Olimpiadi, il bastone e la carota
Autore : Redazione
La campagna affissioni del Comitato Olimpico nella Capitale
Il feuilleton olimpico si arricchisce ogni giorno di nuovi colpi di scena e di nuovi personaggi, continuando a fare da sfondo costante della politica capitolina così come lo ha fatto durante la campagna elettorale. Con un pressing crescente per il “sì” che lusinga e che bastona la Sindaca Raggi e la nuova amministrazione, come se nel 2012 la stessa scelta dell’allora premier Monti di rinunciare alla candidatura di Roma 2020 non avesse invece raccolto il plauso di molte testate e politici che oggi gridano all’occasione mancata .
…Il no di Monti spegne la luce su tutto, e fa chiarezze anche, a posteriori, sulla formidabile e disperata offensiva mediatica che lo ha preceduto: gli appelli in serie per il sì (atleti, politici, artisti) e le ripetute professioni di ottimismo assoluto, sperando forse che un improbabile contagio arrivasse a Palazzo Chigi (“a Monti manca solo la penna per firmare”). La penna invece non c’era, il foglio resta bianco, come il futuro al Coni di Petrucci e dello staff che aveva puntato tutto sulla scommessa Olimpica.
È stato giusto rinunciare? È dura dirlo, costa tanto a chi vive di sport: ma le Olimpiadi le fanno i paesi che hanno i soldi, i paesi che vogliono mostrare al mondo crescita, ottimismo, salute, pil, futuro. Non sono praticamente mai un buon affare economico, le Olimpiadi. Sono spesso, quando ben organizzate, un eccellente affare di propaganda e a volte (ma non sempre) servono per sistemare le infrastrutture delle città che le ospitano. Soldi, con i Giochi, non si fanno: si spendono…
(La Repubblica, articolo non firmato del 14 febbraio 2012)*
Sono molti, quelli del fronte del “sì” a Roma2024, che ogni giorno riversano sui giornali fiumi di parole per contestare il – speriamo probabile – ritiro della candidatura da parte di Virginia Raggi, diventata Sindaca con più del 60% dei voti, raccolti anche, si suppone, per aver affermato a più riprese che Roma ha altre priorità. Ma per i sostenitori delle Olimpiadi nella Capitale non conta la scia di debiti e incompiute collezionata in decenni di eventi speciali, i giochi olimpici sono un’occasione “a prescindere”. Tanto da giustificare un pressing talmente iperbolico da far sospettare – quello sì – che non si tratti solo di spirito sportivo-civico-patriottico. Il continuo assalto, scatenatosi con una ancora maggiore virulenza dopo la pubblicazione sul blog di Beppe Grillo di un post intitolato “Olimpiadi a Roma no grazie”(1), che ha provocato una sollevazione sui principali quotidiani italiani, si compone di vari interventi in ordine sparso, ascrivibili alle due classiche tipologie del convincimento.
Il bastone. Ricatto consenso: i romani vogliono le Olimpiadi, lo dicono i sondaggi, gli elettori della Raggi sono solo una parte della cittadinanza e molti di loro sarebbero favorevoli ecc ecc ecc. Ricatto economico: Roma Capitale è in default, non ci sono soldi per sopperire alle più banali necessità, con le Olimpiadi il Governo potrebbe scucire finanziamenti che in caso contrario rischiano di non arrivare ecc ecc ecc. La Repubblica del 13 settembre evoca anche “una possibile causa da 20 milioni di euro che il comitato olimpico potrebbe chiedere per “danno erariale” in caso di NO ai giochi” (danno di cui sarebbe interessante capire i presupposti giuridici) (2)
La carota.Soldi a gogò: su Roma pioverebbero finanziamenti statali che risolverebbero in pochi anni tutti i problemi e le piaghe stratificate della Capitale. Si ripesca la lista della spesa già usata in tanti programmi di partiti e candidati: linee tranviarie, campi sportivi comunali rimessi a nuovo, parchi attrezzati, metropolitane rinnovate, nuove metropolitane messe in cantiere. Tutti interventi che non si sono realizzati in decenni di promesse elettorali e di eventi lanciati in pompa magna come Campionati di Calcio, Mondiali di nuoto e quant’altro. C’è anche chi – Lista Marchini – lancia petizioni a favore della candidatura romana alle olimpiadi, agitando “5 miliardi di euro di investimenti strutturali finanziati dal Governo italiano e dal CIO“(2).
