Sentenza del T.A.R. su McDrive a Caracalla con riferimenti e note di Carteinregola
Autore : Redazione
AGGIORNAMENTO 30 dicembre 2020: Il Consiglio di Stato ha confermato le tesi dell’associazione dei consumatori con una sentenza in cui si legge: «L’area in cui si trova l’immobile è tutelata dal PTP n. 15/12, art 134, comma 1, lett c), Valle della Caffarella, Appia antica ed Acquedotti, inclusa nel Centro Storico tutelato come sito Unesco, in area attigua alle Terme di Caracalla, per la quale le Norme tecniche di attuazione (art 46) prevedono espressamente l’obbligatorietà del procedimento di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del Codice. Le parti appellanti evocano la preminenza della disciplina del PTPR sulla scorta, in primis, dell’art. 7, comma 5, delle norme di attuazione della delibera di adozione dello stesso PTPR regionale (n. 556 del 25 luglio 2007), il quale statuisce che, per la parte del territorio interessato dai beni paesaggistici individuati ai sensi dell’articolo 134, co. 1, lett. c), del Codice Urbani si applica, a decorrere dalla adozione, esclusivamente la disciplina di tutela del PTPR, che non prevede il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Tuttavia tale conclusione si scontra sia con il dato letterale del PTPR, sia con le altre risultanze degli atti, correttamente intese. […] » (leggi l’articolo)
(17 dicembre 2021) In vista dell’imminente pronuncia del Consiglio di Stato sul ricorso promosso dalle società interessate a trasformare alcuni edifici al servizio di un vivaio a pochi metri dalle Terme di Caracalla in un Mc Drive della Mc Donald’s avverso la sentenza del TAR del 2020, pubblichiamo tale sentenza (con evidenziazioni e riferimenti normativi in nota inseriti da Carteinregola) come primo materiale per un approfondimento della vicenda, su cui a breve pubblicheremo alcune riflessioni specifiche e generali. (Leggi tutto l’articolo)
Con evidenziazioni, riferimenti e note di Carteinregola
17 dicembre 2021
N. 05757/2020 REG.PROV.COLL. N. 10732/2019 REG.RIC. N. 10738/2019 REG.RIC. Pubblicato il 29/05/2020 REPUBBLICA ITALIANA
sul ricorso numero di registro generale 10732 del 2019, proposto da Immobilflora S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ….;
contro
Ministero dei Beni e delle Attivita` Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Regione Lazio, non costituita in giudizio; Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …;
sul ricorso numero di registro generale 10738 del 2019, proposto da McDonald’s Development Italy Llc, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati …
contro
Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Regione Lazio, non costituita in giudizio; Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato;
e con l’intervento di
ad opponendum: Codacons, Associazione Articolo 32-97,
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 10732 del 2019: [Data deposito 09/08/2019 NDR]
del provvedimento del Direttore Generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del 30.07.2019, notificato in data 05.08.2019, (prot. n. 21238) recante in oggetto “Roma, Municipio I. Progetto di riqualificazione e risanamento ambientale di un’area sita in via guido Baccelli n. 85 (NCEU: foglio 520, partt. 25, 28, 29, 40, 41, 42, 68, 69; richiedente: SC …). Annullamento del parere della Soprintendenza speciale Archeologica, belle arti e paesaggio di Roma prot. n. 15395 del 24 luglio 2018 e contestuale avocazione del procedimento di valutazione dell’intervento a farsi, anche ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 [1], nonche ́ della complessiva attività di tutela concernente detta area” (doc. 1 – Provvedimento di annullamento Direzione Generale A.B.A.P. del 30.07.2019);
del provvedimento del medesimo Direttore Generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, del 31.07.2019, (prot. n. 21509), notificato in pari data, con il quale è stata ordinata la “sospensione dei lavori ai sensi dell’articolo 150, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2014[2], adottato in esercizio del potere di cui all’art. 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 165/2001[3] e dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/2016[4]” relativamente alla medesima area (doc. 2 – Provvedimento di sospensione Direzione Generale A.B.A.P. del 30.07.2019);
di ogni altro atto o provvedimento anteriore, preordinato, connesso e consequenziale, ancorche ́ non conosciuto e, in particolare, per quanto occorrer possa: della Comunicazione di avvio del procedimento di annullamento del Comune di Roma Capitale del 02.08.2019 (prot. n. 130509) relativa al procedimento di richiesta di autorizzazione paesaggistica prot. n. QI/34899 del 28.02.2018 (doc. 3 – Comunicazione avvio del procedimento di annullamento del Dipartimento P.A.U. prot. n. 130509 del 02.08.2019);
dell’art. 40 delle NTA del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed acquedotti”[5] approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 70/2010; dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/2016 4, ove inteso nel senso di attribuire al Direttore Generale della Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio il potere di annullamento degli atti ritenuti illegittimi dei Soprintendenti;
nonché, quanto al ricorso n. 10738 del 2019: [Data deposito 09/08/2019 NDR]
del provvedimento del Direttore Generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del 30.07.2019, notificato in data 05.08.2019, (prot. n. 21238) recante in oggetto “Roma, Municipio I. Progetto di riqualificazione e risanamento ambientale di un’area sita in via Guido Baccelli n. 85 (NCEU: foglio 520, partt. 25, 28, 29, 40, 41, 42, 68, 69; richiedente: …SC). Annullamento del parere della Soprintendenza speciale Archeologica, belle arti e paesaggio di Roma prot. n. 15395 del 24 luglio 2018 e contestuale avocazione del procedimento di valutazione dell’intervento a farsi, anche ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, nonché della complessiva attività di tutela concernente detta area”;
del provvedimento del medesimo Direttore Generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, del 31.07.2019, (prot. n. 21509), notificato in pari data, con il quale è stata ordinata la “sospensione dei lavori ai sensi dell’articolo 150, comma 1, del D.Lgs. n. 42/20142, adottato in esercizio del potere di cui all’art. 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 165/20013 e dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/20164” relativamente alla medesima area;
di ogni altro atto o provvedimento anteriore, preordinato, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto e, in particolare, per quanto occorrer possa:
della Comunicazione di avvio del procedimento di annullamento del Comune di Roma Capitale del 02.08.2019 (prot. n. 130509) relativa al procedimento di richiesta di autorizzazione paesaggistica prot. n. QI/34899 del 28.02.2018;
dell’art. 40 delle NTA del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed acquedotti” approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. 70/20105; dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/20164, ove inteso nel senso di attribuire al Direttore Generale della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio il potere di annullamento degli atti ritenuti illegittimi dei Soprintendenti.
Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali; Visto l’atto di intervento ad opponendum di Codacons; Visti tutti gli atti della causa; Vista la richiesta congiunta delle parti di trattenere in decisione le cause ai sensi dell’art. 84 CPA[6]; Relatore la dott.ssa F. R. alla Camera di Consiglio del 7.4.2020 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84 DL 18/2020, conv. in L. n. 27/2020;
FATTO Con ricorso n. 10732/2019 la società ricorrente premette di essere proprietaria di un compendio immobiliare sito in Roma, Via Guido Baccelli n. 85 costituto da vari fabbricati contraddistinti in N.C.E.U. del Comune di Roma al foglio 520, particelle nn. 28, 29, 40, 41, 42, 68, 69 e di aver concluso con la società Mc Donald’s Italia un contratto preliminare di locazione finalizzata alla conduzione di un pubblico esercizio di ristorazione (tipologia “fast food con modalità drive thru”) in un edificio inserito all’interno del compendio (distinto al foglio 520, particelle nn. 29 e 42) per cui erano stati avviati dei lavori di riadattamento dell’immobile, ottenendo diversi nulla osta e parere favorevoli ritenuti sufficienti alla realizzazione dell’intervento. Con il predetto ricorso vengono impugnati il provvedimento del 30.07.2019 con cui la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ha disposto l’annullamento del parere favorevole all’intervento già espresso dalla competente Soprintendenza, nonché l’ordine di sospensione dei lavori in parola, disposto in data 31.7.2019 dalla medesima Direzione Generale che ha condizionato la ripresa dei lavori al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 Cod BBCC.
