomia differenziata sono state rilevate come noto da Confindustria, Bankitalia, dalla CEI. Vari soggetti si sono pronunciati sulle falle economiche, a volte in modo molto netto e pesante. Le alleanze sono sempre difficili: ci sarà un’alleanza vera e propria quando si riuscirà a far immaginare, perché secondo me in immaginazione siamo carenti, a far immaginare che cosa accadrà in concreto con l’autonomia differenziata, con questa bandierina che verrà a essere piantata proprio nei corpi delle persone. La grande alleanza che si vorrebbe esisterà quando le piazze cominceranno a riempirsi, quando non si delegherà esclusivamente alle istituzioni che ci rappresentano, Parlamento in primis, il compito di agire. Le piazze uniscono. Non sono le identità ad unire, perché le identità che uniscono lo fanno esclusivamente nella terra dove vivono, e lo fanno esclusivamente parlando alla pancia delle persone. Alleanza ci sarà solo nelle piazze, se le piazze saranno presenti con continuità, se nelle piazze le persone ci saranno perché riusciranno ad immaginare le conseguenze dell’autonomia differenziata sulla base di ciò che già vivono. Parliamo ad esempio di sanità. La sanità è disastrata anche qui in Friuli Venezia Giulia, le persone lo sanno, lo vivono. Riescono ad immaginare che cosa succederebbe se, con un infarto, l’ambulanza chiedesse l’assicurazione prima di prelevare il paziente. Non sei assicurato, muori pure. Si riuscisse a immaginare quel che può colpire tutti, in campo sanitario come in campo lavorativo. Le abbiamo ben presenti, ci colpiscono, quelle situazioni drammatiche che sono le morti per lavoro, soprattutto se a morire è un ragazzo, magari in alternanza scuola lavoro, come successo qui in Friuli Venezia Giulia e nel vicino Veneto. Abbiamo sentito le voci delle madri. Allora immaginiamo cosa succederà quando tutela e sicurezza sul lavoro verranno regionalizzate, legate perciò alle decisioni del potere politico regionale, con la conseguenza di una concorrenza al ribasso che genererà ancor più morti. Le persone lo possono capire, riescono a mettersi nei panni di quei ragazzi, di quelle madri. Riescono a capirne il pianto. E la scuola cosa diventerà? Serva del potere politico che potrà esercitare il proprio controllo e gestire il consenso. Quando insegnavo matematica, alla domanda ma prof questo a che serve, rispondevo a volte che non serve a niente, perché la matematica non è serva di nessuno: questo vale anche per la scuola, fondata sulla libertà dell’insegnamento e maestra di pensiero critico. Non serva di alcun potere. Quando si comprende quanto le conseguenze del regionalismo affondino profondamente nella carne, si sarà creata una condivisione interiore, forte. Meno interessa la posizione di Confindustria o Bankitalia, importanti certo nel loro pronunciamento. Importante che l’Europa si sia espressa, importante che la nostra Petizione al Parlamento europeo sia stata presa in considerazione. Quel che mi interessa, oltre a questi risultati e forse di più, è il movimento delle persone, perché le persone creano fili, legami, forza. Mi interessa la presenza di persone che manifestino, una presenza il più possibile continua, simile a quella delle Donne in Nero quando imbracciano in fila i cartelli del Cessate il fuoco. Bastano sette donne, ferme, in silenzio. Non si grida, a chiedere sono i cartelli. Se i cartelli dicessero No autonomia differenziata, Sì alla Costituzione fondata sul lavoro, cosa accadrebbe? Le persone si fermerebbero a chiedere, saprebbero e, forse, agirebbero. Siamo in un pericolo immenso, per la nostra democrazia, i nostri diritti, la nostra vita. In termini biblici abbiamo i quattro Cavalieri dell’Apocalisse balzati tutti assieme nella scena del mondo e dell’Italia: il cavaliere bianco del dominio, quello rosso del sangue, quello nero dell’ingiustizia e della disuguaglianza, quello verde che parla di morte da lavoro, da clima, da povertà. Vedere persone che manifestano e cercano tutti i giorni di creare e tessere fili è il modo principale per cucire alleanze. Insomma un lavoro totale, diffuso nei luoghi, costante nel tempo, questo crea vicinanza, attenzione. Un lavoro capace di mostrare che ogni persona ha una bandierina piantata nella carne, perché non riuscirà a mandare i propri figli in una buona scuola perché la dovrà pagare, non riuscirà a curarsi perché dovrà pagare, e questa bandierina è il vecchio progetto leghista abbracciato poi da altre forze politiche, e ora ha un nome che è Calderoli.

