Parisi (con Berlusconi) vuole cancellare l’ANAC e il Codice dei contratti
Autore : Redazione
Il rapporto recentemente pubblicato da Trasparency con l’indice di percezione della corruzione di 180 paesi(1), piazza ancora l’Italia al 54esimo, anche se in recupero rispetto agli anni passati. Una corruzione, aggiungiamo noi, non solo percepita, a giudicare dal bollettino di guerra delle news quotidiane e dalle pesanti ricadute sull’economia del nostro paese e sulla vita delle persone stimate da fonti autorevoli. Per contrastare la corruzione, nel 2014 è stata istituita l’Autorità nazionale (ANAC) (2) presieduta dal magistrato Raffaele Cantone, che in questi anni ha dato senz’altro un contributo e un orientamento a tante amministrazioni, spesso inquinate da pratiche clientelari e da episodi corruttivi. Anche il nuovo Codice dei Contratti è uno strumento che stabilisce delle regole per la corretta ed equa gestione delle risorse pubbliche e per il contrasto alle infiltrazioni criminali. Ma Stefano Parisi, candidato Presidente della Regione Lazio, in un’intervista prima di diventare candidato (3), boccia senza mezze misure l’operato dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione e anche il nuovo codice degli appalti, perchè a suo giudizio “ritardano e complicano enormente gare e appalti” e creano“confusione normativa e deresponsabilizzazione” della pubblica amministrazione. La sua ricetta? “Le competenze Anac devono essere affidate ad una Corte dei conti riformata, capace di un effettivo controllo di gestione delle amministrazioni pubbliche“, perchè la corruzione “si combatte innanzitutto mettendo nei ruoli politici e amministrativi persone integre, competenti e capaci. E poi, con strumenti di controllo di gestione che misurino l’efficacia e l’economicità degli atti, non solo la correttezza formale“. Ma dove si vada a parare lo si capisce meglio alla luce di quanto dichiarato nei giorni scorsi dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi all’ANCE (l’Associazione nazionale dei costruttori edili)(4), rilanciando le proposte dell’ANCE per le elezioni del 2018 appena ricevute dal Presidente Gabriele Buia (5):“Bisogna abolire il Codice Appalti, farne un altro – ha affermato Berlusconi – e possiamo studiare insieme se vale la pena inserire le normative Ue che sono molto meglio di quelle italiane”. Riferisce Edilportale che “probabilmente sia Berlusconi sia il mondo delle costruzioni si riferiscono alla volontà di avere un codice degli appalti che non introduca regole più severe rispetto alle norme europee. Si pensi ad esempio al subappalto. Le direttive europee non pongono restrizioni al suo utilizzo, ma l’Italia, per evitare infiltrazioni criminali, ha scelto di introdurre il limite del 30%, da calcolare su tutto l’importo del contratto. Un paletto che potrebbe costare all’Italia una procedura di infrazione, ma difeso dai suoi sostenitori viste le peculiarità interne“(4); va stretto alle imprese anche lo “Split payment” il meccanismo di scissione dell’Iva, “in vigore dal 1° luglio 2017, che prevede che l’imponibile sia pagato al fornitore e l’Iva versata direttamente all’Erario. Uno strumento pensato per contrastare l’evasione fiscale“. E desta notevole preoccupazione che questa filosofia, esposta anche nel suo programma elettorale reso pubblico due giorni fa (6) sia quella di un candidato alla Presidenza del Lazio, una Regione che come riferisce Trasparency è la terza d’Italia per casi di corruzione riportati dai media nel 2017, ma che, ricordiamo, oltre ad essere stata investita da “mafia/corruzione Capitale” è protagonista di molti rapporti sulla penetrazione mafiosa, nella Capitale, sul litorale e nelle aree pontine(7). E che avrebbe bisogno di iniezioni di legalità, non di abolizione dei presidi a sua tutela.