Con ricorso n. 10738/2019 la società Mc Donald’s Italia, affittuaria dell’immobile in parola, impugna i medesimi provvedimenti, ribadendo la ricostruzione dei fatti operata dalla proprietaria dell’immobile con il ricorso soprarichiamato e deducendo gli stessi motivi di censura posti a fondamento del gravame. Nella parte in fatto le ricorrenti premettono che l’immobile in contestazione, originariamente realizzato in virtù di una licenza edilizia del 24.02.1970 (per la costruzione di una serra), successivamente era stato oggetto di interventi di ampliamento e cambio di destinazione d’uso abusivamente realizzati, per i quali erano stati rilasciati titoli abilitativi in sanatoria ai sensi della Legge n. 47/1985[7]. Attualmente l’immobile è composto da una porzione di 453,00 mq, con destinazione d’uso commerciale, una porzione di 104,00 mq, con destinazione d’uso ufficio, una porzione di 165,00 mq, adibita a serra, e che esso è attualmente destinato ad attività florovivaistica, esercitata dalla proprietaria.
Le ricorrenti precisano, ancora, che l’immobile ricade in area classificata nell’ambito “Paesaggio dei Centri e Nuclei Storici con relativa fascia di rispetto di 150 m” nella Tavola A del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25.07.2007 e n. 1025 del 21.12.2007), non rientra tra i “Beni Paesaggistici” elencati nella Tavola D del PTPR, bensì tra quelli individuati ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 [8], essendo ricompreso tra gli “Insediamenti urbani storici e territori contermini compresi in una fascia di profondità di 150 m – (Tavola B) disciplinato dall’art. 43 delle norme del PTPR) i Beni iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO (riportati alla Tavola C),
Le ricorrenti precisano che i lavori in contestazione consistono in un “intervento di restauro conservativo, con cambio d’uso, da commerciale/servizi (uffici) a pubblico esercizio dell’edificio”,finalizzato ad adeguare l’edificio all’attività di fast food, secondo un progetto di “riqualificazione e la riconfigurazione funzionale dell’immobile e generale risanamento ambientale dell’area di intervento limitrofa” sul quale s’erano pronunciate favorevolmente le seguenti Amministrazioni: la Regione Lazio con nota prot. n. 575669 del 24.12.2015; la Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica di Roma (da qui S.S.C.A.A.r.R.) con nota prot. n. 2064 del 06.02.2017; la Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali (da qui Soprintendenza Capitolina) con nota prot. n. 22245 del 17.08.2017; il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – U.O. Permessi di Costruire – Ufficio Autorizzazioni Paesaggistiche del Comune di Roma (da qui Dipartimento P.A.U.) con nota prot. 34899 del 28.2.2018; la Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma (da qui S.A.B.A.P.) con nota prot. n. 15395 del 24.07.2018.
In data 15.2.2019 le società ricorrenti hanno concluso il contratto definitivo di locazione dell’immobile, ritenuto adatto all’attività di ristorazione in parola una volta realizzato l’intervento, ritenuto approvato a seguito del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla “SCIA alternativa al permesso di costruire” prot. n. 206704 del 31.10.2018, con conseguente perfezionamento del titolo abilitativo in data 1.12.2018 per decorso il termine di 30 giorni di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 380/2001.
Dopo aver presentato una SCIA in variante prot. n. 93645, in data 8.5.2019 veniva dato avvio ai lavori in parola, che venivano fatti oggetto di proteste ed esposti da parte di cittadini ed associazioni che sollecitavano l’intervento repressivo del Ministero. Secondo le ricorrenti è solo per placare tali proteste che il Direttore Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio avrebbe adottato i provvedimenti impugnati con cui ha disposto l’immediata sospensione dei lavori, ha avocato il potere di provvedere, disponendo l’annullamento d’ufficio del parere favorevole precedentemente reso dalla Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma con nota prot. n. 15395 del 24 luglio 2018 e diffidato a non riprendere i lavori fino al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica prescritta dall’art. 146 del Codice Beni Culturali, ed ha altresì sollecitato il Comune a provvedere alle relative valutazioni, comunicandone le risultanze al predetto Direttore Generale.
Deducono, pertanto: con riferimento all’esercizio del potere di avocazione e sostituzione esercitato dal Direttore Generale: 1) “Nullità per difetto di attribuzione e carenza di potere. Incompetenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 ss.mm.ii. Violazione del principio di legalità e di gerarchia delle fonti del diritto. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 165/2001 e dell’art 2 del D.M. n. 44/2016. Difetto di motivazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 241/1990 e ss.mm.ii. Esercizio arbitrario del potere. In subordine violazione da parte dell’art. 2 del D.M. n. 44/2016 dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 ss.mm.ii, degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 165/2001, dell’art. 16 del D.L. n. 66/2014, convertito con L. n. 89/2014, dell’art. 1, comma 327, della legge n. 208/2015, dell’art. 97 Cost., nonché del principio di legalità e di gerarchia delle fonti del diritto.”
[I motivo] Con il primo motivo le ricorrenti eccepiscono innanzitutto l’incompetenza del Direttore Generale, sostenendo che esso non avrebbe alcun potere di annullare il parere reso dal Soprintendente e di avocare a sé una procedura autorizzativa già definitivamente conclusain senso favorevole agli interessati. Secondo le ricorrenti il Direttore Generale non può ritenersi investito dei poteri di cui all’art. 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 165/20013e all’art. 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. n. 44/20164. Né potrebbe far ricorso al potere di annullamento in autotutela previsto dall’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 che spetta solo dall’organo che ha emanato l’atto in parola “ovvero da altro organo previsto dalla legge” (ipotesi eccezionale che, appunto, nel caso in esame, non ricorre dato che l’art. 16, co. 1, lett. e), del d.lgs. n. 165/20013 attribuisce al Direttore Generale un potere sostitutivo in caso di inerzia dei dirigenti, evenienza non verificatasi nella fattispecie, in cui, al contrario, tutte le autorità competenti s’erano pronunciate, peraltro in senso favorevole). Escludono inoltre che il potere esercitato dal Direttore Generale possa trovare adeguato fondamento nell’’art. 2 del D.M. n. 44/20164, trattandosi di un decreto ministeriale di natura non regolamentare – che si limita a conferire al Direttore generale “poteri di indirizzo, coordinamento, controllo”, ma senza alcuna posizione di supremazia gerarchica né poteri di annullamento d’ufficio degli atti delle autorità “sotto-ordinate” –che non può alterare l’assetto delle competenze sancito dagli artt. 16 e 17 D.Lgs. n. 165/013 – confermato anche in sede di riorganizzazione del MiBAC (art. 1, comma 327, della L. 208/2015, c.d. “legge di stabilità 2016”) – che riconosce ai dirigenti di seconda fascia una sfera di autonomia rispetto ai dirigenti superiori e competenze proprie. Le ricorrenti ritengono che il predetto art. 2, ove prevede un potere di avocazione nei circoscritti casi di “necessità e urgenza”, e previa informativa al Segretario generale, ha carattere eccezionale e derogatorio, per cui non può essere interpretato estensivamente fino a farvi rientrare anche il potere di annullamento d’ufficio, pertanto ne chiedono l’annullamento ove interpretato in tal senso. In ogni caso eccepiscono che non sussistono neppure i presupposti di necessità ed urgenza per l’esercizio di tale potere, prospettando lo sviamento di potere, ritenendo che “il Ministero abbia improvvisamente riscontrato la massima urgenza alla luce della deriva mediatica che non gradisce la realizzazione in sito di un ristorante McDonald’s. Si badi bene che il marchio, e non la tipologia del servizio, ha suscitato la deriva di cui trattasi”; con riferimento al provvedimento di sospensione del Direttore Generale prot. n. 21509 del 21.07.2019: 2) “Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 146 del D.Lgs. n. 42/2004; violazione e falsa applicazione dell’art. 134, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004; violazione e falsa applicazione degli artt. 150 e 160 del D.Lgs. n. 42/2004; violazione e falsa applicazione dell’art. 40 delle NTA del PTP 15/12; violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 1, lett. c) e 7, commi 1 e 5, delle norme del PTPR; omessa applicazione dell’art. 43, comma 15, delle norme del PTPR; violazione dell’art. 24 delle NTA del PRG di Roma e del Protocollo di Intesa tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comune di Roma prot. n. 57701 del 08.09.2009; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge n. 240/1999 e ss.mm.ii.. Violazione della Circolare del Dipartimento Territorio della Regione Lazio prot. n. 94875 del 19.06.2009. Eccesso di potere per: grave difetto di presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria. Grave sviamento di potere. Arbitrarietà. Falsità. Violazione dei principi di certezza del diritto. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.
