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La Costituzionalista Calvano sui disegni di legge costituzionale di modifica dell’art. 114 Cost.

Pubblichiamo la Memoria della Costituzionalista Roberta Calvano, consegnata in occasione della sua audizione presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera, l’11 febbraio 2025 (in calce la registrazione dell’intervento)

Roberta Calvano Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale, Università degli studi di Roma Unitelma Sapienza

 Audizione sui disegni di legge costituzionale di modifica dell’art. 114 Cost. (A.C. 514, 278, 1241 e 2001) alla  I Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati

§ 1. Premessa

Ringrazio il Presidente e la Commissione per questo nuovo invito che mi onora moltissimo.

Premessa qualche considerazione sulla questione della natura giuridica di Roma Capitale (§ 2), la mia esposizione si soffermerà sui quattro disegni di legge congiuntamente, data l’identità di materia, soffermandomi sulle criticità costituzionali che essi manifestano con particolare riferimento a: gli artt. 116, commi 1 e 3, e 117 Cost. (§ 3); gli artt. 131 e 132 Cost. (§ 4); la sent. 192 del 2024 della Corte costituzionale (§ 5). Concluderò con una breve riflessione di sintesi sui disegni di legge alla luce di qualche cenno comparatistico circa lo status delle principali capitali europee.

I disegni di legge sono accomunati non solo per larga parte dei contenuti, ma, dal punto di  vista formale, dalla scelta dello strumento della legge di revisione costituzionale. Si può preliminarmente rilevare tuttavia come l’art. 114, comma 3, Cost., novellato nel 2001 con la previsione su Roma Capitale, attenda tuttora, dopo venticinque anni, una piena attuazione (1).

Questo dato avrebbe meritato da tempo una risposta, alla luce dell’urgenza delle questioni che esso pone e dei numerosi problemi amministrativi e di coordinamento dei cinque diversi livelli di governo (2) che insistono sullo stesso territorio: municipi, comune, città metropolitana, Roma capitale e Regione, tutti enti che agiscono sul territorio romano sovrapponendosi o, peggio, rimanendo inattivi in attesa dell’intervento di un livello di governo diverso.

Da questo punto di vista si deve segnalare che il DDL 514, nel prevedere l’attribuzione a Roma capitale di forme e condizioni particolari di autonomia tramite legge dello Stato, disposizione su cui ci si soffermerà nel seguito del discorso, non prevede in relazione a tale disposto una norma transitoria, né contempla tappe o strumenti di attuazione per il trasferimento di funzioni, col rischio quindi di un ulteriore aggravarsi di una condizione di incertezza amministrativa e conseguenti possibili difficoltà ed inefficienze nelle diverse funzioni. Anche i due DDL più recenti di iniziativa delle opposizioni (A.C. 1241 e 2001), che risultano pienamente sovrapponibili, presentando testi identici, appaiono da questo punto di vista deficitari. Oltre a dettare, come il DDL 514, una previsione di abbreviazione della vacatio legis ad un giorno, prevedono una norma transitoria che fissa il termine di un anno per l’adozione dello statuto speciale di Roma capitale, cui si affida il ruolo di fonte della “differenziazione” su cui ora ci si soffermerà. Cosa debba avvenire a valle dell’entrata in vigore, nelle more e dopo l’approvazione dello statuto di Roma capitale, delle funzioni nelle materie di cui all’art. 117, commi 3 e 4, Cost. e quando e con quali atti si immagina tale trasferimento e, soprattutto, quali strumenti utilizzare per il raccordo con le funzioni esercitate dalla regione Lazio, non mi sembra venga chiarito.

