Italia Nostra: Rinnovabili, perché diciamo no alla svolta degli ambientalisti
Autore : Redazione
(dal blog di Italia Nostra su Il fatto quotidiano 10 dicembre 2022)
Rinnovabili, perché diciamo no alla svolta degli ambientalisti: la transizione non è un dogma
La querelle seguita alle dichiarazioni del Fai sulle rinnovabili “senza se e senza ma” verte sul futuro energetico e sulla salvaguardia dei valori culturali e paesaggistici del Paese. Più impianti di FER [fonti energia rinnovabile, ndr] vengono autorizzati, più evidenti sono le contraddizioni e gli impatti della transizione energetica appena iniziata. Inevitabili, quindi, le divisioni rispetto a chi considera la transizione un dogma da abbracciare a scatola chiusa.
Affrontare il cambiamento senza una riflessione sul rapporto costi/benefici delle FER, sui rendimenti effettivi (non drogati da incentivi), sulle tecnologie migliori per il nostro Paese, è follia. E neanche aiuta continuare a ignorare le istanze dei territori e approvare d’imperio con dpcm i progetti o proporre di mettere i pannelli sui tetti dei centri storici (FAI) ed equiparare le pale eoliche alle cattedrali gotiche (Legambiente). Ecco, quindi, alcuni dati su cui ragionare senza steccati ideologici.
La Commissione di Via Nazionale si appresta a esaminare ben 517 progetti eolici, 264 impianti fotovoltaici di grandi dimensioni in maggioranza previsti su terreni agricoli e altri 195 impianti agrovoltaici. Una enormità, ma solo una parte di quanto programmato per la transizione ecologica.
Il costo di produzione delle diverse tecnologie è estremamente vario. L’elemento determinante è la capacità produttiva rispetto alla potenza installata: a causa della scarsità e della variabilità del vento le pale eoliche in Italia producono metà dell’energia prodotta dalle pale eoliche collocate sui mari del Nord e la costa atlantica d’Europa. Dati incontrovertibili certificano che l’Italia è inadatta all’eolico e presenta valori di produzione molto bassi rispetto a quelli delle pianure tedesche e dei mari del Nord che si attestano su circa 3000 ore anno, con punte di 3700 (esempio: l’impianto Thor in Danimarca -1000 MW-, in costruzione senza incentivi, punta a 4600 ore/anno), mentre le ore annue di produzione in Italia si attestano a 1720.
I dati parlano da soli. Perché, dunque, si programma di installare altri 10 GW di eolico on shore in Italia?
L’insolazione italiana, al contrario, consente al fotovoltaico una capacità produttiva eccellente a livello europeo: i 33 GW di pannelli fotovoltaici previsti dal PNIEC per il 2030 richiedono circa 50.000-60.000 ettari di area adatta, pari a 500-600 kmq. Gli spazi meno pregiati sul territorio esistono e vanno ricercati tra: le superfici di copertura dei 700mila capannoni industriali esistenti (dato WWF) e le superfici impermeabilizzate all’interno delle aree di sviluppo industriale (aree di manovra, parcheggio e stoccaggio); le aree degradate da bonificare, paria a circa 9.000 kmq; le coperture degli edifici pubblici e privati rigorosamente fuori dai centri storici, pari a circa 760 kmq. Con ciò si riconoscerebbero vantaggi diffusi sul territorio, non concentrati nelle mani dei grandi operatori internazionali.
Tenendo a mente questi dati, il presidente del FAI si illude se pensa di poter governare gli enormi interessi economici che ruotano (letteralmente) intorno al fenomeno eolico. Evidentemente dai suoi uffici a Milano non ha consapevolezza di cosa avviene nei territori del Meridione e delle pressioni esercitata dalle grandi multinazionali che tranquillamente fanno strame della pianificazione paesaggistica. Vada ad affacciarsi dalla finestra di un socio di Italia Nostra che vive in Calabria che quotidianamente vede il paesaggio dell’istmo tra Ionio e Tirreno, un tempo spettacolare, costellato di ben trecento pale.
Un patto #ammazzapaesaggio quello tra il FAI, Legambiente e WWF, con cui le tre associazioni ambientaliste dimostrano di essere completamente fuori dalla realtà. E tutti quelli che pensano che investire sulle rinnovabili elettriche intermittenti come eolico e fotovoltaico ci possa liberare dal gas russo e far procedere verso la decarbonizzazione hanno le idee molto confuse.
Per noi di Amici delle Terra è sempre stato chiaro, ma la recente crisi dell’energia ha fatto scoprire a tutti che, in Italia, 15 anni di sussidi (oltre 200 miliardi) e di attenzione quasi esclusiva allo sviluppo di fonti rinnovabili intermittenti (eolico e fotovoltaico) ci hanno consentito, nel 2021, di «coprire» solo il 3,4% dei consumi finali di energia (1,79 Mtep di eolico e 2,14 Mtep di fotovoltaico), e che questo sforzo si è rivelato inadeguato di fronte all’emergenza. Si è rivelato inutile anche per la diminuzione delle emissioni climalteranti, che anzi sono aumentate se calcoliamo le emissioni da carbone della filiera del solare.
Sacrificare il paesaggio italiano e la biodiversità per un programma così inefficace non è davvero un affare per l’ambiente e per il futuro del paese e dell’umanità intera.
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
11 dicembre 2022
Vai a Paesaggi rinnovabili, 12 proposte per una giusta transizione energetica il Documento a firma di Fai, Legambiente, Wwf Italia (dal sito di Legambiente 9 dicembre 2022)
Vai a GrIG (Gruppo Intervento Giuridico):Il territorio non è un banale contenitore per centrali da fonti rinnovabili (dal sito del Gruppo di Intervento Giuridico 11 dicembre 2022 gruppodinterventogiuridicoweb)