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La Sindaca, l’ATAC e il bisogno di verità

raggi fb commento Rota 29 luglio 2017
Quando si arriva al punto di piegare  la verità alle ragioni della propaganda, si profilano tempi assai oscuri per la città e per i cittadini. Chiediamo alla Sindaca Raggi e alle tante persone serie e rispettose dell’interesse pubblico che lavorano con la  maggioranza capitolina di riportare questa amministrazione sui  binari della trasparenza e della responsabilità, anteponendo le ragioni del bene pubblico a quelle della popolarità del MoVimento. Solo chi rispetta la verità e la dignità dei cittadini può chiedere aiuto per portare Roma fuori dal pantano in cui continua a dibattersi.

(30 luglio 2017) La situazione di ATAC, l’azienda dei trasporti partecipata al 100 % dal Comune di Roma, è catastrofica. Ma non da ora. Da anni. Per molti motivi e con  molte responsabilità, dalla lunga serie di cambiamenti ai vertici,  con emolumenti stratosferici e buone uscite incredibili – soprattutto a fronte degli inesistenti risultati raggiunti – alle assunzioni clientelari, da ascrivere  non solo  alla parentopoli più famosa della Giunta  Alemanno, (1),  ma alla levitazione costante del personale (dirigenti e impiegati),  al sistematico spoil  system e alle solite mangiatoie elettorali che hanno accomunato destra e sinistra.   Per non parlare dei molti casi di mala amministrazione finiti nelle aule giudiziarie. E dell’alto tasso di assenteismo dei dipendenti e – va detto – del  corporativismo di una categoria dove proliferano le sigle sindacali. E dell’evasione tariffaria record degli utenti. E del lungo braccio di ferro Comune – Regione per i fondi per il trasporto pubblico della Capitale. E di  molto altro ancora.

E non era un mistero che l’ATAC fosse arrivata alla frutta da un pezzo. Lo racconta anche l’ex Sindaco Ignazio Marino nel suo libro, dove descrive assai bene come spesso l’interesse per l’azienda da parte di pezzi della politica “di destra e di sinistra” si attivasse “più per il salario o il posto di lavoro di un dirigente“, che “per la necessità di ridimensionare e rendere più produttiva l’azienda” ; e già allora, racconta Marino, “secondo alcuni osservatori avrei dovuto portare i libri contabili in tribunale e dichiararne il fallimento“(2).

Oggi la situazione non è migliorata, anzi. Le parole dell’ex direttore generale dell’ATAC Bruno Rota, il manager milanese nominato il 18 aprile scorso dalla Sindaca Raggi (ma le deleghe operative sono arrivate solo a fine giugno) (3) non lasciano spazio all’interpretazione: ” L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Oltretutto in queste condizioni ci sono anche chiari obblighi di legge: se non riesce a far fronte ai propri impegni, noi abbiamo l’obbligo di ufficializzare questa situazione (…) Bisogna ristrutturare il debito(4) . Rota parla chiaro anche sulle motivazioni che lo hanno spinto a lasciare l’incarico: “Come dico nella lettera di dimissioni, [lascio] per la gravissima situazione di tensione finanziaria della società. Una situazione che può essere risolta soltanto con un intervento drastico e con il pieno riconoscimento di quanto accaduto. Avrei dovuto sentire attorno a me un clima di totale fiducia. E così non è stato(5).

Parole  inequivocabili, che, come altre dichiarazioni rilasciate alla stampa in questi giorni, tirano in ballo il tentennamento della Sindaca e della Giunta nell’affrontare con serietà e  coraggio una emergenza  non più rinviabile. E che spiegano  l’inevitabile passo indietro  di chi si è trovato  ad affrontare una situazione  delicatissima senza avere  più il sostegno  di chi l’aveva  nominato.

