Aggiornamento del 5 novembre 2024: il l Tribunale di Piacenza ha accolto il reclamo della società privata che doveva costruire il parcheggio (il Comune si era costituito accanto alla ditta) contro l’ordinanza emessa dal giudice Antonino Fazio che aveva stabilito il divieto di abbattere i quindici alberi accogliendo il ricorso d’urgenza presentato da Legambiente e residenti della zona. La motivazione nella conclusione: “La mancanza di adeguata descrizione della perdita dei benefici ambientali che derivano dalla presenza della attuale dotazione arborea della piazza, unitamente alla mancata prospettazione di un concreto rischio sanitario, impedisce di apprezzare positivamente il ricorso anche sotto tale profilo” vedi Accolto il ricorso di “Pc Parcheggi”, gli alberi di piazza Cittadella si possono tagliare
(30 ottobre 2024) Nella storica Piazza Cittadella a Piacenza l’amministrazione comunale aveva previsto di eliminare 15 alberi per costruire un grande parcheggio sotterraneo, ma una sentenza del tribunale civile del 24 settembre, in seguito al ricorso delle associazioni ambientaliste, ha ordinato alla ditta di astenersi «dall’abbattere gli alberi di alto fusto e da ogni condotta idonea a danneggiarli». Il giudice ha infatti criticato il concetto di «verde come costo» e la scelta di sostituire «le piante con piantine, senza valutazione dell’impatto sull’atmosfera e sulla temperatura», con l’aggravante della presenza di scuole nelle vicinanze, che saranno danneggiate dalla mancanza di alberi (e dall’aumento di auto). Per poi concludere «questo è un procedimento che in un paese civile non sarebbe stato concepibile. Il bilanciamento degli interessi appare insufficiente, poco lungimirante, pericoloso, anacronistico, miope. (…) La tutela dell’ambiente nell’interesse delle generazioni future, come impone (non suggerisce) la Costituzione, non dovrebbe rendere necessarie iniziative giudiziali. Così non è stato, è un segno dei tempi, e non è un bel segno»* La disamina approfondisce anche le motivazioni per la tutela delle alberature e le carenze dell’iter amministrativo. In attesa di ulteriori sviluppi nella vicenda giudiziaria (sono previsti 60 giorni per l’eventuale introduzione del giudizio di merito) pubblichiamo l’indice e un ampio stralcio della sentenza, e mettiamo a disposizione il testo integrale in download (scarica la sentenza) (AMBM)
30 ottobre 2024
Sentenza del Tribunale Civile di Piacenza in seguito al ricorso degli ambientalisti in difesa delle alberature che sarebbero state abbattute per la realizzazione di un parcheggio interrato – N. R.G. 1439/2024 TRIBUNALE ORDINARIO di PIACENZA SEZIONE CIVILE
INDICE
1.Oggetto del procedimento (pag.3)
2.Giurisdizione (sussistenza) (pag. 4)
3.Ammissibilità della domanda
3.1.Ammissibilità della tutela cautelare atipica in ragione della editio actionis (problema
del rapporto con il giudizio di merito) (pag. 8)
3.2. Ammissibilità della domanda di provvedimento cautelare atipico in aggiuntaall’inibitoria (pag. 9)
3.3. Ammissibilità della tutela cautelare atipica in ragione della situazione giuridica fattavalere (legittimazione attiva) (pag. 9).
4.Fumus boni iuris
4.1.L’ambiente e il diritto alla salute (artt. 9 e 32 Cost.) (pag. 14)
4.2. La tutela dell’ambiente come limite all’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.)(pag. 16)
4.3.Le fonti internazionali (pag. 18)
4.4.La giurisprudenza comunitaria (pag. 21)
4.5. La tutela dell’ambiente come limite all’azione amministrativa (artt. 3 e 97 Cost.) (pag.23)
5.Profili problematici.
5.1. Tutela inibitoria e pregiudiziale amministrativa, con particolare riferimento allacertezza del diritto e all’inoppugnabilità (pag. 27)
5.2. Regime giuridico dell’atto amministrativo contrario al diritto europeo per illegittimitàoriginaria o sopravvenuta (pag. 30)
5.3.Certezza del diritto e disapplicazione ex artt. 4 e 5 L.A.C. (pag. 32)
6.Profili strutturali dell’azione inibitoria nelle private climate litigations(pag. 36)
7.La valutazione di impatto ambientale nei documenti prodotti (pag. 39)
8.Periculum in mora
8.1.Il danno ambientale sotto il profilo paesaggistico (pag. 42)
8.2.Il danno ambientale sotto il profilo della salubrità dell’aria (pag. 46)
8.3.Il danno ambientale sotto il profilo climatico (pag. 57)
9.Conclusioni (pag. 58)
10.Dispositivo (pag. 59)
6. Profili strutturali dell’azione inibitoria nelle private climate litigations.
[LE EVIDENZIAZIONI SONO DI CARTEINREGOLA]
Le considerazioni sin qui svolte consentono di affrontare adesso la specificità dell’azione inibitoria incardinata. Come si vede – ed è questo il tema di indagine demandato dal ricorso cautelare – qualora le modalità di esecuzione di un’opera pubblica possano recare un pregiudizio all’ambiente (nelle sue diverse declinazioni) occorre che ciò sia conseguenza di un equo bilanciamento degli interessi in gioco, e che – per evitare di esporre lo Stato e le sue Istituzioni a responsabilità sia verso i privati sia verso le Istituzioni sovranazionali – non emergano profili di negligenza, trascuratezza, superficialità nell’azione amministrativa su cui grava non una mera raccomandazione o auspicio non vincolante, bensì un preciso obbligo – sancito a livello internazionale e costituzionale – di assicurare una adeguata ed effettiva protezione dell’ambiente, superando la logica stantia – e frutto della diversa coscienza sociale ed istituzionale del II dopoguerra –della tutela meramente risarcitoria asseritamente dovuta (secondo la tesi richiamata velatamente anche dalla resistente) in forza del principio “chi inquinapaga”.
In Dottrina si è efficacemente osservato che “il pericolo di danni irreversibili sulclima impone di concentrare l’attenzione sugli strumenti volti ad evitare il verificarsi dei dannistessi. La tutela risarcitoria, dunque – impostata sul principio «chi inquina paga» – può subentrare quale rimedio successivo, o anche contestuale a quello inibitorio, ma comunque incapacedi assorbire tutte le espressioni della giurisdizione. Occorre superare la «necessaria complementarietà del rimedio inibitorio rispetto al risarcimento, poiché soltanto svincolando il fondamentodell’azione inibitoria dalla configurazione di un fatto illecito è possibile offrire effettiva tutela aldiritto alla salute di fronte agli usi di nuove tecnologie caratterizzate da un alto grado di incertezza scientifica». Diviene quindi recessiva la tutela risarcitoria e si supera il principio «chi inquina paga», creando un ordine logico che collochi in posizione prioritaria l’inibitoria (tenutoconto anche delle maggiori difficoltà nella prova del nesso di causalità e della quantificazionedel danno che contraddistingue l’azione risarcitoria). In altri termini – con riguardo alla tuteladell’ambiente e della salute, ma non diversamente a protezione del clima – «il più recente trendlegislativo ed una “giurisprudenza valutativa” dimostrano così che gli interessi relativi allaprotezione dell’ambiente richiedono una tutela preventiva e specifica e non una tutela surrogatoria, finalizzata ad assicurare l’integrità patrimoniale dell’interesse leso». D’altra parte, è questa l’impostazione che meglio risponde al ruolo che nel contesto rimediale va accordato allatutela inibitoria. […] «una lettura in chiave teleologico funzionale del sistema rimediale implicala considerazione della tutela inibitoria come tecnica che interviene non soltanto nel momentopatologico della lesione, ma soprattutto in via preventiva, cioè nella fase fisiologica della realizzazione degli interessi rilevanti». Il che, a sua volta, impone di dirottare l’attenzione non tanto. sull’esistenza dell’illecito, quanto sul pericolo di danno (che l’intervento autoritativo di tipoinibitorio dovrebbe perciò evitare). «L’esperibilità dell’azione inibitoria, va, quindi, affermatanon soltanto quando vi sia una illecita violazione di una situazione giuridica soggettiva, maanche quando un interesse giudicato meritevole secondo l’ordinamento giuridico sia esposto alpericolo di un danno». Più che incentrare il focus sull’illecito – il cui accertamento in sedegiurisdizionale, peraltro, implica un’indagine duratura nel tempo e dunque probabilmente incompatibile con la celerità (anche cautelare) che caratterizza l’intervento inibitorio – occorreavere riguardo al pericolo di danno che quest’ultimo dovrebbe prevenire (regola che vale vieppiùnel caso di situazioni soggettive emergenti, quale proprio il diritto ad un clima incontaminato).
