La Regione Lazio ci ripensa sul silenzio/assenso per le edificazioni nelle aree protette
Autore : Redazione
Dal sito parchilazio.it
Difficile valutare globalmente l’operato di un’Amministrazione locale. Ma le leggi o le modifiche normative che vara nel campo dell’urbanistica e della tutela ambientale sono sicuramente un indicatore significativo. Non solo della maggioranza che le approva ma anche dell’opposizione che dovrebbe sottoporle a una pignola disamina. A ottobre, come segnalato da un articolo del Fatto Quotidiano, il Consiglio regionale aveva approvato un emendamento che introduceva addirittura il “silenzio- assenso” per le edificazioni nelle aree protette, poi impugnato dal Governo davanti alla Corte Costituzionale. Adesso abbiamo appreso che la legge regionale è in corso di parziale modifica…
Quattro anni e mezzo fa Carteinregola era impegnata in un Presidio alla Pisana contro il Piano Casa ereditato dalla Polverini (per la parte edilizia), poi prorogato dal Consiglio regionale fino al gennaio 2017 (1). Le conseguenze hanno cominciato a essere drammaticamente note ai più a cavallo del 2017/2018, con decine di progetti, molti di abbattimento e ricostruzione, che riguardano villini nella città storica (2). Poi è stata la volta della Legge della Rigenerazione urbana approvata dalla Regione Lazio l’11 luglio 2017, di cui abbiamo più volte segnalato le criticità, chiedendo in particolare – finora inutilmente – al Presidente Zingaretti che si rimettesse mano al testo, quantomeno per modificare l’art. 6, che secondo l’ INU, Istituto Nazionale di Urbanistica (3) al contrario degli altri articoli della Legge, che prevedono che gli interventi “devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti)” prevede interventi diretti la cui “attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare”. Una sorta di “mini Piano casa” incistato nella Legge regionale per la rigenerazione urbana tuttora vigente (4).
Il 5 ottobre scorso un articolo di Vincenzo Bisbiglia su Il fatto quotidiano (5) segnalava che nel “Lazio, per costruire nelle aree protette basterà silenzio-assenso della Regione“, grazie a “un emendamento al bilancio approvato l’8 agosto nella Commissione guidata dal consigliere Pd Marco Vincenzi e recepito la scorsa settimana a maggioranza dall’Assise della Pisana“. Ed effettivamente il sito del Consiglio regionale riportava la notizia di un emendamento dell’Assessore Santore approvato già in Commissione Bilancio(6) “volto a far esaminare i piani al Consiglio regionale che poi però ha 120 giorni di tempo per approvarli”. Scriveva Bisbiglia: “il provvedimento va a modificare l’articolo 26, comma 4, della legge regionale 29/1997 sul piano di assetto delle aree naturali protette, dettando i tempi a Giunta, commissione e consiglio, che hanno rispettivamente, tre, tre e quattro mesi “decorsi i quali il piano si intende approvato“. Il giornalista del Fatto faceva anche un esempio, il piano di riassetto della Tenuta regionale dell’Acquafredda , che “prevede l’edificazione su 60 ettari di proprietà dell’Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica di circa 180.000 metri cubi “a scopo socio-sanitario” per la “valorizzazione di terreni di proprietà dell’ente ecclesiastico”. Un intervento che qualcuno giudica al limite della legittimità vista l’impossibilità di edificare all’interno delle aree naturali regionali come da legge 29/1997. Eppure, ha già iniziato il proprio iter e beneficerà della nuova norma, arrivando ad approvazione con il “silenzio-assenso” qualora non dovesse mai essere calendarizzato“.
Ci aveva poi pensato il Governo, con 21-12-2018, a impugnare davanti alla Corte Costituzionale (7) alcuni commi/articoli dellaLegge della Regione Lazio n.7 del 22-10-2018 “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale”, tra i quali quello del silenzio/assenso (8)
Adesso apprendiamo dal sito del Consiglio regionale (9) che la commissione Agricoltura e ambiente, presieduta da Valerio Novelli (M5s) ha espresso parere favorevole condizionato, alle modifiche all’art. 7 della legge n. 116 del 2019 (10): “il piano delle aree naturali protette della Giunta regionale, non si intende più approvato entro tre mesi per effetto del silenzio assenso ma prevede un termine per il parere espresso dall’aula“. In pratica dal testo “Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi centoventi giorni” è stato tagliato “decorsi i quali il piano si intende approvato”.
