di Francesca Cubeddu e Enrico Puccini*
La pandemia determinata dal Covid 19 rischia di innescare una delle maggiori crisi economiche della storia, con ripercussioni socio-economiche devastanti. Se le prime stime si attestano su una diminuzione del Pil del 10% i rilevamenti sul primo trimestre già individuano un crollo del 4,7%. Questa nuova crisi, che si sovrappone a quelle del 2008 e del 2011 i cui effetti a Roma non si sono mai sopiti, rischia di acuire diseguaglianze già presenti e di imprimere una accelerazione allo scivolamento di nuove fasce di popolazione in povertà.
Tuttavia se vi è un elemento positivo in questa crisi è senz’altro quello di aver fatto emergere vecchi nodi strutturali: la carenza di coordinamento a vari livelli amministrativi – Governo, Regioni, Comuni – a volte addirittura in contrasto fra loro; la mancata interazione fra politiche sociali, del lavoro e della casa, per cui diversi sussidi vengono erogati senza una visione d’insieme; e non ultimo un sistema inefficace di rilevamento dei bisogni, sia vecchi che nuovi, per cui sembra di procedere a vista.
A questo bisogna aggiungere un problema endemico: l’incapacità dello Stato di determinare con esattezza il reddito dei propri cittadini, a causa della forte incidenza dell’economia sommersa. Un problema non di poco conto anche per le politiche del welfare, che sono prevalentemente impostate sui livelli reddituali dei nuclei familiari, e che rischiano di essere falsate, poco efficaci se non ingiuste.
Torna in questa fase di impellente necessità la costituzione di un Osservatorio sulla condizione abitativa, pubblico ed efficace, oggetto fra l’altro di una richiesta unitaria inoltrata dai Sindacati della casa – Sunia, Uniat, Sicet e Unione Inquilini – a Regione Lazio e Roma Capitale. Infatti, come è possibile mettere in campo azioni efficaci senza stime attendibili?
In questo quadro l’indagine sulla povertà a Tor Bella Monaca, elaborata in base a dichiarazioni al censimento Ater del 2018, vuole almeno tentare una ricostruzione di una delle tante realtà romane, per quanto parziale e locale, con la piena consapevolezza che si tratti comunque di una situazione pregressa che non potrà far altro che peggiorare dato l’aggravarsi del quadro economico.
Per quanto parziale, e se vogliamo anche imprecisa, per la prima volta siamo in grado di determinare redditi e composizione familiari dei nuclei che vivono all’interno delle case popolari. Il rilevamento ufficiale che più si avvicina a questo è l’indagine di Roma Capitale, su banca dati dell’Agenzia delle Entrate, che viene effettuato per Municipi, un ambito territoriale tropo esteso e non in grado di restituirci la complessità dei territori.
Inoltre anche quando altre indagini si sono spinte oltre il livello dei Municipi o persino delle Zone Urbanistiche, come quella qui svolta con Federico Tomassi sul disagio sociale nei quartieri erp, si è dovuto comunque fare riferimento ai dati Istat del 2011, l’ultimo censimento pubblicato. Pertanto il salto temporale con questo ultimo dataset è notevole, e nel frattempo è intercorsa un’altra crisi economica oltre a quella in corso.
Tor Bella Monaca è uno dei quartieri con la maggiore concentrazione di alloggi popolari, sia a livello romano che a livello nazionale. Tanto per avere un raffronto dimensionale il quartiere corrisponde, per abitanti, a cinque volte Corviale e circa dieci volte le attuali tre Vele superstiti di Scampia, che prima delle demolizioni erano sette. Insomma Tor Bella Monaca ha una dimensione e una massa critica importante. Vi si trovano 5.500 alloggi pubblici di cui 4.000 di proprietà del Comune e 1.500, 1495 per l’esattezza, dell’Ater Roma. L’indagine è stata svolta su quest’ultimo nucleo.
Prima di scendere in dettaglio con le analisi sulle fasce di povertà, consideriamo un dato generale: in base alle dichiarazioni fornite all’Ater dagli inquilini, il reddito medio famigliare degli abitanti (totali) del complesso ERP è di 16.706 euro. Risulta utile il raffronto con il reddito medio del sesto municipio, dove il complesso è situato, il più basso dell’intera città, che è di 28mila euro annui, ma quasi il doppio di quello delle famiglie che abitano negli alloggi ERP.
Su 1495 famiglie residenti totali sono state analizzate le posizioni economiche di 1297 famiglie, in quanto 198 famiglie non hanno risposto al censimento Ater. La maggior parte delle famiglie non censite sono nuclei senza titolo, 130 nuclei, che in quanto tali corrispondono all’ente un canone sanzionatorio, una specie di multa per l’occupazione, pertanto svincolato dal reddito. A queste si aggiungono 68 famiglie di legittimi assegnatari che non hanno presentato il censimento per vari motivi.