E appare orwellianamente  inquietante  l’interpretazione della vicenda della Sindaca  Virginia Raggi  – ma  dicono che sia opera dei suoi spin doctor –   pubblicata sulla sua pagina  Facebook il 29 luglio,    in cui ribalta la situazione e attribuisce il passo indietro  dell’ex dg ATAC non già alla   mancanza di sostegno al piano di ristrutturazione dell’azienda da parte della sua Amministrazione,    ma al  corollario delle  preoccupazioni  di Rota per la sua personale esposizione a possibili conseguenze legali. (6)

E che quello della Sindaca sia un maldestro gioco di prestigio verbale, simile a quelli dei tanti politici navigati invisi ai Cinque Stelle, ci sembra evidenziato dal fatto che l’emergenza in ballo – la partecipata capitolina alla canna del gas – non venga affatto affrontata né spiegata ai cittadini.

Perché il vero punto è: cosa intende fare questa Amministrazione – facendolo rapidamente – per affrontare una situazione del trasporto pubblico ormai abbondantemente oltre il punto di non ritorno,  che a quanto pare sta per implodere definitivamente?   Quali sono state le vere cause della rottura (tra l’altro annunciata) e perché  il  Piano di Rota non andava (più) bene? Quali piani  alternativi esistono, a parte tirare a campare  aspettando l’ennesimo uomo della provvidenza?

E perché,  in un anno di permanenza nella stanza dei bottoni,  questa amministrazione non è ancora stata capace di aprire le porte del Campidoglio  e mostrare gli scheletri nell’armadio dei conti che non tornano? Dove sono finiti gli ardimentosi consiglieri M5S che dall’opposizione promettevano sfracelli sui cosiddetti “derivati” e che avrebbero  fatto  chiarezza una volta per tutte sul debito monstre della Capitale e sulle mangiatoie bipartisan delle partecipate?

E per quanto ancora  le mancanze e le devianze di – alcune – Giunte precedenti  saranno  usate dalla Giunta Raggi come scudo spaziale per proteggersi dalle critiche?

Dopo più di un anno bisogna cominciare a rispondere ai cittadini di quello che si è fatto e  non fatto. In modo chiaro e trasparente, con la serietà dovuta verso chi ti ha eletto per cambiare le cose.

Invece la Sindaca chiude il suo post  invitando i suoi consiglieri e e i suoi assessori  a “non distrarsi dal lavoro  alimentando sterili polemiche” avvertendo”chi preferisce polemizzare” che  “si mette da solo fuori dalla squadra.(6)  Un ulteriore segnale della debolezza di questa maggioranza pentastellata, che si preoccupa di silenziare la critica e il dissenso anziché affrontarli confrontandosi nel merito e  rispondendo sul piano delle idee e dei fatti.   Ma anche un vizio con cui dovrebbe fare i conti fino in fondo il  MoVimento, se ambisce davvero a fare un  salto di qualità.

Perché a  Roma  –  e non solo – i Cinque Stelle hanno  due possibilità.

Vivere alla giornata, gloriandosi  di iniziative secondarie e  titubando di fronte a  scelte strutturali  e improcrastinabili. Cercando di farsi meno nemici e inimicandosi tanti,  amici e non amici. Estromettendo le voci critiche  e ritrovandosi circondati dagli yes men e dagli adulatori. Affidandosi alle tecniche di  distrazione di massa degli esperti di comunicazione anziché dire ai cittadini come stanno le cose.  Pensando  alle elezioni nazionali e non alla drammatica quotidianità dei cittadini romani.

Oppure

Andare dritti per la propria strada, scegliendo la trasparenza, il confronto democratico e la partecipazione della cittadinanza, senza  temere il conflitto,  né l’impopolarità. La strada di chi cerca di fare la cosa  giusta e che per questo è sicuro di sé,  anche se è disposto a mettere in discussione le proprie scelte quando è necessario.

Noi ci auguriamo  che nel MoVimento prevalgano le teste pensanti e non gli esperti di marketing.