[II motivo] Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano l’illegittimità del provvedimento di “sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 150 comma 1 del D.Lgs n. 42/2004[9]” prot. n. 21509 del 31.07.2019, innanzitutto denunciandone “la contraddittorietà intrinseca” ritenendo che il provvedimento inibitorio sarebbe stato “assunto non già sulla base di un vincolo di tutela presupposto, ma sulla base di un vincolo che – in eventualità – deve essere ancora apposto”. A tale riguardo ricordano che i provvedimenti cautelari assunti ai sensi dell’art. 150 del D.Lgs. n. 42/20042 perdono la loro efficacia se entro novanta giorni non sia avviato il procedimento per vincolare l’area. Inoltre sostengono che il Direttore Generale non avrebbe individuato correttamente la normativa applicabile, in quanto avrebbe adottato la misura cautelare tenendo conto unicamente delle previsioni del PTP – che include l’area di intervento all’interno delle tutele orientate con TOc.3,[tutela orientata al ripristino e alla valorizzazione dei sistemi storico archeologici NDR] in attuazione dell’art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004[10] e ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 – senza tener conto della prevalenza delle previsioni del PTPR adottato (ai sensi dell’art. 7, comma 5, delle norme del PTPR). Quest’ultimo per l’area nella Città storica del PRG di Roma e, quindi, nell’Area del Patrimonio UNESCO, prevede una “disciplina speciale”, all’art. 43 comma 15 stabilendo che “Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all’art.134 comma 1 lettera a) del Codice, per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (..) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla Convenzione UNESCO”. Siccome il PTPR per tali aree “rimanda esclusivamente alle disposizioni di tutela recate dal Piano Generale di gestione UNESCO” e detto piano non è stato ancora approvato[in realtà era stato approvato dal Commissario Tronca con delibera 62/2016 NDR ],non era necessario richiedere l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146, comma 5, del D.Lgs. n. 42/2004, essendo sufficiente acquisire il parere consultivo della Soprintendenza prescritto dall’art. 24 delle NTA del PRG[11]. Secondo le ricorrenti, nelle more dell’adozione del Piano di Gestione per la tutela e valorizzazione del sito UNESCO, trova applicazione la disciplina sui “Progetti relativi ad immobili non vincolati ai sensi del D.L.N. 42/2004 ricadenti nella parte di Città Storica dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità” contenuta nel Protocollo di intesa prot. n. 57701 del 8.09.2009, che al punto C prevede che “i progetti relativi a tali immobili ove riguardino invece interventi di categoria MS, RC devono essere obbligatoriamente sottoposti al parere consultivo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, solo se interessano le parti comuni o private, con rilevanza esterna”[12]. Siccome nel caso in esame la predetta Soprintendenza s’era espressa favorevolmente con nota prot. n. 15395 del 24.07.2018, il progetto doveva ritenersi munito di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente. Pertanto, ad avviso delle ricorrenti, il Direttore Generale con l’annullamento del predetto parere sarebbe incorso nello sviamento di potere, dato che ha sospeso un’attività edilizia legittima, in assenza di vincolo (che, ove effettivamente esistente, avrebbe comportato l’esercizio del potere repressivo di cui all’art. 160 del D.Lgs n. 42/2004[13] anziché del potere cautelare di cui all’art. 1502) perché “consapevole che la giurisprudenza amministrativa non consente l’imposizione di un vincolo su un immobile oggetto di un titolo edilizio consolidato, valido ed efficace e in corso di esecuzione”. Pertanto il Direttore Generale avrebbe disposto l’annullamento d’ufficio in autotutela al fine di “rimuovere un ostacolo” all’avvio del procedimento di vincolo, al fine di evitare gli attacchi mediatici, agendo per “pregiudizio”, dato che il “pericolo” è stato ravvisato non nell’intervento che interessa l’immobile in contestazione, bensì dall’avversione al marchio della ricorrente e, in genere, alla tipologia di ristorazione fast food;Con riferimento al provvedimento di annullamento in autotutela determinato dal Direttore Generale, prot. n. 21238 del 30.07.2019, vengono dedotte le seguenti censure: 3.a (rectius 3) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della L. n. 241/1990 ss.mm.ii. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 ss.mm.ii. Difetto di motivazione. Violazione dell’art. 41 della Carta di Nizza. Violazione dell’art. 97 Cost. Arbitrarietà dell’esercizio del potere.” Le ricorrenti premettono di aver operato una inversione logica delle censure, attaccando prima il provvedimento di sospensione lavori prot. n. 21509 del 21.07.2019 – con il secondo mezzo di gravame – e poi il provvedimento prot. n. 21238 del 30.07.2019 di annullamento in autotutela del parere della Soprintendenza – al fine di rispettare “l’ordine cronologico secondo il quale i provvedimenti impugnati sono stati notificati (…) da cui emerge la caotica gestione del procedimento”
[terzo motivo] Con il terzo motivo le società ricorrenti lamentano che il Direttore Generale ha disposto l’annullamento in autotutela del parere della Soprintendenza in erronea applicazione degli artt. 21 octies della L. n. 241/1990; l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso in esame ha impedito di rappresentare “circostanze favorevoli determinanti”, in particolare, che l’area in esame era esentata dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica; non sussistevano i presupposti prescritti dall’art. 21 nonies della L. n. 241/,1990[14] per l’annullamento d’ufficio, dato che il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza non era affetto da alcuna illegittimità; in ogni caso il Direttore generale avrebbe prima dovuto effettuare una valutazione comparativa degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, indicando le ragioni della prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto rispetto all’esigenza di tutelare il legittimo affidamento sul perfezionamento del titolo abilitativo maturato dalla società proprietaria, nel rispetto dei principi del diritto comunitario (art. 41 della Carta di Nizza[15]) e dell’art. 97 Costituzione[16]. 3 b (rectius 4) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 7 e 43 PTPR. Violazione e falsa applicazione dell’art. 40, lett. c.4), delle NTA del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed acquedotti”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 delle NTA del PRG. Violazione e falsa applicazione degli artt. 134, comma 1, 143 e 146 D.Lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione della circolare Regione Lazio n. 94875 del 2009. Arbitrarietà dell’esercizio del potere. Eccesso di potere per: grave difetto di presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza, violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria. Grave sviamento di potere. Arbitrarietà. Falsità. Violazione dei principi di certezza del diritto. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.”
[IV Motivo]
Con il quarto motivo le ricorrenti riprendono nuovamente le censure d’ordine sostanziale già prospettate sopra, ribadendo che il Direttore Generale ha errato a ritenere che il progetto in parola dovesse essere sottoposto all’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 come previsto dall’art. 40, lett. c.4), delle NTA del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed acquedotti” che per la sottozona TOc.3 prescrivono tale titolo, dato che tale prescrizione del PTP non era più applicabile a causa della prevalenza delle Norme del PTPR. Quest’ultimo, dall’art. 7, comma 5, delle NTA[17]prevede che: “Per la parte del territorio interessato dai beni paesaggistici, immobili ed aree tipizzati e individuati dal PTPR ai sensi dell’articolo 134 comma 1 lettera c 5 del Codice si applica, a decorrere dalla adozione, esclusivamente la disciplina di tutela del PTPR, anche in presenza di classificazione per zona ai fini della tutela contenuta nei PTP vigenti”. Sebbene l’art. 43 impone, in generale, l’obbligo della previa autorizzazione ai sensi dell’art.146, tuttavia, al comma 15 detta una apposita disposizione “derogatoria” per i siti Unesco, precisando che: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano (…) alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (…) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla Convenzione Unesco”.[idem cs. il PTPR approvato nell’agosto 2019 ha modificato il comma citato, rimasto tal quale anche nel PTPR approvato nell’aprile 2021 dopo l’annullamento della Consulta di quello approvato nel 2019] La prevalenza del Piano Generale Unsesco è stata d’altronde espressamente affermata dalla Regione D.G. Territorio e Urbanistica con Circolare prot. n. 94875 del 19.06.2009[18], che è stata ignorata dal Direttore Generale. [In realtà la nota citata, con il numero di protocollo 94875 del 19/06/2009, è stata inviata dal Comune di Roma alla Regione, come Parere in merito ai beni paesaggistici inerenti immobili e le aree tipizzati ed individuati dal PTPR, ai sensi dell’art. 134, lett. c) del D.Lgs. n. 42/2004; insediamenti urbani storici e territori contermini NDR] 3 c (rectius: quinto) “Difetto di presupposti e travisamento dei fatti. Difetto di motivazione. Il provvedimento di annullamento del Direttore Generale non indica le ragioni per cui il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza con nota n. 15935/2018 sarebbe illegittimo.”
