Legge regionale per contrastare la ludopatia sotto il tiro dei concessionari delle slot
Autore : Redazione
Il suo nome non è “gioco” e non è “abilità”. L’azzardo è azzardo, genera crescente povertà, sofferenza. (dal Manifesto delle Associazioni anti azzardo)
Apprendiamo da un articolo (in calce) di AGIMED, una testata che si occupa di “Mercato del Gioco“, cosa è stato detto nel corso di una audizione delle commissioni regionali congiunte del 27 ottobre scorso sulle “conseguenze economiche sulle attività commerciali della legge regionale n. 5/2013 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico, come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2020“, di rappresentanti di concessionari di giochi pubblici, esercenti, tabaccai. In discussione le modifiche introdotte all’inizio dell’anno dal Consiglio regionale alla legge del 2013, che hanno reso più stringenti le misure per le sale giochi e gli esercizi pubblici che ospitano slot. In particolare, l’obbligo di distanza di almeno 500 metri da una serie di “luoghi sensibili” (scuole, luoghi di culto, ospedali, centri giovanili, centri anziani), prima applicato solo alle nuove aperture, è stato esteso alle attività in essere, con l’obbligo di rimozione delle slot dagli esercizi pubblici (bar, tabacchi, ecc.) entro 18 mesi, mentre per le sale scommesse è stato fissato un termine di 3/5 anni per adeguarsi (cioè chiudere o trasferirsi).
Suggeriamo di leggere l’articolo sottostante, che riporta le ragioni degli auditi ma anche le posizioni di alcuni consiglieri regionali, che ben rappresentano la visione e la mentalità di chi ricorre al sempiterno appello ai “posti di lavoro” e al “giro di affari”, persino alle “risorse erariali” ricavate, minimizzando il dramma delle tante vittime, soprattutto fragili e povere, della ludopatia, che rovina vite, famiglie e regala clienti agli usurai. (AMBM)
29 ottobre 2020
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
Nel Consiglio Regionale del Lazio, tre commissioni consiliari, la prima, presieduta da Rodolfo Lena (Pd), la nona, Lavoro, presieduta da Eleonora Mattia (Pd), e l’undicesima, Sviluppo economico, presieduta da Marietta Tidei (Gruppo misto), si sono riunite in modalità telematica, per un’audizione congiunta con le associazioni del settore, sulle conseguenze economiche sulle attività commerciali della legge regionale n. 5/2013 per il contrasto al gioco d’azzardo patologico, come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2020. Quest’ultima dà un termine di diciotto mesi per la rimozione delle slot dagli esercizi commerciali e di quattro o cinque anni delle sale scommesse ubicate entro i cinquecento metri da aree sensibili, quali istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente dai giovani, centri anziani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale o luoghi di culto. A entrare subito nel vivo del problema, è intervenuto Matteo Marini, membro del consiglio direttivo di Acadi, l’associazione dei concessionari di giochi pubblici che rappresenta il 60 per cento del gioco in Italia. Marini ha esordito con qualche numero nel Lazio: 16.250 persone che percepiscono un reddito da lavoro dipendente dal settore; un milione e ottocentomila consumatori giocatori, quindi un terzo della popolazione maggiorenne del Lazio; circa 6.400 esercizi; la spesa media mensile per famiglia è di circa 4 euro al mese, per il tabacco è sei volte tanto, 24 euro; nel 2019 le risorse erariali sono state pari a circa un miliardo di euro. “Le persone in cura per disturbi da gioco d’azzardo sono 840 – ha detto Marini -, mentre le persone che applicando la nuova norma della legge 5/2013 perderanno il posto di lavoro saranno 6.000 su 16.000”. Rispettando le regole, secondo Marini, il territorio utilizzabile sarebbe pari allo 0,7 per cento. “Insomma, a fronte di uno 0,01 per cento di giocatori problematici si danneggiano 13.000 famiglie”, secondo Gabriele Perrone, presidente di Sapar. Sulla stessa lunghezza d’onda, sono intervenuti il presidente di Fiepet Confesercenti Lazio, Claudio Pica, il presidente di Fiegel Confesercenti, Stefano Papalia, Carlo Frumenti di Fit Sts (Federazione italiana tabaccai, Sindacato totoricevitori sportivi), il presidente di Assotabaccai di Confesercenti, Gianfranco Labib, e per As. Stro, Claudio Bianchella. Nel corso dell’audizione è poi intervenuto anche il presidente di Acadi, Geronimo Cardia. Per il consigliere Orlando Tripodi (Lega), “con la situazione attuale il minimo che possiamo fare è una moratoria, una proroga, che ci darebbe lo spazio di ragionare con tutto questo mondo, perché sono convinto che con questa legge regionale la Regione Lazio ha sbagliato”. Di diverso avviso, Marta Leonori (Pd), secondo la quale “la previsione legislativa approvata a inizio anno non è così dannosa, e comunque 1,3 milioni di italiani, sono dati di Istat, hanno problemi di ludopatia, dopo di che la legge 2013 stabiliva che in alcuni luoghi non fosse opportuno avere luoghi di gioco. A inizio anno – ha proseguito Leonori – abbiamo stabilito che fosse necessario attuare questa norma del 2013, dando un anno e mezzo per rimuovere le slot e cinque anni per le sale scommesse”. Su posizioni analoghe, è intervenuta Valentina Corrado (M5s), mentre per Lena, “un ragionamento che tenga conto della situazione attuale va fatto”. Nel corso dell’audizione è intervenuto anche il consigliere Massimiliano Maselli (FdI). cdn/AGIMEG