L’appello dei Comitati No Autonomia differenziata ai lavoratori
Autore : Redazione
Pubblichiamo l’appello dei Comitati per il ritiro di qualunque autonomia differenziata per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti per ricordare a tutti i lavoratori e lavoratrici che con l’Autonomia regionale – ultima la versione del DDL Calderoli – si andrà incontro alla fine dei contratti nazionali, inevitabilmente affiancati, quando non sostituiti, da contratti regionali. Con la conseguenza di lotte sindacali isolate e deboli, di una maggiore soggezione alle pressioni per accettare condizioni di lavoro più dure, meno tutelate, ad una legislazione al ribasso, sotto il ricatto di delocalizzazione di industriali e multinazionali, ma non in un altro Paese, bensì in un’altra Regione!
(dal sito https://perilritirodiqualunqueautonomiadifferenziata.home.blog/)
A tutti i lavoratori e le lavoratrici: l’Autonomia differenziata ci riguarda: uniamoci per il ritiro!
Siamo lavoratrici e lavoratori di tutta Italia, del nord, del centro, del sud.
L’Autonomia differenziata è stata introdotta dalla modifica della Costituzione approvata nel 2001. Con essa, ben 23 materie, che oggi competono allo Stato, potrebbero passare completamente alle Regioni che ne fanno richiesta. Si tratta di materie vitali: istruzione, sanità, lavoro, ambiente, trasporti, infrastrutture, commercio, professioni, commercio con l’estero…, e addirittura i rapporti con l’Unione Europea. Nonostante i mezzi di informazione abbiano cominciato a parlarne, pochi spiegano davvero quello che potrebbe succedere ai lavoratori e alle lavoratrici, ai/alle giovani, ai pensionati, alle famiglie.
Con l’Autonomia differenziata andremmo incontro alla fine dei contratti nazionali, inevitabilmente affiancati, quando non sostituiti, da contratti regionali. Questo, fisiologicamente, ci porterebbe a lotte isolate e deboli, ad una maggiore soggezione alle pressioni per accettare condizioni di lavoro più dure, meno tutelate, ad una legislazione al ribasso, sotto il ricatto di delocalizzazione di industriali e multinazionali, ma non in un altro Paese, bensì in un’altra Regione!
La situazione disastrosa della sanità che tutti conosciamo, determinata dalla attuale legislazione concorrente stato-regione, tenderebbe a peggiore ulteriormente: i livelli delle prestazioni pubbliche sarebbero ridotti al minimo per lasciare invece spazio aperto alle assicurazioni private e ai fondi sanitari (la previdenza integrativa e complementare, per giunta, è una delle materie disponibili alla potestà legislativa esclusiva delle regioni). In pratica, la sanità diventerebbe un lusso per chi può permettersela.
E la scuola? Diplomi, contratti nazionali, orari verrebbero a poco a poco rimessi in causa, come già succede nelle Regioni Autonome, mentre le pressioni sulla libertà d’insegnamento aumenterebbero, così come la penetrazione dei privati.
Negli ultimi trent’anni numerose conquiste sono state attaccate. Ma se questo processo non è arrivato fino in fondo, se ancora esistono i contratti nazionali, le pensioni, una parte di sanità pubblica, una scuola nazionale, è perché i lavoratori hanno potuto mobilitarsi a livello nazionale, uniti dal nord al sud. Domani tutto questo potrebbe non esserci più, con conseguenze disastrose.
In questo processo, le Regioni del sud sarebbero certamente le prime a pagare un prezzo drammatico. Con l’AD si prevede infatti che le Regioni “differenziate” trattengano le tasse raccolte sul proprio territorio, senza compensazioni tra le zone del Paese dove c’è più lavoro e più reddito e le altre, come invece avviene oggi. Ma un sistema di concorrenza al ribasso, unito alla perdita delle tutele e al proliferare di contratti regionali colpiranno tutte/i, in un processo di cui è impossibile immaginare esiti positivi.
La propaganda cerca in tutti i modi di nascondere tutto ciò e di presentare l’Autonomia differenziata come una riforma di semplificazione amministrativa, di promozione dell’efficienza e di accoglimento delle esigenze dei territori. Non è vero: i centri di potere, i clientelismi, le infiltrazioni della malavita organizzata si moltiplicherebbero e in cambio ci troveremmo divisi, impotenti, gli uni contro gli altri.
La storia del movimento dei lavoratori è la storia della ricerca dell’unità per ottenere diritti, conquiste, migliorare le condizioni di vita. Questa storia si intreccia con quella dell’unità del Paese, con la Resistenza e la Liberazione, con la stessa creazione della Repubblica, “una e indivisibile” (art. 5 della Costituzione). Come lavoratori e lavoratrici abbiamo tutto da perdere dalla frantumazione di questa unità, dal venir meno definitivo dei presupposti che hanno alimentato una lotta ultrasecolare.
Per questo, lanciamo a tutte e a tutti un appello: l’autonomia differenziata ci riguarda; battiamoci per il suo ritiro. Difendiamo tutto ciò che ci unisce e costituisce la base dei nostri diritti. Solo così potremo pensare di estenderli e di riconquistare ciò che abbiamo perso in questi anni.
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