La decisione del Sindaco di Bologna Lepore di istituire il limite di trenta all’ora nel 70 per cento circa delle strade della città (quelle più a rischio incidenti) ha suscitato le ire del Ministro leghista dei trasporti Salvini (“Non farò parte di un partito anti-auto perché i cittadini ci vanno a lavoro: multare chi va lavorare in auto, anche in bici, mi sembra un’ideologia priva di qualsiasi senso») (1), tanto da spingerlo a varare addirittura una direttiva che punta a restringere le città a 30 all’ora, a cominciare da Bologna (2). Direttiva contestata persino dall’ANCI (“Le zone 30 sono legittime, i sindaci possono limitare la velocità“) (3). E hanno suscitato una serie di polemiche anche le dichiarazioni del Sindaco Gualtieri sull’intenzione di “trasformare in zona 30 chilometri orari il 70% delle strade di Roma entro la fine della consiliatura“, poi ridimensionata dall’Assessore ai trasporti Patanè, che ha circoscritto la previsione alle cosiddette “isole ambientali” e non per le zone “a viabilità primaria” (4). Il tema, come tutti quelli che riguardano scelte di trasformazione della città, e soprattutto che toccano molto da vicino la vita quotidiana dei cittadini, più che di annunci ai giornali avrebbe bisogno dell’apertura di un confronto preliminare con la città, spiegando le ragioni, le modalità, gli obiettivi, i tempi.
Proponiamo come contributo al dibattito un intervento di Pietro Spirito, economista dei trasporti e socio di Carteinregola, pubblicato da Il mattino il 27 gennaio 2024. (AMBM)
Limiti di velocità e limiti al buon senso
di Pietro Spirito
Non è più il tempo di Gianni Morandi, che nel 1962 cantava “Andavo a 100 all’ora”, nel suo primo disco singolo. Oggi è tempo per decelerare decisamente la velocità nelle città. La transizione ecologica e l’emergenza climatica impongono comportamenti più coerenti per la salvaguardia della sicurezza stradale, la riduzione della incidentalità, la salvaguardia della vita dei pedoni e dei ciclisti.,
I dati relativi agli incidenti stradali in Italia nel 2022 descrivono una situazione allarmante, 81.437 sono stati i sinistri, in crescita del 24,7% sul 2021 con 1.450 vittime e 108.996 feriti (aumentati rispettivamente del 15,3% e del 25,7%). Oltre il 70% degli incidenti si è verificato in strade urbane.
Una delle prime tre cause dell’incidentalità risiede nell’eccesso di velocità e nel superamento dei limiti: per questo numerose città hanno deciso di istituire zone a 30 km/h nei centri urbani. Non è questione che possa riguardare gli schieramenti politici. I divieti di fumo nei locali e nei mezzi pubblici non sono stati il frutto di una battaglia ideologica tra destra e sinistra. Morire meno di incidenti stradali o ridurre i tumori ai polmoni dovrebbe essere patrimonio comune della comunità. Noi abbiamo smarrito questa bussola,
La necessità di attuare soluzioni per la sicurezza stradale ha raggiunto anche il Parlamento europeo, dove nell’ottobre 2021 è stata approvata una risoluzione che chiedeva alla Commissione di sviluppare raccomandazioni per le zone a 30 km in zone residenziali, e in quelle a elevata percorrenza di pedoni e ciclisti.
In Europa tra i primi a istituire queste particolari zone sono state il Belgio, con Bruxelles già da inizio 2021, e l’Olanda, che ha sperimentato la riduzione dei limiti di velocità anche in autostrada. Altre città, tra le quali Helsinki, Valencia, Zurigo, Lille, Bilbao, Graz, Grenoble e Londra, sono pronte a seguirne l’esempio, mentre Parigi, Barcellona e Madrid le hanno già adottate.
L’ istituzione di limiti di velocità più stringenti ha però creato malumori, come a Parigi, dove è stata necessaria una decisione del tribunale amministrativo per mettere a tacere un gruppo di ricorrenti composto da un sindacato di bici da cross e semplici cittadini le cui istanze erano volte a richiedere alla sindaca Hanne Hidalgò di recedere dalla proposta.
