“Il meccanismo del superbonus prevede la possibilità di effettuare i lavori a costo zero per tutti i cittadini”: questo messaggio, al limite dell’inverosimile, è possibile leggerlo nel sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, dunque un sito di sicura affidabilità e autorevolezza. In estrema sintesi, l’intero patrimonio abitativo che conta, 31.208.161 alloggi (dati Istat 2011), a meno della componente numericamente residuale che non rientra nelle disponibilità delle famiglie, può beneficiare di un sostegno finanziario superiore ai costi realmente sostenuti senza alcuna condizione che ne limiti l’accesso: proprietari di seconde e terze (o più) abitazioni, nelle grandi città e nei piccoli centri, in comuni montani o in località balneari, equiparando, in assenza di requisiti soggettivi, nullatenenti e possessori di sostanziose ricchezze. Tutti trattati allo stesso modo. L’Italia è in fermento, se ne parla ovunque, e nelle città i ponteggi che avvolgono gli edifici spuntano un po’ ovunque.
Il provvedimento, voluto con determinazione dai 5 Stelle, viene formalizzato nel maggio 2020 (decreto legge n. 34) dal Governo giallo-rosso e si è avvalso della condivisione pressoché unanime di tutti i partiti, nella convinzione che il superbonus avrebbe fornito un contribuito decisivo alla ripresa economica e al miglioramento delle prestazioni energetiche e della sicurezza sismica. Sulla sua efficacia si avrà modo di valutare, quel che è certo è la previsione di spesa per lo Stato prossima ai 15 miliardi di euro e non è detto che un simile stanziamento risulterà sufficiente. Un esborso enorme, paragonabile ad una finanziaria in anni ordinari, per dare attuazione ad una iniziativa che considero avventurosa e spregiudicata. Per molti motivi.
Per gli aspetti giuridici: il decreto legge 34 subordinava l’utilizzo del finanziamento ad un “visto di conformità”, una asseverazione che avrebbe dovuto attestare la legittimità della costruzione in relazione alla normativa urbanistico-edilizio. Un tale ragionevole requisito si è mostrato non facile da soddisfare, non tanto per le abitazioni unifamiliari quanto per le abitazioni in condominio che qualche difformità ad un riscontro puntuale venivano riscontrate in modo generalizzato. Che fare per superare questo ostacolo non previsto? Troppo laboriosa la procedura per sistemare gli abusi consistenti in difformità sanabili e nessuna possibilità di legittimazione per quelli sostanziali ed è così che il legislatore interviene nuovamente (decreto legge 77 del 2021) introducendo un titolo abilitativo ad hoc, la Cila-S, destinato a perdere validità insieme alle agevolazioni. La semplificazione è massima: gli elaborati sono ridotti ad una descrizione in forma sintetica e dell’atto abilitativo (se l’intervento è successivo al 1967) occorre riportare solo gli estremi. La novità più di sostanza è nell’attestazione del progettista: dovrà limitarsi alla legittimità dell’intervento da realizzare senza alcun riferimento alla conformità tra lo stato di fatto e il progetto assentito. Rimaneva un secondo ostacolo: il T.U. dell’edilizia stabilisce (articolo 49) (1) che gli interventi abusivi non possono accedere alle agevolazioni fiscali e quindi, per appianare ogni possibile intralcio, viene introdotta una sorta di deroga escludendo, solo per il superbonus, la decadenza dai benefici, non solo per le difformità formali, per le quali la procedura di legittimazione è sempre consentita, ma anche per gli abusi non sanabili. All’atto pratico, una forma surrettizia di condono attenuata, per evitare malevoli interpretazioni, con una bizzarra disposizione inclusa nello stesso decreto: “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento”. Siamo al paradosso: una costruzione abusiva può ricevere il finanziamento del 110 per cento ed allo stesso tempo subire il regime sanzionatorio previsto dalla vigente legislazione.