Anna Maria Bianchi Missaglia

(questo articolo è stato scritto anche per Eddyburg)

Post scriptum:

Il Presidente della Commissione Mobilità Enrico Stefano ha smentito  le affermazioni di Rota sulle sue presunte pressioni annunciando la querela al manager

L’assessore Mazzilo ha pubblicato su Face book un post in cui dichiara di condividere  pienamente le linee strategiche e operative della sindaca Virginia Raggi nella conduzione della macchina amministrativa.(7)

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

(aggiungeremo man mano eventuali contributi al dibattito di altri membri di Carteinregola e della sua rete)

Vedi anche:

da Diario Romano (30 luglio 2017) Atac: cosa voleva fare Rota e perché il M5S non era d’accordo di Filippo Guardascione

 Se ne va il dg di ATAC, sollevando preoccupazioni e rinfacciando pressioni del 28 luglio 2017

mazzillo fb commento 30 luglio 2017

(1) Il Fatto quotidiano 3 marzo 2015  Atac, i soldi buttati da amici e manager scelti da Gianni Alemanno Nel 2009 l’ex sindaco ha piazzato 844 persone all’azienda di trasporti della capitale. La Ragioneria dello Stato ha studiato la contabilità della società nel quinquennio 2009-2013, denunciando alla Corte dei Conti 28 irregolarità di Giorgio Meletti | 

>si veda anche Ministero delle Finanze, DIPARTIMENTO DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO – ISPETTORATO GENERALE DI FINANZA SERVIZI ISPETTIVI Settore V – RELAZIONE SULLA VERIFICA AMMINISTRATIVO-CONTABILE eseguita dal 4 ottobre 2013 al15 gennaio 2014 A Roma Capitale Roma, 16.01.14 – Dr. Vito Tatò Dr. Enrico Lamina Dirigenti dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica

(2) Ignazio Marino – Un  marziano a Roma  – Feltrinelli marzo 2016 –  pag.135 e successive

(3) Bruno Rota, manager milanese, per sei anni alla guida di Atm  prima di lasciarla per contrasti con il sindaco Sala, è stato nominato il 18  aprile ma solo al 28  giugno ha ricevuto le deleghe operative dall’ad Fantasia. Secondo l’articolo di Repubblica  a causa di contrasti tra i due http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/06/08/atac-sulle-deleghe-e-guerra-rota-fantasia-azienda-paralizzataRoma07.html Il 27 luglio Rota ha rilasciato due interviste, al Corriere della Sera e al Fatto Quotidiano* in cui denunciava le drammatiche condizioni dell’ATAC

(4) Il  fatto quotidiano 27 luglio 2017 Atac, il dg Bruno Rota: “Non abbiamo neanche i soldi per la manutenzione, il tempo è scaduto” L’azienda è insolvente, i fornitori non fanno credito: “L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Ma qualcuno se ne approfitta. Non licenzieremo, però qui si deve lavorare”di Gianni Barbacetto | 27 luglio 2017*

(5) Dal Fatto Quotidiano del 29 luglio  La versione del manager: “Li avevo avvisati da tempo che sarei andato via” di Gianni Barbacetto: “… [Rota] Ho passato la vita a rispettare le regole, anche a costo di pagare prezzi professionali pesanti …e adesso rischio ogni giorno un’accia di abuso di ufficio, con tutto quello che mi fanno firmare. Se posi succede un incidente e ci scappa il morto, visto che non abbiamo più i soldi per fare tutte le manutenzioni necessarie, le mie responsabilità potrebbero essere anche più gravi...”

(6) (Da Fb – Virginia Raggi 29 luglio 2017)

fb raggi 29 luglio Schermata 2017-07-30 alle 13.09.03La situazione in cui si trova Atac era ed è grave, ma non ci siamo fatti spaventare dalle difficoltà e siamo andati avanti. Abbiamo selezionato e portato a Roma qualche mese fa Bruno Rota, un grande manager che si era occupato con successo dell’Atm a Milano.