Ma qualcuno dovrebbe rispondere a una semplice domanda: se è vero che il ricavato dei Giochi Olimpici (finanziamenti del CIO, sponsor, diritti TV, biglietti etc) copre – se va tutto bene – le spese per l’organizzazione dei Giochi stessi, perchè i miliardi che lo Stato verserebbe per mettere una città predata e fatiscente in grado di non sfigurare all’appuntamento olimpico non vengono elargiti ugualmente? I cittadini romani non meritano di vivere in una città decente a prescindere dalle Olimpiadi? Non meritano metropolitane sicure e funzionananti, scuole con palestre a norma? (e campi sportivi aperti alla cittadinanza, gestiti anche da privati, con regole precise e bandi pubblici?)
La politica. Ma la prova del nove che si tratta di un dibattito alquanto fasullo, con buona pace di quelli che inneggiano ancora “ai giochi di Olimpia come simbolo della pace e della fratellanza tra i popoli“(3), si ottiene paragonando le posizioni e i discorsi di chi oggi grida all’occasione perduta con quelli di pochi anni fa, quando il Presidente del Consiglio Monti stoppò le Olimpiadi fortemente volute dal Sindaco Alemanno. Allora fu un peana alla saggezza, alla razionalità, alla serietà dimostrate dal premier di fronte alla nostra difficile situazione economica (4). Oggi che stiamo ancora peggio – e che nel frattempo abbiamo scoperto Mafia Capitale – per gli stessi partiti e testate le Olimpiadi sono diventate una panacea (5).
Poi ci sono quelli – tra cui il Presidente del Consiglio – che insinuano che dietro il “no” ci siano lotte intestine e rese dei conti tra M5S che nulla hanno a che fare con la candidatura olimpica. Vecchio trucco, insinuare che la decisione non riguardi il futuro della città ma il presente dell’avversario politico. E infine ci sono quelli come il senatore PD Luca Di Bartolomei, responsabile sport del partito, che chiede alla Raggi “Un referendum da fare presto che interroghi i cittadini, e costringa tutti a motivare i sì e i no, a far comprendere cosa significa questa opportunità, indicando il come il dove e con quali risorse trasformare i Giochi da “due settimane di sport meraviglioso” in alcuni decenni di una città migliore di quella che c’era prima“. E lo fa dopo che il suo partito, il PD, a suo tempo e fino ad ora, non ha dato alcun sostegno al referendum promosso da mesi dai Radicali Italiani (6). Ma prima, quando la candidatura olimpica era decisa, e il voto popolare rischiava di metterla in discussione. Adesso che l’ago della bilancia volge al no, il parere dei cittadini diventa subito doveroso. Vedremo se adesso si unirà alla richiesta di consultazione popolare anche il Comitato Olimpico, che ha sempre sostenuto, a proposito del referendum promosso dai radicali, che era assolutamente improponibile. Del resto dopo i duri scontri con il Sindaco Marino e l’allora assessore Caudo sul progetto urbanistico dei Giochi e sulla collocazione del villaggio olimpico, adesso il comitato sembra disposto a ripartire da zero e cambiare completamemente il Dossier olimpico già consegnato (7). Speriamo che la Sindaca e i suoi assessori continuino a scegliere di fronteggiare il bastone e non cedere alla carota.
Infografica dal sito Referendum Roma2024
Post scriptum: il campione olimpico Pietro Paolo Mennea nel 2012 ha scritto un libro coraggioso, I costi delle Olimpiadi, in cui fa una accurata disamina dei costi e delle controindicazioni per i paesi e le città ospitanti. Un grande sportivo che ha scelto di raccontare una realtà che è troppo spesso nascosta dietro la retorica sportiva (8)
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
> Vai a Roma 2024 Cronologia materiali
> Vai alla lettera alla Sindaca Raggi di Settis, Montanari, Maddalena, Salzano, Guermandi e altri promossa da Carteinregola
(1) 9 settembre sul blog di Beppe Grillo viene pubblicato un post a firma del presidente dell’Adusbef Elio Lannutti dal titolo emblematico: “Olimpiadi a Roma no grazie”. Un messaggio, quello pubblicato in Rete, che sembra anticipare l’annunciata conferenza stampa della sindaca e il parere negativo del Comune in merito al progetto.
