Da ormai 12 anni lo Stadio Flaminio, di proprietà del Comune di Roma, è in stato di abbandono. E da 10 anni torna ricorrente l’ipotesi di farlo diventare lo Stadio della Lazio. Ancora in questi giorni si sono susseguiti annunci giornalistici, con interviste al patron della squadra calcistica Claudio Lotito e all’Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda Alessandro Onorato, che ha dichiarato “Se Lotito vuole davvero fare lo Stadio della Lazio lì, trova le porte aperte”[1]
Ma è necessario ricordare che le esigenze della squadra richiederebbero impattanti interventi sulla struttura architettonica per realizzare parcheggi, aumentare la capienza e realizzare una copertura, dato che, come ha dichiarato lo stesso Lotito “Va bene evocare la storia, ma quando piove non possiamo tornare a utilizzare l’ombrello”[1]
La “storia” a cui si riferisce il Presidente della Lazio è quella di una straordinaria opera architettonica progettata da Pier Luigi Nervi con il figlio Antonio, realizzata in occasione della XVII Olimpiade di Roma del 1960. Uno Stadio che comprendeva anche quattro palestre, una piscina, bar, spogliatoi, pronto soccorso, completati da impianti all’avanguardia. Dal 2018 Lo Stadio è un monumento tutelato dal Ministero della Cultura[2] per gli elementi che ne fanno un esempio poi copiato in tutto il mondo: l’esemplare integrazione degli aspetti architettonici, strutturali, impiantistici e paesaggistici, la morfologia e la disposizione dei telai in cemento armato gettati in opera, l’esile pensilina in ferrocemento, gli spalti costituiti da gradinate prefabbricate brevettate per il Flaminio, gli ampi ballatoi distributivi perimetrali e la qualità spaziale degli ambienti al di sotto degli spalti.
Recentemente lo Stadio è stato oggetto di un Piano di Conservazione finanziato dalla Getty Foundation [5], nel quale è stato implementato l’approccio delineato dall’ICOMOS per la conservazione del patrimonio d’interesse storico-artistico del XX secolo.
Per mettere lo stadio Flaminio al servizio della Lazio la struttura vincolata dovrebbe essere stravolta dall’inserimento della copertura, ma anche dall’aumento dei posti “fino a 50.000” che sarebbero “aumentati da una struttura esterna così da non intaccare il catino originale”[1], mentre per i parcheggi non si conoscono le opzioni, visto che l’area sottostante e intorno allo stadio è zona di interesse archeologico.
Inoltre deve essere considerato il forte impatto che avrebbero sul territorio, non solo la funzione sportiva nazionale e internazionale dello Stadio, ma tutte le nuove destinazioni che inevitabilmente correderebbero l’operazione per il raggiungimento dell’ “equilibrio economico”, con centri commerciali, megastore sportivi, locali di somministrazione, oltre ai potenziali utilizzi per eventi di ogni genere che potrebbero svolgersi, come già per il progetto dello Stadio della AS Roma a Pietralata, “tutti i giorni della settimana” e “H24”.
Ma il futuro dello Stadio Flaminio non riguarda solo Roma: è infatti in corso un conflitto tra cittadini e istituzioni in molte città italiane, dove si vorrebbero demolire o trasformare drasticamente impianti sportivi storici e identitari per operazioni che mal celano le ragioni della speculazione e del profitto sotto lo slogan di stadi più “moderni”.
Operazioni che purtroppo hanno trovato appigli nel cosiddetto emendamento “sblocca stadi” del “Decreto semplificazioni” del 2020[3] che consente di smantellare i vincoli storico-artistici del Codice del Beni Culturali su stadi e impianti sportivi italiani e apre la strada a speculazioni private permettendo di abbattere e ricostruire gli impianti storicitrasformandoli di fatto in mega centri commerciali. A cui si aggiunge la “Legge Stadi”, cominciata da tre commi introdotti nel 2013 nella “Legge di stabilità”[4] che hanno accelerato le procedure favorendo operazioni in cui il pubblico interesse si perde nelle necessità dell’”equilibrio economico”
E’ possibile rilanciare lo Stadio Flaminio nel rispetto della conservazione dei suoi caratteri architettonici e della sostenibilità per gli abitanti?