Nel capitolo del suo programma dedicato a:”Sicurezza: rispondere alle emergenze e costruire un futuro di serenità”, Parisi accusa il suo rivale Zingaretti di dedicare, ben una pagina – la 44 – del suo “Cinque anni” al tema sicurezza parlando in modo vago di “un accordo di collaborazione con l’ANAC di Cantone per passare alla collaborazione con le Forze dell’Ordine per appalti e abusivismo” Concludendo che ” è eclatante l’assenza di accenni a temi di criminalità comune“. Rovesciando il discorso noi osserviamo che quel capitolo del programma di Parisi, si apre con un accenno alla lotta alla criminalità ” a partire da quella comune fino a quella organizzata”, ma poi quella organizzata se la perde per strada, occupandosi quasi esclusivamente quella comune, a parte l’evocazione del terrorismo islamico e di non precisate “emergenti criminalità etniche”.
#sosteniamoCantone
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(1) L‘Espresso 21 febbraio 2018 Corruzione percepita, l’Italia è peggio del Ruanda (ma ci sono segni di miglioramento) La graduatoria annuale di Transparency International boccia ancora una volta il nostro paese. Che però negli ultimi anni ha migliorato sensibilmente la sua posizione
di Gloria Riva
Corruzione percepita, l’Italia è peggio del Ruanda (ma ci sono segni di miglioramento)
Male ma non malissimo. Transparency International, l’ong che lotta contro la corruzione, ha pubblicato l’indice di percezione della corruzione di 180 paesi . L’Italia si piazza al 54esimo posto, migliorando di sei posizioni rispetto allo scorso anno, ma complessivamente resta il voto insufficiente.Secondo l’indagine dell’ente non profit l’Italia ha cominciato a scalare la classifica nel 2012, cioè dall’introduzione della legge anticorruzione. Infatti, da allora il paese è avanzato di 18 posizioni.
Detto questo, resta ancora parecchia strada da fare sulla via della trasparenza, perché il voto complessivo è 50 punti su 100. A pesare è soprattutto la scarsa trasparenza dell’amministrazione pubblica e dei partiti e della politica che, da un lato, hanno smesso di attingere dai finanziamenti pubblici, dall’altro hanno preso a sfruttare canali di sponsorizzazione poco limpidi, come le fondazioni e le associazioni politiche, che non hanno obblighi di rendicontazione.
In cima all’indice di Transparency International, che ogni anno classifica i paesi sulla base del livello di corruzione percepita nel settore pubblico, assegnando un punteggio da 0 (molto corrotto) a 100 (per niente corrotto), c’è anche quest’anno la Danimarca, seguita dalla Nuova Zelanda, con 89 e 88 punti rispettivamente. E, anche quest’anno, la coda della classifica si chiude con Sud Sudan (12 punti su 100) e Somalia (9/100).
Lo scorso anno l’Italia era l’ultima in classifica in Europa, mentre stavolta è 25esimo su 31, dunque lontano dai vertici della classifica e dai paesi con cui siamo soliti confrontarci, come la Germania (dodicesima posizione e voto 81) e la Francia (23esimo posto e voto 70). Più simili a noi paesi come la Spagna, alla posizione 42 e la Slovenia, al 54esimo posto, a pari merito proprio con l’Italia.
«Miglioriamo grazie all’impegno italiano in questi ultimi anni sul fronte anticorruzione: dopo la legge Severino del 2012 sono stati fatti diversi progressi, tra cui l’approvazione delle nuove norme sugli appalti, l’introduzione dell’accesso civico generalizzato e, soprattutto, la recente legge a tutela dei whistleblower, cioè su chi segnale un’irregolarità sul posto di lavoro. Non va neppure trascurato l’importante ruolo svolto da Anac per prevenire il fenomeno e garantire un migliore funzionamento delle amministrazioni pubbliche», dice Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia, che tuttavia fa notare la scarsa trasparenza dei partiti, che nascondono la provenienza dei finanziamenti.
Nel 2017 Transparency ha contato 776 casi di corruzione riportati dai media che coinvolgono per lo più Lombardia (111 casi), Sicilia (102) e Lazio (101). Si corrompe negli appalti (151 casi) e nel settore pubblico (130 segnalazioni), ma soprattutto in politica (187 casi). Davide Del Monte, direttore esecutivo di Transparency Italia commenta: «Siamo alla vigilia di elezioni cruciali per il nostro Paese, le prime dopo l’abolizione totale del finanziamento pubblico ai partiti, e noi cittadini siamo chiamati a votare dei candidati di cui non possiamo conoscere i reali finanziatori e, quindi, da quali interessi particolari vengono sostenuti».
