Ci sono poche cose che fanno orrore quanto la corruzione nella sanità pubblica e privata. Il problema esiste a livello globale, ma in Italia – come riportato da Ocse e studio Gimbeo a inizio di quest’anno – vengono dispersi oltre 13 miliardi di euro relativi a frodi, abusi, acquisti a costi eccessivi e inaduatezze in questo settore.
La corruzione ha degli impatti specifici sul nostro sistema sanitario, dal rallentamento delle liste d’attesa alla scarsa qualità dei servizi offerti per via degli appalti pubblici truccati: il nostro Servizio Sanitario Nazionale è particolarmente appetibile perché oggetto di un giro d’affari molto ampio, che sfiora i 115 miliardi di euro, come evidenziato anche da Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC.
E proprio dall’ANAC è arrivata la notizia che sono finalmente partiti i monitoraggi sul campo in ambito sanitario, per verificare che i protocolli anticorruzione adottati nelle aziende sanitarie siano effettivamente rispettati, con un focus particolare sulle aree a più elevato rischio come i contratti pubblici, gli incarichi e le nomine, i rapporti con i soggetti privati e le liste di attesa.
Alla luce di tutto questo abbiamo deciso di dedicare un piccolo approfondimento ai casi più osceni del 2017, avendo davvero l’imbarazzo della scelta. Per farsi un’idea, sono rimasti fuori dalla rassegna casi come quello di Perugia, una storia che vede protagonisti medici che si sono chiesti le tangenti a vicenda per mantenere il posto di lavoro, oppure la vicenda dell’ortopedico dell’ospedale Pini di Milano, un uomo che ha rotto le ossa ai pazienti pur di poter impiantare nuove protesi. Ne esce davvero un quadro disperato della sanità italiana – che pure per tanti altri versi si distingue come una delle migliori al mondo – ma soprattutto della salute, il bene più prezioso che abbiamo e anche quello su cui le persone senza scrupoli stanno cercando di guadagnare il più possibile.
In attesa che il monitoraggio dell’ANAC e i controlli diano i risultati sperati, ecco un veloce riassunto di quanto successo negli ospedali italiani nel 2017.
La cricca delle tangenti al Cardarelli
Il podio tra i casi dei casi non poteva che andare allo scandalo del Cardarelli di Napoli, un ospedale che è già stato più volte nell’occhio del ciclone per episodi di malasanità. Ma questa volta la storia è ancora più grossa. Al centro dell’indagine c’è Alfredo Romeo, imprenditore napoletano accusato di aver allungato tangenti a mezza Napoli (e non solo) per ottenere appalti pubblici negli ospedali. L’indagine, partita da un’inchiesta sui legami tra le sue aziende e la camorra – per non farci mancare nulla – ha portato all’arresto di 16 persone, tra cui il direttore generale del Cardarelli Ciro Vertoliva. Vertoliva al momento è tornato al suo posto ma l’inchiesta prosegue e le nuove intercettazioni sembrerebbero dimostrare inadempienze e malasanità nella gestione delle pulizie ospedaliere. Come se non bastasse, dopo camorra e corruzione, l’inchiesta è intrecciata con il caso Consip, un’inchiesta in due filoni che vede protagonisti, tra gli altri, proprio Alfredo Romeo (a processo a Roma), Tiziano Renzi e il Ministro dello sport Luca Lotti, tutti coinvolti a vario titolo in una vicenda che tocca la gestione degli appalti pubblici su scala nazionale.