Una marcia indietro sacrosanta, che avrebbe dovuto avvenire ben prima dell’impugnazione del Governo: anzi, che non avrebbe mai dovuto avvenire, perchè una tale fattispecie normativa non avrebbe dovuto essere nemmeno inserita in una legge regionale. Tuttavia restano ancora in vigore gli altri commi e articoli della stessa legge, ugualmente impugnati dal Governo (7)
Ci auguriamo che ora il Consiglio regionale approvi la modifica al più presto, rimettendo mano anche agli altri articoli impugnati, e anche alla Legge di Rigenerazione urbana approvata nel luglio 2017, cancellando il famigerato art. 6 (3)
(23 marzo 2019)
AMBM
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(1) La proroga è stata approvata con il voto unanime della maggioranza (Pd, Sel, Lista e Listino Civico) e il voto contrario delle opposizioni (M5s, La Destra, Fi-Pdl, Nuovo Centro Destra, Lista Buongiorno- Udc, Fdi) > Vedi Piano Casa e Legge di rigenerazione urbana, cronologia materiali
(3) Il 19 marzo 2018 L’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) del Lazio pubblica un documento approvato dal suo direttivo che riassume i rischi a cui sono esposti i quartieri storici realizzati a Roma a partire dall’Unità d’Italia, e in particolare i villini realizzati nella prima metà del secolo scorso, a causa del vecchio Piano casa – dall’INU a suo tempo fortemente avversato, sia nella versione Polverini, sia nella versione Zingaretti – e anche a causa della nuova Legge per la rigenerazione urbana approvata dal Consiglio regionale nel luglio scorso. L’istituto di urbanistica chiede una “modifica della LR 7/2017 che, per gli interventi diretti di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione con ampliamento (fino al 20%) previsti all’art. 6 della legge” in quanto , “mentre nei precedenti articoli della LR – art. 2 (programmi di rigenerazione urbana), art. 3 (ambiti di riqualificazione e recupero edilizio), art. 4 (cambio di destinazioni d’uso) e art. 5 (miglioramento sismico ed efficientamento energetico) – gli interventi devono essere preceduti da una valutazione di merito del Comune (approvazione di programmi, definizione di ambiti, approvazione di varianti), nel caso degli interventi diretti previsti all’art. 6 l’attuazione “sempre consentita” è rimessa alla sola decisione della proprietà immobiliare“. L’INU avanza anche alcune proposte per impedire lo stravolgimento dei tessuti storici della Capitale alla Regione Lazio, e a Roma Capitale (> vai al documento)
Proposta di deliberazione consiliare n. 26 del 4 gennaio 2019 concernente: “Approvazione del piano territoriale paesistico regionale ai sensi degli articoli 21, 22 e 23 della Legge regionale 6 luglio 1998, n.24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico) e successive modifiche e degli articoli 135, 143, 156 e 141 bis del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art.10 della Legge 6 luglio 2002, n.137) e successive modifiche
(6) (Commissione bilancio 2 agosto 2018) Legge per la semplificazione: approvati gli articoli fino al 7 compreso (…) Approvati anche altri sei articoli del provvedimento, “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale”, con vari emendamenti. L’articolo 2 semplifica la normativa in materia di risorse forestali e agricoltura, per consentire rapidamente il recupero delle aree interessate da incendi. L’articolo tre invece detta nuove disposizioni in materia di approvazione dei Piani di assetto delle aree naturali protette. In particolare, dopo ampia discussione, l’assessore Sartore ha presentato un emendamento volto a far esaminare i piani al Consiglio regionale che poi però ha 120 giorni di tempo per approvarli.
1) L’articolo 5, comma 1, numero 2, lett. g), della Lr. n. 7 del 2018, nel modificare il comma 4 dell’articolo 26 (Piano dell’area naturale protetta), della l.r. n. 29 del 1997, prevede che:
“4. Il piano adottato ai sensi dei commi precedenti è depositato per quaranta giorni presso le sedi degli enti locali interessati e della Regione. L’ente di gestione provvede, con apposito avviso da pubblicare su un quotidiano a diffusione regionale, a dare notizia dell’avvenuto deposito e del relativo periodo. Durante questo periodo chiunque può prenderne visione e presentare osservazioni scritte all’ente di gestione, il quale esprime il proprio parere entro i successivi trenta giorni e trasmette il parere e le osservazioni alla Giunta regionale. Entro tre mesi dal ricevimento di tale parere la Giunta regionale, previo esame, da effettuarsi entro il limite di tre anni, della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l’approvazione. Trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente, la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’Aula ai sensi dell’articolo 63, comma 3 del regolamento dei lavori del Consiglio regionale. Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano si intende approvato”.
Tale modifica, nel porre una tempistica certa all’iter di approvazione dello strumento pianificatorio, consente lo svolgimento delle attività istruttorie di esame e valutazione dello stesso da parte del Consiglio Regionale, ma lascia alla Giunta regionale, la possibilità – trascorsi i termini – di pervenire all’approvazione, introducendo, di fatto, un vero e proprio meccanismo procedurale di silenzio assenso che si pone in contrasto con le disposizioni specifiche stabilite dal legislatore statale con la legge n. 394 del 1991 all’articolo 25, comma 2, laddove è espressamente previsto che il “piano per il parco è adottato dall’organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione”.. In virtù della disposizione previste dall’articolo 25 della legge quadro sulle aree protette il Piano del parco deve dunque essere approvato formalmente dalla regione, con la conseguenza che il neointrodotto meccanismo del silenzio assenso disattende, di fatto, tale previsione normativa, ponendosi in violazione dei principi fondamentali individuati dal legislatore statale in nonna primaria.