Pietro Spirito  Vorrei sottolineare un altro punto, Dianella. Non c’è solo la distinzione da nord e sud. Questa autonomia differenziata discrimina tra aree interne e aree metropolitane. Le aree interne esistono  anche al nord, ovviamente, e sono aree dove i servizi sono meno densi, dove c’è più difficoltà a muoversi, dove le scuole magari non ci sono nemmeno più perché sono state chiuse. Allora, come si fa a far capire che la distinzione non è soltanto  tra nord e sud, ma che ci sono tante altre variabili in gioco, perché credo che anche una parte del nord avrebbe un drammatico svantaggio dall’autonomia differenziata.

Dianella Pez È così. Ci sono lotte già in atto, anche a quelle è necessario collegarsi. Nell’autonomia differenziata sono coinvolti tutti gli assi intersezionali del più e del meno, non solo l’asse Nord Sud e quello centro periferia. C’è chi può mandare i figli alla scuola privata e chi no, chi ha un buon lavoro e chi non ce l’ha affatto, c’è l’asse uomo donna. Il lavoro di cura, quando lo stato sociale verrà distrutto, ricadrà ancora una volta sulle donne. C’è l’asse povertà ricchezza, sfruttato sfruttatore. Sono cose che si vivono, sperimentano. Torniamo alla sanità. Non ci sono anche qui in Friuli Venezia Giulia medici di base in numero sufficiente. La sanità è ovunque già regionale e questa regione, in tutta la sua arroganza, decide che è meglio dare vari milioni di euro ad Astra Zeneca piuttosto che migliorare la situazione dei medici di base, o migliorare i pronto soccorso intasati. Per far fronte ai radiologi che non ci sono ci si rivolge ai medici argentini i cui referti vanno tradotti perché non sanno l’italiano. Scelte politiche, scelte regionali, la Regione le può fare perché ne ha le competenze: lì si annida la responsabilità. Se a una persona tolgono ciò che è essenziale per la sua vita, un punto di riferimento sanitario dal suo territorio, una scuola per cui deve portare i suoi figli a trenta km da lì, un lavoro in zona perché l’azienda ha delocalizzato, delle responsabilità ci sono, e sono da attribuire a chi ha fatto precise scelte politiche. Perché le poteva fare, ne aveva il potere appunto. È sulla quotidianità delle persone che loro possono essere chiamate a raccolta. Quando si parla di assi intersezionali si dà un nome a questa lotta, è di classe, perché i provvedimenti che si stanno prendendo sono classisti. L’autonomia differenziata vive nella parola differenza declinata nel segno del meno, della sottrazione, del togliere, di qualcuno che sfrutta qualcun altro, di qualcuno o qualcuna che viene privato di qualcosa, a cui viene sottratto qualcosa. Le persone capiscono bene questa privazione, che è una privazione di diritti esistenziali. Il senso di impotenza si può arginare riconoscendo un’origine a ciò che priva, ed è un’origine di sistema, come di sistema è la violenza sulle donne. E il sistema in questo caso è la logica di potere che guida il regionalismo differenziato, un potere che si vuole assoluto e basato sulla retorica del capo. Quel potere che ha distrutto con aziendalizzazione e privatizzazioni il servizio sanitario e che massacrerà la scuola quando se ne approprierà. La scuola, che solo di riumanizzazione ha bisogno.

