fotomontaggio : lo slogan originale è “Non è politica, è Roma!”
Proponiamo, a margine della vicenda delle dimissioni di Marino, alcuni articoli che aprono una riflessione sulla trasparenza che dovrebbe caratterizzare uffici e figure pubbliche, e che invece è decisamente inapplicata. E che aprono anche vari interrogativi sui criteri con cui sono selezionate, approfondite e ripetute in maniera martellante le notizie dalle testate giornalistiche.
di Anna Maria Bianchi Missaglia
Una premessa: non appartiene a Carteinregola nessun ragionamento che si appelli allo “scagli la prima pietra” o alla “modica quantità”: se si rivelasse fondata l’ipotesi – a oggi tutta da dimostrare – che il Sindaco abbia usato soldi pubblici (anche pochi!) per spese personali, non ci sarebbero scuse.
E’ comunque certo che le dimissioni seguite allo “scontrini gate” non sono state una scelta di Marino, ma del Presidente del Consiglio Renzi, segretario del partito a cui Marino appartiene, che gli ha fatto prospettare la possibilità di essere dimissionato dalla sua stessa maggioranza in Campidoglio. Quindi una decisione imposta dall’alto, che non tiene in nessun conto il fatto che il Sindaco è stato eletto dai romani e che a loro deve rispondere, non al PD e tantomeno al Presidente Renzi.
Ma quello di cui voglio parlare è quanto il gesto – rivelatosi decisamente autolesionista – di Ignazio Marino di mettere on line, a disposizione di chiunque (e massimamente dei suoi agguerriti nemici) i suoi scontrini e le sue ricevute, riveli l’ipocrita “back stage” della celebrazione della Trasparenza da parte di una classe politica che da un lato lancia convegni, giornate, codici etici e proclami vari, dall’altro non la pratica affatto, soprattutto quando si tratta di mostrare “come vengono spesi i soldi” . Infatti scopriamo che, mentre periodicamente scoppiano scandali che rivelano un’infinita serie di acquisti improbabili a spese del contribuente, soprattutto sotto forma di rimborsi elettorali, dalle mutande di Cota (1) alla Bmw X5 del Batman, spaziando su pecore, spazzolini personalizzati, multe dell’autovelox (2) – sembra che nessun politico e amministratore con “licenza di spendere” soldi pubblici in occasioni ufficiali, renda altrettanto pubblici – spontaneamente – i conti.
Infatti ci racconta Il Fatto Quotidiano (3) che “i sindaci mettono online le spese di rappresentanza. Ma nessuno pubblica le copie di scontrini e fatture: ciascun primo cittadino ha il suo modo di applicare la normativa nazionale che impone a tutte le amministrazioni di rendere pubbliche le spese per le missioni dei titolari di cariche politiche, sia elettive che non. Qualche esempio: Palazzo Marino per le spese di missione di Giuliano Pisapia dà solo il dato aggregato: nel 2014 18.867 euro. A Palermo Leoluca Orlando fa l’elenco delle uscite ma non riporta destinazione e data dei viaggi”. L’articolo rivela che” le spese di rappresentanza sono rendicontate solo a fine anno. Senza fatture in allegato l’obbligo di rendicontare le spese di viaggio va di pari passo a quello di allegare al bilancio consuntivo l’elenco delle spese di rappresentanza dell’ente, come possono essere un pranzo con un ambasciatore straniero o il necrologio su un quotidiano. In questo caso i comuni hanno minore libertà di scelta, visto che un decreto ministeriale ha adottato uno schema tipo del prospetto da allegare, con una colonna per l’esborso, una per la descrizione dell’oggetto della spesa e una per l’occasione in cui la spesa è stata sostenuta. Tuttavia non c’è uno spazio dedicato ai fornitori o alla data dell’evento“.
E riprende il tema, ieri 11 ottobre, l’editoriale del direttore Marco Travaglio (4): il premier Matteo Renzi “nel quinquennio alla provincia (2004-2009) spese con la Visa dell’ente pubblico, cioè a carico dei contribuenti, la bellezza di 1 milione di euro, di cui 70 mila in tre anni per trasferte negli Stati Uniti (anche lui) e 600 mila in ristoranti, anche a botte di mille-duemila euro, per pranzi e cene giustificati (si fa per dire) con ricevute molto generiche e anche comiche: la scritta “pasto unico” sotto conti da 1.855, 1.300 e 1.050 euro è roba da Pantagruel” mentre “I dati sulle spese di Renzi sindaco (2009-2013) sono invece un mistero, almeno per i dettagli: la Corte dei conti li sta esaminando da un anno e mezzo“… Ecco, visto che anche la Corte dei Conti li sta esaminando, forse anche il Presidente del Consiglio dovrebbe mettere on line i suoi scontrini. Giusto per non essere da meno del Sindaco che ha appena dimissionato.