[V motivo] Con il quinto mezzo di gravame le ricorrenti lamentano che i rilievi mossi dal Direttore Generale sono del tutto assiomatici ed insufficienti, in quanto si limita ad asserire che il parere è “viziato sotto il profilo funzionale da travisamento ed erronea valutazione dei fatti da esso presupposti” in riferimento “all’asserita compatibilità dell’intervento di che trattasi, in rapporto con il contesto della Città Storica” e che è “contraddittorio, essendo, una tale asserzione, peraltro non motivata, in patente contrasto con il rilevante interesse archeologico del contesto territoriale di riferimento”; peraltro detto “rilevante interesse archeologico” non è in alcun modo precisato. Inoltre il predetto non avrebbe tenuto conto del fatto che “l’intervento edilizio oggetto della SCIA alternativa prot. n. 93645 del 08.05.2019 concerne volumetrie preesistenti e legittime” e che la Soprintendenza Archeologica “ha espresso un puntuale benestare con proprio parere prot. n. 2064 del 06.02.2017” (che non è interessato da procedimenti di annullamento). Il provvedimento impugnato non è assistito da un’adeguata motivazione in merito al “patente contrasto” delle opere edilizie previste dal progetto approvato con l’interesse archeologico del contesto territoriale di riferimento e si fonda unicamente sull’erroneo presupposto che l’autorizzazione paesaggistica prevista ex art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 sarebbe necessaria perché richiesta dal PTP predetto. 3 d (rectius: sesto). “Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della L. n. 241/1990 ss.mm.ii. Difetto di motivazione. Illegittimità derivata.”
[VI Motivo]
Con il sesto motivo le ricorrenti censurano l’operato del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune, lamentando che, a seguito dei provvedimenti del Mibac impugnati, il Comune avrebbe, a sua volta, dato avvio al procedimento di annullamento in via di autotutela – come comunicato con nota prot. n. 130509 del 02.08.2019 – aderendo supinamente alle posizioni del Mibac, incorrendo in illegittimità derivata. In via subordinata, “Violazione e falsa applicazione dell’art. 81 delle NTA del PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed acquedotti”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 150 del D.Lgs. n. 42/2004. Violazione a falsa applicazione degli artt. 143 e 149 del D.Lgs. n. 42/2004.
[VII Motivo] Con il settimo ed ultimo motivo, le ricorrenti asseriscono che, anche a voler riconoscere persistente efficacia al PTP, ove prevede la necessità dell’autorizzazione prevista dall’art. 146 del D.Lgs n. 42/2004, tale previsione ha natura di “mera dichiarazione programmatica priva di disciplina e, quindi, di efficacia prescrittiva. Le prescrizioni di delocalizzazione, infatti, dovranno essere disciplinate da specifici Piani attuativi, secondo quanto previsto dall’art. 81, comma 1, delle NTA del PTP[19].” Inoltre, in via altrettanto subordinata, lamentano che l’autorizzazione prevista dall’art. 146 del D.Lgs n. 42/2004 non sarebbe stata, in ogni caso, necessaria trattandosi di lavori di restauro conservativo. Secondo le ricorrenti si tratta di “Interventi non soggetti ad autorizzazione” rientranti nell’ambito dell’art. 149, lett. a) D.Lgs. n. 42/2004[20](“interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”), per cui non sarebbe necessaria alcuna autorizzazione paesaggistica.
In entrambe le cause si sono costituiti in giudizio il Ministero intimato, che resiste solo formalmente, ed il Comune, che invece, con memoria scritta, eccepisce la natura di mera comunicazione dei propri atti impugnati e comunque ne afferma la correttezza, specificando di essersi attenuto alle prescrizioni sul regime autorizzatorio dei siti UNESCO. È intervenuto ad opponendum il Codacons, che ritiene che il Ministero abbia legittimamente adottato gli atti repressivi impugnati, data la necessità dell’autorizzazione per qualunque intervento di modificazione su area vincolata, qual è quella in esame, tutelata dal PTP n. 15/12 “Valle della Caffarella, Appia antica e Acquedotti”. In vista dell’udienza il Comune ha depositato una memoria conclusionale con cui ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa nei propri confronti e/o, in subordine, l’improcedibilità per non essere stati impugnati gli atti conclusivi dei propri procedimenti; chiedendo comunque il rigetto dei ricorsi. In vista della trattazione del merito le ricorrenti hanno depositato articolate memorie conclusionali e di replica e note di udienza ai sensi dell’art. 84 CPA. Le cause sono state trattenute in decisione ai sensi dell’art. 84 CPA in data 7.4.2020.
DIRITTO Va in via preliminare disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, sussistendo evidenti ragioni di connessione soggettive ed oggettiva.
Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile l’impugnativa degli atti indicati in epigrafe sub c), avverso la nota prot. n. 130509 del 02.08.2019 con cui il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento d’ufficio, in via di autotutela, dei titoli abilitativi precedentemente rilasciati. Si tratta, infatti, di atti privi di valenza provvedimentale, aventi natura di mera comunicazione, funzionalmente volti a consentire la partecipazione al procedimento di competenza dell’autorità comunale.
Risultano pertanto inammissibili, per difetto di attualità dell’interesse data la mancata attitudine lesiva dell’atto impugnato, le censure dedotte con il sesto motivo di ricorso avverso detto atto di comunicazione. Quanto alle difese dell’operato del Comune relativamente alla vicenda urbanistica, il Collegio le ritiene non pertinenti alla presente controversia in quanto attengono a diversa, ulteriore ed autonoma vicenda amministrativa che potrà essere oggetto di eventuale contenzioso e che non influisce sulla decisione della causa in esame. Questa, infatti, riguarda unicamente le contestazioni che le parti ricorrenti hanno sollevato nei confronti dell’Amministrazione dei Beni Culturali, che ha annullato i precedenti atti, mentre il Comune, ha in quest’ultimo procedimento emanato solo atti favorevoli alle medesime parti ricorrenti, ancorché poi difenda le determinazioni finali assunte dal Ministero.
Con tali precisazioni, possono essere esaminate le censure dedotte avverso i provvedimenti della Direzione Generale Archeologia Belle arti e Paesaggio.
[I] Innanzitutto, vanno disattese le censure dedotte con il primo mezzo di gravame, con cui le ricorrenti eccepiscono l’incompetenza del Direttore Generale, sostenendo che il predetto organo sia privo del potere di avocare il potere di pronunciarsi sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento in contestazione ed annullare ai sensi dell’art. 21 nonies della L. n. 241/1990 il parere favorevole già espresso dalla Soprintendenza.
Secondo le ricorrenti il Direttore Generale avrebbe agito esorbitando dalla propria sfera di attribuzioni facendo applicazione dell’art. 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 165/20013, in assenza dei presupposti che legittimano il potere sostitutivo del Direttore Generale, cioè dello stato di inerzia dei dirigenti, quando invece la Soprintendenza non sarebbe affatto rimasta inerte, essendosi pronunciata con un parere favorevole. Inoltre, contestano che tale parere possa trovare adeguata “base giuridica” nell’art. 2, comma 1, del D.M. n. 44/20164, dato che, trattandosi di decreto ministeriale di natura non regolamentare, non potrebbe alterare il riparto di competenze tra dirigenti di prima e seconda fascia sancito da fonte di rango superiore, cioè dagli artt. 16 e 17 D.Lgs. n. 165/013.