§ 2. Quale natura giuridica per Roma Capitale

Intervenendo con legge di revisione costituzionale su un ambito dopo il 2001 regolato soltanto da normazione primaria, colpisce innanzitutto che nessuno dei tre disegni di legge più recenti intervenga su una vexata quaestio, chiarendo in modo specifico l’ambito territoriale (comunale o metropolitano) e l’identità di Roma capitale dal punto di vista dell’ascrivibilità e qualificazione entro un genus esistente (3). Rimane quindi aperta l’opzione tra ente locale sui generis e regione ordinaria, speciale, o “differenziata speciale”, come si vedrà, rimanendo affidata ad un quarto separato disegno di legge (A.C. 278) la scelta per la qualificazione formale come Regione di Roma capitale. Tale previsione non è stata trasfusa nel testo degli altri tre DDL successivi, con l’apertura quindi di una conseguente biforcazione delle ipotesi interpretative a seconda di quale sarà la sorte del DDL 278. Dal punto di vista della qualificazione di Roma Capitale come “ente locale” o come Regione, mentre il DDL 514 disegna un’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia e di potestà legislativa tramite legge ordinaria statale, i DDL presentati dalle opposizioni contengono un riferimento all’assemblea capitolina come organo legittimato ad approvare lo statuto – che viene definito speciale -, su cui si baserà la “differenziazione”, in termini di disegno delle specifiche competenze attribuite a Roma Capitale (e sottratte alla Regione Lazio). La separatezza del quarto disegno di legge (278), che prevede invece la natura di Regione, come già detto, apre una possibile aporia. Si intende fare riferimento al dato per cui, se il DDL 278 non fosse approvato, si avrebbe un ente non meglio identificato, sui generis dal punto di vista dell’assetto degli enti territoriali e nel quadro del nostro regionalismo, cui non si applicherebbero le norme che per le Regioni regolano elezioni, organi, decadenze, incompatibilità), che godrebbe tuttavia di potestà legislativa. Se invece il DDL 278 fosse approvato, unitamente al DDL 1241 (o 2001), si avrebbe il risultato paradossale di una Regione di Roma capitale che avrebbe uno statuto approvato da un ente diverso, suo predecessore, che ne regola le funzioni. Successivamente si dovrebbe quindi immaginare un consiglio regionale con funzione legislativa di Roma capitale competente in relazione alla delibera di un eventuale statuto che sarà speciale, ma in modo diverso da quanto previsto dall’art. 116 c.1, non essendo là contemplata Roma tra le Regioni speciali, né il suo statuto approvato come gli altri con legge costituzionale.

§ 3. Sul rispetto degli artt. 116 e 117 Cost.

Venendo all’attribuzione della potestà legislativa a Roma capitale prevista nei tre disegni di legge nelle materie dell’art. 117, commi 3 e 4, e in deroga (espressa o implicita) alla legislazione della Regione Lazio, esclusa la tutela della salute, si devono rilevare una serie di criticità. Innanzitutto, come già è stato ricordato nel corso delle precedenti audizioni, in relazione al concetto di deroga, si può segnalare che essa non sia più tale se vi è alla sua base un’attribuzione stabile di competenze legislative, come nel caso dei DDL all’esame.

Meccanismi di raccordo e di soluzione delle antinomie si rendono insomma necessari quando dalla deroga si passi alla “regola”, con diversi centri di produzione normativa che insistono su un medesimo ambito.

Ancor più rilevante la notazione per cui l’attribuzione di potestà legislative non potrebbe essere operata che tramite fonte sovraordinata, poiché non si può ritenere che la legge ordinaria possa disporre degli ambiti di competenza sanciti dall’art. 117 Cost. senza violarlo.

Ciò vale per il DDL 514, ma anche per l’attribuzione di competenze a legiferare tramite lo statuto speciale prevista dai DDL 1241/2001, affidata addirittura ad un atto posto in essere da chi eserciterà la competenza, anziché da chi la cede, con un’abdicazione totale al ruolo del legislatore statale oltre che al tono costituzionale del riparto di competenza (4).

Il modello dell’autonomia differenziata, di cui tanto si è discusso nel corso del 2023 e 2024, prevede un’attribuzione di competenze (con la formula di “forme e condizioni ulteriori

di autonomia” che ora i DDL riprendono) affidata dall’art. 116, comma 3, Cost. alle leggi rinforzate di recepimento di intese Stato-Regioni. Tale modello trova i suoi contorni in una precisa norma costituzionale, che contempla un procedimento legislativo aggravato (consultazione degli enti locali interessati, iniziativa regionale, previa intesa, maggioranza assoluta). L’art. 116, comma 3, consente insomma in via derogatoria rispetto all’art. 117 di poter disporre delle relative competenze, e sappiamo quale dibattito questa norma già abbia sollevato. Pensare di introdurre una diversa ipotesi di differenziazione, in ulteriore deroga all’art. 117 Cost., consentendo una de-costituzionalizzazione del riparto di competenza ad opera stavolta di una legge ordinaria o dello statuto capitolino, metterebbe ulteriormente alla prova l’assetto costituzionale delle fonti che regolano i rapporti tra enti territoriali.