E mi aspetto che i giornalisti così zelanti nello scrutinio delle spese di Marino, tanto da arrivare a interrogare i camerieri dei ristoranti frequentati dal primo cittadino, si dedichino ora con la stessa dedizione alle spese degli altri Sindaci, Presidenti di Regione e magari anche Presidenti del Consiglio, nel corso dei vari incarici pubblici ricoperti. E magari, già che ci sono, andassero a ficcare il naso nei bilanci dei partiti e nei finanziamenti elettorali: solo pochi giorni fa è stata rilanciata la notizia che “il Collegio di controllo dei giudici contabili ha segnalato alcune anomalie nei fondi raccolti per la campagna del governatore democratico [Zingaretti NDR] per le regionali 2013 e la mancanza di documenti”. Finanziamenti che sono in parte pubblici, dato che – con buona pace dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – “lo Stato partecipa versando il 50% dei fondi erogati dai privati ai partiti, per un massimo di 10mila euro annui per ogni persona o ente erogante“. Cioè per ogni euro donato da un privato a un partito, lo stato regala 50 centesimi allo stesso partito.(5)
E quei giornalisti, già che ci sono, potrebbero provare a fare finalmente chiarezza sul bilancio della Capitale, che ha accumulato nei decenni un debito monstre che obbliga i romani a pagare le tasse più alte d’Italia (fino ai figli dei figli), debito di cui non solo non si trovano traccia e spiegazioni in luoghi accessibili e in linguaggi comprensibili, ma che a oggi non è stato certificato con nessun dato univoco e condiviso, sia sull’ammontare (6), sia sulle responsabilità. Due giorni fa il Sole 24 ore ha finalmente provato a dare qualche numero e qualche data (7), subito rettificati dall’ex Sindaco Rutelli in persona a poche ore di distanza (8). Eppure i romani avrebbero il sacrosanto diritto di sapere chi ha speso e per cosa tutti questi soldi che li costringono a fare una vita infernale, con bus che non funzionano, patrimonio pubblico lasciato marcire, l’assistenza ai più deboli ridotta a lumicino, interi pezzi di città abbandonati a se stessi.
Su tutto questo forse i cittadini sarebbero contenti di saperne di più e che i giornali dedicassero un po’ più di un saltuario trafiletto. Oltre – naturalmente – ai quotidiani aggiornamenti su quale vino Marino ha ordinato e con chi l’ha bevuto.
Anna Maria Bianchi Missaglia annaemmmebi@gmail.com
(4) Il Fatto quotidiano 11 otttobre 2015 Marco Travaglio: “Il Reticente del Consiglio”ubblicato su da infosannio1 Ahiahiahi, signor Renzi, lei mi cade sulle cene! L’altro giorno, quando il premier & C. hanno preteso le dimissioni del sindaco Marino per aver mentito su qualche cena da poche centinaia di euro ciascuna, avevamo come il sospetto che la scelta di alzare improvvisamente l’asticella dell’etica pubblica si sarebbe rivelata un boomerang, o almeno un pericoloso precedente per molti. Infatti. Il nostroDavide Vecchi è andato a controllare quanto spendeva Renzi in cene “di rappresentanza” da presidente della Provincia e poi da sindaco di Firenze. E ha scoperto che, al confronto, Marino è un dilettante col braccino corto (> leggi l’articolo)
Roma, debito monstre e poco trasparente Rutelli record, poi Alemanno e Veltroni
di Gianni Dragoni
Lo pagheremo almeno fino al 2048. Pagando più tasse e addizionali ancora per 33 anni. È una delle poche certezze sul debito del Comune di Roma. Un debito mostruoso. Ogni anno si mangia almeno 600 milioni di euro di soldi pubblici. Questa è la spesa effettiva per pagare gli interessi, stando ai documenti pubblici. Documenti da prendere con cautela, perché ogni anno spuntano nuovi debiti «fuori bilancio» per decine o centinaia di milioni, come annotano nelle relazioni annuali i componenti dell’Organismo di revisione economico-finanziaria sul rendiconto del Comune, Sergio Conti, Giuseppe Gismondi e Massimo Zaccardelli (> leggi l’articolo)
(8) Il Sole24 ore 12 ottobre 2015
Rutelli: così mettemmo sotto controllo il maxi debito ricevuto in eredità
Caro Direttore,
posso comprendere che la confusione dei dati – e la carenza di dati storici omogenei – abbia indotto Gianni Dragoni (Il Sole, 11 ottobre ) a cercare di “ricostruire” la storia del debito del Comune di Roma su basi solo giornalistiche, come egli stesso ha scritto. Ma la sintesi – con il titolo, e le tabelle – rende un’idea decisamente sbagliata sull’operato della mia Amministrazione (dicembre 1993-gennaio 2001), che è necessario correggere, anche alla luce del difficile dibattito, spesso portato avanti da improvvisatori, sul governo della Capitale.(> leggi la lettera )
A palazzo Senatorio l’hanno già ribattezzata “operazione verità”. Perché il disastro finanziario che ha costretto l’amministrazione Marino a chiedere aiuto al governo non è orfano, ma ha un nome e un cognome preciso: Gianni Alemanno. Al quale, d’ora in avanti, verrà attribuita la paternità del buco rattoppato col Salva Roma.