Per le procedure. Il superbonus prevede un filo diretto tra l’Agenzia delle entrate che eroga il finanziamento e il singolo cittadino. Lo Stato, nelle sue articolazioni, resta fuori: nessuna condizione di vantaggio per determinati comuni o zone urbane o tipologie edilizie, nessun requisito per le imprese, nessun criterio sulle modalità di affidamento dei lavori. Tutto delegato all’iniziativa dei proprietari e degli amministratori di condominio. Si realizza in questo modo la tanto auspicata rivoluzione contro la burocrazia: azzerate le pratiche burocratiche, il privato è finalmente libero di decidere in totale autonomia per poi presentare il conto allo Stato. Comportamenti simili, ma comunque non esenti da un’attività di indirizzo da parte degli uffici pubblici, avvengono a seguito di eventi calamitosi che qualche motivo in più per richiedere una procedura accelerata è nell’eccezionalità delle circostanze.
Per i costi: lo Stato risarcisce, ma con quali criteri? Quando si tratta di soldi pubblici la spesa è ancorata a modalità rigorose: per gli appalti delle opere pubbliche viene prima redatto un progetto con il relativo computo metrico e quindi indetta la gara e ne risulterà vincitrice la ditta che, oltre a garantire i requisiti richiesti, propone l’offerta più vantaggiosa per l’amministrazione. Nulla di tutto ciò per il superbonus. Risulta sufficiente l’asseverazione di un tecnico che attesti la congruenza ai costi massimi unitari (con riferimento ai prezzari regionali ma in alternativa anche a quelli indicati da una casa editrice privata, la Dei, o ai prezzi che localmente vengono riscontrati). Solo recentemente, il ministero della Transizione ecologica (decreto del 14 febbraio) ha fissato i costi massimi ammissibili limitatamente ad alcune opere e agli impianti finalizzati al risparmio energetico. Dunque, ampi margini di discrezionalità nella scelta delle lavorazioni e dei materiali e certamente nessun interesse a ricercare i progettisti (gli onorari rientrano nelle agevolazioni) e le imprese che, a parità di prestazioni, offrono prezzi più contenuti.
Tutta la vicenda si presta a interrogativi alla ricerca di risposte plausibili. È ragionevole un dispendio così elevato di risorse, distribuite a pioggia senza stabilire categorie edilizie da avvantaggiare rispetto ad altre attraverso un’articolazione delle agevolazioni? Condizioni territoriali (ad esempio i comuni montani rispetto a quelli in zone dalla temperature mite) o tipologiche (le aree a forte degrado edilizio) e soprattutto gli interventi per il miglioramento delle strutture in zona sismica avrebbero suggerito di scaglionare i bonus secondo una logica che ponesse in relazione gli oneri per lo Stato e le ricadute sul patrimonio residenziale più bisognoso di un adeguamento delle prestazioni (dai dati dell’Agenzia delle Entrate al 31 dicembre 2021, soltanto il 2,5 per cento delle cessioni e sconti in fattura riguardanti tutti i bonus in favore dell’edilizia è stato utilizzato per il sismabonus ovvero per gli interventi senza alcun dubbio più meritevoli di finanziamento).
I vertici politici e le strutture ministeriali si sono posti poi il problema dell’impatto sul sistema produttivo di un finanziamento pubblico del tutto straordinario? Di fatto si è operato in modo da drogare il settore e gli effetti sono evidenti: 11.600 nuove imprese edili iscritte alle Camere di Commercio negli ultimi sei mesi dell’anno scorso senza alcuna necessità di dimostrare requisiti (secondo Gabriele Buia, presidente dell’Ance, imprenditori improvvisati e poco strutturati, senza competenze e professionalità) (2). Non solo: una così vistosa alterazione del mercato dovuta alla domanda indotta dal superbonus ha spinto in alto i costi dei materiali (alcuni divenuti di assai difficoltosa reperibilità) con un notevole incremento dell’importazione dall’estero. Molto meglio sarebbe stato, se proprio si riteneva indispensabile approvare il superbonus, diluire nel tempo le agevolazioni, ad esempio in un primo biennio gli edifici realizzati sino agli anni Settanta e nel successivo i rimanenti.
