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La pericolosa invasione della filosofia dell’ “operazione Grand Tour”

4 agosto 2014: Oggi il Corriere della Sera pubblica la nostra lettera e la replica di Stella. Ringraziamo il direttore De Bortoli. scarica la lettera Cs_4_8_14_Appia_Stella_Carteinregola

29 luglio  Nel corso di  un colloquio telefonico Mario Tozzi, Commissario straordinario dell’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica, ha fatto presente che le nostre obiezioni al progetto Autostrade per l’Italia/Appia Antica non sono più d’attualità, in quanto il documento di Autostrade a cui facciamo riferimento sarebbe  stato superato da sviluppi che prevedono che Autostrade non finanzi  un  proprio progetto per l’Appia, ma progetti già predisposti dalla Soprintendenza, Roma agenzia mobilità e Ente Parco.

Se così sarà, le nostre preoccupazioni saranno sicuramente ridimensionate, anche se riteniamo che l’appello dell’Associazione Bianchi Bandinelli  e varie prese di posizione  – tra cui quella di Carteinrgeola – abbiano senz’altro contribuito a un repentino cambio di rotta che ridimensiona  molto le “contropartite” ventilate da Autostrade per l’Italia fino a poco prima dello scoppaire delle polemiche….

28 LUGLIO: CARTEINREGOLA SCRIVE AL DIRETTORE DEL CORRIERE DELLA SERA ieri  su Il Fatto Quotidiano Tomaso Montanari ha dedicato  due intere pagine all’Appia Antica, alla storia della sua tutela, alla direzione del parco archeologico e anche all'”operazione Grand Tour” di Autostrade per l’Italia. Carteinregola ha scritto al Direttore del Corriere della Sera De Bortoli (scarica la Lettera in risposta ad articolo Stella 28 luglio vers. breve su Appia Antica e autostrade), chiedendone la pubblicazione. A oggi Corsera ha pubblicato  solo un altro intervento sull’argomento, quello  a sostegno del progetto del Commissario straordinario dell’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica, Mario Tozzi,  che ne è anche – a quanto pare – l’ispiratore, che scrive che  “Autostrade per l’Italia ha messo a disposizone  idee intelligenti (sic!) e tecnologie disinteressatamente“, che ritiene un “arricchimento… la cultura d’impresa” che “è anche far bene le cose, no?” (che vuol dire che invece il pubblico le fa male per forza?) e che le idee dei molti soggetti interessati “dovrebbero coincidere con uno solo, onnicomprensivo, che tenga insieme monumenti e storia, natura e ambiente, funzione e turismo“. Concordiamo con Tozzi nel dire che è un “progetto ambizioso” e  proprio per questo non riteniamo adatti come soggetti promotori  e attuatori nè Autostrade per l’Italia , nè – senza offesa  – lo stesso Tozzi, che sarà pure un commissario straordinario, ma che  ci risulta che sia stato chiamato ad  occuparsi degli aspetti naturalistici  e non del grande parco archeologico… In ogni caso ci aspettiamo che il Corriere della Sera, se non la nostra lettera, pubblichi almeno un intervento che riporti anche le ragioni di chi è contrario. O no? (scarica la Lettera Tozzi Corsera 27 luglio)

Post scriptum: “disinteressatamente” è una parola da usare con parsimonia. Non è certo disinteressato  il finanziamento da parte di privati di interventi a favore del pubblico, che è motivato dall’interesse – giusto e legittimo – di averne un ritorno di immagine. Ma in questo caso l’interesse di Autostrade per l’Italia non è solo quello di  farsi  pubblicità sponsorizzando un’operazione meritevole, ma di indossare la tuta di Nembo Kid che, grazie alle sue superiori capacità,   risolve  situazioni in cui   gli enti preposti da soli non riescono  a cavarsela. Ma – lo diciamo ancora una volta – noi crediamo che anche gli enti preposti, se forniti della provvista  economica necessaria, saprebbero  affrontare e risolvere con efficacia, tempestività e  “idee intelligenti” anche migliori  i  tanti  problemi dell’Appia Antica…

appia-anticaL’Appia Antica, il progetto di Autostrade per l’Italia e il giornalista Stella.