Ne parliamo con
Ugo Carughi, esperto di tutela dei beni architettonici e Past President DO.CO.MO.MO Italia
Claudia Conforti, Ordinario di “Storia dell’architettura” alla Facoltà di Ingegneria di Roma Tor Vergata
Marco Nervi, Presidente e Elisabetta Margiotta Nervi, Segretario Generale della Fondazione Pier Luigi Nervi Project
Rita Paris, Presidente Associazione Bianchi Bandinelli,
Francesco Romeo, Dipartimento di Ingegneria strutturale e geotecnica, Sapienza Università di Roma, Project leader del Piano di Conservazione per lo Stadio Flaminio, realizzato con un finanziamento della Getty Foundation all’interno dell’iniziativa Keeping it Modern
Elio Rosati, Cittadinanzattiva Lazio
Giancarlo Storto, urbanista, vice presidente Carteiregola
Stefano Zuppello, VAS Verdi Ambiente Società
Coordina Anna Maria Bianchi, Presidente Carteinregola
27 novembre 2023 (ultima modifica 7 dicembre 2023)
scarica il The Stadio Flaminio in Rome by Pier Luigi and Antonio Nervi: An Interdisciplinary Conservation Plan 2020 594 pages PDF file size: 473.8 MB Download PDF (English)
[1] La Repubblica 20 novembre 2023 Flaminio, stavolta Lotito fa sul serio “Lo voglio, ma solo con 50 mila posti” di Riccardo Caponetti
[2] Lo Stadio Flaminio è stato dichiarato di interesse storico-artistico ai sensi dell’art. 10, co. 3, lett. d) del d.lgs.vo 22 gennaio 2004, n. 42 e ss.mm.ii. (decreto 27 settembre 2018).
Nel capo II del titolo IV, dopo l’articolo 55 è aggiunto il seguente: «Art. 55-bis. (Semplificazioni per interventi su impianti sportivi) – 1. All’articolo 62 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 giugno 2017, n. 96, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: “1-bis. Al fine di prevenire il consumo di suolo e di rendere maggiormente efficienti gli impianti sportivi destinati ad accogliere competizioni agonistiche di livello professionistico, nonché allo scopo di garantire l’adeguamento di tali impianti agli standard internazionali di sicurezza, salute e incolumità pubbliche, il soggetto che intenda realizzare gli interventi di cui al comma 1 può procedere anche in deroga agli articoli 10, 12, 13, 136 e 140 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e alle eventuali dichiarazioni di interesse culturale o pubblico già adottate, nel rispetto dei soli specifici elementi strutturali, architettonici o visuali di cui sia strettamente necessaria a fini testimoniali la conservazione o la riproduzione anche in forme e dimensioni diverse da quella originaria. L’individuazione di tali elementi, qualora presenti, è rimessa al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, il quale ne indica modalità e forme di conservazione, anche distaccata dal nuovo impianto sportivo, mediante interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia volti alla migliore fruibilità dell’impianto medesimo. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato entro il termine di novanta giorni dalla richiesta del proprietario o del concessionario dell’impianto sportivo, prorogabile una sola volta di ulteriori trenta giorni per l’acquisizione di documenti che non siano già in possesso della sovrintendenza territorialmente competente e che siano necessari all’istruttoria. Decorso tale termine senza che il Ministero abbia completato la verifica, il vincolo di tutela artistica, storica e culturale ricadente sull’impianto sportivo viene meno e cessano gli effetti delle dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate. 1-ter. Nell’adozione del provvedimento di cui al comma 1-bis, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo tiene conto che l’esigenza di preservare il valore testimoniale dell’impianto è recessiva rispetto all’esigenza di garantire la funzionalità dell’impianto medesimo ai fini della sicurezza, della salute e della incolumità pubbliche, nonché dell’adeguamento agli standard internazionali e della sostenibilità economico-finanziaria dell’impianto. La predetta esigenza prevalente rileva anche ai fini delle valutazioni di impatto ambientale e di compatibilità paesaggistica dell’intervento”».