Rota oggi ha dichiarato: “Sono andato via perchè pagavo un prezzo personale troppo alto, avevo dei rischi anche personali. Sono incensurato, voglio restare tale”. Roma, e in particolare Atac, sono una sfida difficile da affrontare per chiunque. Capiamo le sue motivazioni in quanto manager, il MoVimento 5 Stelle invece ha il mandato dei cittadini e non può fermarsi dinanzi alle difficoltà, per quanto enormi siano.

Non facciamo calcoli personali, dobbiamo agire per il bene della collettività ed è quello che faremo. Andremo avanti con tutti gli strumenti a disposizione per fare di Atac un’azienda che funziona.

Nessuno del MoVimento 5 Stelle ha mai fatto raccomandazioni per amici, amici degli amici o parenti. Stefàno si è sentito diffamato dalle affermazioni di Rota, riprese poi dal Pd, e lo ha querelato. L’unico messaggio che Stefàno ci ha detto di aver mandato all’ex Dg riguarda la segnalazione di una azienda di bigliettazione con tecnologie innovative. Nient’altro, e per la massima trasparenza lo pubblicherà sulla sua pagina Facebook.

Se a qualcuno risultano altre circostanze come raccomandazioni, pressioni o richieste gradiremmo che fossero pubblicate immediatamente per poter prendere immediati provvedimenti. Qui non facciamo sconti a nessuno.

Ieri abbiamo scongiurato che alla nostra città fosse imposta il taglio dell’acqua per otto ore al giorno, una follia che poteva concepire solo chi pensa a soddisfare le direttive di partito e fare giochetti politici sulla pelle dei cittadini. Noi ogni giorno ci occupiamo dei problemi di Roma, dalle partecipate al verde sotto casa.

Stiamo tutti lavorando per questa città, dal sindaco fino al consigliere municipale. A tutti i componenti della mia squadra di consiglieri e di giunta dico infatti di non distrarsi dal lavoro alimentando sterili polemiche. Chi preferisce polemizzare si mette da solo fuori dalla squadra.

Come sempre andremo avanti… Le polemiche create dai giornali sono l’ultimo dei nostri interessi, ma se il segretario del Pd ci diffama è un’altra storia: Renzi sarà querelato e dovrà rendere conto delle sue parole.

Adesso andremo avanti con Atac per garantire alla città un sistema di trasporti degno di una capitale europea. Sarà dura, ma ce la faremo. Stateci vicino.

(6) In molti hanno letto nel post della Raggi anche una risposta all’intervista rilasciata a Repubblica da Andrea Mazzillo, Assessore al bilancio e al patrimonio  che ha appena rassegnato le dimissioni dalla delega alla casa. La Repubblica 29 luglio 2017  M5s, a Roma fronda anti Raggi vuole lo stop ai diktat di Grillo. “Svolta o andiamo a sbattere”Per molti consiglieri del Movimento il leader e Casaleggio pesano troppo sul Campidoglio. Asse tra l’assessore al Bilancio Mazzillo e De Vito di SERGIO RIZZO ***

*  Il  fatto quotidiano 27 luglio 2017 Atac, il dg Bruno Rota: “Non abbiamo neanche i soldi per la manutenzione, il tempo è scaduto” L’azienda è insolvente, i fornitori non fanno credito: “L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Ma qualcuno se ne approfitta. Non licenzieremo, però qui si deve lavorare”di Gianni Barbacetto | 27 luglio 2017

Lo dice secco: “Il tempo è finito. È venuto il momento di dire la verità”. Bruno Rota è da aprile 2017 direttore generale di Atac, l’azienda del trasporto pubblico di Roma. Aveva lasciato dopo sei anni la guida di Atm, dove aveva ottenuto buoni risultati, ma aveva avuto forti contrasti con il sindaco di Milano Giuseppe Sala. A Roma ha accettato la “mission impossible” di provare a risanare un’azienda che sapeva molto compromessa. “Sì, sapevo che il mio compito sarebbe stato difficile. Ma in questi mesi ho scoperto che è peggio di quello che immaginavo”.