Se persino una grande firma come quella di Gian Antonio Stella, si schiera  (qualche giorno fa  sul Corriere della Sera ) a proposito dell’appello dell’Associazione Bianchi Bandinelli e di vari gruppi, tra cui Carteinregola,   a favore dell’intervento di Autostrade per l’Italia sull’Appia Antica,  irridendo i soliti ambientalisti che “impallinano il progetto”,  siamo fritti.

Sembra il finale del film“ L’invasione degli ultracorpi”, quando la protagonista ritrova il compagno perduto, l’unico essere umano che come lei ha resistito al sonno per impedire agli extraterrestri di impossessarsi del suo corpo, e lui le punta addosso l’indice lanciando un agghiacciante urlo alieno …(1)

Il paragone è naturalmente esagerato, ma il nostro senso di solitudine è autentico: siamo sempre più soli anche nel lanciare l’allarme su una questione che racchiude in sé una filosofia della  gestione della “cosa pubblica” che, se venisse applicata su larga scala – come ahimè, sembra stia avvenendo (2) – potrebbe avere effetti devastanti.

Perché qui, nonostante quello che si vuol far credere, non è  in ballo una decisione su chi può o meno fare opere di mecenatismo per restaurare o tutelare il patrimonio collettivo, ma una scelta assai più rilevante, che richiede la necessaria consapevolezza sul dove si sta andando a parare.

Pecunia non olet(3) dice Stella: anche noi non abbiamo niente in contrario se qualcuno decide di regalare (in cambio del giusto ritorno di immagine) risorse allo Stato per finanziare progetti meritori. Che si chiami Autostrade per l’Italia, Fiat o Toyota. E pure McDonald’s.

Quello che noi contestiamo è l’idea che il privato non metta solo i soldi, ma che possa diventare lui stesso il soggetto promotore del progetto e addirittura coordinatore del tavolo di lavoro con le soprintendenze e tutti gli enti pubblici che si occupano da tempo del parco archeologico (4)

Scrive  Stella: “ Sono decenni che il Parco dell’Appia Antica…attende una vera sistemazione, che metta ordine in un caos dove hanno spazio, oltre ai meravigliosi resti archeologici, case di cura e depositi di auto confiscate, garage del Cotral e sfasciacarrozze, centri sportivi con piscine fuorilegge e ville di miliardari col vizietto dell’abuso… “Ci chiediamo se e come il progetto di Autostrade per l’Italia possa risolvere questi problemi. L’efficiente e volenterosa società privata farà rimuovere gli sfasciacarrozze, abbattere gli abusi, spostare i garages degli autobus pubblici? Pensiamo proprio di no. Il progetto infatti prevede soluzioni che qualunque dipartimento pubblico “è in grado di” o spesso “ha già” messo sul tavolo. Perché forse non tutti sanno che da anni  funzionari e tecnici altrettanto volenterosi ammucchiano meravigliosi progetti per la valorizzazione dell’Appia , che rimangono nel cassetto perché non ci sono le risorse per realizzarli. E ci sembra che il problema sia principalmente questo, piuttosto che, come ormai va di moda dichiarare a ogni piè sospinto, la “famigerata burocrazia” (5) che anche Stella individua come l’ostacolo principale per la realizzazione del “Piano Parco” che “… a venticinque anni dalla sua fondazione è ancora in sospeso” e “…galleggia tra competenze e sensibilità diverse: i Comuni di Roma e Ciampino, la Provincia e la Regione, le Soprintendenze di Roma e del Lazio, quella archeologica, quella per i Beni architettonici e il Paesaggio, per le catacombe, la Pontificia commissione di archeologia sacra…”. Benissimo, ma cosa c’entra in tutto questo Autostrade per l’Italia?

