Ancona, Napoli, Francavilla Fontana, Vicenza sono le città che tra il 2017 e il 2018 hanno eletto i loro consiglieri aggiunti, rappresentanti delle comunità straniere che partecipano alle assemblee senza diritto di voto, ma con diritto di parola. A Roma dal dicembre 2013, però, 343.757 cittadini stranieri non comunitari non hanno più voce in capitolo nelle decisioni politiche della città.
La lettera di Carte in Regola alle istituzioni
Con una lettera alla Sindaca e ai presidenti del Municipio di Roma, dieci associazioni del territorio guidati da Carte in Regola hanno chiesto la riapertura delle porte dell’Assemblea Capitolina e dei Consigli Municipali ai rappresentanti degli stranieri che vivono e lavorano a Roma. Per dieci anni, a partire dal 2003, i consiglieri aggiunti sono stati la voce delle comunità nella giunta capitolina, ma nonostante l’assemblea abbia approvato le procedure per una nuova elezione l’8 aprile 2014, non sono stati ancora rieletti.
“Non abbiamo avuto nessuna risposta: né dalla sindaca, né dai consiglieri di maggioranza, né dall’assessora Baldassare, e neanche dall’opposizione”, dice Annamaria Bianchi presidente dell’associazione Carte in regola. “Nasciamo occupandoci di urbanistica, ma il degrado esteriore della città è anche degrado sociale. Il fatto di chiedere i consiglieri aggiunti al Campidoglio è dovuto alla degenerazione progressiva in atto sulle questioni che riguardano migranti e rifugiati. Roma è una città, a nostro avviso, a forte rischio razzista e il fatto che non ci sia più questa presenza dei rappresentanti delle comunità straniere anche in Campidoglio ci sembra l’espressione di una grande distanza tra le istituzioni romane e le comunità straniere. Sicuramente non è con l’elezione dei consiglieri aggiunti che si possono cambiare le cose. Ma in questo modo la sindaca potrebbe dare un segnale: è un modo per far sentire anche gli stranieri parte della città, farli entrare a pieno titolo in campidoglio vuol dire dargli una rappresentanza”.
Tetyana Kuzyk tra gli ex consiglieri aggiunti a Roma
Da quattro anni e mezzo nelle aule del Campidoglio manca uno spazio alle idee, alle voci, e alle esigenze dei cittadini stranieri. “Non potevamo votare ma almeno avevamo la voce, potevamo proporre delle mozioni e farle votare. A noi si rivolgevano diverse comunità, abbiamo fatto tante bellissime iniziative non solo culturali ma anche politiche. Per esempio abbiamo fatto istituire un registro per i mediatori culturali. Attualmente invece non c’è neanche una consulta delle associazioni o altre possibilità di partecipazione”, dice Tetyana Kuzyk, ucraina in Italia dal 2000 ed ex consigliera aggiunta, che ha rappresentato la voce e le esigenze delle comunità europee dell’Est insieme ai colleghi Godoy Sanchez per le americhe, Okeadu Viktor Emeka per l’Africa, e Salvador Romulo Sabio per l’Asia e l’Oceania.
“È cambiato l’atteggiamento politico: noi abbiamo lavorato con la sinistra e con la destra, con Veltroni, Alemanno, Marino, ma nessuno ci ha mai ostacolato, anzi ci hanno stupito delle proroghe. Vedo che non c’è interesse e non c’è neanche conoscenza, per avere interesse bisogna conoscere la realtà dell’immigrazione e non sto parlando dell’accoglienza, che è solo una parte piccolissima, ma dell’integrazione”, continua l’ex consigliera. Fin dai primi tempi in Italia è stata un punto di riferimento per la sua comunità e l’elezione ha istituzionalizzato un ruolo che già ricopriva di fatto: “ma la possibilità di accedere al Campidoglio, anche solo di richiedere spazi del comune è tutta un’altra cosa. E poi spesso non è facile dialogare tra comunità: avere come riferimento una figura super partes può essere molto utile”.
Dalla delibera del regolamento per l’elezione dei consiglieri aggiunti nell’assemblea capitolina e nei consigli dei municipi sono passati 4 anni e mezzo: comunità numerose come quella filippina, che conta 41.746 persone, come quella ucraina (15.094), peruviana (13.475), o egiziana (11.169), solo per citarne una per continente, hanno perso il diritto di parola in Campidoglio e restano in un silenzio assoluto, lo stesso delle istituzioni da cui si aspetta risposta.
Vedi anche