La doglianza non può essere condivisa. Innanzitutto non risulta condivisibile la tesi di fondo secondo cui il potere di avocazione non potrebbe essere attivato in caso di gravi violazioni dell’ordine giuridico, essendo, al contrario, l’adozione di misure atte a ripristinare l’ordine giuridico violato – quali, in particolare l’annullamento di provvedimenti contra legem, come nel caso in esame – la ragione del potere di intervento del vertice dell’apparato sancito con norma di chiusura proprio a salvaguardia dei beni di rilievo costituzionale affidati alle cure dell’Amministrazione. In tale prospettiva, la speciale disciplina dell’organizzazione dell’Amministrazione dei beni culturali prevede espressamente, all’art. 15 del Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni culturali, adottato con D.P.C.M. 29.8.2014 n. 171[21], che “La Direzione generale Belle arti e paesaggio svolge le funzioni e i compiti relativi alla tutela dei beni storici, artistici (….) ed alla tutela del paesaggio. Con riferimento all’attività di tutela esercitata dalle Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio, la Direzione generale esercita i poteri di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, solo in caso di necessità ed urgenza, informato il Segretario generale, avocazione e sostituzione, anche su proposta del Segretario regionale”. Ciò in coerenza con la particolare struttura organizzativa del Ministero dei Beni Culturali che si caratterizza per l’articolazione in Soprintendenze, e che, nel sistema confermato dagli artt. 31 e 35, ribadisce che le Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio sono organi periferici del Ministero, configurando un rapporto di sottoposizione di queste alla vigilanza della Direzione Generale che, pertanto, ha poteri non solo di indirizzo, ma anche di sostituzione nell’adozione di provvedimenti soprintendentizi. Tale regolamento, emanato ai sensi dell’art. 16, co. 4, DL 24.4.2014, n. 66 (conv. Legge 23.6.2014, n. 89), costituisce la normativa speciale applicabile ratione temporis, essendo in vigore al momento dell’adozione dell’atto impugnato, fino alla sua abrogazione ad opera dall’art. 41, comma 1, D.P.C.M. 19.6. 2019, n. 76[22], che peraltro conferma i poteri di abrogazione e sostituzione sopraricordati dall’entrata in vigore del nuovo regolamento. Quanto alla contestazione dell’insussistenza nel caso specifico dei presupposti “necessità e urgenza” previsti per l’attivazione del potere di avocazione, la prospettazione delle ricorrenti non è condivisibile. Le ragioni che hanno indotto la Direzione generale ad intervenire sono stati espressamente indicati e consistono nell’aver la Soprintendenza espresso l’assenso alla realizzazione dell’intervento in contestazione al di fuori del procedimento per l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 Codice, ritenuta un adempimento imprescindibile per assicurare la compatibilità dei lavori di trasformazione dell’immobile in locale adibito all’esercizio di attività di ristorazione. Quindi si tratta di motivi che costituiscono la “causa tipica” del potere esercitato, che trovaadeguato fondamento nell’esigenza di bloccare la realizzazione del progetto che incide su un’area tutelata da PTP n. 15/12 Valle della Caffarella, Appia antica e Acquedotti (approvato con delibera del Consiglio Regionale n. 70 del 10.10.2010), inclusa nel Centro Storico tutelato come sito UNESCO, in area attigua alle Terme di Caracalla, complesso storico archeologico monumentale di grande rilevanza e di indiscusso valore identitario, senza sottoporre prima l’intervento in parola a quelle approfondite valutazioni di compatibilitàdelle opere con i valori simbolici tutelati che sono effettuate mediante l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d.lgs. 42/2004 1(Codice Beni Culturali). Si tratta di verifiche assolutamente necessarie per la salvaguardia di un “bene comune” di rilevanza costituzionale che rischia di essere irreparabilmente pregiudicato da interventi “non controllati”. E sotto tale profilo l’intervento del Direttore Generale risultava inoltre un atto dovuto ove si consideri l’esigenza di rispettare gli impegni internazionali scaturenti dall’inserimento dell’area nella “lista del patrimonio mondiale” redatta dall’UNESCO, dato che la “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale”, firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184[23], obbliga lo Stato di appartenenza ad assicurarne la salvaguardia avvalendosi anche dei contributi economici e tecnici messi a disposizione dall’Unesco; benefici e riconoscimenti che rischierebbero di essere revocati in caso di perdita o degrado del sito protetto. In ogni caso non possono essere seguite le tesi delle ricorrenti ove ventilano – senza fornire alcun concreto elemento a supporto della denuncia – che l’annullamento sia frutto di uno sviamento di potere, ipotizzando che le ragioni l’annullamento siano intese a placare le proteste e l’eco mediatica creatasi attorno alla vicenda, che costituisce un mero episodio concomitante, che è servito a portare a conoscenza dei Superiori livelli ministeriali la problematica, ma non ha assunto alcuna efficacia determinante nell’economia delle decisioni della Direzione Generale.
[II] In tale prospettiva vanno disattese anche le censure dedotte con il secondo mezzo di gravame, che investono l’ordinanza di sospensione lavori che, appunto, per le ragioni sopra illustrate, subordina la ripresa dell’attività costruttiva alla verifica della compatibilità dell’intervento con i valori storico- archeologico-identitari espressi dal complesso monumentale adiacente. È vero che la specifica area interessata dall’intervento non risulta allo stato assoggettata a vincolo diretto, nonostante la prossimità all’importante complesso delle Terme di Caracalla, né da altri vincoli diretti, pur offrendo diversi elementi meritevoli di essere attenzionati quali punti panoramici e bellezze d’insieme con valore paesaggistico di “quadro naturale” ai sensi dell’art. 136 Codice BBCC[24], oltre che ai sensi dell’art. 7 bis del Codice sulla protezione UNESCO[25] quale “testimonianza materiale” del bene del patrimonio culturale ideale della “Civiltà romana”. In ogni caso il fatto che l’area in sé non sia vincolata, non varrebbe nemmeno a precludere l’attivazione del potere cautelare, esercitato con l’ordine di sospensione dei lavori adottato con il prot. n. 21509 del 21.07.2019, che può ben anticipare gli effetti di un futuro vincolo sulla zona in questione. In tal senso, d’altronde, depone la stessa nota della Soprindentenza del 26.7.2019 con cui, nel dare atto dell’inesistenza di vincoli archeologici diretti o indiretti sull’area in questione, esprime “disappunto” per tale status giuridico, osservando che tale area “non risulta essere interessata da alcun dispositivo di tutela (—-) nonostante sia circondata da numerose preesistenze archeologiche, a sud e ad ovest, quali le Mura Aureliane, l’Acquedotto Antoniniano e la Necropoli della via Imperiale”. A supporto di tale ricostruzione depone, del resto, l’art. 150 del Codice[26] che così recita: “1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di: a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio; b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.” L’art. 150 del Codice dei Beni Culturali 23, dunque, attribuisce espressamente sia alla Regione sia al Ministero il potere di intervenire ed ordinare la sospensione lavori atti ad alterare i valori paesaggistici del territorio attraverso il potere cautelare a tutela sia dei beni già vincolati sia di aree ancora non vincolate, ma che si intende tutelare con l’imminente adozione di un futuro vincolo paesaggistico. Si tratta, pertanto, di un potere che può essere esercitato anche a salvaguardia di aree o immobili non dichiarati di interesse culturale o paesistico ai sensi degli artt. 10[27], 13 [28]o 136 21 del Codice, o non ricadenti tra quelli soggetti a vincolo paesistico-ambientale o archeologico paesistico ex lege di cui all’art. 142 del Codice[29] e nemmeno tra quelli individuati come beni paesaggistici direttamente da un Piano Paesistico ai sensi dell’art. 135 co. 1 lett. c)[30] del Codice. Ovviamente, trattandosi di una misura cautelare posta a salvaguardia di aree o immobili ancora non vincolati e che si ritiene di dover tutelare con un provvedimento di vincolo paesistico, di cui si avvia il procedimento, anticipandone gli effetti inibitori, il provvedimento cautelare offre solo una tutela interinale all’area ancora non vincolata. Il provvedimento cautelare in parola infatti può esplicare i suoi effetti solo in un arco di tempo limitato, quello necessario per l’attivazione dei poteri di vincolo, di cui ha effetti prodromici, come sancito dall’art. 150 al co. 2 –“L’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3” – che fa appunto coincidere la cessazione dell’efficacia della misura cautelare con l’avvio del procedimento di vincolo, che, anch’esso produce un immediato effetto di sospensione di qualunque modifica allo stato dei luoghi. Peraltro, l’area in questione risultava essere comunque già tutelata da vincolo paesistico imposto, ai sensi dell’art. 134 co 1 lett. c), dal PTP 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica ed Acquedotti”, che alle NTA ribadisce l’obbligo di munirsi di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 146 del Codice BBCC, sicchè l’ordine di sospensione lavori risultava comunque un atto dovuto quanto meno per assicurare il rispetto delle prescrizioni poste dal Piano Paesistico. In conclusione, il potere inibitorio è stato legittimamente adottato dal Direttore Generale nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 150 del Codice, che appunto consente al Ministero (oltre che alla Regione) di inibire i lavori eseguiti senza autorizzazione su beni paesaggistici vincolati o vincolandi, e risulta sostanzialmente giustificato dall’esigenza – espressamente menzionata nello stesso provvedimento – di assicurare il rispetto del procedimento autorizzatorio posto a salvaguardia del bene paesaggistico già tutelato dal PTP.