E se  anche si rendesse necessario trovare nuovi strumenti per accelerare tempi e procedure, è agghiacciante che anziché pensare di razionalizzare le norme e rendere più efficiente l’amministrazione pubblica, si cerchi di attribuire a privati poteri e competenze per “prendere iniziative” in sostituzione degli enti preposti. Non faremo l’elenco di tutte le obiezioni che si potrebbero trovare per  una simile pratica, perché sarebbe troppo lungo:  basti citare la scarsa trasparenza dei procedimenti, l’abolizione del dialogo con la città e della partecipazione dei cittadini (peraltro stabilita per legge) e soprattutto le sterminate anomalie giuridiche che potrebbero rendersi necessarie (a partire dalle leggi europee sulla concorrenza).

E facciamo  un esempio: è vero che in Italia i processi sono troppo lenti  e spesso i cittadini non riescono ad avere la giustizia che meriterebbero (6) . Ma a nessuno verrebbe in mente di affidare a  Ferrovie dello Stato un progetto di riforma dei tribunali, in nome del fatto che darebbero  i soldi per le fotocopiatrici e che metterebbero  il know-how acquisito nel fare arrivare puntuali i treni.

Chiediamo quindi agli entusiasti sostenitori del progetto: fermatevi un momento e pensateci bene. Davvero volete aprire un nuovo capitolo nella tormentata storia della tutela dei beni culturali del nostro Paese, consegnando  le chiavi ai privati ? O  non sarebbe meglio dire ad Autostrade per Roma  che li ringraziamo per  il finanziamento  e che valorizzeremo al massimo il gesto generoso,  ma che per il progetto abbiamo già dei bravissimi soprintendenti, assessori, tecnici, archeologi, etc dell’amministrazione PUBBLICA che da tempo lavorano “sul campo” e  che ci sembra giusto che siano loro a decidere in che cosa e come investire i soldi?

Ci appelliamo quindi al privato Autostrade per l’Italia perché faccia davvero un’opera di “mecenatismo puro” offrendo alla città i 10 milioni di euro per l’Appia Antica. E al Sindaco di Roma, supremo garante dell’interesse della città e dei suoi cittadini, di impegnarsi perché il parco archeologico venga al più presto valorizzato attraverso un percorso amministrativo virtuoso, attuato con  la collaborazione e il dialogo di tutte le istituzioni e anche e soprattutto la partecipazione attiva dei cittadini.

AMBM

Terrore_dallo_spazio_profondo

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Vai all’articolo del 27 luglio de Il Fatto Roma, via Appia: regina di storia e abusi. Proposta di Autostrade: “Privatizzarla”Operazione Grand Tour vorrebbe imporre “un nuovo modello di gestione” mirato a sostituire i progetti pubblici con altri ben più commerciali, privi di una visione culturale. L’operazione sembra avere l’appoggio del ministro per i Beni culturali Franceschini di Tomaso Montanari

Vai all’articolo  Corriere della Sera 19 luglio 2014 Appia Antica: il parco salvato  da Autostrade, ma è polemica Finanziamento da 10 milioni di euro; prevista la chiusura al traffico e la valorizzazione dell’intera area archeologica. Ma le associazioni di tutela impallinano il progetto di Gian Antonio Stella

Vai al nostro articolo/comunicato del 16 luglio Un progetto per l’Appia Antica affidato alla società autostrade? con l’appello dell’ABB

La newsletter del Parco Regionale dell’Appia Antica del 17 luglio: Grand Tour Appia Antica, ecco cosa prevede: nessun metro cubo di cemento in più e al bando il trasporto su gomma (in evidente risposta all’appello)

In merito alla voci rimbalzate con insistenza sulla rete a proposito di un possibile coinvolgimento della società Autostrade per l’Italia come “mecenate” in un progetto di fruizione integrata e sostenibile dell’Appia Antica si sottolinea quanto segue:

1) la cosiddetta “operazione Grand Tour Appia Antica” non prevede in alcun modo aumenti di cubatura edilizia ma solo ed esclusivamente il recupero di spazi esistenti (spesso abbandonati e degradati) da destinare a servizi per il turismo, così come previsto dal Piano di Utilizzazione della Caffarella, dal Piano paesaggistico approvato nel 2010 e dal Piano del Parco in fase di approvazione finale alla Regione Lazio.