I DDL non intervengono poi sull’art. 116, né per quanto concerne il comma 1, che elenca le Regioni speciali, pur prevedendo espressamente (1241) o implicitamente (514) un’autonomia speciale, né il comma 3, laddove ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono previste al di fuori di quel modello. Entrambi i profili appaiono significativi elementi di valutazione circa la legittimità costituzionale delle modifiche all’art. 114 Cost. proposte.

Se l’attribuzione di potestà legislative a Roma capitale avvenisse in forza di una sua preliminare elevazione al rango di Regione si potrebbe forse evitare la violazione dell’art. 117 Cost., come norma cardine del riparto di competenza, che verrebbe altrimenti de-costituzionalizzata per lo specifico caso di Roma capitale (5).

Tornando all’ipotesi in cui invece si ritenesse di non approvare il DDL 278, introducendo una potestà legislativa per un ente non contemplato nel novero delle Regioni, si verrebbe a creare, oltre alle prospettate criticità, l’ulteriore rottura di una potestà legislativa non assoggettata ai limiti di cui all’art. 117, comma 1, Cost., applicabili per espressa previsione alle

Leggi statali e regionali. Tale potestà legislativa non troverebbe al di sopra di sé un parametro costituzionale, posto che il nuovo art. 114 terzo comma delegherebbe alla legge nel DDL 514 (o allo statuto speciale approvato da Roma Capitale nel modello del DDL delle opposizioni) il compito di definire i confini di queste attribuzioni ulteriori, sottratte alla Regione Lazio. Ai fini di un eventuale sindacato dinanzi alla Corte costituzionale si vede bene come questo potrebbe comportare più di qualche inconveniente.

§ 4. Sul rispetto degli artt. 131 e 132 Cost.

Alle possibili violazioni prospettate con riferimento agli artt. 116, commi 1 e 3, e 117 Cost. si deve poi aggiungere una riflessione sul necessario rispetto degli articoli 131 e 132 Cost. dai parte dei quattro DDL all’esame della Commissione.

I DDL 514, 1241 e 2001 sembrano disegnare uno status di livello regionale per Roma capitale, alla luce della potestà legislativa attribuitale e dell’azionabilità delle garanzie di cui agli artt. 127 e 134, che espressamente fanno infatti riferimento a ricorsi regionali o rispetto ai quali le regioni siano resistenti. Nella relazione di accompagnamento al DDL 1241 si fa riferimento a Roma come “un territorio regionale”, mentre il DDL 514 tace sul punto. In entrambi i DDL sembra prevedersi insomma un’autonomia assimilabile a quella regionale, per non dire più ampia, da un punto di vista quanto meno procedurale: per ottenerla Roma capitale non sottosterebbe ai vincoli che l’art. 116, comma 3, Cost. impone alle Regioni ordinarie. Se ciò fosse confermato, sembrerebbe doversi constatare una violazione della prescrittività dell’elenco delle Regioni italiane che l’art. 131 Cost. enumera in modo tassativo, così come un aggiramento del procedimento per creare nuove Regioni, espressamente disciplinato dall’art. 132 Cost.