Numerosi sono i vantaggi per le città che hanno adottato le zone 30, in particolare in termini di riduzione della mortalità dei pedoni. Nel caso di Helsinki, a fronte dei 20-30 pedoni all’anno che hanno perso la vita negli anni ‘90, nel 2019 la mortalità si è azzerata, e Toronto dove rispetto ai 2.172 pedoni uccisi nel periodo 2005-2016, la mortalità si è ridotta di oltre due terzi. In termini di riduzione del numero di incidenti e di vittime, per esempio a Edimburgo si è assistito a una riduzione rispettivamente del 40% e del 33%. A Zurigo il rumore è stato ridotto del 50%.
Il nostro Paese – come spesso accade – si muove in ordine sparso. Pochi comuni hanno optato sinora per questa strada. Il comune apripista è stato Cesena nel 1998, dove attualmente quasi il 40% della rete viaria è percorribile a 30 km. L’esempio della città romagnola negli anni è stata seguita da Reggio Emilia, Vicenza, Verona, Genova, Bergamo, Cuneo, Lucca, Firenze, Arezzo, Caserta, Olbia, Trieste. Si tratta di fatto di comuni medio grandi dove adottare scelte del genere può apparire più semplice, a differenza di quanto accade in comuni più grandi.
Ma in questo inizio di 2024 la macchia d’olio si sta allargando. Milano ha intenzione, di dotarsi di zone a 30 km a partire dal 2024 anche se come era facilmente preventivabile si preannunciano polemiche. Oltre a Milano anche Parma e Bologna dal 2024 si doteranno di zone 30, mentre Torino ha approvato una mozione nello scorso novembre.
L’innesco della polemica è accaduto con l’entrata in vigore del provvedimento bolognese. Il Ministro dei trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini è intervenuto a gamba tesa emanando una direttiva di governo per limitare la portata di queste decisioni sul territorio.
Si sostiene nella direttiva che “l’imposizione generalizzata di limiti di velocità eccessivamente ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione e, conseguentemente, risultare pregiudizievole sotto il profilo ambientale, nonché dell’ordinata regolazione del traffico, creando “ingorghi e code” stradali”.
Anche diversi sindaci del centro destra hanno manifestato perplessità. Siamo al solito balletto degli equivoci italiano. Il capodelegazione al governo del partito della autonomia differenziata preannuncia un provvedimento centralista. Oltretutto si tratta dello stesso ministero che ha finanziato l’iniziativa bolognese.
In questa discussione manca però completamente uno dei problemi che siamo chiamati ad affrontare noi a Napoli, come in altre città in particolare nel Mezzogiorno. Intere zone urbane viaggiano a chilometro zero. Viviamo nella paralisi del traffico, soprattutto nella incertezza sui luoghi e sugli orari dove si generano le cose. Praticamente siamo al casinò ogni giorno: lanciamo i dadi e poi verifichiamo quale destino ci riserva la sorte.
La congestione è tale che è assolutamente imprevedibile il tempo per attraversare punti nevralgici del nostro sistema viario cittadino. La discussione sulla riorganizzazione della mobilità nelle città deve affrontare due temi: il potenziamento del trasporto pubblico ed i limiti di accesso alle automobili private in alcune aree del territorio urbano In ogni caso andrebbe sgomberato il campo dalle pretestuose polemiche ideologiche. La qualità della vita non può essere bandiera di uno schieramento. In Italia ci siamo disabituati alla unità nazionale del buon senso. Forse sarebbe il caso di promuoverla.
Pietro Spirito insegna Management delle Infrastrutture presso Universitss Mercatorum ed Economia Applicata all’Università Pegaso. Ha lavorato tra l’altro in Ferrovie italiane dello Stato, Interporto di Bologna, Atac, Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale. Recentemente ha pubblicato “Il nuovo capitalismo della mobilità”, Guida 2022, e “La digitalizzazione del lavoro”, Guida 2023
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(2) Il Resto del Carlino 24 gennaio 2024 Bologna a 30 all’ora: cosa c’è scritto nella direttiva del ministro Salvini Il Mit mette nero su bianco che l’abbassamento del limite di velocità può essere deciso solo in aree limitate e per specifici motivi. Faccia a faccia “cordiale e costruttivo” tra il vicepremier e il sindaco Lepore. Ecco il testo
(3) Corriere di Bolognai 26 gennaio 2024 Bologna Città 30, l’Anci sulla direttiva Salvini: «Le zone 30 sono legittime, i sindaci possono limitare la velocità»di Daniela Corneo Il documento dei Comuni italiani al governo: «Si possono prevedere aree della città con diversi limiti». E il sindaco Matteo Lepore ringrazia i vigili urbani che ricevono insulti
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