Tab.1: composizione e consistenza dei nuclei e calcolo delle soglie di povertà Istat
Composizione dei nuclei | Soglia reddito m. Istat (€) | Soglia di reddito annuo (€) | Totale famiglie |
1 persona | 738,1 | 8.857,20 | 365 |
2 persone | 976,49 | 11.717,88 | 412 |
3 persone | 1.181,67 | 14.180,04 | 292 |
4 persone | 1.394,36 | 16.732,32 | 148 |
5 persone | 1.575,36 | 18.904,32 | 52 |
6 persone | 1.668,77 | 20.025,24 | 19 |
7 o più persone | 1.793,66 | 21.523,92 | 9 |
totale censiti | 1297 | ||
non censiti | 198 | ||
Totale famiglie residenti | 1495 |
Al fine di determinare i nuclei che vivono in condizione di povertà assoluta si è fatto riferimento alle soglie stabilite dall’Istat. Tuttavia non essendo nota l’esatta distribuzione anagrafica delle famiglie – le date di nascita – ma solo la loro composizione – uno, due, tre componenti ecc.– sono stati presi i minimi per ciascuna categoria (tabella 1). Pertanto l’indagine, così articolata, è sicuramente sottostimata.
All’interno della fascia di povertà è stata individuata una seconda sotto-categoria: quella delle famiglie a reddito zero, ossia nuclei privi di qualsiasi ingresso economico.
Tab. 2: Famiglie sotto soglia di povertà assoluta, famiglie a reddito zero, incidenza in percentuale delle famiglie in povertà assoluta sul totale, incidenza delle famiglie a reddito zero sulle famiglie sotto soglia di povertà.
Numero componenti famiglie | Famiglie totali | Famiglie in povertà | % Famiglie in povertàsul totale dei nuclei | Famiglie in povertà a reddito 0 | % Famiglie a reddito 0 su quelle in povertà |
1 | 365 | 160 | 44% | 39 | 24% |
2 | 412 | 138 | 33% | 26 | 19% |
3 | 292 | 114 | 39% | 29 | 25% |
4 | 148 | 76 | 51% | 18 | 24% |
5 | 52 | 30 | 58% | 5 | 17% |
6 | 19 | 12 | 63% | 3 | 25% |
7 | 9 | 6 | 67% | 0 | 0 |
Totale | 1297 | 536 | 41% | 120 | 22% |
Famiglie non censite | 198 |
Dall’analisi risulta che il 41% delle famiglie residenti è in condizione di povertà assoluta. Una percentuale circa sei volte maggiore se raffrontata alla media nazionale che è del 7%.
Inoltre se si considera che il 22% delle famiglie in povertà assoluta ha reddito zero la situazione che emerge è particolarmente critica (tabella 2). L’analisi per numero di componenti rivela una crescita proporzionale della povertà all’aumentare dei componenti famigliari, mentre i redditi nulli risultano equamente distribuiti. Fanno eccezione i nuclei monocomponenti, particolarmente critici, in cui vi è una forte incidenza di anziani, con livelli di povertà superiori ai nuclei da 2 e da 3 componenti (grafico 2).
Grafico 1: famiglie povere e a reddito zero in rapporto al totale dei nuclei suddivise per numero di componenti
Merita una rapida considerazione la situazione delle 130 famiglie, per la maggior parte senza titolo, che non rispondono al censimento. Risulta complesso pensare che chi occupi un alloggio pubblico sia provvisto di beni immobili o di un reddito facilmente rintracciabile. Pertanto se ipoteticamente aggiungiamo anche questo gruppo alle famiglie in fascia di povertà si raggiunge la ragguardevole percentuale del 52% di famiglie in condizione critiche. La forte presenza di nuclei a reddito zero, a cui va sommata quella delle famiglie che non presentano dichiarazioni, fa presuppore, oltre a condizioni economiche critiche, una forte incidenza di un’economia informale e di lavoro nero, situazioni, anche queste, messe in crisi dal blocco totale della attività di questi giorni.
Grafico 2: incidenza in percentuale delle famiglie povere e a reddito zero in rapporto al numero dei componenti del nucleo.
Le analisi precedentemente qui svolte sul disagio sociale nei quartieri di case popolari – dati Istat 2011 – la dimensione del reddito familiare medio e questa sulla povertà assoluta, che emergono – dai censimenti Ater – convergono nell’individuare questi quartieri come quelli con le maggiori criticità socio-economiche, una situazione che la crisi determinata dal Covid 19 non può far altro che enfatizzare.
Certamente le criticità presenti in città non si esauriscono nei grandi complessi di alloggi popolari – basti pensare agli insediamenti informali, ai senzatetto o alle “nuove” famiglie in difficoltà per la crisi – ma, per massa e concentrazione, costituiscono senz’altro situazioni problematiche rilevanti.
Considerando che nei grandi complessi di alloggi popolari a Roma vivono circa 200mila persone, quanto i residenti di un intero municipio, analisi più dettagliate su questa popolazione potrebbero essere particolarmente utili nell’attuale fase, per restituire lucida fotografia della situazione e avviare azioni di contrasto alla nuova emergenza socio-economica.
Infine, il coordinamento a livello territoriale dei numerosi attori pubblici, ma anche privati, che intervengono, e spesso si sovrappongono, nei quartieri – un buon esempio è il progetto Socialen Stadt in Germania – consentirebbe un notevole passo avanti nella gestione delle criticità socio-economiche.
*Un sentito ringraziamento ad Ater Roma che ha fornito i dati del Censimento 2018 e consentito, quindi, di poter sviluppare le seguenti analisi.