Che situazione ha trovato?

L’azienda ha un debito di 1.350 milioni. Per anni Atac non ha investito e ha accumulato perdite su perdite, con debiti fatti via via per coprire le perdite di gestione, non per finanziare investimenti. Occorrono misure serie e immediate. E comunque non è questa la cosa peggiore.

E qual è allora?

L’Atac ha 325 milioni di debito commerciale. Vuol dire che siamo ormai ogni giorno inseguiti dai fornitori che hanno da molti anni crediti altissimi e non vengono pagati. Vuol dire che non possiamo nemmeno più comprare il materiale che ci serve per fare la manutenzione. I fornitori non fanno più credito.

I mezzi Atac si guastano spesso.

Il nostro parco mezzi è vecchio, ha una vita media di oltre 11 anni, con una parte di mezzi molto più vecchi. Sono quelli che guastano in continuazione. In queste condizioni, le manutenzioni sono necessarie e devono essere frequenti. Ma non abbiamo più i soldi per comprare il materiale che serve.

Perché “il tempo è finito”? E qual è la verità da dire?

La società è in una situazione gravissima, non riesce da molto tempo a far fronte ai propri impegni finanziari. Ora non si può più rimandare l’intervento. L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Oltretutto in queste condizioni ci sono anche chiari obblighi di legge: se non riesce a far fronte ai propri impegni, noi abbiamo l’obbligo di ufficializzare questa situazione.

Che cosa si deve fare? Portare i libri in tribunale?

Bisogna ristrutturare il debito. La legge fornisce diversi strumenti.

Gli amministratori, il sindaco Virginia Raggi, l’assessore alle partecipate Massimo Colomban, conoscono la situazione?

Io sono arrivato in Atac il 18 aprile 2017. Per due mesi sono stato a guardare e a studiare, perché non mi sono state date deleghe operative, che sono arrivate solo il 28 giugno. Ma mi sono bastati dieci giorni di lavoro per capire la situazione dell’azienda, che ho subito riportato al sindaco.

Reazioni?

Ha capito subito la situazione, ha mostrato grande comprensione e mi ha garantito un pieno sostegno.

Che cosa non funziona allora?

Bisogna intervenire subito. Ho presentato un piano. Ora è il tempo delle risposte.

Intanto il servizio funziona male, i mezzi si guastano, i cittadini protestano.

È vero che la regolarità del servizio è sempre a rischio, perché non si riesce da tempo a fare le manutenzioni. Ma i mezzi che escono dai depositi per il servizio sono gli stessi di dodici mesi fa. Eppure ora viene descritta una situazione catastrofica, perché c’è una campagna di stampa che aggiunge cose negative false a quelle vere, che pur ci sono. Per ostilità politica, suppongo. Nel caso della donna trascinata per metri da un treno del metrò in corsa, è stato scritto che non ha funzionato il freno d’emergenza: ma i treni del metrò non hanno freno d’emergenza. Ho letto un titolo sul “rogo” di un “treno bruciato” sulla Roma-Giardinetti: in verità, era soltanto uscito fumo da un carrello.

È stato scritto anche che c’è stato un crollo nella vendita dei biglietti.

Altra notizia falsa. Non per merito mio, che sono appena arrivato, ma da inizio d’anno, con accelerazione ad aprile, c’è stata una crescita dei biglietti del 2,3 per cento, con incassi aumentati di 3 milioni, grazie agli abbonamenti e al biglietto turistico.

È stato scritto che Atac licenzierà 2.500 dipendenti.