L’assumere come punto di riferimento il pericolo di danno – con conseguente funzione preventiva dell’inibitoria – così riducendo la centralità dell’illecito, impone anche di guardare l’elemento soggettivo in una prospettiva molto diversa da come è nella tutela risarcitoria. Si ritieneinfatti che fra i presupposti dell’azione inibitoria manchi quello del dolo o della colpa da partedi colui che ha commesso o sta per commettere l’illecito che si vuole inibire (il che ulteriormentela differenzia dalla tutela risarcitoria), mentre centrale è l’accertamento del pericolo o della continuazione della condotta, ovvero il pericolo della sua commissione”.
Gli elementi strutturali dell’azione inibitoria vengono declinati in modo leggermente diverso dal solito, ratione materiae (in funzione cioè dell’esigenza di quella piena ed effettiva protezione del bene giuridico tutelato). Il fumus boni iuris è, alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, praticamente in re ipsa posto che il diritto sottostante (del singolo e della collettività) ad un ambiente salubre non è negabile in tesi. Il fatto costitutivo è la semplice esistenza dell’ individuo e lo svolgimento della propria vita nel luogo interessato dalla azione lesiva.
Mentre dunque nell’azione cautelare atipica “classica” la prova del fumus boni iuris è da darsi principalmente ed essenzialmente in positivo, occorrendo allegare un principio di prova della verosimile esistenza del diritto fatto valere, nell’azione inibitoria a tutela dell’ambiente – ove il relativo diritto è, come detto, immanente alla persona e a qualunque persona – la prova verte su un fatto negativo: non solo e non tanto sull’assenza di un valido limite all’esplicazione di tale diritto, perché tutti i diritti tutelati e garantiti dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali sono idonei a porsi come limiti alla tutela ambientale; quanto piuttosto sulla assenza di vizi nell’iter logico-argomentativo seguito dall’Autorità chiamata alla difficile opera di bilanciamento tra gli interessi confliggenti. Ed assenza di vizi significa assenza di lacune procedimentali, assenza di carenze strutturali dell’atto (es. relative alla motivazione), controllo di ragionevolezza (congruità normativa, logicità) del bilanciamento operato.
Il periculum in mora è anch’esso oggetto di una semiplena probatio, poiché la condizione di grave ed irreparabile pericolo per il bene giuridico è, su scala planetaria, tecnicamente un fatto notorio (art. 115 comma 2 c.p.c.), tante e tali essendo le dimostrazioni quotidiane (gli eventi climatici estremi, il surriscaldamento globale, l’esiziale concentrazione di sostanze inquinanti nell’atmosfera della pianura padana, e di Piacenza in particolare: v. infra, §7.2.). In altri termini, la paventata lesione per cui è causa, indipendentemente dal modo in cui è prospettata, è naturalisticamente un evento lesivo che andrebbe ad incidere su un quadro ambientale già ampiamente compromesso, sicché la dimostrazione dell’entità del pregiudizio (se non anche della sua irreparabilità) parte già in un certo senso agevolata dalla gravità delle condizioni climatiche ed atmosferiche notoriamente caratterizzanti il luogo. Il periculum e il danno sono. dunque presuntivamente affermabili: lo comprova, se non altro, proprio il fatto che. nel presente giudizio non si è discusso, in riferimento al taglio degli alberi, di un pregiudizio all’ambiente evitabile, bensì di un pregiudizio assolutamente certo, che l’azione concorde di P.A. committente e privato appaltatore ha mirato a mitigare e compensare (questo il lessico, appropriato, utilizzato nei documenti dell’appalto). In altri termini, della pericolosità nessuno discute; si è ragionato e argomentato sulla accettabilità o meno di una lesione data per scontata (come è nell’ordine delle cose).
Quanto al nesso di causalità, la veduta pregnanza del bene giuridico tutelato è. tale da legittimare l’interprete a valutare in termini più attenuati “(magari residuando aduna valutazione sommaria di fumus boni iuris) i presupposti dell’illecito, nei termini, tantodell’illiceità della condotta, quanto del nesso causale, quanto ancora dell’elemento soggettivo(dolo o colpa). A giustificare un tale arretramento della tutela – nonché l’allentamento del caricoprobatorio per l’accoglimento della domanda – soccorre proprio l’art. 41 Cost. [1], nella sua nuovaformulazione, il quale impone una diversa valutazione comparativa tra illiceità della condotta,interessi protetti e meritevolezza della tutela (non solo dell’iniziativa economica, ma anche ditutti gli altri interessi individuali o superindividuali che ruotano attorno al diritto ad un climasano e incontaminato). È oggi proprio il precetto costituzionale a spostare l’ago della bilancia,inclinandolo verso interventi che evitino danni alla salute e all’ambiente (ma non diversamenteal clima), seppure a scapito di un’iniziativa economica che finisce per subire una compressionenella sua «liberta`», rivelandosi lecita (e dunque esercitabile) nei limiti in cui non leda ulteriorifondamentali interessi protetti” (così la più recente e avveduta Dottrina processualcivilista).
7. La valutazione di impatto ambientale nei documenti prodotti
Alla luce di quanto sin qui esposto, dovendo procedere allo scrutinio di antigiuridicità della condotta lesiva, occorre – richiamate tutte le considerazioni svolte in ordine alla necessità che l’azione amministrativa, per accordare efficace tutela al bene protetto, si articoli in atti degnamente ed adeguatamente motivati, al fine di consentire il vaglio incidentale di legittimità, congruità e ragionevolezza del relativo bilanciamento di interessi – esaminare i documenti prodotti in atti dai quali risulti la valutazione, svolta dalla P.A., relativa al se, in che misura, ed entro quali limiti, proteggere l’ambiente. Più precisamente, occorre verificare se e quanto l’azione amministrativa abbia considerato, e come abbia motivato in merito, i tre fronti di possibile pregiudizio per l’ambiente derivanti dall’abbattimento degli alberi, così come emersi in atti: i) perdita di beni di rilevanza paesaggistica e in ogni caso protetti; ii) maggior inquinamento atmosferico; iii) peggioramento delle condizioni climatiche in loco.
Questo era il senso dell’integrazione documentale chiesta alle parti, al fine di valutare “l’impatto ambientale” della condotta lesiva paventata.
