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Perché si perché no. Cronaca della lezione olimpica di Giovanni Caudo

caudo-gelsomini-2La cronaca di Paolo Gelsomini dell’incontro del  28 settembre, presso l’Aula magna della Facoltà di Architettura di Roma Tre con il prof. Giovanni Caudo,  ex assessore all’Urbanistica dell’Amministrazione Marino.

Perché si perché no. Cronaca della lezione olimpica di Giovanni Caudo. Le ragioni delle Olimpiadi oltre il tifo da stadio

di Paolo Gelsomini

Un approccio diverso, che è andato al di là delle semplificazioni e delle ideologie aprioristiche, ha caratterizzato l’incontro del ciclo di  “Conversazioni romane“, oggi dedicato alla candidatura olimpica, in cui  il tema del “perché SI, perché NO”  è stato affrontato attraverso il come si costruisce una candidatura e il   come fare una valutazione costi-benefici, non solo per la costruzione dell’evento sportivo ma anche e soprattutto per il dopo evento-sportivo. Ponendosi l’obiettivo  di   misurare la capacità di dare continuità urbanistica e sociale alle opere delle Olimpiadi, per riconoscere la loro sostenibilità ambientale, la loro possibilità di restare in vita con politiche di gestione e manutenzione fattibili e sostenibili sul piano tecnico-finanziario per restare alla città, per riqualificare e rigenerare luoghi urbani, per creare attività lavorative tecnologicamente avanzate capaci di offrire occupazione qualificata.

Secondo Giovanni Caudo la Città deve saper progettare con le energie positive ed innovative che produce al suo interno e deve essere progettata con opere funzionali al suo sviluppo sostenibile, capaci di produrre dopo le Olimpiadi attività ad alto valore aggiunto. E per risollevare l’asfittica economia romana incentrata sulla rendita immobiliare e finanziaria e su un terziario di basso livello, secondo l’ex assessore non basta lo shock delle Olimpiadi, ma occorre una strategia di largo respiro e di alto orizzonte. E’ stata questa la filosofia di approccio con la quale il Comitato per la candidatura di Roma 2024 ha inviato al CIO (Comitato Internazionale Olimpico) nel febbraio 2016 il suo dossier Olimpiadi?

Non sembra proprio, e non era sembrato neanche all’ex Sindaco Marino quando, già dall’aprile 2015, mentre il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) sceglieva  capitani di lungo corso e di innegabile prestigio, e soprattutto capaci di fare lobbing,  come Luca Cordero di Montezemolo, nominava come consulente straordinario per Roma 2024 l’ingegnere  Enric Truno y Lagares l’esperto catalano che si era già occupato nel 1992 dei Giochi di Barcellona che avevano rigenerato la città proiettandola nel futuro.  L’intenzione del  sindaco Marino era quella di coinvolgere le associazioni civiche, i sindacati e  i cittadini tutti per dare corpo ad un’idea di Olimpiade portatrice di una trasformazione urbana al servizio dei quartieri, soprattutto periferici. Con questo spirito il 25 giugno 2015    era stata   approvata in Aula Giulio Cesare  la “Mozione  sulla candidatura dì Roma ai XXXIII Giochi Olimpici e ai XVII Giochi Paralimpici del 2024” e   il 15 luglio 2015  Ignazio Marino e Giovanni Caudo erano andati a Losanna a sostenere presso il CIO la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, poi presentata ufficialmente l’11 settembre 2015 .

Ma c’erano notevoli  divergenze con la vision del Comitato promotore, esplose, come ricostruito nella nostra cronologia, proprio  l’11 settembre, quando,  dopo una lunga riunione – si apprenderà alquanto animata – vengono pubblicati due comunicati:  sul sito del CONI si afferma che è stata “verificata la possibilità di collocare il Villaggio Olimpico nell’area di Tor Vergata dove saranno realizzati nuovi impianti sportivi e completate le strutture esistenti“,  mentre sul sito del Comune  si parla  invece dell’area di Tor Vergata solo per “costruire i nuovi impianti sportivi  e completare le strutture già esistenti come le Vele incompiute di Calatrava dei Mondiali di nuoto: un intervento, questo, che richiede un progetto di collegamento con metropolitana tra l’area e il resto della città“, mentre per i “progetti di trasformazione urbana da mettere in campo per l’appuntamento olimpico” si intende  “partire dalla nascita di un parco fluviale del Tevere a nord di Roma ”, senza specificare ulteriormente il luogo della realizzazione del Villaggio Olimpico.