Pietro Spirito  Ti vorrei fare un’ultima domanda sulla mia convinzione è che questa strategia costruisce un nuovo sentiero di privatizzazioni dei servizi. Mentre negli anni passati abbiamo vissuto la privatizzazione delle imprese pubbliche, e quindi la scomparsa di una parte del nostro tessuto industriale, ora con l’autonomia differenziata si realizzerà,  in sanità   è già in corso, la privatizzazione dei servizi. Penso ai trasporti, penso alla scuola: tutte queste materie passano alle Regioni senza capacità che le regioni sappiano organizzarle. Tale esiti  conduce a un solo approdo: il passaggio di questi servizi ai privati e un costo crescente per i cittadini. Non riesco a capire come la politica su questo non si stia interrogando. Capisco chi vuole perseguire proprio questo obiettivo: non ha nessun interesse a raccontarla questa storia. Ma chi si oppone a questo disegno non capisco perché non colga tale  elemento fondamentale. Si finisce per chiudere la stagione dello stato, determinando anche la fine dello stato sociale, perché l’autonomia differenziata è esattamente il contrario dello stato social. Il privato offrira’ a caro prezzo il servizio ai cittadini, come già oggi capita per il pronto soccorso di Bergamo e Brescia. Tu che ne pensi?

Penso che ci sia qualcosa che viene agitato in modo molto convincente, oltre al substrato identitario cui abbiamo fatto cenno all’inizio. E si chiama “ci arriveranno un sacco di soldi”. Questo argomento è molto forte, ha una grande capacità di convinzione. Significa che ci arriveranno un sacco di soldi perché le tasse prodotte nel territorio regionale qui ricadranno, invece di essere redistribuite come da compito dello Stato, visto che sono state pagate dai cittadini e non dalle regioni. Cosa redistribuirà allora lo Stato vista l’invarianza finanziaria? Soldi derivanti da altre tasse che pagheremmo tutti? Il sistema andrà in tilt. Primo. Dopodichè come verranno usati questi soldi? Il Friuli Venezia Giulia ha un sacco di soldi, eppure i cittadini non stanno bene, per le ragioni di cui sopra. E questo succede anche nelle altre regioni del Nord. Viene da pensare che, visto che i soldi vengono scialacquati, servano ad acquisire consenso, un consenso che peraltro si nutre della finzione del “ci arriveranno un sacco di soldi”. E così questa regione dà i soldi ad Astra Zeneca e contemporaneamente riduce i consultori tanto saranno pronti come in altri luoghi d’Italia consultori privati, oppure riduce i punti nascita tanto è già pronto un Centro per la donna e il bambino gestito proprio dalla ginecologa primaria dell’ospedale pubblico del medesimo paese. Questa Regione non sta utilizzando i soldi per i cittadini e le cittadine. Chi governa davvero è la triade regionalizzazione, aziendalizzazione, privatizzazione. È chiara e comprensibile, è vissuta, per questo è capita dalle persone. Ed è capita anche a livello comunale visto che sono i comuni a gestire il sociale fatto da mense, asili, case di riposo ecc.: le persone vedono quando aumentano le rette, capiscono che i comuni non hanno soldi ed anche perché. Sono esempi, esempi vissuti dai cittadini, dalle cittadine. Regionalizzare, aziendalizzare, privatizzare. Privatizziamo tutto, le persone pagheranno tutto. Altro che avremo un sacco di soldi. Abbiamo davanti una cultura da cambiare, quella dell’egoismo, quella del potere, e nuove parole da proporre, cura, solidarietà, attenzione. Ce la faremo.

Anna Maria Bianchi Io ringrazio Dianella Pez,  ringrazio Antonella Fabbricatore direttore di Terra Mia di Napoli e Pietro Spirito, come Carteinregola riprendiamo le nostre dirette, e intensificheremo ancora di più quando il disegno di legge arriverà alla Camera, però sarà sempre una presenza virtuale. Bisogna che incominciamo a organizzare continuativamente anche delle presenze reali.

per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

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