Vengono in rilievo i seguenti documenti, in ordine cronologico:
1. Elenco alberi monumentali Comune di Piacenza 03.12.2015 (all. 7 parte resistente)
2. Parere Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza 25.01.2016 (all. C parte resistente 21.09.2024 16:03)
3. Parere ARPAE 20.09.2016 (all. 2 parte resistente, all. 27 parte ricorrente)
4. Parere Servizio Ambiente e Parchi 22.09.2016 (all. 3 parte resistente)
5. Relazione generale al progetto esecutivo luglio 2017 (all. 32 parte ricorrente)
6. Studio Fattibilità Ambientale arch. B..i luglio 2017 (all. 33 parte ricorrente,all. parte resistente 20.09.2024 ore 16:09)
7. Progetto esecutivo arch. B…i aprile 2019 (all. 31 parte ricorrente)
8. Parere Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza del 10.09.2019 (doc. 23 parte ricorrente)
9. Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima del Comune di Piacenza del febbraio 2021 (all. 5 parte resistente)
10. Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima del Comune di Piacenza del marzo 2021 (all. 4 parte ricorrente)
11. Stralcio computo metrico progetto esecutivo maggio 2023 (all. 4 parte resistente)
Non c’è una valutazione di impatto ambientale compendiata in unico atto. Come è emerso a seguito della sollecitazione del contraddittorio in merito, ciò si deve all’iter procedimentale determinato, in deroga alla normativa nazionale, dalla Legge Regionale Emilia Romagna n. 4/2018. Contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, tuttavia, la realizzazione di parcheggi, quale quello in oggetto, inferiori a 500 posti auto era comunque soggetta a “Verifica di impatto ambientale” (VIA). Vero è che la citata Legge Regionale così dispone all’art. 5: “1. Al fine di verificare se possano produrre impatti. significativi e negativi per l’ambiente e vadano sottoposti a VIA, sono assoggettati alla verificadi assoggettabilità a VIA (screening), i seguenti progetti: a) i progetti di cui agli allegati B.1,B.2, B.3”; il punto 6 dell’allegato B.3. si riferisce ai “parcheggi di uso pubblico, con capacità superiore a 500 posti auto”; b) i progetti di modifiche o estensioni di progetti di cuiagli allegati A.1, A.2, A.3, B.1, B.2 e B.3, la cui realizzazione potenzialmente possa produrreimpatti ambientali significativi e negativi. 2. Ai sensi dell’articolo 19, comma 10, del decretolegislativo n. 152 del 2006 per i progetti elencati negli allegati B.1, B.2 e B.3 la verifica diassoggettabilità a VIA (screening) è effettuata applicando i criteri e le soglie definiti dal decretodel Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015 (Linee guidaper la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenzadelle regioni e province autonome, previsto dall’articolo 15 del decreto- legge 24 giugno 2014,n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116). [3. Su istanza delproponente sono, inoltre, assoggettati a verifica di assoggettabilità a VIA (screening) i progettisotto le soglie dimensionali di cui agli allegati B.1, B.2 e B.3 e agli allegati A.1, A.2 e A.3 e chenon siano ricompresi negli allegati B.1, B.2 e B.3.]” Tale terzo comma è stato abrogato nel 2023 ed era dunque vigente all’epoca, sicché il parcheggio, sotto la soglia dimensionale di 500 posti, poteva essere assoggettato a VIA solo su istanza del proponente, evidentemente non presentata.
Ma è pur vero che in senso contrario a tale previsione di legge regionale si pone la norma, nazionale, del D.Lgs. 152/2006, parte II, Allegato IV, punto 7, così come integrata dall’Allegato, punto 5, al D.M. Ambiente 30.3.2015: “5. Effetti dell’applicazionedelle linee guida. Qualora sussista almeno una delle condizioni derivanti dall’applicazione deicriteri dell’allegato V alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 individuati comerilevanti e pertinenti al paragrafo 4 delle presenti linee guida” (e cioè: “4.3.6. Zone nelle qualigli standard di qualità ambientale fissati dalla normativa dell’Unione europea sono già statisuperati;4.3.8. Zone di importanza storica, culturale o archeologica”), le soglie dimensionali,ove previste nell’allegato IV della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 [NB: 500 posti auto: la norma nazionale riproduce la soglia dimensionale della L.R. 4/2018],sono ridotte del 50%.”, scendendo così a 250 posti auto. Il parcheggio, che ne conta 261, andava pertanto sottoposto a VIA: “La riduzione del 50% delle soglie si applica aiprogetti, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, e fa salvo quanto già previstodall’articolo 6, comma 6, lettera b), del decreto legislativo n. 152/2006 per i nuovi progettiricadenti, anche parzialmente, in aree naturali protette come definite dalla legge n. 394/1991.La sussistenza di più criteri comporta sempre la riduzione del 50% delle soglie fissate nell’allegato IV della parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006. Le disposizioni contenute nellepresenti linee guida dovranno essere attuate su tutto il territorio nazionale per garantire l’ap-plicazione di criteri omogenei e uniformi a parità di tipologia progettuale e di condizioni territoriali e ambientali.”
L’assenza di una V.I.A. compendiata in un unico documento implica la necessità di una considerazione unitaria e di sintesi dei plurimi atti in cui si rinvengono riferimenti all’impatto ambientale dell’opera, in relazione ai profili rilevanti nel presente giudizio.
8.1. Periculum in mora.
Il danno ambientale sotto il profilo paesaggistico
Ciò posto, può procedersi all’esame del primo profilo di pregiudizio, all’ambiente in senso paesaggistico e culturale. Il problema si pone essendo gli alberi, secondo la tesi attorea, monumentali. La qualificazione è contestata dalla resistente, che ne rileva il mancato inserimento negli elenchi regionali risultanti dagli appositi periodici censimenti (ed invero nell’Elenco alberi monumentali Comune di Piacenza 03.12.2015 (all. 7 parte resistente) le piante di Piazza Cittadella non sono menzionate). È tuttavia esatto il rilievo dei ricorrenti per cui tale inserimento non ha carattere costitutivo, bensì dichiarativo, in quanto atto ricognitivo di dati di fatto esistenti indipendentemente da una volontà legislativa: se un albero ha le caratteristiche di cui all’art. 7 L. 10/2013 [2] è monumentale di per sé, a prescindere dall’inclusione in elenchi che – per l’analiticità e la complessità dei censimenti periodici, dovendosi oltretutto tener conto del venir meno delle piante abbattute perché malate o pericolose; nonché, per le strutturali carenze organizzative della pubblica amministrazione – lo stesso Ministero ammette siano incompleti e non esaustivi (v. doc. 17 prod. parte ricorrente: “Gli elenchi ad oggiapprovati non sono esaustivi e non includono l’intero patrimonio arboreo monumentale italiano: molti alberi dal riconosciuto valore non sono ancora iscritti, o perché non risultano esserestati ancora censiti dai Comuni o perché le Regioni non hanno ancora ultimato il lavoro diistruttoria delle proposte comunali ad esse pervenute”: linee guida MIPAAF, pag. 1) [3]. In altri termini, un albero monumentale può non risultare dai registri ministeriali perché non ancora censito, per un’attività istruttoria ancora in corso, o perché – per qualsiasi ragione – l’amministrazione rimane silente o inerte sul punto; ma ciò non ne muta la natura. Né è previsto alcun meccanismo di “silenzio” (che comunque postulerebbe un’istanza a monte) o di “inerzia valutativa” tale per cui la mancata inclusione in tali elenchi possa essere considerata significativa di una valutazione a monte: l’inerzia, come risulta anche dalle linee guida ministeriali appena citate, non è comportamento significativo di alcuna valutazione, essendo sempre consentito alla P.A. di integrarequegli elenchi senza che ciò significhi smentire sé stessa. Sono considerazioni ovvie ma, visti i contorni della vicenda, purtuttavia necessarie.
Ciò premesso, viene in rilievo l’art. 7 L. 10/2013, secondo cui “Agli effetti dellapresente legge e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica, per «alberomonumentale» si intendono: a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essereconsiderati come rari esempi di maestosita’ e longevita’, per eta’ o dimensioni, o di particolarepregio naturalistico, per rarita’ botanica e peculiarita’ della specie, ovvero che recano un precisoriferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario odelle tradizioni locali; b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale,storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani; c) gli alberi ad alto fusto inseritiin particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville,monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private […] 4. Salvo che il fatto costituiscareato, per l’abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000. Sono fatti salvi gliabbattimenti, le modifiche della chioma e dell’apparato radicale effettuati per casi motivati eimprocrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato.”.
Le caratteristiche fisiche che devono avere gli alberi per essere definiti monumentali sono dettagliatamente indicate dalle Linee Guida del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (all. 17.2 parte ricorrente) [4], dalla circolare Ministeriale Prot. 461 del 05.03.2020 (1) e dall’allegata Tabella per le circonferenze (2).
Parte ricorrente ha altresì prodotto una relazione tecnica – non oggetto di contestazione alcuna – sulle alberature di Piazza Cittadella, ove risultano indicati i diametri delle piante (all. 17 parte ricorrente). Il rispetto delle specifiche tecniche ministeriali è dunque di agevole verificazione, derivando dall’applicazione della formula matematica che consente di ricavare la circonferenza dal diametro (C = D * π).
Nel caso di specie, la Tabella ministeriale indica 250cm come circonferenza delle piante di cedro, e 350cm come circonferenza delle piante di tiglio. Dalla relazione tecnica, che indica un valore di cm 177 come diametro delle piante di cedro, e 136 cm come diametro delle piante di tiglio, risultano, rispettivamente, una circonferenza media delle piante di tiglio di cm 427,04 (=136*3,14), e delle piante di cedro di cm. 555,78 (=177*3,14). Le altezze sono comprese tra 12 e 16 metri. I requisiti dimensionali, per-tanto, sembrano rispettati. Non sono tuttavia l’unico parametro rilevante ai fini della qualifica di monumentalità, concorrendo anche il contesto di ubicazione.