2) Sul fronte della mobilità non solo non è previsto alcun aumento inverosimile del “trasporto privato su gomma” ma, al contrario, l’intero progetto si basa sulla chiusura definitiva al traffico privato di tutta l’Appia Antica da Porta San Sebastiano a Frattocchie.

3) Non è prevista alcuna cabina di regia unica dell’Appia Antica (anche perché vale la pena di ricordare che caso mai già esiste un Ente di gestione del Parco dell’Appia Antica) e tanto meno le Soprintendenze sono esautorate dal loro ruolo o delegittimate. Al contrario le Soprintendenze sono e saranno direttamente protagoniste nell’eventuale sviluppo del progetto. Non si riscontra per altro nessuna rimostranza ufficiale da parte delle stesse Soprintendenze.Infine l’intero progetto sarebbe finanziato in termini di mecenatismo puro. Esattamente come quello che è accaduto per la Piramide Cestia, con percorso da tutti ritenuto esemplare.

4) L’unico vero obiettivo di un’ eventuale “operazione Grand Tour” è (e sarà) quello di dare ai cittadini di tutto il mondo l’opportunità di vivere un’esperienza unica nella Campagna Romana. Dal Colosseo a Frattocchie, dagli Acquedotti a Tormarancia, da Tor Fiscale alla Caffarella passando per le Tombe Latine; il tutto a piedi o in bicicletta e/o con il supporto di un circuito di navette elettriche nei tratti di raccordo; bike sharing; enogastronomia a km 0; biglietto integrato. Perché no?

Roma, 17 luglio 2014 Ufficio Stampa Parco Regionale Appia Antica

> vedi l’articolo di Maria Pia Guermandi del 20 luglio Lo Stato sull’Appia

> Vedi l’articolo di Paolo Berdini La valorizzazione? Non è un punto ristoro di Paolo Berdini   18 Luglio 2014

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(1)  per l’esattezza si tratta di una scena del remake del classico del 1956 L’invasione degli ultracorpi. Terrore dallo spazio profondo (Invasion of the Body Snatchers) , del 1978,  con Donald Shuterland e diretto da Philip Kaufman

(2) Si veda anche il Comunicato dell’Associazione Bianchi Bandinelli del 21 luglio 2014 sulla riforma del Ministero http://www.bianchibandinelli.it/2014/07/21/21-luglio-2014-comunicato-abb-sulla-riforma-del-ministero/

(3) “Il denaro non ha odore”

(4) sciogliamo una volta per tutte un equivoco che, come in questo caso, può avere ricadute deleterie: quando parliamo di “Parco dell’Appia Antica” ci riferiamo al complesso archeologico-paesaggistico, non alla riserva naturale (un po’ come quando si parla di “Parco della Musica” a proposito dell’Auditorium). Il Parco dell’Appia Antica è uno dei più importanti complessi monumentali e archeologici non solo d’Italia ma del mondo, da sempre gestito – e spesso difeso con grande caparbietà – dalla Soprintendenza del Parco dell’Appia. E quindi l’aspetto naturalistico – per quanto rilevante – non è il tema principale dell’area, né l’Ente parco, diretto dal geologo-conduttore TV Tozzi, a quanto pare “sponsor” dell’iniziativa di Autostrade, non dovrebbe a nostro avviso essere  il soggetto deputato a prendere  iniziative  che investono campi assai più vasti e specialistici…

(5) E le storture della burocrazia, in realtà, non dipendono tanto da chi applica le norme, quanto da chi tali norme ha elaborato e approvato, cioè il governo e/o il parlamento, senza curarsi di renderle efficaci, facilmente applicabili e scevre da ogni ambiguità (anche perché le formule sibilline danno a tanti ampi margini di manovra).