[IV] Per quanto invece riguarda la questione della persistente vigenza di tale PTP e dei suoi rapporti con il PTPR si rinvia all’esame delle censure dedotte con il quarto motivo avverso il provvedimento di annullamento del parere soprintendentizio – che viene contestato soprattutto sotto tale profilo – di cui si anticipa l’esame. Occorre pertanto affrontare la questione centrale, che investe la correttezza sostanziale del potere esercitato, di stabilire se, nel caso in esame, fosse effettivamente necessaria l’autorizzazione in parola. Si può già anticipare che la rilevanza costituzionale dei valori tutelati dal vincolo paesistico sopraricordato e le previsioni di legge a tutela di tali beni non consentono al PTPR di vanificare tale vincolo mediante norme derogatorie come quella prevista dall’art. 43 PTPR adottato dalla Regione, il quale dopo aver richiamato, in generale, l’obbligo della previa autorizzazione ai sensi dell’art.146 per tutti gli interventi in area tutelata, introduce, al comma 15, una disposizione “derogatoria” per i siti Unesco statuendo che: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano (…) alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (…) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla Convenzione Unesco”. È evidente che l’obbligo sancito dal legislatore statale all’art. 146 del Codice – e ribadito dal legislatore regionale all’art. 25 della LR n. 24/1998[31] – di sottoporre i progetti di lavori comportanti l’alterazione dello stato dei luoghi di una località protetta alla valutazione di conformità e compatibilità della competente Soprintendenza, a salvaguardia di beni tutelati dall’art. 9 della Costituzione, ritenuti dal Ministero dei Beni Culturali di interesse assolutamente eccezionale tanto da sollecitarne l’inserimento nella lista UNESCO e da quest’ultimo dichiarati “Patrimonio Comune dell’Umanità” ai sensi della Convenzione firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184[32] (da cui scaturiscono impegni per lo Stato di appartenenza di assicurare la salvaguardia del bene dichiarato tale, come sopra ricordato), non è suscettibile di essere arbitrariamente derogato dallo strumento pianificatorio, previsto dall’art. 135 27 che può solo dare concreta attuazione a quelle previsioni poste da fonte di rango primario e non disattenderle. L’art. 43 del PTPR, anziché disciplinare “gli usi compatibili” del territorio, nell’ambito vincolato dal PTP, opera un “rinvio alle prescrizioni d’uso del Piano di Gestione Unesco” che non trova alcun fondamento normativo ed anzi si pone in contrasto con l’art. 13527 al co 4 del Codice che prevede che “Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardiadei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO”. Il PTPR adottato dalla Regione, pertanto, disattende tale compito nel momento in cui “rinuncia” a prescrivere modalità d’uso a tutela dei siti Unesco, “delegando” la disciplina paesaggistica di questi all’adottando Piano di “gestione e valorizzazione” del sito UNESCO – a cui rinvia – disciplinato dalla legge n. 77/2006[33], che ha oggetto diverso e che è indirizzato a tutt’altra finalità rispetto a quella perseguita dal PTPR. Pertanto, il rinvio al Piano di Gestione sopraindicato, operato dal PTPR in violazione dell’art. 134 Cod. BBCC (e senza alcun ancoraggio normativo nella legge n. 77/2006), determina un pericoloso “vuoto di tutela” proprio per aree di maggior valore, addirittura di livello “universale” – dichiarate “Patrimonio Comune dell’Umanità” proprio in base al riconoscimento della loro assolutamente “eccezionale” importanza (quindi di un’importanza di grado superiore rispetto all’importanza di grado solo “notevole” richiesto nell’ordinamento interno per la sottoposizione a vincolo paesistico ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. n. 42/2004) – con evidenti risultati paradossali, inammissibili sul piano logico, ancor prima che giuridico. Si finirebbe infatti, per non assicurare a luoghi di valore simbolico “assolutamente eccezionale” per qualunque Popolo della Terra nemmeno la stessa tutela che deve essere garantita ad un qualsiasi “grazioso borgo” vincolato ai sensi dell’art. 136 cod. bbcc. in ragione di un valore molto più modesto del suo “aspetto caratteristico di rilevante valore estetico e tradizionale”,con conseguente palese violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dei mezzi di tutela rispetto al “valore” del bene tutelato. Sotto il profilo del diritto internazionale, va infatti ricordato che l’inserimento di un bene nella “lista del patrimonio mondiale” non viene operata d’ufficio dall’UNESCO, ma avviene sulla base della richiesta dello Stato interessato, che, a mezzo del Ministero competente alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, sottopone ad un apposito Comitato intergovernativo la richiesta di includere un bene presente nel suo territorio nella predetta lista in considerazione del suo valore “assolutamente eccezionale per l’Umanità intera”. Risulta pertanto inammissibile che la Regione, che dovrebbe con il proprio PTPR prevedere un elevato grado di tutela di tali beni, ritenuti di interesse “assolutamente eccezionale” dal Ministero che ne ha promosso l’inserimento nella lista UNESCO (e riconosciuti come tali dal Comitato Intergovernativo con la dichiarazione di “patrimonio dell’Umanità”), possa con una previsione come quella dell’art. 43 co. 15 lasciarli del tutto privi di protezione – in contrasto con gli impegni assunti dallo Stato Italiano in base alla Convenzione Unesco – procrastinandone e condizionandone la tutela al momento dell’adozione di un “piano di gestione” che ha oggetto e finalità diverse rispetto al piano paesistico nell’ordinamento interno.
[Va ricordato che tale Piano di gestione, alla data in cui è stato promosso il ricorso al TAR, era già stato approvato da 3 anni e rimandava al PTPR le tutele necessarie all’area UNESCO- NDR[34]]
Le considerazioni sopra svolte comportano la reiezione anche delle censure dedotte con i restanti motivi di ricorso, dedotti avverso il provvedimento di annullamento d’ufficio, adottato dal Direttore Generale, avocando a sé il potere di pronunciarsi sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento in questione. Anche tale provvedimento, infatti, si fonda sulla medesima ragione dell’imprescindibilità dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione dell’intervento in contestazione.
[III – IV- VII]
Avverso tale provvedimento si ribadiscono le medesime censure sopra esaminate, reiterate anche con il terzo mezzo di gravame, ove la problematica in parola è prospettata sotto il profilo della violazione sostanziale dell’art. 21 nonies della L. n. 241/,1990 11 , per difetto dei presupposti di fatto prescritti per l’annullamento d’ufficio dalla predetta disposizione, ribadita con il quarto motivo (rubricato come 3b) ove si afferma che l’obbligo di previa autorizzazione paesaggistica imposto dal PTP sarebbe inoperante in virtù dell’esclusione sancita dall’art. 43 co. 15 del PTPR per le aree ricadenti in autorizzazione paesaggistica imposto dal PTP sarebbe inoperante in virtù dell esclusione sancita dall art 43 co 15 del PTPRP per le aree ricadenti in sito UNESCO, ripreso ed approfondita con il settimo ed ultimo motivo, dedotto in via subordinata, ove si afferma che il PTP, anche a ritenerlo ancora applicabile, non conterrebbe alcuna “prescrizione” immediatamente vincolante che obbligherebbe l’interessato a munirsi di previa autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs n. 42/2004.
[III – V]
Quanto alle censure relative alla “motivazione” dell’atto di autotutela, dedotte con il terzo ed il quinto motivo, con cui si lamenta l’assiomaticità e la contradditorietà della motivazione, e viene persino prospettata la ravvisabilità di un possibile sviamento di potere, sostenendo che il Direttore Generale sarebbe intervenuto per evitare l’attacco mediatico, imponendo un vincolo ad opere già assentite, senza tener conto del legittimo affidamento delle parti interessate, esse risultano del pari infondate alla luce delle considerazioni soprasvolte in sede di esame del primo motivo di ricorso.