Sembra al riguardo molto difficile escludere la previsione di cui alla lettera c), relativa agli “alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanzastorica e culturale” essendo documentato anche fotograficamente che si tratti di alberi alti almeno 10-12 metri ciascuno, inseriti in un contesto architettonico di particolare importanza storica e culturale – ancorché in stato di conservazione non ottimale, per usare un eufemismo – comprendente, oltre al frontistante Palazzo Farnese (XVI-XV, le Scuderie Ducali di Maria Luigia (XIX sec.), la Chiesa del Carmine (XIV sec.), la Chiesa di San Sisto (IX sec.), nonché la parte terminale dell’asse via Risorgimento-via Cavour, edificato ad inizio del Novecento (istituti scolastici Romagnosi, Gioia, Mazzini) in contemporanea con il recupero (e valorizzazione) della chiesa di San Francesco (XIII-XIV sec.) e dei portici di Palazzo dei Mercanti (XVII sec.), nella Piazza dei Cavalli su cui si affacciano Palazzo Gotico (XIII sec.) e il Palazzo del Governatore (XVIII sec.), tutti prospicienti in linea d’aria. Lo Studio di Fattibilità Ambientale redatto dall’arch. G.B. OMISSIS nel dicembre 2015 (prod. parte resistente 20.09.2024 16:09) definisce Piazza Cittadella, appunto, come area di “rilevante importanza di carattere storico Ambientale” (ivi, pag. 3, §1.2.), anzi decisamente di “alto profilo storico” (come risulta dal ritrovamento, durante i lavori di manutenzione della scuola Mazzini negli anni ’80, di “reperti di origine romana e parte del corpo di fabbrica della chiesa di San Gregorio”) (ivi. pag. 7, §2.1.5); area per la quale non sussistono (a dicembre 2015) vincoli paesaggistici o idrogeologici ma vincolo architettonico come da Decreto 26.06.1998 Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
Ciò posto, va evidenziato che l’abbattimento dei predetti alberi – ancorché in tesi funzionale alla riqualificazione della piazza – determinerebbe una modificazione dei luoghi in senso peggiorativo essendo prevista, in sostituzione delle alberature esistenti, una pavimentazione priva di significative e comparabili presenze vegetali e dunque con impatto visivo di non poco momento, oltre che poco coerente con le caratteristiche dei luoghi (proprie di altri stili architettonici: il carattere ultra-moderno delle nuove opere – che giustifica, in tesi, la riduzione del quantitativo di verde nei veduti modi e termini – è espressamente attestato nel citato Studio di Fattibilità Ambientale quando evidenzia la natura “futuribile”, da “piazza 2050”, del progetto, e la natura modulare delle nuove costruzioni; si veda altresì l’inequivocabile rendering fotografico prodotto in atti e del pari non contestato: relazione tecnica parte ricorrente, doc. 37; si vedano, ancora una volta, il progetto del 2019 e la relazione tecnica del 2017 ).
Ai sensi della legge 10/2013, art. 7, comma 4, l’abbattimento di tali alberi non è antigiuridico bensì lecito quando vi sia “spec ifica autorizzazione comunale, previo parereobbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato”.
L’autorizzazione comunale, intesa in senso ampio, è da rinvenirsi nei plurimi atti procedimentali e di indirizzo politico prodotti in cui si autorizza l’abbattimento dei predetti alberi in funzione della realizzazione dell’opera pubblica appaltata alla odierna resistente. Il parere del Corpo forestale dello Stato non si rinviene in atti né è richiamato in quelli prodotti; il che già integra di per sé un vizio di legittimità. Occorrerebbe a questo punto verificare se vi siano altri atti nei quali la P.A. possa aver compiuto tale valutazione: atti della cui ricerca e produzione le parti erano state onerate inesito all’udienza del 10.09.2024 e che sono stati elencati più volte.
Dalla loro analitica consultazione emerge che in nessuno si fa cenno alla natura monumentale degli alberi e alla legge 10/2013 che li tutela, di tal che la motivazione che li sorregge appare senz’altro insufficiente, incompleta e inidonea ad evidenziare quell’attento, approfondito ed equo bilanciamento dei contrapposti interessi che, come si è tentato di illustrare, la Costituzione e le fonti sovranazionali esigono.
Sussiste dunque una prima ragione ostativa all’abbattimento degli alberi, da ravvisarsi nella violazione dell’art. 7 L. 10/2013 sia da parte dell’amministrazione, che ha formato atti in contrasto con tali previsioni, sia da parte del privato che dovesse, in esecuzione di tali atti, tagliarli.
8.2. Il danno ambientale sotto il profilo della salubrità dell’aria
Il secondo profilo di danno paventato è alla qualità dell’aria. Sul punto va osservato come l’Unione Europea abbia ritenuto responsabile lo Stato Italiano “per il superamento sistematico e continuativo dei valori limite applicabili alle concentrazioni di particelle PM10, dovuto alla violazione degli obblighi sanciti, da un lato, dall’art. 13 e dall’allegatoXI della Direttiva 2008/50/CE [5], non avendo adottato misure appropriate a garantire il rispettodei valori limite e, dall’altro, dall’art. 23, paragrafo 1, comma 2, e dall’allegato XV, parte A,della predetta Direttiva, non avendo previsto, nei piani per la qualità dell’aria, misure appropriate affinché il periodo di superamento dei valori limite fosse il più breve possibile” (Corte giustizia UE grande sezione, 10/11/2020, n.644). Specificamente, Piacenza ha il pocobinvidiabile primato di seconda città più inquinante d’Italia, dopo Torino; di ventiduesima a livello mondiale (3); e tra le più inquinate d’Europa (per qualità dell’aria risulta 307ma su 323 città) (4).
Sul punto va osservato che la rimozione degli alberi determinerebbe, secondo un rapporto di causalità assolutamente pacifico nella letteratura scientifica (e nelle fonti internazionali citate), il peggioramento della qualità dell’aria dal momento del taglio per tutta la durata delle opere.
Richiamato pertanto il principio di diritto per cui “il giudice ordinario può conoscere e sindacare tutti i vizi dell’atto, ivi comprese le figure sintomatiche di eccessodi potere, ai fini dell’eventuale disapplicazione del provvedimento per decidere sulladomanda” (così da ultimo Cassazione civile sez. lav., 03/07/2024, n.18204 e 05/12/2023, n.33975) e che “nell’ipotesi in cui l’attività lesiva derivi da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi che ne rendono possibile l’esercizio, provvederà a sanzionare, inibendola o riportandola a conformità, l’attività rivelatasi nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa, mentre, nell’ipotesi in cui risulti tale conformità, dovrà disapplicare la predetta regolazione ed imporre la cessazione o l’adeguamento dell’attività in modo da eliminarne le conseguenze dannose (ordinanza 23 aprile 2020, n. 8092)” (Cassazione civile Sez. Un., 23/02/2023, n.5668; enfasi aggiunte), va osservato come anche in relazione a tali profili la valutazione da parte dell’Amministrazione appaia più che carente.
Alcuni dei documenti esaminati non sono adeguatamente motivati. Il Pianod’azione per l’energia sostenibile e il clima del Comune di Piacenza del febbraio 2021(all. 5 parte resistente) e del marzo 2021 (all. 4 parte ricorrente), praticamente sovrapponibili, si risolvono nell’enunciazione di linee programmatiche assolutamente generiche, prive di qualsiasi riferimento all’area di Piazza Cittadella e agli alberi ivi insistenti.Il Parere ARPAE 20.09.2016 (all. 2 parte resistente, all. 27 parte ricorrente) appare un caso di scuola di motivazione apparente: recepisce acriticamente le valutazioni del progettista, non contiene alcuna valutazione di tipo tecnico e scientifico seria (dopo aver incollato in copia fotostatica le dichiarazioni del progettista prosegue testualmente in calce: “affermazione che può essere condivisa per le considerazioni proposte” [appunto dal progettista, NDR]), non c’è alcun dato oggettivo verificabile e dunque è certamente un atto amministrativo disapplicabile dal giudice ordinario perché illegittimo per difetto di motivazione.