il 28 febbraio 2021 DECRETO LEGISLATIVO 28 febbraio 2021, n. 38 Attuazione dell’articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi. (21G00045) (GU Serie Generale n.68 del 19-03-2021) note: Entrata in vigore del provvedimento: 03/04/2021 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/03/19/21G00045/sg (nel provvedimento sono sempre escluse edificazioni residenziali) (> vai aLa legge per la costruzione di impianti sportivi2021) NOTA: La data di entrata in vigore del decreto, inizialmente il 3 aprile 2021, è stata modificata ad opera della L. 23 luglio 2021 n. 106, di conversione del D.L. 25 maggio 2021, n. 73. L. 23 luglio 2021, n. 106, al 1° gennaio 2023(> vai alla pagina);
Il Piano di conservazione dello Stadio Flaminio a Roma (Pier Luigi e Antonio Nervi, 1956-59) è stato pubblicato dalla Getty Foundation sul sito del programma Keeping It Modern, volto a finanziare protocolli mirati alla conservazione del patrimonio del XX secolo oggi a rischio; dal 2014 al 2020, sono stati finanziati 77 piani di conservazione di alcune tra le più importanti architetture del patrimonio mondiale del secolo scorso.
Il Piano si propone di orientare la sua riqualificazione fornendo gli strumenti conoscitivi necessari a una gestione dei cambiamenti rispettosa dei caratteri originari. Finanziato nel 2017 e coordinato da Francesco Romeo del Dipartimento di Ingegneria strutturale e geotecnica, il Piano è stato sviluppato in collaborazione con i Dipartimenti di Architettura e progetto e di Storia disegno e restauro dell’architettura della Sapienza, con la Pier Luigi Nervi Project Association e con Do.Co.Mo.Mo. Italia. L’iter della ricerca si è concluso nel 2020 con la consegna del piano alla Getty Foundation e la sua presentazione da parte del Sindaco di Roma nella conferenza stampa del 27 ottobre 2020.
In accordo con l’approccio proposto dall’ICOMOS ISC20C, la programmazione degli interventi di conservazione dello Stadio si è articolata in tre macro-fasi: il riconoscimento del portato valoriale dell’opera, l’analisi dello stato di fatto e delle trasformazioni occorse nel tempo e la definizione e attuazione delle politiche di conservazione. Lo sviluppo organico di tali fasi ha richiesto sinergie multidisciplinari in grado di analizzare gli aspetti materiali e immateriali che concorrono a definire le specificità dell’opera.
Nato per le Olimpiadi di Roma del 1960, a seguito di un appalto concorso, e inaugurato nel marzo del 1959, lo Stadio, oggi dismesso, rappresenta un’architettura fortemente connotata dall’uso estensivo del cemento armato e ospita, oltre al campo da gioco centrale e agli spalti, quattro palestre e una piscina, concepiti per poter funzionare in modo indipendente.
Sulla base della documentazione di archivio sono stati indagati la storia del contesto urbano, le fasi di costruzione e gli aspetti architettonici, strutturali e impiantistici del progetto originario. Particolare attenzione è stata posta all’analisi dello stato dell’organismo strutturale rispetto sia alle azioni statiche che sismiche, indicando possibili strategie di soluzione delle criticità riscontrate. Sono state identificate le trasformazioni succedutesi nel tempo ed è stata condotta l’analisi del degrado e una campagna di acquisizione massiva di dati geospaziali, utili a completare la conoscenza materica dello Stadio nella sua configurazione attuale. Il Piano di Conservazione interpreta lo Stadio come nodo di relazioni urbane complesse che interessano il paesaggio, la mobilità, l’archeologia e la coerenza delle funzioni urbane; le linee guida e le raccomandazioni che concludono il Piano delineano una strategia organica di conservazione nella quale è indicata la tolleranza al cambiamento delle singole parti di cui lo Stadio si compone.