Falso. Il nostro problema non è tagliare i dipendenti, ma farli lavorare, perché oggi non riusciamo a coprire i turni. Troppe assenze, turni di lavoro abbreviati perché molti macchinisti non timbrano l’ora di entrata e di uscita e nessuno controlla. Qualcuno approfitta della situazione riconsegnando dopo qualche ora di lavoro il suo mezzo dicendo che non funziona più bene. Bisogna ripristinare un sistema di regole e di controlli per impedire che ognuno faccia ciò che gli pare.

Rimpiange Milano?

Rimpiango tantissimo Milano e Atm. Mi mancano quasi fisicamente. Mi manca il clima di verità in cui sono sempre avvenuti anche i confronti più aspri, per esempio con le forze sindacali. E mi manca la “squadra” di colleghi capaci che avevo faticosamente messo insieme in Atm. Qui a Roma, vincoli legislativi e la situazione aziendale rendono quasi impossibile rafforzare la squadra.

**La Repubblica 29 luglio 2017 Bruno Rota: “È uno scandalo tremendo, la sindaca Raggi mi ha scongiurato ma fa paura restare in Atac”L’ex direttore generale è inferocito: “Ma sono io che ho presentato una lettera ufficiale di dimissioni una settimana fa. Solo con un intervento drastico si può affrontare la gravissima situazione di tensione finanziaria della società. Per portare avanti il concordato preventivo che avevo proposto avevo bisogno di un clima di fiducia, ma così non è stato”  di CECILIA GENTILE e LUCA PAGNI

ROMA – “Uno scandalo terrificante. Ho addirittura paura a restare qui”. Bruno Rota, ormai ex direttore generale di Atac, è inferocito. Di più. “Come può pensare la signora Raggi di dire che mi ha silurato quando io ho presentato una lettera ufficiale di dimissioni una settimana fa? Basta, adesso mi sono stufato”. In realtà Rota, il manager venuto da Milano, di Atac e di tutta l’amministrazione grillina della capitale si era stufato da un pezzo. Tanto da arrivare a scrivere una lettera di dimissioni e indirizzarla all’amministratore unico Manuel Fantasia il 21 luglio. Ora vuole che tutti lo sappiano.

Quindi non è stato rimosso?
“Eccolo il numero del protocollo della lettera di dimissioni: 0117314. La sindaca Raggi mi ha scongiurato di restare e di mantenere il più stretto riserbo sulle dimissioni. Io l’ho fatto. Stavo lavorando alla procedura per il concordato preventivo sotto la vigilanza del tribunale, la procedura ritenuta da me necessaria per risanare l’azienda evitando il fallimento. Ero riuscito anche a spiegare ai grillini cos’è un concordato”.

E, invece, ha mollato tutto. Perché?
“Come dico nella lettera di dimissioni, per la gravissima situazione di tensione finanziaria della società. Una situazione che può essere risolta soltanto con un intervento drastico e con il pieno riconoscimento di quanto accaduto. Avrei dovuto sentire attorno a me un clima di totale fiducia. E così non è stato. Racconto solo un episodio, per dare l’idea: il mio primo giorno di lavoro in Atac è stato il 18 aprile, ma le deleghe operative mi sono state assegnate il 28 giugno, solo un mese fa”.

Quindi la sindaca Raggi non l’ha sostenuta?
“Guardi, la situazione è peggio di quanto si possa credere. Ho scoperto che da anni l’azienda fa fatica a pagare gli stipendi, con soluzioni trovate anche nelle ultime ore utili per rispettare le scadenze con i lavoratori. Per non parlare dell’esposizione con i fornitori per 325 milioni”.

C’è chi sostiene che siano di meno.
“Sarebbero di meno perché ci sono circa 50 milioni di debiti con le società controllate dall’azionista? Ma è possibile avere una azienda in cui da anni non si paga la bolletta della corrente elettrica? Bisogna avere rispetto per i fornitori, se non li paghi o ritardi mesi e mesi poi ti servono male o non partecipano alle gare. Abbiamo autobus in servizio da oltre 11 anni, per cui facciamo fatica anche a trovare i pezzi di ricambio…”.