(6) Anche perché spesso i provvedimenti varati per sveltire i tempi dei processi sembrano   fatti apposta per allungarli

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 Un progetto per l’Appia Antica affidato alla società autostrade?

appia-antica

Pubblichiamo e sottoscriviamo l’appello promosso dall’Associazione Bianchi Bandinelli e altri gruppi, contro l’accordo tra Autostrade per l’Italia e Mibact per un progetto che riguarda  l’Appia Antica, per avviare quella che il quotidiano  Il Tempo (1) definisce un””operazione di mecenatismo” che “rafforzerebbe l’identità del gruppo e della sua vocazione alla gestione di corridoi stradali vitali per l’economia del Paese...”

Ma l’Appia Antica non è una strada, è un ponte tra il passato e il presente, uno dei paesaggi più suggestivi del mondo, un pezzo importante del patrimonio collettivo della nostra città che dovrebbe essere protetto e valorizzato dalle Soprintendenze, non affidato alla società autostrade… E la si può mettere come si vuole, battezzare il progetto “Grand Tour“, appellarsi all’ “epoca di tagli feroci che in nome del rigore colpiscono tutti i capitoli di spesa del bilancio pubblico” , assicurare “un pacchetto di investimenti sulla mobilità compatibile con i valori dell’ambiente“,  ventilare  “mezzi elettrici e bike sharing in grande scala” , che ormai sono il mantra di ogni nuovo progetto,  assicurare la “promozione per valorizzare pienamente i gioielli artistici e naturalistici dell’area“. Ma la sostanza resta questa: si continuano a sottrarre competenze e vigilanze agli enti preposti,  che – con tutti i limiti – sono uffici pubblici, che devono rendere conto ai cittadini delle proprie  scelte e attività – per promuovere accordi diretti con privati, che passano sulla testa di tutti. E ci si potrebbe chiedere: a che titolo Autostrade per l’Italia dovrebbe proporre un suo progetto a  enti (soprintendenze, dipartimenti comunali  e quant’altro) che da anni hanno progetti – costati  tempo, soldi e fatica-  rimasti nel cassetto perchè mancavano i fondi per realizzarli? Se il gruppo Autostrade vuol mettere il suo marchio sui biglietti  e sui sellini delle bici, faccia come l’imprenditore giapponese, Yuzo Yagi, che ha finanziato con due milioni di euro il recupero della Piramide di Cestio accontentandosi di un semplice “grazie” (2). Anche perchè questa è l’unica forma di mecenatismo autentico. Quella prospettata dall’articolo del Tempo la chiameremmo invece “progetto economico pubblico/privato”, che come tale dovrebbe sottostare alle norme europee sulla libera concorrenza e  quindi prevedere delle gare di evidenza pubblica.

E  si tratterebbe  comunque  di una forma di privatizzazione, e soprattutto di estromissione della città pubblica dalle scelte che la riguardano. Come ultimamente, a livello nazionale, va sempre più di moda…

 

Appello

Contro l’accordo per l’Appia Antica fra ministero Beni culturali e società Autostrade per l’Italia

«Il Tempo» del 9 luglio* dà notizia dell’Operazione Grand Tour per l’Appia Antica che la società Autostrade per l’Italia propone al ministero per i Beni culturali. Un’operazione inverosimile con la quale la società si candida a definire il progetto e a contribuire a un nuovo modello di gestione dell’Appia Antica affidato a un’unica cabina di regia.

Si conferma in tal modo la strategia cara al ministro Dario Franceschini di depotenziare le soprintendenze, sottomettendole di fatto a soggetti estranei al mondo istituzionale, alla cultura e alla ricerca.