La localizzazione prevista dal sindaco Marino e dall’assessore Caudo per il Villaggio Olimpico, sarà in seguito precisato, era invece nell’area tra la via Salaria e la via Flaminia, con un’operazione di rigenerazione urbana nell’ex areoporto dell’Urbe. Il villaggio,  dopo le Olimpiadi,   sarebbe dovuto diventare  la  nuova città giudiziaria, accanto a un grande parco fluviale da restituire alla cittadinanza.

Le differenti concezioni urbanistiche che sottendono le rispettive scelte sulla localizzazione del Villaggio Olimpico,  rispondono alla domanda che ci dobbiamo fare quando diamo il nostro giudizio sulle Olimpiadi a Roma. Si tratta di  concezioni opposte ed inconciliabili.

La scelta  di Tor Vergata, sponsorizzata dal CONI, ci appare carente sul piano urbanistico, trasportistico e sulla destinazione d’uso successiva, con i suoi 17.000 posti letto distribuiti in appartamenti di grande metratura in un quadrante già gravato dalle cubature previste dal PRG per la vicina Centralità della Romanina e già depauperato dai collegamenti del ferro di superficie che uniscono  Tor Vergata e la stessa Romanina con le linee A e C della metropolitana.

Per realizzare il Villaggio Olimpico a Tor Vergata sarebbe stata necessaria una variante al PRG per trasformare quell’area da verde pubblico ad edificabile, ma  il problema non sarebbe stato certamente questo, visto che anche per altre localizzazioni  sarebbe  stata necessaria una variante.

Piuttosto va detto che i  terreni di Tor Vergata sono stati espropriati e conferiti all’Università per  fini esclusivamente universitari. Trasformare il corposo volume edilizio in campus universitario dopo le Olimpiadi avrebbe prodotto un’offerta di residenze per studenti nettamente sproporzionata rispetto alla domanda. Inoltre Tor Vergata è molto lontana dal polo Stadio Olimpico-Foro Italico dove, secondo la classificazione del CIO, si sarebbe dovuta giocare  una parte consistente  delle  medaglie. E non convince  la proposta di  realizzare  una sorta di corsia preferenziale chiamata “corsia olimpica” che avrebbe dovuto tracciare tutte le strade (GRA compreso) che uniscono i due luoghi (Tor Vergata- Foro Italico)  con le prevedibili ripercussioni quotidiane sul traffico di mezza Roma per gli spostamenti a rotazione di 17.000 atleti. Inoltre i terreni dell’Università sono oggetto di  una convenzione stipulata in seguito a una gara europea del 1987 che lega ogni intervento a un consorzio di imprese di cui è capofila la Vianini del Gruppo Caltagirone, senza limiti temporali  (vedi il nostro post L’università di Tor Vergata pubblica la convenzione chiesta dalle associazioni).

L’altra scelta, quella del Sindaco Marino e dell’assessore Caudo, della localizzazione del Villaggio Olimpico nell’area Nord, si innesta all’interno di un recupero dell’Ambito Strategico Tevere previsto dal PRG vigente, raccogliendo lungo il suo corso a nord una serie di altre localizzazioni di impianti sportivi come continuazione delle Olimpiadi del 1960, di altri edifici ed aree di rilievo urbanistico, sociale e produttivo e di reti infrastrutturali esistenti.

Su questa inconciliabile diversità di vedute e di orizzonti si consumò la rottura tra Marino/Caudo ed il CONI di Malagò e Montezemolo. Basterebbe tutto questo per rispondere con cognizione di causa alla domanda iniziale e concludere con  un NO,  non pregiudiziale o legato a paure di ruberie e di appalti truccati, ma basato su queste considerazioni.

 Il progetto olimpico  riportava in auge lo Stadio del Nuoto e le cosiddette “Vele di Calatrava”, progettate per i Mondiali di nuoto del 2009 e a oggi rimaste incompiute(*). Anche per il completamento delle due opere il progetto del Comune era diverso da quello pensato dal CONI.

Nel dossier Olimpiadi presentato dal comitato al CIO nel febbraio 2016 (pubblicato sul sito solo  in inglese) è riportato  che la metà del budget (1,7 miliardi di euro) previsto per tutti i Giochi è destinato a opere da realizzare  a Tor Vergata.

Una cifra che appare sproporzionata  rispetto alle altre località di svolgimento delle gare, il cui peso è  misurato dal CIO in medaglie assegnate.

