Nuovo Stadio della Roma: fermate il film
Autore : Redazione
(21 marzo 2019) Dopo l’arresto del Presidente dell’Assemblea Capitolina, accusato di corruzione anche per vicende legate al progetto del nuovo Stadio della Roma, invitiamo l’Amministrazione ad archiviare definitivamente un’operazione che non è all’insegna dell’interesse della città. (Qui la nostra storia del nuovo Stadio della Roma con la cronologia e i materiali)
L’avevamo già usata tanti mesi fa, questa immagine, nel giugno 2018, dopo l’arresto del costruttore Luca Parnasi e di Luca Lanzalone e il coinvolgimento di varie persone nell’indagine “Operazione Rinascimento”. Allora il “back stage” che aveva fatto irruzione sulla scena del “#famostostadio e #unostadiofattobene faceva pensare che la corsa di quel progetto, battezzato da tre commi inseriti in una legge nazionale nel 2013 e andato avanti schivando e surfando ostacoli, bocciature tecniche, promesse elettorali tradite e soprattutto circostanziate obiezioni, si sarebbe fermata.
Invece no. Il treno era ripartito, all’insegna del “gli eventuali reati commessi non hanno influenzato l’iter amministrativo”, con qualche aggiustamento necessario per salvare l’operazione economica – alla guida è passato direttamente il patron della Roma Pallotta – e per salvare la faccia pentastellata, con una relazione commissionata al Politecnico di Torino sull’aspetto più contestato, quello della mobilità. Una mossa che ha permesso alla Sindaca di proclamare, il mese scorso, #lostadiosifa, anche se sarebbe stato più corretto #lostadiosifaSE. “Se” vengono rispettate le condizioni poste dal Politecnico, che si aggiungono alle decine di prescrizioni e raccomandazioni, accumulate dal progetto nella conferenza dei servizi preliminare e in ben due conferenze decisorie presso la Regione Lazio, prescrizioni in parte rimandate, per applicazione e verifica, a momenti e responsabili successivi e assai vaghi. Ora, dopo l’arresto con l’accusa di corruzione di Marcello De Vito, Presidente dell’Assemblea capitolina e candidato sindaco M5S nel 2013, il circo degli slogan e dei contorsionismi procedurali potrebbe subire un’altra brusca frenata.
Noi ci auguriamo che questo ulteriore shock possa servire a provocare un vero ripensamento, e la definitiva archiviazione dello sciagurato progetto dello Stadio a Tor di Valle.
La nostra richiesta non si basa sulle vicende giudiziarie, sulle quali la parola spetta solo alla magistratura, ma su alcune domande fondamentali che troppo spesso sono state perse di vista, e che sarebbe utile che l’Amministrazione si ponesse, a maggior ragione in questo difficile momento.
L’interesse pubblico dello Stadio dov’è? A partire da quando l’operazione è cominciata, e seguendo i tanti cambiamenti intercorsi, bisogna continuare a chiedersi quale sia l’interesse pubblico di realizzare in un’ansa del Tevere uno stadio privato con i suoi annessi sportivi e commerciali privati, più un business center di uffici, centri commerciali, alberghi privati, più un mare di parcheggi. E’ di ottenere, finalmente, l’unificazione Via Ostienese /Via del mare, e la trasformazione in metropolitana leggera della Roma Lido? O la messa in sicurezza del Fosso del Vallerano? (tutti evergreen da decenni dei programmi elettorali). Ma è possibile che per avere quelle infrastrutture, degne di una Capitale occidentale (ma anche di una città normale) si debba mettere in conto una “centralità” da costruire ex novo, a fronte di una città piena di carcasse industriali abbandonate, palazzine di uffici vuote, centri commerciali fantasma?
Lo Stadio privato è una priorità della città? A quale interesse pubblico risponde questo straordinario impiego di energie pubbliche – risorse, tempo, personale – per la realizzazione del Progetto di uno Stadio e di un Business Center privati? Le stesse motivazioni con le quali questa Amministrazione aveva coraggiosamente declinato la candidatura di Roma alle Olimpiadi – Roma soffre di tante criticità irrisolte da anni, prima ci occuperemo di quelle – a maggior ragione avrebbero dovuto spingere la Sindaca a chiudere il progetto dello Stadio Marino-Caudo dopo la sua bocciatura, alla conclusione della prima conferenza dei servizi in Regione, il 5 aprile 2017. Invece si è scelta la linea del compromesso, per di più opaco – è stato secretato il parere dell’Avvocatura sulla possibilità per il Comune di tornare indietro senza rischi di risarcimento – con un escamotage buono solo per la propaganda, vantando il taglio delle cubature private, ottenuto a spese delle infrastrutture pubbliche, fino a fare proprio – Assemblea capitolina del 21 febbraio scorso – il solito ritornello degli investimenti, dei posti di lavoro, della riqualificazione dell’area, della realizzazione di infrastruture attese da tempo e mai realizzate ecc. a cui ci siamo purtroppo abituati.