Ci riserviamo di entrare punto per punto nel merito della proposta, limitandoci per ora a denunciarne l’aspetto più sconcertante: la mobilità privata su gomma come elemento irrinunciabile e caratterizzante dell’Appia Antica. La società è pronta a mettere a disposizione le proprie tecnologie autostradali, realizzando attività di comunicazione e marketing, punti di ristoro, laboratori e mostre.

La società Autostrade fa il suo mestiere e si comprende il suo interesse a occuparsi di un luogo di eccellenza. Sorprende invece il ministero per i Beni culturali, in primo luogo perché la regina viarum la si percorre a piedi, in bicicletta, a cavallo, in carrozza, con qualche bus elettrico, ma soprattutto perché delegittima le proprie strutture che, da tempo, e proprio sull’Appia Antica, hanno costruito spazi pubblici straordinari, apprezzati da cittadini e turisti.

In nome di Antonio Cederna, l’uomo cui si deve la salvezza dell’Appia Antica e la modernità della sua concezione, ci opponiamo con determinazione all’accordo Beni culturali società Autostrade e, in nome di Antonio Cederna, lanciamo un appello a quanti in Italia e nel mondo civile non sono disposti a barattare la storia e la cultura per un piatto di lenticchie.

Roma, 14 luglio 2014

Associazione Bianchi Bandinelli, Comitato per la Bellezza, Salviamo il paesaggio, Italia Nostra Roma, Rete dei comitati per la difesa del territorio, Eddyburg, Carteinregola, Comitato Fuori Pista

Il testo dell’appello è anche sul sito ABB http://www.bianchibandinelli.it/2014/07/15/14-luglio-2014-comunicato-congiunto-contro-laccordo-mibact-austostrade-per-litalia-per-lappia-antica/

(1) IL Tempo 9 luglio 2014 E alla fine Autostrade imboccò l’Appia Antica La società che gestisce i pedaggi investe fondi per riqualificare la celebre via romana

Autostrade imbocca l’Appia Antica, non per percorrere una delle prima arterie ad alto scorrimento della storia, ma per soccorrerle a valorizzarla. Il gruppo, che possiede il grosso delle concessioni autostradali italiane, è in trattative con il ministero dei Beni e delle attività culturali per un’operazione di mecenatismo che coinvolgerà l’antico tracciato.

Un lavoro lungo e laborioso per far trarre il massimo beneficio a tutte le parti in causa. E in particolare al dicastero, guidato da Enrico Franceschini, che potrà contare su un sostegno finanziario cospicuo e su know-how tecnologico per valorizzare la strada inserita nel parco archeologico e ambientale omonimo. Le risorse messe in campo dal gruppo guidato dall’ad Castellucci sono preziose per la valorizzazione dell’area in un epoca di tagli feroci che in nome del rigore colpiscono tutti i capitoli di spesa del bilancio pubblico. Cultura compresa.

Secondo quanto Il Tempo è in grado di anticipare il programma che ha già un nome, Grand Tour, prevede un pacchetto di investimenti sulla mobilità compatibile con i valori dell’ambiente, dunque spazio ai mezzi elettrici e al bike sharing in grande scala, ma anche le attività di promozione per valorizzare pienamente i gioielli artistici e naturalistici dell’area. E ancora l’estensione della Ztl (Zona a traffico limitato) per abbassare l’impatto dei veicoli sull’antico basolato, e varchi elettronici per monitorare le attività nei tratti più sensibili. Non solo. Nel progetto, ancora in fase di assemblaggio, sono previsti anche il rafforzamento dei punti turistici e di accoglienza per i visitatori, aree attrezzate di ristoro e biglietti integrati con i monumenti della zona dei Fori.