Nel Parere della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province diParma e Piacenza 25.01.2016 (all. C parte resistente 21.09.2024 16:03) e nel Parere del 10.09.2019 (doc. 23 parte ricorrente) si articola il giudizio della Soprintendenza. Ilprimo è più che sinteticamente motivato richiamando le norme di legge espressive deivincoli e “rilascia[ndo] il parere favorevole alle opere per la riqualificazione indicata in oggetto, e resta in attesa di ricevere il progetto esecutivo per il seguito di competenza”; il secondosi sofferma soltanto sugli aspetti organizzativi ed economici relativi ai profili di tutela archeologica. Nessuno dei due contiene riferimenti, neanche indiretti, alle piante di Piazza Cittadella e alla loro possibile rilevanza come beni tutelati; nè all’impattodell’opera su atmosfera e clima.
Il Parere Servizio Ambiente e Parchi 22.09.2016 (all. 3 parte resistente) appare. di per sé carente sul piano motivazionale. Eseguito un calcolo dettagliato dell’impatto ambientale per numero di piante, confrontando la “resa” di quelli attuali e l’ipotesi di una loro sostituzione con un maggior numero di piante (19) e più giovani conclude relegando tale ragionamento a mera ipotesi, in assenza di dati certi sulla tipologia degli alberi sostitutivi (il che di per sé inficia la bontà del calcolo poco prima eseguito) e sulla collocazione di 14 delle 19 piante, essendo prevista la piantumazione di soli 5 alberi in Piazza Casali e prospettando l’eventualità che gli altri possano essere impiantati “inaltre aree del territorio comunale” da individuarsi in futuro; ipotesi che definire generica ed eventuale è eufemistico, anche perché contrastante con il documento n. 4 di parte resistente (stralcio del progetto esecutivo) in cui i 5 alberi diventano 9 tigli di altezza compresa tra 4 e 9 metri.
Può essere utile osservare che “[…] per evitare che il giudizio di compatibilità paesaggistica si traduca nell’esercizio di una valutazione insindacabile o arbitraria, occorre cheesso sia sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire. sia le premesse che l’ iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudiziofinale e, nel caso in cui esso sia negativo, deve esplicitare le effettive ragioni di contrasto tral’intervento progettato e i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo,tenendo conto delle ragioni indicate dal privato. Il parere, dunque, non sfugge al sindacato dilegittimità per l’eccesso di potere, ove si riscontrino profili di difetti di motivazione, illogicitàmanifesta ed errori di fatto.” (T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 03/03/2021, n.70); “Il potere valutativo riconosciuto alle competenti Amministrazioni in ordine all’apposizione di un vincolo di tutela (paesaggistico, monumentale, archeologico, ecc.) è espressione diampia discrezionalità tecnico – specialistica ed è pertanto sindacabile nel giudizio di legittimitàsolo ab extrinseco, sotto il profilo della congruità e logicità della motivazione, restando preclusoal G.A. un nuovo e diverso apprezzamento nel merito” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II,nn14/09/2020, n.9571); “Con l’entrata in vigore, dal 1° gennaio 2010, dell’art. 146 sulla disciplina autorizzatoria prevista dal d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42, la Soprintendenza esercita nonpiù, secondo l’assetto normativo anteriore, un sindacato di mera legittimità sull’atto autorizzatorio di base adottato dalla Regione o dall’Ente locale subdelegato, con il correlativo potere diannullamento ad estrema difesa del vincolo, ma una valutazione tecnico-discrezionale sullacompatibilità dell’intervento con il vincolo paesaggistico; il parere della Soprintendenza, pertanto, è espressione di un potere ampiamente discrezionale e, di conseguenza – onde evitare cheil giudizio di compatibilità paesaggistica si traduca nell’esercizio di una valutazione insindacabile – è necessario che il provvedimento dell’Autorità preposta alla tutela del vincolosia sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile rico-struire sia le premesse che l’iter logico seguito nel percorso valutativo che si concludecon il giudizio finale” (T.A.R. Perugia, (Umbria) sez. I, 02/03/2020, n.131; cfr. altresì,.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. I, 07/01/2020, n.1; T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. III, 16/12/2019, n.2678. Ai fini specifici del presente giudizio è altresì utile richiamare l’insegnamento della Cassazione: “In tema di reati paesaggistici, quando il giudice abbiaaccertato, con logica ed adeguata motivazione, che l’intervento abbia posto in pericolo l’interesse protetto, il principio di offensività opera in relazione all’attitudinedella condotta posta in essere ad arrecare pregiudizio al bene tutelato, in quanto lanatura di reato di pericolo della violazione non richiede la causazione di un danno el’incidenza della condotta medesima sull’assetto del territorio non viene meno neppure qualora venga attestata, dall’amministrazione competente, la compatibilitàpaesaggistica dell’intervento eseguito” (Cassazione penale sez. III, 01/10/2019, n.370).
La ratio è evidente: assicurare la piena tutela dell’ambiente sotto il profilo paesaggistico, architettonico, culturale, evitando valutazioni approssimative, sbrigative, superficiali, e in quanto tali non adeguatamente motivate, da parte della P.A.. Orbene, l’iter logico-argomentativo dell’Amministrazione appare compendiato nei tre atti più pregnanti:
1)lo Studio Fattibilità Ambientale arch. B. OMISSIS luglio 2017 (all. 33 parte ricorrente, all. parte resistente 20.09.2024 ore 16:09);2)la Relazione generale al progetto esecutivo luglio 2017 (all. 32 parte ricorrente);3) il Progetto esecutivo arch. B. OMISSIS aprile 2019 (all. 31 parte ricorrente).
Se ne riportano le parti più significative.
1) “3. PREVEDIBILI EFFETTI SULLE COMPONENTI AMBIENTALI E SULLA SALUTEDEI CITTADINI. 3.1. DESCRIZIONE DELLE COMPONENTI POTENZIALMENTE INTERESSATE 3.1.1. CLIMA Parlare di clima locale è alquanto difficoltoso, o meglio risultadifficile se si parla di Piazza Cittadella in modo specifico. Più in linea con le richieste se siriportano i dati ARPA per l’Emilia Romagna, che riescono ad individuare la macroarea di Piacenza con grafiCa ed indicazioni medie riguardanti la temperatura dell’aria nelle varie stagioni/mesi dell’anno, le precipitazioni medie, i giorni di pioggia, i giorni di sole ed altre interessanti tabelle di riferimento Si riporta di seguito la tavola esplicativa e riassuntiva dei dati citati.[…] 3.1.2. QUALITA’ DELL’ARIA. Dato fondamentale è quello della qualità dell’aria, il piùimportante e di riferimento per la salute dei cittadini. Anche in questo caso ci si basa sui dati alivello regionale pubblicati nel rapporto 2012 sulla qualità ambientale della Regione Emilia Romagna. I riferimenti sono per PM10, PM 2,5, ozono e biossido di azoto. Nella parziale tabellasottostante (si rimanda il report sul sito regionale ARPA) si possono consultare i dati suddetti (tav. 16) I dati che di seguito sono riportati non sono evidentemente troppo positivi e induconoa pensare a scelte di impatto per migliorare la qualità generale dell’aria e dell’ambiente. Anchela progettazione e costruzione di un parcheggio interrato, in una zona già ampiamente contaminata dalla presenza di autobus ad elevata emissione di gas inquinanti, è una scelta che avvalora la volontà di migliorare la qualità dell’ambiente, anche attraverso la riqualificazione dellapiazza. […] La vegetazione presente è rappresentata da n° 16 piante che fanno da corona all’autostazione. Sono alberi piantumati nella metà degli anni ’50 in contemporanea con la costruzione della Autostazione, o meglio posti a dimora successivamente all’inaugurazione dell’autostazione insieme al piccolo giardino alle spalle della stessa sul lato sud di piazza. Si tratta di 12tigli e 4 cedri del libano. Per ovvie ragioni di scavo si dovranno abbattere le piante, in numerodi 12 per la precisione, e se ne manterranno 4 quelle sul lato sud, il lato meno compromessodalle opere di scavo. Le piante verranno comunque riportate se non nel numero uguale a primadell’intervento ma almeno in un numero tale da garantire parti in ombra, solamente sul latoest di piazza, quello che vedrà gli interventi di maggior rilievo in superficie, con la creazione dipiani inclinati a formare piccoli rilievi ad uso vario, da sedute, a piccoli scivoli per skate boarder,sino ad angoli con arbusti, fiori e piante dell’altezza massima di 6-8 metri”.