Infatti, come ripetutamente statuito dalla Corte Costituzionale con le sentenze: n. 315 e n. 193 del 2010, n. 44, n, 269 e n. 325 del 2011, n. 14 del 2012, n. 212 del 2014 e n. 36 del 17 febbraio 2017, la disciplina delle aree protette rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» ex art. 117, secondo comma, lettera s), ed è contenuta nella legge n. 394 del 1991 che detta i principi fondamentali della materia, ai quali la legislazione regionale è chiamata ad adeguarsi, assumendo anche i connotati di normativa interposta.
La stessa Corte costituzionale nell’ambito di diversi pronunciamenti (sentenza n. 408 del 1995) fa salva la previsione del silenzio-assenso in riferimento ad attività amministrative nelle quali sia pressoché assente il tasso di discrezionalità, mentre non ritiene possibile la trasposizione di tale modello nei procedimenti ad elevata discrezionalità nell’ambito dei quali si può certamente sussumere quello di adozione del piano del parco previsto all’articolo 25, comma 2 della legge n. 394 del 1991.
Tale assunto sancito dalla Corte viene rafforzato proprio dalla vigenza del principio opposto che esige la pronuncia esplicita dell’Amministrazione competente, atteso che l’istituto del silenzio-assenso è ammissibile in riferimento ad attività amministrative nelle quali sia pressoché’ inesistente il tasso di discrezionalità.
In sostanza il legislatore (supportato dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa) è stato in passato molto cauto nel disciplinare la possibile formazione di autorizzazioni tacite, tanto che oggi ha generalmente limitato il ricorso a procedure di silenzio-assenso in special modo in campo ambientale (cfr. art. 20 della legge n. 241 del 1990).
Il meccanismo, pertanto, di formazione tacita dell’atto di assenso strictu sensu considerato, oltre che non cautelativo sotto il profilo del contemperamento degli interessi ambientali in gioco, non può prescindere da un soppesato e coerente apparato motivazionale che, in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione, necessariamente dovrà tradursi in una manifestazione espressa dell’amministrazione.
Ne consegue che il procedimento di approvazione del Piano dell’area protetta (principale strumento di governo del territorio delle aree naturali protette) attraverso il meccanismo del silenzio assenso introdotto con l’articolo 5 lettera g), punto 2) e 3) della legge regionale 22 ottobre 2018, n. 7, viola le disposizioni della n. 394 del 1991 (art. 25, comma 2), ponendosi in contrasto con l’art. 97 Cost. per il mancato rispetto del principio di buon andamento dell’amministrazione per i profili dianzi accennati, nonché con l’art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., ovvero con i livelli minimi uniformi previsti dalla legislazione statale nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente.
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Il Governo ha anche impugnato, della stessa legge:
Il punto i) del comma 1 dell’articolo 5 della l.r. n. 7 del 2018, introduce all’articolo 31 (Sviluppo delle attività agricole) della Lr.29 del 1997 il comma 1 bis
L’articolo 5, comma 1, lett. i), punto 7, della l.r. n. 7 del 2018, reca talune modifiche al comma 2bis dell’articolo 31 (Sviluppo delle attività agricole) della L.r. 29 del 1997
Le modifiche all’art. 7 prevedono il parere espresso del Consiglio regionale.
13/03/2019 – La commissione Agricoltura e ambiente, presieduta da Valerio Novelli (M5s) ha espresso parere favorevole condizionato, alle modifiche all’art. 7 della legge n. 116 del 2019, apportate dalla commissione bilancio, ai sensi del Regolamento dei lavori del Consiglio regionale, concernente “Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure correttive di leggi regionali varie”.
In sostanza, nelle osservazioni apportate all’art. 7 il piano delle aree naturali protette della Giunta regionale, non si intende più approvato entro tre mesi per effetto del silenzio assenso ma prevede un termine per il parere espresso dall’aula. Infatti, nell’articolo modificato si legge: “previo esame da effettuarsi entro tre anni da parte della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, la giunta regionale entro tre mesi dal ricevimento dell’atto conclusivo di tale esame apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l’approvazione. Trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla Commissione consiliare competente, la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’aula secondo il regolamento del Consiglio regionale. Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta entro i successivi 120 giorni”.
La proposta di legge si compone di 8 articoli e reca disposizioni in materia di carattere finanziario, è infatti attualmente in esame in commissione bilancio.
Erano presenti: Laura Cartaginese (Forza Italia), Rodolfo Lena (PD), Daniele Ognibene ( Liberi e uguali nel Lazio), Gaia Pernarella ( M5s), Gianluca Quadrana (Lista civica Zingaretti). A cura dell’Ufficio stampa del Consiglio Regionale del Lazio