(2)Roma 2024, petizione online Lista Marchini: “Raggi cambi idea”Erbaggi: “Con 5 mld da governo e Cio solo benefici”http://www.askanews.it/regioni/lazio/roma-2024-petizione-online-lista-marchini-raggi-cambi-idea_711892265.htm
(2) L’ipotesi è ventilata anche da Simone Cannettieri su Il Messaggero del 19 settembre. In ogni caso sarebbe auspicabile poter capire esattamente i costi non solo delle Olimpiadi, ma anche della candidatura, e sapere chi paga entrambi e quanto, dato che anche se la candidatura andasse avanti, ci sono sempre altre città candidate ai Giochi del 2024 con le stesse chances di Roma
(3) Sebastiano Messina, La Repubblica 9 settembre
(4) Si veda l’intervista all’ex premier che ricostruisce la vicenda e le motivazioni pubblicata il 13 agosto 2016 da Il fatto Quotidiano: “Olimpiadi, io ho rifiutato di firmare assegni in bianco” Mario Monti – Nonostante le pressioni per approvare un impegno da 8,2 miliardi, nel 2012 ritirò la candidatura di Roma per il 2020– in cui Monti ricorda che il Parlamento era favorevole alal candidatura “..all’avvicinarsi del 14 febbraio, scadenza entro cui come presidente del Consiglio avrei dovuto firmare la garanzia finanziaria, le pressioni aumentavano. I promotori della candidatura avevano ottenuto che il Parlamento approvasse una mozione per impegnare il governo a sostenere il progetto, concedendo tale garanzia.” E che “il progetto prevedeva che lo Stato fornisse garanzie per i costi del comitato e per gli investimenti necessari ai Giochi, anche quelli in project financing” ma che “la lettera di garanzia che avrei dovuto firmare per il Cio non conteneva neppure un ammontare indicativo. Un impegno in bianco così. Io non l’avrei firmato neanche se i conti pubblici fossero stati tranquillizzanti“
(5) vedi Cosa scrivevano i parlamentari del PD e i giornalisti sulle Olimpiadi a Roma di @AlexSoze)
(6) Il referendum è stato invece caldeggiato da Stefano Fassina di Sinistra Italiana, promotore a luglio di una mozione in Assemblea Capitolina
(7)Repubblica 14 settembre 2016 Ultimo appello del Coni “Il dossier olimpico può essere cambiato”
(8)Il libro è citato in un’intervista a Il fatto Quotidiano del vicesindaco Frongia, che dice di essersi ispirato per le valutazioni della candidatura Roma2024 (scarica articolo-il-fatto-libro-mennea)
*(La Repubblica, articolo non firmato del 14 febbraio 2012)
Olimpiadi, mai un buon affare
Ha certamente ragione, Gianni Petrucci, quando pronostica il verdetto dell’opinione pubblica sulla mesta conclusione del viaggio di Roma 2020: “Monti ne uscirà da vincitore, noi da sconfitti”. È la fotografia più nitida della frustrazione del presidente del Coni e di una consapevolezza forse tardiva: impossibile chiedere agli italiani di capire come potesse un paese che taglia le loro pensioni ambire ai fuochi d’artificio dei Giochi.
Il no di Monti spegne la luce su tutto, e fa chiarezze anche, a posteriori, sulla formidabile e disperata offensiva mediatica che lo ha preceduto: gli appelli in serie per il sì (atleti, politici, artisti) e le ripetute professioni di ottimismo assoluto, sperando forse che un improbabile contagio arrivasse a Palazzo Chigi (“a Monti manca solo la penna per firmare”). La penna invece non c’era, il foglio resta bianco, come il futuro al Coni di Petrucci e dello staff che aveva puntato tutto sulla scommessa Olimpica.
È stato giusto rinunciare? È dura dirlo, costa tanto a chi vive di sport: ma le Olimpiadi le fanno i paesi che hanno i soldi, i paesi che vogliono mostrare al mondo crescita, ottimismo, salute, pil, futuro. Non sono praticamente mai un buon affare economico, le Olimpiadi. Sono spesso, quando ben organizzate, un eccellente affare di propaganda e a volte (ma non sempre) servono per sistemare le infrastrutture delle città che le ospitano. Soldi, con i Giochi, non si fanno: si spendono. E l’Italia che si dibatte tra declassamenti e outlook negativi,
di soldi non ne ha. Questo ha detto Monti, in cinque minuti, a chi coltivava progetti da due anni. Con un unico torto incontestabile: dire no l’ultimo giorno, qualcosa vissuta da chi l’ha subito come una presa in giro.
Non ha inciso neppure la questione morale, la paura (pure tanto giustificata) che sarebbe poi finita come sempre, tra sprechi, scandali e viadotti incompleti. Semplicemente, non ci potevamo permettere il sogno, e a poco serve recriminare per la grande occasione perduta sciorinando il campo delle poche e deboli concorrenti. Proprio questo, anzi, era il segnale più chiaro da cogliere: quando mancano i concorrenti, è perché la gara è troppo difficile. Troppo soprattutto per chi ha il fiatone come noi.
(14 febbraio 2012)