Nell’emisfero nord è un’estate apocalittica: incendi fuori controllo in tutto il circolo polare artico (per non parlare di California e Grecia), ondate di calore di varie settimane con temperature record, acquazzoni torrenziali e inondazioni bibliche. Eh già, si tratta di proprio di cambiamenti climatici.
Non è assurdo essere spaventati, poiché le estati saranno sempre peggiori nei prossimi dieci anni, e molto peggiori nei dieci anni successivi. Dei tagli drastici e immediati alle emissioni di gas serra oggi potrebbero evitare che le estati degli anni quaranta del duemila siano anche peggiori, ma non potrebbero comunque fare molto per alleviare la crescente sofferenza dei prossimi vent’anni. Buona parte di queste emissioni si trova già nell’atmosfera.
E la verità è che non assisteremo ad alcun “taglio drastico e immediato delle emissioni di gas serra” nel prossimo futuro. Le cose peggioreranno, e di molto, prima di migliorare, se mai miglioreranno. Ed è quindi probabilmente venuto il momento di porsi l’ovvia domanda: come andranno a finire le cose?
Sistematica sottovalutazione
La peggiore delle ipotesi non è l’unica ipotesi, e neppure la più probabile, ma potrebbe essere utile capire a che punto la situazione potrebbe diventare grave se ci lasceremo sfuggire tutte le scappatoie possibili nel nostro cammino verso l’inferno. Vorrei a questo punto citare un’intervista che ho realizzato dieci anni fa con il dottor Dennis Bushnell, scienziato capo del centro studi Langley della Nasa. Quel che ha detto vale ancora oggi.
Bushnell parlava degli “effetti di retroazione” (lo scioglimento del permafrost, il riscaldamento degli oceani, le grandi emissioni di diossido di carbone e di metano). Dal momento che non possono essere pienamente inclusi nei modelli informatici del clima, simili fenomeni portano a una sistematica sottovalutazione dei riscaldamenti futuri, diceva. Prima di venire al dunque.
“Se prendiamo in considerazione tutti questi effetti di retroazione, le stime prevedono che entro il 2100, invece di un aumento tra i due e i sei gradi (nella temperatura media globale), è possibile un aumento compreso tra i sei e i 12 gradi. Un simile cambiamento delle temperature modificherebbe l’andamento di circolazione degli oceani e li renderebbe in buona parte anossici, molto poveri d’ossigeno, il che poi farebbe proliferare i batteri che producono solfati d’idrogeno. Il loro aumento provocherebbe l’assottigliamento dello strato di ozono, rendendo difficile la respirazione. Questo avverrebbe entro il 2100”.
Un mondo senza ossigeno
Dennis Bushnell si riferiva al “modello oceanico di Canfield”, che oggi è seriamente sospettato di essere la causa di quattro delle cinque grandi estinzioni di massa. Tutti sono al corrente dell’enorme asteroide che ha colpito il golfo del Messico 65 milioni di anni fa, portando all’estinzione dei dinosauri. Meno persone sanno che non c’è alcuna traccia d’impatto con un asteroide nelle altre quattro “grandi morie”, avvenute rispettivamente 444, 360, 251 e 200 milioni di anni fa. Cosa è accaduto in questi casi?
Uno degli elementi comuni è che il pianeta era all’epoca insolitamente caldo, ma il vero motivo era l’anossia degli oceani profondi. Non c’era ossigeno e quindi nessuna forma vivente che utilizza ossigeno. Quando gli oceani sono molto caldi, si interrompe il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica (come la corrente del Golfo), che porta negli abissi grandi quantità di acqua di superficie ricca di ossigeno, e gli oceani si si dividono in uno strato di superficie con ossigeno e in uno strato anossico nelle profondità.
Ma lì esistevano già forme viventi: solfobatteri che solitamente si nascondono nelle fessure, lontano dall’ossigeno che li distruggerebbe. In un oceano anossico, escono fuori e si moltiplicano per poi, con le giuste condizioni, risalire in superficie e uccidere tutta le forme di vita marine che vivono d’ossigeno.
Ma non solo: l’acido solfidrico, un prodotto di scarto del loro metabolismo, sale nell’atmosfera, distrugge lo strato d’ozono, e si diffonde sulla Terra dove distrugge a sua volta buona parte delle forme di vita. Questo è accaduto non una bensì almeno quattro volte in passato.
In teoria, riscaldando il pianeta stiamo creando le giuste condizioni perché questo accada di nuovo, ma in pratica le probabilità non sono così alte. Non ci sono stati eventi di “Canfield” negli ultimi duecento milioni di anni e, tanto per cominciare, quando sulla Terra si sono verificate in passato estinzioni di massa la temperatura era molto più alta.
Anche se eviteremo questo destino, potremmo essere comunque ben avviati verso una nuova strage, anche di essere umani. Il cibo è l’elemento chiave: mano a mano che il caldo rallenterà la produttività e trasformerà in deserti intere regioni, è ipotizzabile che ci saranno carestie di massa, anche se una vera e propria estinzione appare improbabile. C’è ancora una possibilità che reagiamo abbastanza velocemente da arrestare tutto questo molto prima che si verifichi una vera e propria carneficina. Quando ci si occupa del futuro, si può fare affidamento solo sulle probabilità, e anche queste sono molto scivolose.
La situazione è già abbastanza fosca. Le notizie sono cattive, naturalmente, ma quando il gioco si fa molto serio, è bene sapere qual è la posta in gioco.
(Traduzione di Federico Ferrone)