2) Osserva il Comune di Piacenza che “Dagli studi effettuati in sede di predisposizionedell’offerta di gara – tenuto conto delle dimensioni massime inderogabili assegnate all’areadell’intervento all’interno del perimetro della piazza – è emersa l’esigenza di spostare l’area discavo il più possibile verso Via Bacciocchi, in modo da poter salvaguardare almeno alcuni deglialberi attualmente a dimora nella piazza” (pag. 4, §4.1). Sull’impatto ambientale così si esprime: “Dato che il parcheggio, nel suo complesso, deve essere realizzato nel sottosuolo diPiazza Cittadella, l’impatto ambientale sarà limitato alla fase di cantiere, in merito alla quale sirimanda a quanto esposto al successivo punto. Per quanto riguarda invece la sistemazione dellasuperficie e l’inserimento architettonico dei corpi emergenti si veda il progetto della superficiecon elaborati a parte. 6.1 IMPATTO AMBIENTALE IN FASE DI CANTIERE La presenzadel cantiere e le attività ad esso collegate comportano un impatto ambientale temporaneo cheinteressa l’area di intervento e la collettività. Si fa riferimento sia ad impatti fisici temporanei(dovuti alla destinazione di spazi per la realizzazione del cantiere, ad interferenze con gli accessi, con le attrezzature e con gli edifici presenti, e con i flussi di traffico), sia agli effetti diinquinamento acustico ed atmosferico provocati dalle attività cantieristiche. Con particolarecura saranno seguite le problematiche connesse all’inquinamento acustico, atmosferico, ed allapresenza di vibrazioni indotte dall’attività di cantiere, presenti durante le ore lavorative dellagiornata, quando le macchine operatrici presenti saranno fonte di rumore. La propagazione delsuono in ambiente aperto dipende da diversi fattori, i più importanti dei quali sono il coefficientedi assorbimento acustico dell’atmosfera e del terreno e la riflessione dell’ambiente circostante.
Il coefficiente di assorbimento acustico dipende a sua volta dalle condizioni meteorologiche, dallaconformazione e dalle caratteristiche del terreno, dalla presenza di vegetazione e di schermi naturali e/o artificiali, mentre la riflessione dell’ambiente circostante dipende dalla distanza a cuisi trovano gli elementi riflettenti. La sorgente sonora, costituita da una macchina o da un impianto, è equiparata ad una sorgente puntiforme che emette energia in tutte le direzioni, mentre l’impatto è valutato sui ricettori situati a diverse distanze dalla sorgente. Nel caso dell’edificiointerrato di Piazza Cittadella i recettori sono rappresentati da tutti gli edifici prospicienti lapiazza, situati a distanza di pochi metri dalle sorgenti di emissione dei rumori presenti nelcantiere. L’attività di cantiere che genera il maggior impatto acustico è quella relativa alla fasedi scavo. Per stimare l’impatto acustico generato dalle attività di cantiere nei confronti dei ri-cettori circostanti si fa riferimento alle principali fasi di lavorazione ed ai macchinari utilizzati.
Le diverse attività sono suddivise in relazione all’entità dell’impatto sonoro, indicando se sitratta di impatto basso, medio o elevato. Si fa presente che le attività di cantiere interesserannosoltanto il periodo diurno, e che i valori stimati per le attività di scavo possono variare tra i 65ed i 70 dBA, per superare solo occasionalmente i 70 dBA, compatibili dunque con quelli generatidai normali cantieri di edilizia urbana. Inoltre le lavorazioni saranno effettuate secondo gli orarida concordare con l’Amministrazione comunale e con il Consiglio di quartiere. Per quanto ri-guarda l’attività di trasporto del materiale da e verso il cantiere, si stima un movimento varia-bile di autocarri giornaliero, con possibilità di presenza contemporanea di diversi camion. L’im-patto acustico prodotto da questi veicoli risulterà, in alcuni periodi, superiore a quello generatodal traffico ordinario. Gli effetti del cantiere potranno anche comportare, in determinati mo-menti e situazioni ambientali, l’emissione di polveri aerodisperse da parte dei mezzi operativi
presenti, soprattutto durante la stagione estiva. Le fasi più critiche risultano quelle relative alleoperazioni di scavo e di sbancamento, ai transiti degli automezzi necessari per la movimenta-zione dei materiali ed alle operazioni di carico e di scarico degli stessi. Per mitigare la diffusionedelle polveri aerodisperse saranno adottate alcune misure, come ad esempio l’impiego di teloniantipolvere sui camion destinati al trasporto di inerti e materiale da cantiere, e la bagnaturafrequente delle aree di carico e scarico e dei percorsi interni al cantiere, in modo da mantenereuna condizione di costante umidità dei materiali di scavo e di sbancamento suscettibili di emis-sioni polverulente allo stato asciutto. Durante le fasi di cantiere sarà garantito il traffico veico-lare nelle zone di Piazza Cittadella, oltre all’accesso veicolare e pedonale agli edifici prospicientil’area. Eventuali misure di limitazione del traffico saranno adottate per il periodo strettamenteindispensabile, e verranno presi gli accorgimenti necessari affinché i lavori siano eseguiti intempi rapidi e senza interruzioni, in modo da limitare per quanto possibile i disagi. In baseall’esperienza maturata dai responsabili del progetto nel seguire la fase di cantiere per la realizzazione di strutture di simile o anche di maggiore entità, si ritiene di poter comunque affermareche gli effetti di rumore o di inquinamento causati dal cantiere per un’opera come quella inoggetto, rientrano nella norma dei cantieri di costruzione urbana, e – pur essendo fonte di disagio per i cittadini – vengono tollerati in ragione dei vantaggi offerti dalla realizzazione dell’opera. In occasione della realizzazione di altri parcheggi interrati, si è raggiunto un buon risultato informando regolarmente la cittadinanza (tramite la stampa ed i media, ma anche con pannelli illustrativi posti all’esterno del cantiere) sullo stato di avanzamento dei lavori, sulle previsioni per la loro ultimazione, sui problemi affrontati e risolti e sulle diverse attività in corso.
L’operazione di comunicazione e di coinvolgimento della cittadinanza può avere in ogni casocome ritorno un certo grado di interesse ed un incremento del livello di tolleranza nei confrontidei disagi che le attività di cantiere comportano per i residenti e per gli automobilisti.”.
Al di là delle valutazioni generiche – ed in alcuni punti tautologiche – l’atto non prende minimamente in considerazione l’impatto ambientale dell’opera, nonostante l’intitolazione. Nulla si dice non solo, e non tanto, in ordine agli effetti negativi del taglio degli alberi in punto di minor assorbimento di CO2, quanto piuttosto in merito alla persistente attività scolastica in prossimità del cantiere, con presenza di bambini e minori; sulla qualità dell’aria c’è solo un riferimento alle polveri sollevate durante i lavori, e al flusso di traffico di cui assicurare la continuità, oltre che a futuri “accorgimenti necessari” non meglio specificati. Il problema dell’aumento di temperatura (c.d. bolla di calore) non è considerato, trattandosi di tematica di più recente emersione.