Va al riguardo ribadito che l’atto di annullamento d’ufficio in contestazione risultava per il Direttore Generale un atto dovuto una volta riscontrata l’attività costruttiva incidente su un’area inserita nella lista dei siti Unesco, tutelata dal PTP n. 15/12 “Valle della Caffarella, Appia antica e Acquedotti” ai sensi dell’art. 134 co 1 lett. c) del Codice in assenza delle previe valutazioni di compatibilità paesaggistica da parte della competente Soprintendenza prescritte dall’art. 146 Codice.
Tanto più che, come sopra ricordato, l’area in questione era suscettibile di essere protetta anche da ulteriori vincoli, anche sotto il profilo archeologico, come auspicato dalla nota della Soprintendenza del 26.7.2019 con cui nel rilevare l’inesistenza di “vincoli archeologici” (diretti o indiretti) sull’area in questione, esprime “disappunto” per tale status giuridico, osservando che tale area “non risulta essere interessata da alcun dispositivo di tutela (—-) nonostante sia circondata da numerose preesistenze archeologiche, a sud e ad ovest, quali le Mura Aureliane, l’Acquedotto Antoniniano e la Necropoli della via Imperiale” – .
[II-III-V]
Pertanto vanno disattesi anche i restanti profili di censura articolati con il secondo, il terzo ed il quinto motivo ove si lamenta il difetto di motivazione dell’atto impugnato, innanzitutto sotto il profilo della mancata ponderazione del contrapposto interesse privato della ricorrente, che avrebbe fatto “legittimo affidamento” sul titolo autorizzativo rilasciato appena 80 giorni prima, dell’omessa considerazione che l’intervento concerneva “volumetrie preesistenti e legittime” e che sul progetto la Soprintendenza Archeologica aveva “espresso un puntuale benestare con proprio parere prot. n. 2064 del 06.02.2017” che non era stato oggetto di procedimenti di annullamento.
Orbene, per quanto riguarda la motivazione dell’atto di ritiro, il Collegio ritiene che esso risulti adeguatamente fondato sull’esigenza di salvaguardare il valore di un contesto ambientale unico al mondo, espressamente tutelato dal PTP 15/12, che richiede che ogni intervento modificativo dello stato dei luoghi sia quantomeno sottoposto al preventivo controllo di compatibilità da parte delle Autorità competenti secondo le procedure autorizzatorie prescritte a tutela delle aree interessate. Peraltro, l’intervento del Dirigente Generale non preclude la realizzazione dell’intervento in questione, ma semplicemente ne richiede la previa valutazione della compatibilità con i valori paesaggistici espressi dal territorio che costituisce, appunto, l’oggetto dell’autorizzazione prevista dall’art. 146 Codice BBCC. Né le ricorrenti possono pretendere di escludere l’esigenza di tali controlli invocando un legittimo affidamento sulla sufficienza degli atti di assenso e dei nulla osta già ottenuti a titolo diverso: le società in parola erano infatti a conoscenza che della necessità di autorizzazione paesaggistica per realizzare l’intervento in questione in quanto l’area era già vincolata dal PTP 15/12 (Valle della Caffarella), oltre che rientrante nell’ambito del sito UNESCO. In ogni caso, l’esigenza di tutela del preteso “legittimo affidamento sulla realizzabilità dell’opera” non è configurabile ove si consideri l’estrema brevità del periodo di tempo intercorso tra il rilascio dei pareri favorevoli e l’intervento del Direttore Generale.
Infine, l’invocato affidamento va escluso in quanto l’intervento assentito –almeno dalle descrizioni fattane nei vari permessi e nulla osta rilasciati dalle diverse Soprintendenze– concerneva delle DIA aventi ad oggetto interventi di impatto molto limitato (consistenti nel mero rifacimento delle coperture, con bonifica dall’amianto, sostituzione di serramenti ed altre opere meramente interno) prive di impatto ambientale, etc. Pertanto dagli assensi ottenuti non poteva ritenersi autorizzato un intervento completamente diverso, come quello che si stava realizzando, che investe l’esterno dell’edificio e che comporta la demolizione e la ricostruzione dell’edificio esistente, con conseguente diverso impatto ambientale ed alterazione dello stato dei luoghi (esito che invece era escluso negli atti di assenso espressi dalle ripetute Soprintendenze). A tale riguardo va osservato che il progetto dell’intervento è qualificato dalle ricorrenti come intervento di “riqualificazione e risanamento ambientale”, per cui per la sua realizzazione è stata ritenuta sufficiente una semplice DIA, ma del quale non è stata specificata l’esatta consistenza e questa non si evince nemmeno dagli atti allegati al ricorso (non è stato depositato né il progetto né gli allegati grafici) anche se pare di una certa consistenza visto i costi dell’intervento (a pag. 8 del contratto di appalto lavori viene specificato il corrispettivo preventivato in €. 1.319.672). Pertanto, se gli assensi erano stati acquisiti su un progetto di intervento diverso rispetto a quello in corso di realizzazione, non può essere ravvisato in capo alle ricorrenti alcun affidamento legittimo meritevole di tutela a realizzare un intervento di tipo diverso.
Infine, quanto al lamentato omesso annullamento del “benestare” espresso (peraltro in modo condizionato) dalla Soprintendenza Archeologica, va osservato che si tratta di un rilievo inconducente, dato che il provvedimento di annullamento in contestazione è stato disposto in considerazione della mancanza dell’autorizzazione paesaggistica prevista ex art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 e non per motivi riconducibili all’interesse propriamente archeologico (cioè all’incidenza delle opere sui reperti eventualmente presenti nel sottosuolo) che non erano in discussione nel caso in esame.
In conclusione, l’esame complessivo delle censure dedotte con i ricorsi in epigrafe, previa loro riunione, induce alla infondatezza degli stessi che, pertanto, devono essere respinti. Sussistono tuttavia giusti motivi, vista la complessità delle questioni esaminate, per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi in epigrafe, li respinge
entrambi. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7.4.2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84 DL 18/2020, conv. in L. n. 27/2020, con l’intervento dei magistrati:
L’ESTENSORE FR IL PRESIDENTE DS IL SEGRETARIO
NOTE
[1] Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte III – Beni paesaggistici Decreto legislativo, 22/01/2004 n° 42, G.U. 24/02/2004 – Aggiornato il 27/01/2020
Capo IVControllo e gestione dei beni soggetti a tutela
Articolo 146 Autorizzazione (1) (12)
1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.
3. La documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato. Essa è individuata, su proposta del Ministro, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, e può essere aggiornata o integrata con il medesimo procedimento.
4. L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato. (3) (11)
5. Sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all’articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonché della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolanteed è reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. (2)
6. La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia. (4)
7. L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ricevuta l’istanza dell’interessato, verifica se ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’articolo 149, comma 1, alla stregua dei criteri fissati ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d). Qualora detti presupposti non ricorrano, l’amministrazione verifica se l’istanza stessa sia corredata della documentazione di cui al comma 3, provvedendo, ove necessario, a richiedere le opportune integrazioni e a svolgere gli accertamenti del caso. Entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggisticie trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo. (5)
8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’ articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità. (6)
9. Decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. (10)
10. Decorso inutilmente il termine indicato all’ultimo periodo del comma 8 senza che l’amministrazione si sia pronunciata, l’interessato può richiedere l’autorizzazione in via sostitutiva alla regione, che vi provvede, anche mediante un commissario ad acta, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora la regione non abbia delegato gli enti indicati al comma 6 al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e sia essa stessa inadempiente, la richiesta del rilascio in via sostitutiva è presentata al soprintendente.
11. L’autorizzazione paesaggistica è trasmessa, senza indugio, alla soprintendenza che ha reso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente allo stesso parere, alla regione ovvero agli altri enti pubblici territoriali interessati e, ove esistente, all’ente parco nel cui territorio si trova l’immobile o l’area sottoposti al vincolo. (7)
12. L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.
13. Presso ogni amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è istituito un elenco delle autorizzazioni rilasciate, aggiornato almeno ogni trenta giorni e liberamente consultabile, anche per via telematica, in cui è indicata la data di rilascio di ciascuna autorizzazione, con la annotazione sintetica del relativo oggetto. Copia dell’elenco è trasmessa trimestralmente alla regione e alla soprintendenza, ai fini dell’esercizio delle funzioni di vigilanza.
