La Corte Costituzionale smonta l’autonomia differenziata
Autore : Redazione
La Corte Costituzionale si è espressa sulla questione di costituzionalità della legge 86, dell’Autonomia regionale differenziata posta da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. Il comunicato della Corte anticipa in sintesi i contenuti della sentenza, che, pur ritenendo non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge, elenca sette punti incostituzionali. Scrive Avvenire “Al netto dell’equilibrio del testo dei giudici costituzionali, che “salvano” la cornice ma “smontano” il dispositivo, l’effetto è dirompente“. In calce il comunicato dei Comitati contro ogni autonomia differenziata, il comunicato della Consulta e il video dell’udienza del 12 novembre.
Il Governo, il ministro Calderoli e la maggioranza parlamentare di destra escono malconci dalledichiarazioni di illegittimità di punti significativi della legge Calderoli
La Corte costituzionale ha esaminato i ricorsi di quattro Regioni che hanno richiesto la dichiarazione di incostituzionalità della legge Calderoli e – mentre ‘ha ritenuto non fondata laquestione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n.86 del 2024)’ – ha considerato, invece,‘illegittime specifiche disposizioni dello stesso testolegislativo’, come afferma il comunicato emanato dal Palazzo della Consulta.
Naturalmente andrà letta la sentenza con le sue motivazioni; di certo possiamo affermare, come Comitati contro ogni autonomia differenziata, che il Governo, il ministro Calderoli e la maggioranza parlamentare di destra escono malconci dalle dichiarazioni di illegittimità di punti significativi della legge. Basta richiamare alcune disposizioni della legge Calderoli dichiarate incostituzionali per coglierne la portata:
la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, e non solo specifiche funzioni;
la mancata prescrizione di una legge delega che stabilisca i criteri direttivi per emanare i successivi decreti; infatti, la legge Calderoli li indica nella legge di bilancio 197/2022, fatto che la Corte giudica incostituzionale, ravvisando in questo una lesione delle competenze del Parlamento;
la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito;
– l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, comma 3 della Costituzione, alle regioni a statuto speciale che, invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
Inoltre, la Corte afferma che il Parlamento non può essere spogliato delle sue prerogative di emendare le Intese; che la distinzione tra materie LEP [Livelli Essenziali delle Prestazioni] e non-LEP non può pregiudicare la garanzia dei diritti civili e sociali; che la clausola di invarianza deve collocarsi in un quadro di valutazione complessiva della finanza pubblica, e dunque vanno definiti i fabbisogni per i LEP e, su questa base, decidere le poste finanziarie.
La Corte infine pone al Parlamento il compito indefettibile di intervenire per colmare i vuoti creati con la dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni-chiave della legge 86/2024.
Certo, la Corte afferma che la legge Calderoli non è illegittima nel suo complesso, perché tale legge è volta a disciplinare l’attuazione del comma 3 dell’art 116 della Costituzione, frutto della sciagurata riforma del Titolo V del 2001.
I Comitati contro l’AD – insieme a sindacati, associazioni e partiti che fanno parte del comitato referendario – attraverso il referendum abrogativo totale, chiedono invece che sianocittadine e cittadini a decidere se la legge Calderoli violi o no gli articoli 2, 3, 5 della Costituzione. Secondo i Comitati la legge Calderoli viola quegli articoli perché frantuma l’unità e indivisibilità della Repubblica, lede il principio di solidarietà e di uguaglianza dei cittadini, che verrebbero a godere di diritti differenziati secondo il luogo di residenza. Per questo i Comitati sono certi che, anche qualora il Parlamento intervenisse per sanare le illegittimità costituzionali, come richiede la Consulta, il referendum di abrogazione totale sarà ammesso e la legge Calderoli, attraverso il voto referendario,sarà cancellata.
Comitati per il ritiro di qualunque Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica el’uguaglianza dei diritti
Il comunicato
LA CORTE COSTITUZIONALE HA DECISO LE QUESTIONI DI COSTITUZIONALITÀ DELLA LEGGE SULL’AUTONOMIADIFFERENZIATA
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio Comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo.
Secondo il Collegio, l’art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana. Essa riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio.
I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato eregioni.
In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini.La Corte, nell’esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge:
– la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;
– il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento;
– la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP;
– il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP;
– la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni;
– la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
– l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statutispeciali.
La Corte ha interpretato in modo costituzionalmente orientato altre previsioni della legge:
– l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo;
– la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata;
– la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie (distinzione tra “materie LEP” e “materie-no LEP”) va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;
– l’individuazione, tramite compartecipazioni al gettito di tributi erariali, delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante la devoluzione, restano comunque a carico dello stesso;
– la clausola di invarianza finanziaria richiede – oltre a quanto precisato al punto precedente – che, al momento della conclusione dell’intesa e dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari.
Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge.
La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale.
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