3) Così si esprime infine il Progetto esecutivo arch. B. omissis aprile 2019 (all. 31 partericorrente): “Il verde sulla piazza viene proposto esclusivamente per il reimpianto di alcuneessenze, ma non viene proposto su più ampia scala, essendone stata priva per tutto questo lungolasso di tempo. La vicinanza del Parco Daturi e la consapevole scelta che oggi “verde”significa costo, e che ricavare forme a giardino in spazi ristretti non sono vero segnodi una cultura “del verde”, sono le motivazioni che hanno portato alla scelta progettuale. Il parere al progetto definitivo espresso dalla Soprintendenza in data 6 marzo 2014 P.G.16646 e Prot. N° 1479, tra i vari punti indicava “……….il progetto pervenuto di riqualificazione di Piazza Cittadella presenta una sistemazione a verde esigua. Si ritiene pertanto chedovrà essere ampliato il numero degli esemplari arborei previsti e necessariamente anche l’areadestinata alla piantumazione………” In merito a ciò si precisa: Il numero delle piante esistentiva diviso tra quelle su Piazza Cittadella e quelle su Piazza Casali (quest’ultima non oggetto diintervento diretto ma area soggetta ad organizzazione di cantiere). Su piazza Cittadella : a. Latoest autostazione 5; b. Lato sud (retro autostazione) 6; c. Lato ovest 5; Su Piazza Casali n° 2(interessate dall’impianto di cantiere) In totale si tratta di n° 18 piante. Vengono tutte sostituitecon altre di minor altezza futura. La nuova collocazione è quasi obbligata avendo la Soprinten-denza suggerito, (con motivazioni storiche condivise dai progettisti) una proposta di progettoavente come punto di partenza la costituzione di un “cannocchiale visivo” libero da Via Citta-della verso Palazzo Farnese – Rocca Viscontea. Da cui nessun ostacolo visivo “ingombrante”sui lati est (scuola Mazzini) e nord (Palazzo Farnese). Considerando poi, che sul lato sud saràcollocata la piazza coperta, rimaneva il solo lato ovest “libero” per proporre piantumazioni, cosicome da progetto. In sede di progetto definitivo e di validazione dello stesso, dopo incontro coni tecnici IREN e quelli del Comune di Piacenza Direzione Operativa Riqualificazione e Sviluppodel Territorio Servizio Ambiente e Parchi, si è convenuto che sarebbe stato utile non posizionarepiù di 5/6 piante su quel lato. Visto il disegno “proporzionato” della piazza, che vede inseritinella nuova pavimentazione “distanzieri” in acciaio, posizionati per delimitare campiture dipavimentazione ma anche come disegno pavimentale della stessa piazza, si è pensato di inserirefioriere delle dimensioni di metri 3×3 al termine degli stessi “segni” pavimentali e solo sul latoovest. Le dimensioni delle fioriere sono state concordate con gli uffici già citati in previsionedella messa a dimora delle essenze qui sotto indicate e secondo i suggerimenti emersi dagli incontri. Altre 4 piante sono previste sul lato sud davanti a Palazzo Malaspina. In merito allepiante da riposizionare si è concordato il numero indicato dall’Ufficio competente e si è scelto ilTIGLIO SELVATICO GREENSPIRE, con altezza a pianta adulta non troppo elevata 6/9 metri, con circonferenza di almeno 10/15 cm.; Il TIGLIO è consono a quanto oggi esistente sia supiazza che nei dintorni, non raggiungerà le dimensioni di quelli esistenti, è in sintonia con leindicazioni giunte da Soprintendenza ed è essenza già presente nel vicino Viale Risorgimento.
Le fioriere saranno riempite in terra di riporto ricoperta quasi per intero da cubetti dello stessomateriale della piazza che, nel tempo, possono essere eliminati”.
Le considerazioni testè riportate evidenziano plasticamente l’impianto assiologico dell’iniziativa: il verde come costo, le piante sostituite da piantine collocate in fioriere, nessuna valutazione dell’impatto sull’atmosfera né sulla temperatura. Se queste sono le determinazioni della Pubblica Amministrazione – e lo sono, vista la riferita consonanza di intenti tra i diversi Uffici a vario titolo coinvolti – il bilanciamento di interessi che emerge è, all’esito, da ritenersi non conforme ai canoni ermeneutici esposti in premessa.
Vi sono omissioni: non sono stati presi in esame tutti gli aspetti che potevano e dovevano essere oggetto di attenta valutazione, come l’impatto dell’attività di cantiere sull’attività scolastica, pur dandosi atto nei documenti esaminati della presenza di più istituti (Mazzini, Gioia, Romagnosi): gli studenti vengono considerati soltanto come bacino di utenza dell’opera, nel contesto di utilizzo della piazza, ovvero come fattore causale del maggiore o minore flusso di traffico atteso. Né può ritenersi, già sul piano lessicale, che la considerazione di bambini e minori possa essere implicitamente racchiusa nella locuzione “disagi per la popolazione” di cui alla relazione dell’8.07.2017, perché emergerebbe oltretutto un vizio di motivazione (omessa o comunque insuffi- ciente). Discorso analogo per l’incremento di temperatura e per il peggioramento della qualità dell’aria, come dettagliatamente si dirà subito (infra, §9.2 e 9.3.), oggetto di con- siderazione limitatamente alla sola fase di durata del cantiere, mediante l’acritica ed asettica riproposizione delle tabelle dei valori di riferimento, senza dunque alcun giudizio né parvenza di vaglio autonomo. Nessun cenno all’impatto di tali fattori (temperature e inquinamento) sia sugli studenti delle scuole superiori (Gioia e Romagnosi) sia – ed è lacuna che inquieta, ma non sorprende – sui bambini che frequentano lascuola Mazzini, cui accedono proprio dall’area di cantiere, e sui “disagi” subendi perl’arco temporale – indefinito – di realizzazione dell’opera, posto che gli effetti di miti- gazione e compensazione ambientale e climatica, così bene sottolineati dall’Ammini-strazione e dall’Appaltatore negli atti richiamati, inizierebbero a decorrere soltanto dalla messa a dimora delle nuove piante (rectius piantine), dunque a lavori ultimati.
Tralasciando l’aspetto, che pur andrebbe considerato, del tempo necessario perché le piante crescano e giunga a regime la loro capacità di assorbimento degli agenti inquinanti e di mitigazione della temperatura.
Il che significa assicurare e garantire danno alla salute (non semplici “disagi”)per la durata di cantiere, che – nell’ipotesi ottimistica di assenza di interruzioni – copre,vista la tempistica riferita, quasi due anni scolastici durante i quali gli “accorgimenti”di contenimento indicati in atti sono unicamente le opere di recinzione, la cui efficaciadi mitigazione su polveri e calore sembra difficilmente predicabile alla luce delle at-tuali conoscenze scientifiche.
Vi sono poi errori di valutazione: lo Studio di Fattibilità Ambientale redattodall’arch. G.B. OMISSIS nel dicembre 2015 (prod. parte resistente 20.09.202416:09) prevede l’abbattimento di 12 piante, “alcune in grave stato di salute” (così definiteivi, pag. 18, §4.1.3), con valutazione che – incidentalmente si osserva – desta perplessitàperché in contrasto con la documentazione fotografica in atti, da cui non v’è evidenzadi ammaloramenti o di pericoli di crollo, e con la relazione tecnica prodotta in atti.
Accanto al vizio di motivazione (insufficiente, lacunosa, contraddittoria) la valutazione svolta dalla P.A. presenta, in definitiva, plurimi profili di illegittimità percontrasto con il diritto nazionale ed eurounitario, non apprestando al bene giuridicoprotetto (l’ambiente) una sufficiente ed adeguata protezione: appare anzi intenzionalmente (illuminante il progetto del 2019, all. 31, per la convergenza di intenti di piùamministrazioni ed enti) sottovalutato e aprioristicamente recessivo rispetto alle ragioni dell’economia o, tutelate in maniera francamente più che proporzionale (i profilieconomici sono quelli che esauriscono la quasi totalità delle valutazioni compendiatenelle centinaia di pagine esaminate). Si tratta pertanto di atti amministrativi certamente disapplicabili nel presente giudizio, da cui l’antigiuridicità (derivata) della condotta esecutiva e l’ammissibilità, e fondatezza, della chiesta inibitoria
8.3. Il danno ambientale sotto il profilo climatico
Sempre sotto il profilo sanitario, viene dedotto quale ulteriore elemento di pregiudizio l’effetto sul microclima dei luoghi, venendo meno la funzione di regolazionetermica svolta dalle piante e realizzandosi, con il riscaldamento dei manufatti antropicisotto i raggi solari e il conseguente irraggiamento del calore, una c.d. isola di caloreforiera di per sé di nocumento alla presenza dell’uomo. Circostanze, queste, solo parzialmente contestate (e non con identica specificità) da parte resistente che insiste sullaidoneità del progetto ad abbattere i livelli di inquinamento atmosferico ed acusticomediante un meccanismo compensativo che si realizzerebbe sostituendo le piante attuali con altre di minor grandezza (necessariamente, per ragioni tecniche e naturalisti-che, non essendo possibile sostituirle con piante analoghe: v. anche infra, § ) e in maggior numero, ancorché con ubicazione diversa.