La previsione, nell’art. 132 Cost., della necessità di una legge costituzionale rinforzata per la creazione di nuove Regioni, il cui procedimento di approvazione è contrassegnato da quattro “aggravamenti” (consistenti nella previsione del parere dei Consigli regionali, nella soglia di un minimo di un milione di abitanti, nella richiesta di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e nell’approvazione “con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”), dà la misura della delicatezza e rilevanza degli interessi coinvolti, oltre che dell’incidenza di una simile decisione sugli assetti della forma di Stato e degli equilibri tra centro e periferia. Prevedere che la creazione di una Regione avvenga espressamente con la sola modifica dell’elenco dell’art. 131 Cost., ma in violazione del procedimento dell’art. 132 Cost., (come fa il DDL 278) o – in caso di mancata approvazione del DDL 278 -, prevedere che la creazione della Regione avvenga tacitamente, senza inserirla nell’elenco dell’art. 131 Cost. e violando il procedimento di cui all’art. 132 Cost., come fanno i tre DDL (514, 1241, 2001), sembrerebbe frutto di una scelta sinceramente azzardata.

Appare superfluo segnalare che, mentre l’intervento sull’elenco dell’articolo 131 Cost. presuppone il rispetto del procedimento di cui all’art. 132 Cost., il DDL 278, prevedendo l’introduzione di Roma capitale nell’elenco, in violazione di tale procedimento, appare. paradossale poi intervenga ad emendare l’art. 132, apparentemente per blindare tale elenco (elevando a due milioni la soglia minima di abitanti per la creazione di nuove Regioni), oltre a violare anche il comma 1 dell’art. 116 Cost., laddove intenda aggiungere una Regione speciale al solo elenco dell’art. 131 Cost. e non anche a quello contemplato nell’art. 116 Cost.

§ 5. La sentenza n. 192 del 2024 ed il giudicato costituzionale sulle “forme e condizioni particolari di autonomia

Il problema forse più rilevante tra tutti quelli segnalati appare quello posto dal rapporto dei DDL all’esame con il giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 192 del 2024, ora ulteriormente richiamata dalla sent. n. 10 del 2025. Come ricordato, in tutti i disegni di legge si prefigura l’attribuzione a Roma capitale di “forme e condizioni particolari di autonomia”, ricalcando l’espressione il concetto stesso di autonomia differenziata di cui all’art. 116, comma 3, Cost., prevedendosi specificamente l’attribuzione di potestà legislativa (tramite atti fonte inadeguati a tale scopo) in tutte le materie di cui al terzo e quarto comma dell’art. 117 Cost., salvo la salute. Il dato per cui le materie in cui si interverrebbe si sottrarrebbero ad altra Regione, non sembra rendere la fattispecie difforme da quella su cui interviene la sentenza n. 192. Si sottolinea infatti che i DDL non precisano se il trasferimento di potestà legislativa in tutte le materie di competenza concorrente di cui all’art. 117, comma 3, Cost. sia inteso come riferito solo alla competenza regionale o anche alla potestà legislativa statale concernente i principi fondamentali della materia. Per questa seconda ipotesi sembrerebbe militare la ratio sottesa alle “forme e condizioni particolari”, nonché il fatto che, ove fosse trasferita la sola “quota” di attribuzione sin qui spettante alla Regione Lazio, si assisterebbe ad una mera duplicazione della stessa, creando una superfetazione in deroga al riparto di competenza già vigente.

In relazione a questo profilo, è necessario ricordare che rispetto alle materie di competenza concorrente la Corte ha stabilito innanzitutto che ve ne sono alcune “alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento. Con riguardo a tali funzioni, l’onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà diventa, perciò, particolarmente gravoso e complesso”. Si tratta delle materie concorrenti commercio estero, ambiente, trasporto e distribuzione energia, porti aeroporti, grandi reti di trasporto, professioni, ordinamento della comunicazione, in relazione ai vincoli internazionali e agli obblighi contratti dall’italia verso l’UE. Queste materie dovranno quindi ritenersi sottratte anche da questa nuova ipotesi di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” prevista nei DDL.