Nell’incontro con Caudo sono stati citati  poi gli esempi di Parigi, l’altra città candidata che si sta preparando al rush finale, e di Londra e Barcellona, protagoniste di passate edizioni  che hanno saputo trasformare  in sviluppo urbano ed in opere utili alla città gli impianti sportivi, gli edifici e le infrastrutture costruite per i Giochi Olimpici.  Secondo Giovanni Caudo, il parametro di misura dell’efficacia di un’operazione Olimpiadi deve essere questo,  e non l’aumento rispetto al budget iniziale, a  patto che l’aumento del budget corrisponda ad un investimento capace di produrre benefici nel tempo. A Londra nel 2012 il budget è aumentato del 101% e a Barcellona nel 1992 addirittura del 417%,  ma le città si sono trasformate e rigenerate. Ad Atene nel 2004 l’aumento è stato “solo” del 60%,  ma il bilancio della Grecia è andato a picco.

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Conversazioni su ROMA: La lezione Olimpica. Mercoledì 28 ore 17,30-20,00 Aula Urbano VIII, via Madonna dei Monti, 40 La candidatura (mancata) di Roma 2024 è diventata un altro tormentone che si è trascinato per tutta l’estate. Impuntature da una parte e mancanza di argomentazione dall’altra hanno sortito l’effetto di una vicenda compromessa, senza più lustro per nessuno. Perché si è arrivati a questo? In che modo le città si preparano a partecipare a queste sfide? C’era un percorso diverso? Cosa fanno le altre città candidate? Le Olimpiadi sono sempre un sogno che diventa un incubo? Dopo le Torri dell’Eur, un secondo incontro per prenderci il tempo per discutere e assumendo il punto di vista della città, per ragionare e per riflettere su quando e perché le decisioni hanno perso di vista i fatti. Con Giovanni Caudo, Mario Castagna, Alessandro Catapano, Mattia Diletti, Riccardo Magi, Maria Luisa Palumbo, Stefano Sampaolo.

Siamo usciti dall’incontro alle 20,  con le idee un po’ più chiare,  anche grazie agli altri interventi che hanno seguito  quello di  Caudo, come quello di Stefano Sampaolo del Censis, di Alessandro Catapano, giornalista della Gazzetta dello Sport, di Mattia Diletti, docente di Scienze politiche de La Sapienza,  di Maria Luisa Palumbo, dell’Istituto Nazionale di Architettura,  e dell’ex consigliere e presidente del Partito Radicale Riccardo Magi,  che ha ricordato le vicende e le ragioni del mancato Referendum sulle Olimpiadi.

 (*) Il quotidiano Il Messaggero dà invece per scontata la localizzazione del Villaggio Olimpico a Tor Vergata,  pubblicando addirittura    un rendering e riferendo che nel corso della riunione è stata sconfitta l’ipotesi elaborata dal Comune e dall’Assessore Caudo, che prevedeva la realizzazione del villaggio con un’operazione di rigenerazione urbana nell’area tra la Salaria e la Flaminia, zona Roma Nord, dove sorge l’areoporto dell’Urbe. La localizzazione tra il VI e il VII Municipio in parte sull’area dell’Università , sponsorizzata da Montezemolo e Malagò, secondo il quotidiano risponde  maggiormente alle caratteristiche necessarie per ottenere la vittoria, anche se non sono ancora  stati resi pubblici nè  i criteri imposti dal CIO, nè i progetti presi in considerazione, con le relative ricadute  – positive e negative – sulla città.

L’ipotesi Villaggio Olimpico a Tor Vergata, tuttavia, non è una novità: infatti già nel 1997, quando si pensava alla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2004, si dava per scontato che il Villaggio Olimpico sorgesse proprio lì.

(**) Sempre dalla nostra cronologia : Nel 2005 viene  avviato il progetto della Città dello sport  dall’allora   sindaco  Walter Veltroni. Il costo previsto per la realizzazione  è di 60 milioni di euro, che diventano 120 milioni già all’atto dell’assegnazione dei lavori tramite gara d’appalto, vinta dalla Vianini Lavori del gruppo Caltagirone; la gestione dei fondi è  affidata alla Protezione Civile di Guido Bertolaso, che chiama Angelo Balducci per la gestione dei capitali. Tra il 2006 e il 2007, pur non avanzando i lavori, i costi di costruzione raddoppiano, 240 milioni di euro. Alla fine  i mondiali di nuoto non si disputeranno a Tor Vergata, in quanto la struttura non avrebbe potuto essere completata in tempo, e si opta per il Foro Italico, già utilizzato per i Campionati mondiali di nuoto 1994. Le Vele restano incomplete e inutilizzabili, la  cifra stimata per il completamente lavori è di 660 milioni di euro, 11 volte il prezzo iniziale (da wikipedia).

 

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