Ora, a parte il già svolto rilievo per cui, documenti alla mano, l’aumento di temperatura sembra sia stato oggetto di considerazione da parte della P.A. limitatamentealla sola fase di durata del cantiere e nel più che sintetico paragrafo dello “Studio di Fattibilità Ambientale” a firma arch. B. OMISSIS, mediante l’acritica ed asettica riproposizione delle tabelle di misurazione, analoga scarsa considerazione si rinviene nelledifese della resistente, che non si sofferma più di tanto sul problema e soprattutto nullareca in termini di elementi di valutazione oggettivi e scientifici.
Poiché, alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili, la capacità di assorbi-mento del calore e di abbassamento delle temperature dell’ambiente circostante propria delle piante appare senz’altro maggiore rispetto ai manufatti da realizzare, per latipologia dei materiali impiegati (cemento, pietra, metallo, vetro) e rispetto ad un as-setto programmato che vede ridotta, almeno in un primo arco temporale, la presenzadi verde (v. le considerazioni svolte nel §8.2.), circostanze queste espressamente con-fermate dalla documentazione amministrativa i cui stralci si sono riportati, non sembrapotersi mettere in discussione l’effetto pregiudizievole specifico che conseguirebbeall’abbattimento degli alberi, il cui rischio di verificazione è da ritenersi provato.
Anche sotto tale specifico profilo – creazione di “isola di calore” – la valutazioneamministrativa appare inficiata da omessa ed insufficiente motivazione, con conseguente (previa disapplicazione dei relativi atti) illiceità della condotta esecutiva chandrebbe posta in essere dal privato. Anche sotto tale specifico profilo, dunque, si ritiene sussistano ammissibilità e fondatezza della chiesta inibitoria.
Dall’accoglimento del ricorso discende l’inibitoria per il taglio delle piante e per ogni altra condotta idonea a recarvi pregiudizio, con particolare riferimento alle lesioni alle radici, al tronco, ai rami, prescrivendo all’impresa resistente di adottare ogni idoneo accorgimento finalizzato ad evitarle.
9. Alcune considerazioni, anche ai fini dei futuri sviluppi processuali ed extraprocessuali, appaiono infine necessarie. Questo è un procedimento che in un paese normalmente civile non sarebbe stato neanche concepibile. La pubblica amministrazione, che ha creato questa vicenda oggettivamente anomala, ha avuto dodici anni per valutare se compiere scelte diverse da quelle, in vari aspetti discutibili, effettuate; per evitare, con una propria scelta, anche questo procedimento faticosamente ricondotto al suo oggetto appropriato; per risolvere, in qualsiasi modo, il problema emerso nella collettività: che non è solo il danno ambientale oggetto di questo giudizio, che doverosamente si è esplorato, e che qualsiasi provvedimento reso in questo giudizio non sarà, in ogni caso, in grado di evitare.
Il quadro normativo che si è tentato di ricostruire, valorizzandone le ricadute giurisprudenziali, segnala una scelta assiologica molto netta e precisa, oltre che vincolante per l’interprete. Se un bilanciamento degli interessi appare difforme, perché insufficiente, poco lungimirante, pericoloso, anacronistico, miope, all’esito di una diversa scelta puramente politica (nel senso etimologico del termine), è la classe politica che l’ha espressa, non già la magistratura, a doversene assumere la responsabilità anche verso le generazioni future. È il potere politico a dover decidere se, e a quali condizioni, portare avanti iniziative controverse, divisive, e in contrasto con le fonti normative richiamate. Ma non si può, né si deve, chiedere alla magistratura di sostituirsi alla politica nelle scelte discrezionali di merito; di decidere quello che la politica non sa, non può o non vuole decidere; di disporre che vengano ascoltate e recepite le istanze che la politica non sa, non può o non vuole ascoltare. La tutela dell’ambiente nell’interesse delle generazioni future, come impone (non suggerisce) la Costituzione, non dovrebbe rendere necessarie iniziative giudiziali. Così non è stato, è un segno dei tempi, e non è un bel segno.
La novità della questione, e la sua particolarità, giustificano la compensazione totale delle spese di lite.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione assorbita o disattesa, così provvede:
in parziale accoglimento del ricorso, ordina alla ditta P.OMISSIS Parcheggi S.p.A. incaricata dell’esecuzione del progetto di autosilos sotterraneo in Piacenza, Piazza Cittadella, di astenersi dall’abbattimento delle piante di alto fusto attualmente presenti in loco, per le ragioni indicate in motivazione (in particolare §§ 8.1, 8.2, 8.3)
ordina alla ditta P.OMISSIS Parcheggi S.p.A. di astenersi altresì da ogni condotta idonea a danneggiare le piante di alto fusto attualmente presenti in loco, ed in particolare le radici, i tronchi e i rami delle stesse, adottando – nell’esecuzione delle opere edili – ogni conseguente doveroso accorgimento, per le ragioni indicate in motivazione (inparticolare §§ 8.1, 8.2, 8.3)
dispone la pubblicazione del presente provvedimento cautelare sul quotidiano la “Libertà” di Piacenza, in formato digitale scaricabile in ragione dell’estensione, non sussistendo ragioni ostative all’accoglimento della specifica domanda di parte ricorrente;
rigetta la domanda di ogni ulteriore provvedimento per le ragioni indicate in motiva-zione al §3.2.;
Fissa il termine perentorio di giorni sessanta, ex art. 669-octies cod. proc. civ., per l’eventuale introduzione del giudizio di merito.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali [cfr. art. 43].
Art. 7. Disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei boschi vetusti, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale (articolo così modificato dall’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 34 del 2018)
1. Agli effetti della presente legge e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica, per «albero monumentale» si intendono:
a) l’albero ad alto fusto isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate ovvero l’albero secolare tipico, che possono essere considerati come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali; b) i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani; c) gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private.
1-bis. Sono considerati boschi vetusti le formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate che per età, forme o dimensioni, ovvero per ragioni storiche, letterarie, toponomastiche o paesaggistiche, culturali e spirituali presentino caratteri di preminente interesse, tali da richiedere il riconoscimento ad una speciale azione di conservazione.
2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ed il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabiliti i principi e i criteri direttivi per il censimento degli alberi monumentali e dei boschi vetusti ad opera dei comuni e per la redazione ed il periodico aggiornamento da parte delle regioni e dei comuni degli elenchi di cui al comma 3, ed e’ istituito l’elenco degli alberi monumentali e dei boschi vetusti d’Italia alla cui gestione provvede il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Dell’avvenuto inserimento di un albero nell’elenco e’ data pubblicità mediante l’albo pretorio, con la specificazione della località nella quale esso sorge, affinché chiunque vi abbia interesse possa ricorrere avverso l’inserimento. L’elenco degli alberi monumentali e dei boschi vetusti d’Italia e’ aggiornato periodicamente ed è messo a disposizione, tramite sito internet, delle amministrazioni pubbliche e della collettività.
3. Le regioni recepiscono le definizioni di albero monumentale di cui al comma 1 e di boschi vetusti di cui al comma 1-bis, effettuano la raccolta dei dati risultanti dal censimento operato dai comuni e, sulla base degli elenchi comunali, redigono gli elenchi regionali e li trasmettono al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L’inottemperanza o la persistente inerzia delle regioni comporta, previa diffida ad adempiere entro un determinato termine, l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
4. Salvo che il fatto costituisca reato, per l’abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 100.000. Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell’apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato.
5. Per l’attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2013 e di 1 milione di euro per l’anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
[3] 12 luglio 2022
MIPAAF – LINEE GUIDA PRODUZIONE E IMPIEGO SPECIE AUTOCTONE DI INTERESSE FORESTALE
In G.U. n. 161 del 12 luglio 2022 è pubblicato il Decreto 17 maggio 2022 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali: Approvazione delle Linee guida per la programmazione della produzione e l’impiego di specie autoctone di interesse forestale.
[4] Linee Guida del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (all. 17.2 parte ricorrente)