Inoltre, nella sentenza n. 192 del 2024 la Corte ha stabilito che l’attribuzione di “ulteriori forme e condizioni” di autonomia alle Regioni debba riguardare “specifiche funzioni” e non “materie o ambiti di materie”, e che la richiesta di funzioni debba essere adeguatamente motivata dalle Regioni. Se la richiesta di motivazione in questo caso potrebbe in ipotesi ritenersi soddisfatta dalla necessità di assicurare le funzioni di Capitale (6), nei disegni di legge all’esame ritroviamo invece il modello della legge n. 86 del 2024 nel suo testo originario, poi colpito dalle censure della Corte, in riferimento alla possibile attribuzione di ben venti materie elencate nell’art. 117 comma 3 (cui andrebbero sottratte quantomeno le sette richiamate), oltre a tutte le materie di potestà residuale. Da esse andrebbero poi espunte quelle relative ai LEP, che per la Corte non possono essere trasferite senza previa fissazione dei medesimi, e in proposito verrebbero sicuramente in rilievo almeno l’istruzione, la tutela e sicurezza sul lavoro, ed altre che non è possibile in questa sede esaminare. Anche in relazione alle materie non LEP la Corte ha com’è noto fornito un importante contributo in termini di interpretazione adeguatrice chiarendo che il previo rispetto di eventuali diritti dovrebbe comunque precedere i trasferimenti di competenze che si decidesse di affidare a Roma Capitale (7)

§ 6. Quale modello per Roma Capitale nel quadro delle capitali europee

Tentando di tirare le fila delle riflessioni svolte, occorreallargare per un attimo lo sguardo all’esperienza comparata, anche alla luce di alcuni richiami nelle relazioni di accompagnamento ai DDL all’esame, in relazione alla segnalata incertezza del modello prefigurato nei DDL all’esame della Commissione.

Si può sinteticamente segnalare comele capitali di Stati federali siano generalmente assimilate da norme di rango costituzionale a delle Regioni, mentre negli Stati unitari non si adotta questa soluzione. La condizione delle capitali europee in questi casi è quella di Comuni, con uno status speciale e derogatorio rispetto alla ordinaria forma di Comune (8). Non risultano inoltre esperienze in cui siano previste potestà legislative derogatorie di norme costituzionali da parte delle capitali, né attribuzione di autonomia sulla base di mere leggi ordinarie (9). Occorre quindi cautela nei parallelismi, potendosi ad esempio segnalare che la Greater London è un’autorità prevalentemente programmatoria e amministrativa, che si avvale di enti funzionali separati e dei Boroughs per l’erogazione di tutti i servizi. Greater London è fortemente dipendente dal governo per i profili finanziari, secondo un modello molto complesso e frutto delle peculiari caratteristiche del diritto amministrativo e pubblico inglese, del tutto diverso com’è noto da quello europeo continentale.

Il tema dell’importanza dell’innesto delle capitali nella trama dell’assetto complessivo dei rapporti tra centro e periferia è evidenziato dalla riflessione comparatistica. Ciò richiama ad una più attenta considerazione circa l’impatto che l’attuazione del regionalismo differenziato può avere nella ricostruzione della migliore soluzione ordinamentale anche per Roma capitale.

Dal punto di vista della scelta di fondo sulla qualificazione formale del tipo di ente, su cui ci si è soffermati, si deve poi considerare come essa sia in grado di incidere non solo sulla capacità gestionale ed efficienza di Roma Capitale, ma possa avviare processi benefici anche per il territorio circostante, laddove i diversi livelli di governo siano in comunicazione con la capitale. Dati statistici ed economici concernenti le capitali europee indicano che l’assetto delle capitali sulla qualità della vita dei cittadini si estende ai territori circostanti. La trama dei rapporti tra capitale e territorio è quindi fattore di crescita economica, di superamento dei divari e miglioramento di qualità della vita. Da questi dati sembra emergere anche che non sempre la soluzione approntata nei sistemi federali sia la più proficua da questo punto di vista (10).

Analizzando infatti alcuni parametri tra cui efficienza e innovazione nelle diverse regioni UE, emergono livelli molto positivi per le regioni capitali e per le capitali, con l’eccezione di Roma – che viene superata in termini di efficienza, innovazione e benessere da Milano (Lombardia), ma anche di Berlino superata dal distretto della Baviera e da Francoforte sul Meno.