A certificarlo non è un report di parte, magari di qualche consulente amico, bensì i consuntivi del Comune pubblicati sul sito del ministero dell’Interno guidato da Alfano, non esattamente un nemico giurato dell’ex sindaco. Conti economici dai quali si evince che nei cinque anni di centrodestra la spesa corrente è lievitata di quasi un miliardo e 200 milioni: nel 2007, ultimo anno della giunta Veltroni, ammontava a 3,7 miliardi (3,2 miliardi scritti sul consuntivo, a cui vanno sommati i 485 milioni del contratto di servizio di Ama allora fuori bilancio); nel 2012, ultimo anno pieno di Alemanno, è schizzata invece a 4,893 miliardi. La causa principale del deficit ereditato da Marino.
“Il trend consolidato delle spese in crescita dovuto soprattutto ai contratti di servizio e all’acquisto di beni e servizi, abbinato sia alla drastica riduzione dei trasferimenti statali e regionali (con i 270 milioni di contributo storico per il Tpl romano azzerato dalla governatrice Polverini nel bilancio 2013) sia alla flessione delle entrate tributarie per effetto della crisi e forse anche di una certa inerzia amministrativa, ha prodotto un disavanzo strutturale che oggi viaggia tra gli 800 e i 1.200 milioni” spiega Marco Causi, ex assessore al Bilancio, ora deputato del Pd. Inerzia amministrativa fotografata alla voce “diritti sulle pubbliche affissioni”: nel 2007, per cartelloni e manifesti, il Campidoglio incassava 750mila euro; nel 2012 quasi un terzo di meno, 279.539 euro.
La gestione Alemanno è stata un progressivo scivolare nel baratro. Dal 2008 al 2010 le spese del personale aumentano di 10 milioni il primo anno, 56 il secondo e 51 il terzo. Gli oneri finanziari esplodono: 5 milioni, 162 e 164. Nell’arco del primo triennio, dunque, le entrate diminuiscono di 148,9 milioni mentre le uscite aumentano di 488. Il buco quindi è di 636 milioni. I conti non tornano. E il sindaco lo sa. Ma se ne infischia. La situazione si fa veramente grave quando anche lo Stato taglia i “rifornimenti”. Nel 2011 vengono decurtati trasferimenti per circa 154 milioni; 107 nel 2012 e 194 nel 2013. Nel 2012 la Regione riduce i contributi al trasporto pubblico da 305 a 188 milioni, poi azzerati nel 2013. La liquidità crolla. Il Fondo cassa del Campidoglio passa da 1 miliardo (1° gennaio 2009) a 268,5 milioni (31 dicembre 2011). A fine 2012 arriva l’Imu e
il fondo cassa risale a 727 milioni. Ma è una liquidità momentanea, mangiata nel corso del 2013. I numeri non tornano: l’amministrazione continua a fare deficit, e il deficit finisce per alimentare il debito. Un miliardo quello lasciato da Alemanno, secondo l’agenzia di rating Fitch.
ARTICOLI SU VICENDA MARINO
Micromega 9 ottobre 2015 Salvate il soldato Marinodi Angelo d’Orsi
Un caso di banditismo politico unito a uno straordinario esempio di insipienza politica: ecco il “caso Marino”. Sarà da scrivere, con calma e sulla base di informazioni certe, la vicenda a suo modo esemplare di questo chirurgo tentato dalla politica, paracadutato nella capitale, prima come senatore della Repubblica (imposto, chissà perché, in Piemonte), quindi, a mandato in corso, come primo cittadino della capitale. Una parte del PD lo sostenne, contro l’altra parte, quella che stava prendendo però il potere guidato dal disinvolto Matteo, ormai in fase di irresistibile ascesa (> leggi l’articolo).