E per quanto riguarda i controlli? Ridotti ai minimi termini e le maglie larghe di una normativa affrettata e improvvisata ha consentito, mediante il meccanismo della cessione del credito di imposta (ovvero la cessione, da parte di chi ha diritto alla detrazione, dell’importo equivalente alla spesa alla banca o altro soggetto) che su 38 miliardi di euro di crediti ceduti per i diversi bonus edilizi (dati al 31 dicembre 2021) ben 4,4 miliardi sono relativi a lavori inesistenti (Ernesto Ruffini, direttore dell’Agenzia delle entrate) (3). Comportamenti malavitosi diffusi quanto largamente prevedibili con raggiri ai danni dello Stato dovuti a crediti fittizi creati e ceduti a terzi per interventi mai eseguiti, a fatica contrastati dall’Agenzia delle entrate e dalla Finanza che sinora a proceduto al sequestro di beni per un valore superiore ai 500 milioni(4). L’imponente e contemporanea apertura dei cantieri è poi avvenuta senza investire adeguatamente nelle strutture di controllo dei cantieri e l’incremento degli infortuni sul lavoro ne sono l’inevitabile conseguenza (l’Ispettorato del lavoro conta 6357 unità e nei cantieri, che rappresentano il 35 per cento degli interventi di vigilanza, sono state riscontrate irregolarità nel 90 per cento dei casi, come ha dichiarato Bruno Giordano, direttore della struttura).
Ma gli interrogativi non si esauriscono. Sui costi ammissibili non sarebbe stato più opportuno riferirsi soltanto ai prezzari regionali eventualmente aggiornati, come per le opere pubbliche, in base agli indici Istat e inserire un limite massimo per le spese tecniche inverosimilmente dilatate mancando qualsiasi regolamentazione? E quale logica sostiene l’equiparazione tra abusi formali e costruzioni difformi o senza titolo considerate allo stesso modo per l’accesso alle agevolazioni e perché tale vantaggiosa condizione non è stata estesa al bonus facciate?
Infine e in estrema sintesi: se l’obiettivo principale del superbonus è il risparmio energetico non sarebbe stato meglio investire sulle rinnovabili o su altre forme che, con una spesa più contenuta, avrebbero potuto incentivare l’approvvigionamento da fonti non fossili? E magari qualche risorsa non poteva essere destinata all’edilizia residenziale pubblica dimenticata dalla politica da più di due decenni?
1. Fatte salve le sanzioni di cui al presente titolo, gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici. Il contrasto deve riguardare violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che eccedano per singola unità immobiliare il due per cento delle misure prescritte, ovvero il mancato rispetto delle destinazioni e degli allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore generale e nei piani particolareggiati di esecuzione.
2. È fatto obbligo al comune di segnalare all’amministrazione finanziaria, entro tre mesi dall’ultimazione dei lavori o dalla segnalazione certificata di cui all’articolo 24, ovvero dall’annullamento del titolo edilizio, ogni inosservanza comportante la decadenza di cui al comma precedente.
3. Il diritto dell’amministrazione finanziaria a recuperare le imposte dovute in misura ordinaria per effetto della decadenza stabilita dal presente articolo si prescrive col decorso di tre anni dalla data di ricezione della segnalazione del comune.
4. In caso di revoca o decadenza dai benefici suddetti il committente è responsabile dei danni nei confronti degli aventi causa.
(2) Vedi (da Anceaies.it)Il presidente Ance, Gabriele Buia, ospite a Porta a Porta: lavori solo a imprese qualificate. Basta improvvisazioni
(3) vedi (da Fiscooggi.it 11 Febbraio 2022)Ruffini in audizione al Senato Focus su aiuti Covid e bonus ediliziIn due anni l’Agenzia ha erogato contributi a fondo perduto per quasi 25 miliardi e riconosciuto agevolazioni edilizie con cessione o sconto in fattura per più di 38 miliardi di euro
(4) vedi, tra gli altri sequestri sul territorio nazionale: sole24ore 21 gennaio 2022 Bonus edilizi, la guardia di Finanza indaga per maxi truffa da 440 milioni La frode per 440 milioni di falsi crediti tra sismabonus e bonus facciate scoperta dalla Gdf di Rimini: disposte 35 misure cautelari, 78 in totale gli indagati
1 Responses to L’insostenibile vicenda dei superbonus
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