Più in generale, l’approfondimento del quadro delle esperienze comparate delle capitali europee mostra allo stesso tempo una tendenza al decongestionamento delle competenze delle capitali verso enti locali minori (Parigi), o avvalendosi di corpi tecnici (Londra), ed una centralità dei raccordi con il territorio circostante per lo sviluppo delle stesse (11). In entrambi i casi poi un elemento da sottolineare è la forte presenza di un potere centrale governativo sul governo delle due capitali. Alla luce di questi elementi, la mancata costruzione nei DDL di meccanismi di raccordo col territorio circostante e col Governo, risolta con la mera “deroga” della legislazione regionale cui fa riferimento espresso il DDL 514, ed implicita nel DDL 1241, appare un punto di criticità, sebbene nella relazione di accompagnamento si faccia riferimento come “scopo dichiarato del progetto” a “conseguire un’elevata integrazione fra la capitale e il distretto circostante” (p. 2). Altrettanto negativamente può essere valutato l’aggiramento dell’art. 132 che nel prevedere forme di consultazione delle popolazioni interessate e degli enti locali, appare espressione diretta del principio democratico.

È da ritenere allora che la riforma di Roma Capitale, come quella del regionalismo cui la prima si ricollega, richiedano una più attenta ponderazione, non potendo correre su binari paralleli e non comunicanti. Occorrerebbe allora un percorso unitario, che tenga conto della complessità di programmazione, gestione e indirizzo di tutte le funzioni che la Capitale esercita, nel quadro della rete che attorno ad essa si dipana tra diversi livelli di governo.

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

18 marzo 2025

NOTE

1 G. Fontana, La disciplina di Roma capitale tra legge ordinaria e legge costituzionale, in Federalismi.it, 20 luglio 2022, 3, “un’ulteriore riforma costituzionale del già riformato art. 114 Cost. potrebbe apparire soluzione dai contorni dilatori (stante il necessario rinvio ad una successiva disciplina legislativa) oltre a tradire un uso contingente, occasionalistico e persino dannoso della revisione costituzionale“.

2 F. Fabrizzi, Roma capitale: la proposta di legge costituzionale, in Federalismi.it, cit., 3, fa presente la necessità di

commissione paritetica tra Stato, Regione Lazio e Roma Capitale, per favorire il coordinamento tra i diversi livelli territoriali di governo.

3 Si sofferma su specifiche conseguenze in termini di applicabilita di singoli istituti previsti per le Regioni a Roma Capitale G. Salerno, La proposta di revisione costituzionale dell’art. 114 Cost. Vero Roma Capitale come ente territoriale atipico? in Federalismi.it, 20 luglio 2022, 4.

4 Più in generale, ogni considerazione circa il ruolo del tutto marginale delle Camere nel modello di differenziazione, in deroga all’art. 116, comma 3, Cost., che viene prefigurato nei DDL è qui omessa, restando affidata alla sensibilità della Commissione.

5 E quella dell’art. 116, comma 3, Cost., nella misura in cui si avviasse eventualmente un procedimento di differenziazione nel rispetto della procedura in esso contemplata. Ma pare evidente che piuttosto che affidarsi alla differenziazione, o ad una differenziazione sui generis, come fanno i DDL 514, 1241, 2001, la declinazione di un più preciso status per Roma Capitale e le sue competenze con legge costituzionale meglio garantirebbe il rispetto delle richiamate norme costituzionali.

6 Il punto andrebbe tuttavia dimostrato in relazione alle specifiche funzioni da attribuire nelle materie residue tra quelle di cui all’art. 117, comma 3, sottratte quelle indicate dalla Corte come in linea di principio non devolvibili, e di cui al comma 4.

7 Su tali punti v. da ultimo anche la sentenza 10 del 2025, circa l’inammissibilità del quesito referendario

(concernente l’abrogazione della legge n. 86 del 2024), punto 10.2.

8 M. C. Romano, Roma Capitale e i regimi speciali delle capitali europee, in Diritto pubblico 2021, 308.

9 Come sottolinea G. Salerno, cit., 3.

10Nello EU Regional Competitiveness Index 2019 (consultabile sul sito web cohesiondata.ec.europa.eu) la

competitività viene valutata non solo secondo una accezione strettamente economica, ma anche in base a standard

quali benessere sociale, tutela dell’ambiente, garanzia del diritto alla salute, o livello di efficienza delle istituzioni.