Insomma una rivoluzione che investirà tutta la strada antica almeno fino alla zona delle Frattocchie e dunque ai piedi dei Castelli. I temi affrontati nei colloqui sono quelli del traffico e della mobilità ma anche il collegamento con aree marginali al parco per consentire la migliore fruizione turistica, anche in vista dell’Expo 2015 e del richiamo che la Città eterna eserciterà sui milioni di turisti in arrivo.

Le laboriose trattative tra tutte le istituzioni che operano sul parco urbano: Regione, Comune, Ministero, Soprintendenze e perfino lo stato Vaticano starebbero per arrivare, dunque, al rush finale. E le perplessità in fase di superamento negli uffici di Franceschini. Anche se non è ancora stato chiarito l’importo del contributo che Atlantia metterebbe sul piatto, l’arrivo di Società Autostrade per l’Italia e la mano tesa per risanare e valorizzare l’Appia Antica ha riscosso l’interesse del ministro che ha già scommesso sull’«art bonus», per invogliare privati e aziende a investire sul patrimonio culturale del Paese.

Dal canto suo la società concessionaria otterrebbe uno straordinario ritorno di immagine per il suo marchio. Legare l’attività che svolge oggi con la sponsorizzazione attiva di una delle prime arterie commerciali della storia dell’uomo rafforzerebbe l’identità del gruppo e della sua vocazione alla gestione di corridoi stradali vitali per l’economia del Paese. Un progetto a cui l’azienda guidata da Castellucci pensa forse da tempo. O che comunque è già scritto nel suo Dna: sulla bretella che collega la Roma-Firenze alla Roma Napoli un cartello segnala l’attraversamento dell’Appia con la scritta: «La prima autostrada della storia».

Filippo Caleri

(2) http://buonenotizie.corriere.it/2014/03/29/la-piramide-salvata-con-un-grazie/ La piramide salvata con un grazie 29 MARZO 2014 | di

Un imprenditore giapponese, Yuzo Yagi, ha finanziato con due milioni di euro il recupero della Piramide di Cestio, a Roma. Così, finalmente, è stato possibile restaurare uno dei più insigni monumenti legati all’egittomania scoppiata nell’Urbe all’epoca di Augusto: pochi giorni fa, Yagi ha visitato l’esemplare cantiere, e la fine dei lavori è prevista per il novembre di quest’anno. Già così sarebbe un’ottima notizia. Ma diventa letteralmente esemplare quando si esaminano i dettagli dell’operazione, e soprattutto quando si conoscono le richieste dell’imprenditore orientale.

Nel 2010 questi contattò il Ministero per i Beni Culturali chiedendo di poter contribuire a restaurare un pezzo di Roma antica. Non aveva preferenze, mister Yagi: chiedeva di essere utile. E al Mibac hanno avuto l’intelligenza di affidarlo a una delle nostre migliori funzionarie: l’archeologa Rita Paris, esemplare direttore del Museo Nazionale Romano e angelo custode dell’Appia. È da questo incontro che è nata l’idea di non concentrarsi sui più ovvi luoghi da cartolina, ma di indirizzare questa insperata risorsa dove c’era più bisogno: e quando Yagi ha scoperto che a Roma c’è anche un po’ di Egitto, se n’è subito innamorato ed è stato felice di dare un milione. Ma non basta: la soprintendenza archeologica è stata così brava da finire questo primo lotto di restauro con ben 150 giorni di anticipo. E poi è stata così premurosa da comunicare a Yagi che con un altro milione tutta la Piramide sarebbe potuta tornare candida: una spiegazione così convincente che nel dicembre del 2013 si è stipulato il secondo contratto.

Contratto – e questo è il cuore di tutta la storia – che non prevede alcuna contropartita, se non un pubblico ringraziamento e una targa vicina alla (e non sulla) Piramide. Avete capito bene: quando il Mibac ha chiesto al signor Yuzo Yagi cosa volesse in cambio, si è quasi offeso. In effetti, aveva detto a chiare lettere che voleva donarli, quei soldi: ma da noi in Italia va di moda confondere il mecenate e lo sponsor.