E i sindacati hanno capito o no la gravità della situazione?
“Bisogna fare qualche distinguo. Ho sempre parlato con i responsabili dei sindacati più importanti, non ho mai nascosto loro cosa ho trovato e come intendevo muovermi. Loro stessi si sono detti a loro volta preoccupati ed esterrefatti. Quello che mi ha stupito, da subito, al mio arrivo a Roma, è la costante presenza dei responsabili delle sigle minori in televisione, dove vanno sempre a commentare quello che succede: ne hanno di tempo.”.

In pratica, l’hanno lasciato solo.
“Questa è una azienda in cui può succedere di tutto. Si ricorda due anni fa lo sciopero contro le timbrature? Possibile che chi fa i turni non timbri il cartellino? Eppure succede ancora. Capisce che se devo fare battaglie di questo tipo ho bisogno del sostegno totale dell’azionista. La battaglia per le timbrature ha cercato di farla due anni fa l’ex direttore Francesco Micheli, uno che veniva dai vertici Intesa Sanpaolo. Se ne è andato nel giro di un paio di mesi. Di poco, ma io sono durato di più…”.

***La Repubblica 29 luglio 2017  M5s, a Roma fronda anti Raggi vuole lo stop ai diktat di Grillo. “Svolta o andiamo a sbattere”Per molti consiglieri del Movimento il leader e Casaleggio pesano troppo sul Campidoglio. Asse tra l’assessore al Bilancio Mazzillo e De Vito di SERGIO RIZZO 

CON quello che sta succedendo a Roma un assessore che rimette alla sindaca la delega alle Politiche abitative non è certo una gran notizia. Se però si tratta dell’assessore al Bilancio, cioè la persona che ha in mano i cordoni della borsa, e non rinuncia per capriccio ma per dare un segnale politico, allora la faccenda cambia. Il suo nome è Andrea Mazzillo, e dice: “Qui serve una svolta, continuando così andiamo a sbattere. Va a sbattere tutta la città”. Il segnale è innanzitutto per la sindaca. Ma pure a quanti hanno sempre condizionato le scelte del Campidoglio: dal direttorio della prim’ora, al direttorio bis degli onorevoli tutor di Virginia Raggi, e più su. Fino alle vere stanze dei bottoni della Capitale, quelle dell’Hotel Forum occupate di solito da Beppe Grillo e Davide Casaleggio. E la storia si fa ancora più seria perché non è la presa di posizione di un singolo assessore. Dietro a lui ci sarebbe infatti il pezzo di consiglio comunale che garantisce la maggioranza a Virginia Raggi.

Fra Mazzillo e il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito si è stabilito un inedito asse di ferro. La manovra punta a riportare il potere in mano agli eletti. Gli esperti di codici grillini potrebbero interpretare ciò come un ribaltamento nei rapporti di forza. Mazzillo era considerato uno dei fedelissimi di Virginia Raggi, mentre De Vito è vicino alla ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi, che pubblicamente non ha mai mostrato particolare stima per la sindaca. Se però il possibile terremoto della “discontinuità”, come la chiama Mazzillo, ma che sarebbe più giusto definire “presa di distanze” non fosse di ben più ampia portata.
Da mesi crescono i malumori nell’assemblea dove per una singolare usanza i consiglieri si fregiano come i parlamentari dell’appellativo di “onorevoli”. Il consiglio comunale lamenta di essere tagliato fuori di fatto da ogni decisione. E l’ultimo caso, quello del direttore generale dell’Atac Bruno Rota che ha sparato dalle colonne di Corriere della sera e Fatto quotidiano una mitragliata sull’azienda pochi giorni dopo aver rassegnato le dimissioni, è solo il detonatore di una situazione esplosiva. Rota era l’ennesimo manager nordista, che in men che non si dica ha fatto le valigie.