La trasparenza dov’è? Il tutto è avvenuto, negli ultimi due anni e mezzo, senza alcun coinvolgimento dei cittadini romani, che del progetto hanno conosciuto solo qualche rendering pubblicato dai siti sportivi e qualche slogan delle tifoserie. Nè si dice la verità ai cittadini su un tasto particolarmente dolente per questa città: cioè che non c’è nessuna garanzia che lo Stadio e i suoi allegati commercial/direzionali saranno messi in esercizio e aperti al pubblico in contemporanea al completamento di tutte quelle opere indispensabili per la mobilità e per la viabilità. Quelle che i solerti funzionari della conferenza dei servizi e gli esimi esperti interpellati hanno prescritto come condizioni irrinunciabili. E non si sa se sarà mai resa pubblica, prima dell’approvazione, la Convenzione che gli uffici comunali stanno predisponendo, in cui sono fissati tutti gli accordi tra il Comune e il privato. Alla faccia dell'”opera di interesse pubblico” e del Comune-casa-di-vetro.
Il momento più buio dell’amministrazione pentastellata capitolina.
Non ci uniremo, soprattutto per l’inutilità dell’esercizio, al coro di quelli che rinfacciano al Movimento Cinquestelle le spallate e le sparate all’Amministrazione Marino dopo Mafia Capitale, nè vogliamo mettere sulle spalle della maggioranza le deviazioni – per ora politiche, visto che quelle penali richiedono ben altre verifiche da parte della magistratura – di un singolo seppure illustre e storico esponente.
Ma pensiamo che le persone responsabili che si trovano in questa maggioranza dovrebbero sentire suonare la sirena d’allarme, quella del countdown prima che salti in aria tutto. Da tempo si sono viste le sciagurate conseguenze della mancanza di un confronto aperto e democratico, interno – nel MoVimento, nella maggioranza capitolina – e soprattutto esterno, con la società civile, quella che avrebbe potuto essere l’interlocutore naturale dei “portavoce” e che invece troppo spesso è diventata un nemico da escludere, se non da combattere. Non passa giorno senza che qualche esperienza “dal basso”, che opera nel sociale senza fini di lucro, venga sfrattata, chiusa, asfaltata. Mentre molti concessionari privati che usano beni pubblici per scopi commerciali continuano a godere dei privilegi acquisiti. I comitati che chiedono e propongono non ottengono risposte. Le regole che vengono decise o cambiate, nella maggior parte dei casi non sono discusse nè con le realtà che se ne occupano, nè con la cittadinanza.
E mentre si ingrossa ogni giorno di più il numero dei romani critici – astiosi, beffardi – verso l’Amministrazione pentastellata, si cerca affannosamente di recuperare qualche consenso non con i fatti, ma con maldestre trovate della comunicazione, come lo spot “Stanno arrivando” riferito a qualche autobus vecchio di 8 anni faticosamente recuperato all’estero.
Ecco, questa è una significativa parabola di un MoVimento che voleva cambiare tutto, ridotto a vantare l’arrivo di autobus di seconda mano, o a manifestare un forzato ottimismo sventolando le bandierine dell’interesse pubblico per la costruzione di uno stadio e di un business park privati che alla città porteranno, con buona probabilità, solo altri guai.
Gli ennesimi guai, che si sommeranno a quelli ormai stratificati ereditati dalle amministrazioni precedenti. Questi però resteranno a imperitura testimonianza del sogno che dei cittadini di buona volontà potessero cambiare le cose e la politica.
Un sogno da cui Roma si è svegliata da un pezzo. Anche il 20 marzo.
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni : laboratoriocarteinregola@gmail.com
vedi anche: De Vito e Stadio della Roma: quello che nessuno dice (22 marzo 2019)
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