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Progetto di legge urbanistica della Regione Emilia Romagna: una mostruosità

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Pubblichiamo l’analisi  di Giovanni Losavio – scritta per Eddyburg – del progetto di legge urbanistica della Regione Emilia Romagna, che  intende “...profittare del varco aperto dal “decreto legge del fare”(convertito nella legge 98 del 2013) che consente alle regioni di “derogare” – con propria legge o proprio regolamento – alle disposizioni del decreto interministeriale 1444 del 1968 “. “Disposizioni che sono espressione di un principio fondamentale vincolante nell’esercizio della potestà legislativa regionale nella materia, anche là dove fissano limiti inderogabili alla densità edilizia, all’altezza degli edifici e alla distanza tra i fabbricati” .Ma,  ricorda Savio, “la facoltà di derogare a quelle specifiche misure non può certo significare… la liberazione da ogni prescrizione di densità edilizia, altezza degli edifici e distanza tra loro, la soppressione cioè di ogni limite. Si apre la porta agli ecomostri dentro la città esistente, come abbiamo osservato, parossistica realizzazione di quella operazione di “addensamento” cui il progetto di legge affida il compito primario di rigenerazione urbana. E paradossalmente questa disposizione che libera i privati – costruttori da ogni limite, si impone e prevale (art.10, comma 3) sulle diverse previsioni al riguardo nei vigenti strumenti di pianificazione urbanistica comunale“. In calce i nostri articoli sugli ecomostri milanesi, lo sciagurato precedente (AMBM)

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(scritto per  Eddyburg)

Travolti principi fondamentali del governo del territorio

 di Giovanni Losavio*

Continua la denuncia del progetto di legge urbanistica della Regione Emilia Romagna: una mostruosità anche sul piano giuridico; ecco alcuni dei motivi che potrebbero richiedere l’intervento della Corte costituzionale se sciaguratamente la Regione E-R l’approvasse. 
Questo progetto di legge è espressione della potestà legislativa della regione, concorrente con quella dello stato, cui l’art.117 cost. riserva la determinazione dei principi fondamentali. E’ vero che specie negli ultimissimi tempi i principi fondamentali nella “materia” del governo del territorio – urbanistica si sono venuti affievolendo sotto l’urgenza del proclamato “rilancio dell’economia” e della perseguita semplificazione in materia edilizia (ricordiamo il dirompente “decreto del fare” del 2013).

Ma almeno due essenziali principi sono rimasti fermi nella legislazione statale, benché rimasta contagiata dalla peggiore produzione normativa delle regioni sull’onda della pianificazione negoziata. Il principio innanzitutto della riserva della potestà urbanistica alle istituzioni pubbliche rappresentative delle comunità; e quello, a ben vedere dipendente, secondo cui i modi dell’edificare debbono corrispondere a regole normativamente predeterminate a fissarne i limiti che non possono essere affidati al libero accordo tra amministrazione comunale e privato costruttore.

Ebbene questo progetto di legge travolge l’uno e l’altro principio del governo del territorio della nostra unitaria repubblica. Al PUG, piano urbanistico generale, strumento unico di livello comunale, si nega (art. 32, comma 4) il compito di regolare la capacità edificatoria delle aree del territorio urbanizzato, la cui “rigenerazione” è indicata come l’obbiettivo primario del governo del territorio. Insomma, l’espresso divieto di pianificazione urbanistica (negata anche la definizione degli altri parametri urbanistici e edilizi degli interventi) sulle più rilevanti trasformazioni del territorio urbanizzato, rimesse al libero accordo operativo con i proprietari-costruttori. E’ la stessa urbanistica che così disponendo si nega.

La Regione ER intende dunque in questo modo profittare del varco aperto dal “decreto legge del fare”(convertito nella legge 98 del 2013) che consente alle regioni di “derogare” – con propria legge o proprio regolamento – alle disposizioni del decreto interministeriale 1444 del 1968 (dato in attuazione della disciplina introdotta dalla legge “ponte” dell’anno prima). Disposizioni che sono espressione di un principio fondamentale vincolante nell’esercizio della potestà legislativa regionale nella materia, anche là dove fissano limiti inderogabili alla densità edilizia, all’altezza degli edifici e alla distanza tra i fabbricati. Ma la facoltà di derogare a quelle specifiche misure non può certo significare, come invece pretende l’art. 9, lettera c) di questo progetto di legge, la liberazione da ogni prescrizione di densità edilizia, altezza degli edifici e distanza tra loro, la soppressione cioè di ogni limite. Si apre la porta agli ecomostri dentro la città esistente, come abbiamo osservato, parossistica realizzazione di quella operazione di “addensamento” cui il progetto di legge affida il compito primario di rigenerazione urbana. E paradossalmente questa disposizione che libera i privati – costruttori da ogni limite, si impone e prevale (art.10, comma 3) sulle diverse previsioni al riguardo nei vigenti strumenti di pianificazione urbanistica comunale.

Una vera e propria sopraffazione, come abbiamo osservato, lesiva della autonomia dei comuni in una materia tradizionalmente – storicamente – assunta nella loro competenza. La titolarità di una essenziale funzione amministrativa propria dei comuni e in concreto esercitata, garantita dall’art.118 della costituzione (“i comuni sono titolari di funzioni amministrative proprie”) che dunque da questa disposizione del progetto di legge è esplicitamente violato.

Se, come non è improbabile, questa proposta di legge sarà, nel testo oggi presentato, approvata dalla assemblea regionale, il governo (cui la nostra regione è politicamente molto vicina) sarà capace, ci domandiamo, del forte risentimento necessario per sollevare conflitto di attribuzione (per violazione di principi fondamentali della materia) davanti alla Corte costituzionale?

Riferimenti

Sul progetto di legge, vedi anche la lettera aperta pubblicata su eddyburg e il documento di analisi di Italia Nostra – Emilia Romagna

*Giovanni Losavio Magistrato, Presidente di sezione presso la Suprema Corte di Cassazione. Iscritto all’Associazione Italia Nostra dal 1964, è stato Presidente dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna dal 1976 al 1983. È Presidente della sezione di Italia Nostra di Modena.

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