Una brutta storia di protesi a Monza
Dopo gli appalti, le protesi. Secondo la procura di Monza infatti, 14 chirurghi del Policlinico di Monza avrebbero favorito la Ceraver Italia Srl comprando protesi di questa marca – pur sapendo che si trattava di prodotti di qualità inferiore rispetto ad altri – e aumentando il numero degli interventi con la complicità di medici di base e manager. In cambio hanno ricevuto denaro, regali, viaggi, vacanze, assunzioni e cene di lusso, il tutto “anche a discapito della salute pubblica”, come denunciato dai PM. Sono accusati di corruzione e associazione a delinquere, in uno schema che prevedeva anche il reclutamento di pazienti fuori regione per ottenere dei rimborsi pubblici maggiori. Per avere un’idea dell’estensione della truffa basta guardare i numeri: la percentuale di pazienti esterni a Monza sarebbe lievitata al 24,5 per cento, contro il 4 per cento del Fatebenefratelli o il 9 per cento del Niguarda di Milano. L’inchiesta ha avuto inizio grazie alla denuncia di un dipendente dell’ospedale, il cardiologo Flavio Acquistapace, che il 22 novembre 2012 ha presentato un esposto in procura in cui denunciava “una gestione condotta in dispregio delle esigenze terapeutiche dei pazienti”.
Il cartello di Caserta
Una “criminalità da profitto”, così è stato definito il cartello di Caserta, composto da aziende leader nel settore della gestione di strutture ospedaliere. Attraverso la creazione di una rete criminale, dirigenti e funzionari della direzione sanitaria dell’ospedale “S. Anna e S. Sebastiano” di Caserta avevano messo in atto un sistema in grado di bloccare prezzi e spese, a discapito però di qualità e standard accettabili e impedendo così il libero mercato e la gestione ottimale di appalti come quelli per la ristorazione e il trattamento dei rifiuti ospedalieri speciali. “È stata scoperta l’esistenza di un cartello di aziende che mettevano in atto un’opera di concorrenza sleale – ha detto il capo della Dia napoletana, Giuseppe Linares – una vera e proprio lobby sanitaria. Anche in questo caso non si può parlare di un’associazione criminale di stampo mafioso, ma di sistemi criminali complessi che non si muovono nell’ottica di esercitare la violenza per condizionare il mercato, ma si muovono attraverso un vero e proprio sistema di sinergie corruttive”. Dulcis in fundo, tra gli arrestati c’è anche Carmine Iovine, cugino di Antonio, killer del clan dei Casalesi e oggi collaboratore di giustizia.
A Parma si sfruttava il dolore dei pazienti
Guido Fanelli si occupava di terapia del dolore, uno degli ambiti più delicati della salute, fase della malattia in cui spesso malato e familiari ripongono molte speranze e l’investimento emotivo è altissimo. Ma è un altro genere di investimento che ha portato il primario di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Parma ad architettare una vera e propria organizzazione per truffare il sistema sanitario e arricchirsi il più possibile. Grazie alla collaborazione di moglie, figli (tutti indagati) e medici e imprenditori operanti nel settore, il medico avrebbe realizzato profitti illeciti e ottenuto beni come lo yacht Pasimafi (che ha dato il nome all’inchiesta) da parte di case farmaceutiche per la produzione e la diffusione illecita di prodotti. Il tutto era stato realizzato creando società ad hoc per evadere il fisco e nascondere il malaffare, in uno schema criminale che sicuramente non insegnano sui banchi delle facoltà di medicina, ma in cui il professor Fanelli era molto, molto ferrato. E come se non bastasse, alcuni di questi farmaci venivano sperimentati senza autorizzazione su pazienti in attesa della terapia del dolore.
Anche in psichiatria la corruzione colpisce i più deboli
Anche la psichiatria non è immune da questi scandali. Ed è il caso di Aosta che ha mostrato chiaramente come, quando si tratta di corruzione e truffa, non ci siano limiti per i medici e gli operatori sanitari che intendono trarre vantaggi illeciti dal sistema sanitario. Questa volta la vicenda si è svolta negli ambulatori della Usl messi a disposizione di Marco Bonetti, psichiatra di 63 anni, accusato di violenza sessuale, truffa pluriaggravata, peculato e corruzione, a danno dei suoi pazienti. Grazie a una lunga indagine e all’installazione di telecamere nascoste la Guardia di Finanza ha scoperto che lo psichiatra consegnava certificati medici falsi in cambio di somme di denaro e, addirittura, aveva somministrato a un paziente senza alcuna necessità una terapia a base di morfina, rendendola dipendente dagli oppiacei. Il medico è stato rinviato a giudizio e ha chiesto il rito abbreviato.