(2)(
dal sito dell’ANAC) Il decreto legge n. 90/2014 convertito in
legge n. 114/2014, sopprimendo l’AVCP (Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici) e trasferendo le competenze in materia di vigilanza dei contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha ridisegnato la missione istituzionale dell’ANAC.
Questa può essere individuata nella prevenzione della corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate anche mediante l’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali, nonché mediante l’attività di vigilanza nell’ambito dei contratti pubblici, degli incarichi e comunque in ogni settore della pubblica amministrazione che potenzialmente possa sviluppare fenomeni corruttivi, evitando nel contempo di aggravare i procedimenti con ricadute negative sui cittadini e sulle imprese, orientando i comportamenti e le attività degli impiegati pubblici, con interventi in sede consultiva e di regolazione, nonchè mediante attività conoscitiva.La chiave dell’attività della nuova ANAC, nella visione attualmente espressa è quella di vigilare per prevenire la corruzione creando una rete di collaborazione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e al contempo aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, riducendo i controlli formali, che comportano tra l’altro appesantimenti procedurali e di fatto aumentano i costi della pubblica amministrazione senza creare valore per i cittadini e per le imprese.
(3) Intervista a Stefano Parisi di Marco Cremonesi sul Corriere della Sera del 31 dicembre 2017 publicata sul sito del suo movimento Energie per l’Italia https://www.energieperlitalia.com/parisi-si-puo-sopprimere-lanac-va/) Parisi: «Si può sopprimere l’Anac. E va fatto»
«L’Anac va abolita alla prima riunione del Consiglio dei ministri della prossima legislatura, insieme al nuovo codice degli appalti». Stefano Parisi, il fondatore di Energie per l’Italia, risponde secco a Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità anticorruzione che sul Corriere di ieri si è augurato che «la campagna elettorale non metta in discussione» i principi che hanno ispirato la nascita dell’agenzia.
Per Cantone sopprimere Anac sarebbe impossibile per gli impegni internazionali assunti dal Paese.
«E quali sarebbero? La convenzione Onu e la convenzione penale sulla corruzione stabiliscono che negli Stati operino organi indipendenti. Ma nessun accordo obbliga l’Italia a creare un mostro giuridico che vigila, emana regole sulla cui applicazione vigila, dà pareri su quelle stesse norme. Determinando confusione normativa e deresponsabilizzazione».
Deresponsabilizzazione?
«Certo, le pubbliche amministrazioni sono immobili in attesa di un parere dell’Anac. Per tutelarsi e non rischiare. Abbiamo bisogno di una pubblica amministrazione che funzioni, che faccia girare l’economia non che la blocchi. Senza rubare».
E come si fa?
«In Paesi virtuosi le autorità anticorruzione fanno capo agli organi giudiziari o ai dicasteri competenti in materia di giustizia ed economia. Le competenze Anac devono essere affidate ad una Corte dei conti riformata, capace di un effettivo controllo di gestione delle amministrazioni pubbliche».
Per Cantone l’Anac serve soprattutto a prevenire.
«In discussione non è la necessità di contrastare la corruzione prevenendola. C’è l’efficacia dell’azione dell’Anac. La corruzione si combatte innanzitutto mettendo nei ruoli politici e amministrativi persone integre, competenti e capaci. E poi, con strumenti di controllo di gestione che misurino l’efficacia e l’economicità degli atti, non solo la correttezza formale. Per giunta, ci sono i rallentamenti… ».
Anac rallenta la realizzazione delle opere?
«Basta un’occhiata ai dati Ance. Dimostrano come le numerose disposizioni che il codice dei contratti pubblici rinvia all’Anac stiano ritardando e complicando enormemente gare e appalti. Quanto agli arbitrati per le banche fallite, lo stesso Cantone ammette che le procedure preliminari non si sono ancora concluse. Il fatto è che serve crescita e occupazione e per questo serve una burocrazia trasparente e efficiente e questo sarà un grande tema della prossima campagna elettorale. Cantone si rassegni…».
(Intervista di Marco Cremonesi per Corriere della Sera)
(4) vedi Edilportale 23 febbraio 2018 Berlusconi all’Ance: ‘abolire Codice Appalti e Split payment’ di Paola Mammarella Il leader di Forza Italia ha incontrato l’associazione dei costruttori edili. Illustrate misure anti-burocrazia