“Le decisioni sono adottate centralmente, senza alcun confronto con l’assemblea che spesso e volentieri viene tenuta all’oscuro. Molti assessori non hanno alcun rapporto con gli eletti”, accusa Mazzillo. Si fa presto a capire chi mette sul banco degli imputati: il vicesindaco Luca Bergamo, dai trascorsi nel Pd, l’assessora all’Ambiente Pinuccia Montanari, quella che “sostiene di non aver mai visto qui i topi per il semplice fatto che non conosce Roma”, ma soprattutto il factotum delle municipalizzate catapultato anch’egli come Rota dal Nord. Ovvero, l’ex imprenditore veneto Massimo Colomban. Dire che Mazzillo con lui non abbia mai legato è puro eufemismo.

Il fatto è che fra le decisioni prese centralmente che provocano così tanti mal di stomaco nel consiglio comunale le più indigeste sono quelle calate dall’alto. Tipo, appunto, le nomine delle figure chiave. Che Virginia Raggi ha sempre finito per subire. Sono sempre arrivate direttamente dalle stanze dei bottoni del Movimento 5 stelle. E l’innesto di Colomban, rivelatosi finora privo di alcuna concretezza, viene portato come l’esempio più clamoroso. Ma non l’unico. “Francamente non si capisce perché si senta il bisogno di affidare certi incarichi delicati a persone che non conoscono Roma, come se in questa città non fossero reperibili determinate competenze”, argomenta Mazzillo. La verità è che certe scelte manageriali ai vertici delle municipalizzate si sono risolte finora in autentici disastri. Ed è difficile attribuire le cause alla semplice inesperienza di politici in erba, quando invece le decisioni sono prese da altri.

Tutto questo discende da ragioni precise. Pur senza dirlo apertamente, l’assessore al Bilancio fa risalire la cosa al peccato originale: il famoso contratto che Virginia Raggi e i consiglieri comunali hanno accettato di firmare. Una ipoteca economica pesantissima capace di menomare ogni azione politica che abbia il sapore dell’indipendenza dalle direttive dei vertici del Movimento (come sa bene la consigliera Cristina Grancio sospesa per essersi mostrata perplessa sullo stadio della Roma). Con cui, al contrario, la sindaca di Torino Chiara Appendino non è costretta a fare i conti. E la differenza, infortuni a parte, è evidente.
La conseguenza, dice l’assessore al bilancio, è che amministrare una città come Roma in queste condizioni è una guerriglia quotidiana. “Prima non si facevano le gare. Adesso invece sono bandite regolarmente, peccato solo che spesso non si riesca ad aggiudicarle perché i commissari si ammalano all’improvviso “, racconta Mazzillo. E sbotta: “Nessuno si vuole assumere responsabilità. Ho dovuto richiamare la nostra compagnia assicurativa, la Adir, che l’altro giorno mi ha comunicato la decisione di non voler più dare copertura ai dirigenti del Comune. Che così hanno comprensibili difficoltà a esporsi”.

Per non parlare della meticolosità della Corte dei conti nel mettere il naso in ogni delibera. Con il paradosso che quella valanga burocratica si abbatte proprio su di lui, che di un noto fustigatore della magistratura contabile, Luigi Mazzillo, è il figlio. Senza poi contare le tegole che cadono sulla testa quando meno te l’aspetti. Un esempio rende l’idea. “La società Investimenti spa ci ha chiamato in causa “, rivela lui, “per un arbitrato da capogiro. Chiede al Comune di Roma qualcosa come 150 milioni di danni perché sono state ridotte le cubature dell’intervento previsto nella vecchia Fiera di Roma”. Il bello è che Investimenti
spa è una società interamente pubblica, controllata al 58 per cento dalla Camera di Commercio, al 20 per cento circa dalla Regione Lazio e per il restante 22, pensate un po’, addirittura dal Campidoglio. Un altro fulgido esempio dello Stato che fa causa a se stesso. Complimenti.

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