Una confusione tipica di quello che Salvatore Settis chiama il «patriottismo for profit», un affollato ‘movimento culturale’ il cui motto è che «il patrimonio culturale si salva solo con i privati». Un motto ambiguo, che mescola e confonde mecenati e sponsor, donazioni e gestione, imprese e terzo settore, concessioni e volontariato. Invece, è importante distinguere: un conto è chi vuol donare qualcosa alla collettività, un conto chi vuole guadagnare associando al proprio marchio un valore immateriale (l’immagine del Colosseo, per dirne una) che appartiene alla collettività. E mentre discutiamo dei limiti entro i quali possiamo pensare ad accettare le sponsorizzazioni, le concessioni e altre forme di privatizzazione, potremmo forse cominciare a incentivare il vero mecenatismo con una legislazione simile, per esempio, a quella francese. Se lo Stato italiano facesse la sua parte, cioè se assolvesse ai suoi doveri tutelando davvero il paesaggio e patrimonio della nazione, potrebbe poi promuovere credibilmente una campagna culturale e fiscale per suscitare un vero mecenatismo: che non puoi mai essere sostitutivo, o suppletivo, ma semmai aggiuntivo.

Il contrario, insomma, di ciò che accade ora: quando uno Stato col cappello in mano è costretto a svendere il valore immateriale – e cioè la funzione civile – del patrimonio a sponsor in cerca di contropartite che nessun paese occidentale concederebbe. Esistono in Italia dei mecenati? Esistono: l’americano David W. Packard, che per salvare Ercolano ha creato il Packard Humanities Institute, «fondazione filantropica, con lo scopo di sostenere lo Stato Italiano, attraverso la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, nella sua azione di salvaguardia di questo fragile sito archeologico, dal valore inestimabile». O Isabella Seragnoli, che a Bologna sostiene discretamente il rapporto tra arte e società. E il nostro Yuzo Yagi, naturalmente. E come loro ne esistono certo ancora altri: ma pochissimi. Per non parlare di un mecenatismo diffuso, dal basso. Il Louvre ha lanciato la raccolta di fondi per il restauro della Nike di Samotracia con lo slogan «Tous mècénes», tutti mecenati: e in quattro mesi ha messo insieme un milione di euro attraverso 6700 donatori, i cui nomi si possono leggere in internet. In Italia, invece, non c’è traccia di un crowdfunding organizzato e articolato che possa contribuire non a espropriare, ma invece, a restituire il patrimonio ai cittadini. Ma nessuno dona volentieri il proprio denaro a un’impresa altrui: i newyorkesi, generosi con il Metropolitan Museum o con Central Park, non lo sarebbero ovviamente con la General Electric. E dunque una simile svolta potrebbe avvenire solo esaltando il valore morale, e non già economico, di quel patrimonio. Imboccando la via del patrimonio come «petrolio d’Italia» ci siamo preclusi quella del patrimonio come bene comune.

Ma non è tardi per cambiare strada, e il sorriso timido di questo imprenditore giapponese potrebbe e dovrebbe ispirarci a farlo. Come ha detto Rita Paris, intervenendo al recente convegno promosso dall’Associazione Bianchi Bandinelli su Archeologia e città a Roma: «Eventuali privati che vogliano sostenere con contributi economici il patrimonio possono collaborare a una graduale,  importante rivoluzione culturale. Oltre a contribuire alla conservazione di una parte fondamentale del patrimonio dell’umanità possono partecipare ad innalzare il livello civile della città, a rendere l’Italia un punto di riferimento mondiale per nuovi temi e innovazioni. Questo deve accadere non per la carenza di risorse dell’amministrazione pubblica, ma per consentire anche a privati di partecipare a una grande impresa culturale, che s’intende sempre di esclusivo interesse pubblico e condotta con le modalità della gestione della cosa pubblica (come è avvenuto per la Piramide di Caio Cestio)».

 

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