14. Le disposizioni dei commi da 1 a 13 si applicano anche alle istanze concernenti le attività di coltivazione di cave e torbiere nonché per le attività minerarie di ricerca ed estrazione incidenti sui beni di cui all’ articolo 134. (8)
[15. Le disposizioni dei commi 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 13 non si applicano alle autorizzazioni per le attività minerarie di ricerca ed estrazione. Per tali attività restano ferme le potestà del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi della normativa in materia, che sono esercitate tenendo conto delle valutazioni espresse, per quanto attiene ai profili paesaggistici, dal soprintendente competente. Il soprintendente si pronuncia entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta, corredata della necessaria documentazione tecnica, da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. (9) ]
16. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
(1) Articolo sostituito dall’art. 16, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. s), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
(2) Comma così modificato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 2), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 e, successivamente, dall’art. 39, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.
(3) Comma, da ultimo, così modificato dall’art. 12, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2014, n. 106.
(4) Comma così modificato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 3), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(5) Comma così modificato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 4), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(6) Comma così modificato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 5), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(7) Comma così modificato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 6), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(8) Comma così sostituito dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 7), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(9) Comma abrogato dall’art. 4, comma 16, lett. e), n. 8), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.
(10) Comma così modificato dall’art. 25, comma 3, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. In precedenza il presente comma era stato modificato dall’art. 39, comma 1, lett. b), n. 3), D.L. 21 giugno 2013, n. 69; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 9 agosto 2013, n. 98) e dall’art. 12, comma 1, lett. b), D.L. 31 maggio 2014, n. 83; successivamente, tale modifica non è stata confermata dalla legge di conversione (L. 29 luglio 2014, n. 106).
(11) Per la proroga del termine delle autorizzazioni paesaggistiche, di cui al presente comma, vedi l’ art. 30, comma 3, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, come modificato dall’art. 3-quater, comma 2, D.L. 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112.
(12) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l’ art. 6, comma 4, D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.
1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di: (1)
a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio; (2)
b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.
(…)
(1) Alinea così modificato dall’art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. z), n. 1), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
(2) Lettera così modificata dall’art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.
[3] art. 16, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 165/2001
1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell’ambito di quanto stabilito dall’articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
(…)
e) dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’articolo 21;
Sul SO n. 71 al BUR n. 14 del 14 aprile 2010 è pubblicata la deliberazione consiliare n. 70 del 10/02/2010 concernente: “Approvazione del Piano Territoriale Paesistico di Roma 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e Acquedotti” ai sensi degli articoli 21 comma 2, 22 e 23 della L.R. 24/1998 e dell’articolo 143 del DLgs 42/04″.
1. La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale.
2. Il rinunciante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti, salvo che il collegio, avuto riguardo a ogni circostanza, ritenga di compensarle.
3. La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue.
4. Anche in assenza delle formalità di cui ai commi precedenti il giudice può desumere dall’intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa.
[7]Legge 28 febbraio 1985, n. 47 Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali
a) gli immobili e le aree di cui all’articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141 (1);
b) le aree di cui all’articolo 142 (2);
c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156. (3)
(3) Lettera così modificata dall’art. 4, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. d), n. 3), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di: (1)
a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio; (2)
b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.
(…)
(1) Alinea così modificato dall’art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. z), n. 1), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
(2) Lettera così modificata dall’art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.
1. L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno:
a) ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse dalla natura, dalla storia e dalle loro interrelazioni, ai sensi degli articoli 131 e 135;
b) ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1, fatto salvo il disposto di cui agli articoli 140, comma 2, e 141-bis;
c) ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell’articolo 142, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione di prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;
d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1;
e) individuazione di eventuali, ulteriori contesti, diversi da quelli indicati all’articolo 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione;
f) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
g) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela;
h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;
i) individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualità, a termini dell’articolo 135, comma 3.
2. Le regioni, il Ministero ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalità di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici, salvo quanto previsto dall’articolo 135, comma 1, terzo periodo. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale deve essere completata l’elaborazione del piano. Il piano è oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’accordo stabilisce altresì i presupposti, le modalità ed i tempi per la revisione del piano, con particolare riferimento all’eventuale sopravvenienza di dichiarazioni emanate ai sensi degli articoli 140 e 141 o di integrazioni disposte ai sensi dell’articolo 141-bis. Il piano è approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato nell’accordo. Decorso inutilmente tale termine, il piano, limitatamente ai beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. Approvato il piano paesaggistico, il parere reso dal soprintendente nel procedimento autorizzatorio di cui agli articoli 146 e 147 è vincolante in relazione agli interventi da eseguirsi nell’ambito dei beni paesaggistici di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, salvo quanto disposto al comma 4, nonché quanto previsto dall’articolo 146, comma 5.
4. Il piano può prevedere:
a) la individuazione di aree soggette a tutela ai sensi dell’articolo 142 e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157, nelle quali la realizzazione di interventi può avvenire previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del titolo edilizio, della conformità degli interventi medesimi alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale;
b) la individuazione delle aree gravemente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 146.
5. L’entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 4 è subordinata all’approvazione degli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 145, commi 3 e 4.
6. Il piano può anche subordinare l’entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di interventi senza autorizzazione paesaggistica, ai sensi del comma 4, all’esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l’effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.
7. Il piano prevede comunque che nelle aree di cui al comma 4, lettera a), siano effettuati controlli a campione sugli interventi realizzati e che l’accertamento di significative violazioni delle previsioni vigenti determini la reintroduzione dell’obbligo dell’autorizzazione di cui agli articoli 146 e 147, relativamente ai comuni nei quali si sono rilevate le violazioni.
8. Il piano paesaggistico può individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.
9. A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici.
(1) Articolo sostituito dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. p), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
art. 134, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 (vedi nota 5)
1. Per Città storica si intende l’insieme integrato costituito dall’area storica centrale interna alle mura, dalle parti urbane dell’espansione otto-novecentesca consolidata, interne ed esterne alle mura, e dai singoli siti e manufatti localizzati nell’intero territorio comunale, che presentano una identità storico-culturale definita da particolari qualità, riconoscibili e riconosciute dal punto di vista dei caratteri morfogenetici e strutturanti dell’impianto urbano e di quelli tipo-morfologici, architettonici e d’uso dei singoli tessuti, edifici e spazi aperti, anche in riferimento al senso e al significato da essi assunti nella memoria delle comunità insediate.
2. All’interno della Città storica, gli interventi edilizi e urbanistici, nonché le iniziative di promozione sociale ed economica, sono finalizzati alla conservazione e valorizzazione delle qualità esistenti, nel rispetto delle peculiarità di ciascuna delle componenti insediative, e sono volti al perseguimento dei seguenti obiettivi:
a) la conservazione dei tessuti edilizi esistenti e degli specifici e stratificati caratteri storico-morfologici, anche attraverso l’eliminazione delle superfetazioni;
b) la preservazione della destinazione residenziale prevalente, nonché del tessuto commerciale e artigianale che riveste un valore storico-artistico e di identità sociale e culturale;
c) l’integrazione delle attrezzature e dei servizi mancanti per il consolidamento della funzione residenziale e lo svolgimento delle altre funzioni compatibili;
d) il trasferimento delle sedi direzionali, al fine di ridurre il carico urbanistico dei Tessuti più centrali e favorire la distribuzione policentrica di tali funzioni;
e) il restauro dei complessi e degli edifici speciali con la con- ferma, la riscoperta e la valorizzazione del loro ruolo storico-morfologico, funzionale e simbolico nella struttura urbana;
f) la tutela e valorizzazione dei beni di archeologia antica e medievale, siano essi parti strutturali, tecnologiche o decorative inglobate in costruzioni di epoca successiva ovvero organismi edilizi autonomi (torri, oratori, fortificazioni, ecc.);
g) la manutenzione e il recupero degli spazi aperti esterni (strade, piazze, parchi e giardini) e interni (corti, orti e giardini), come componenti strutturanti dei diversi impianti insediativi;
h) la riqualificazione degli edifici e delle aree degradate, anche attraverso interventi di demolizione con o senza ricostruzione, e ridisegno degli spazi aperti.
3. La Città storica si articola nelle seguenti componenti:
a) Tessuti; b) Edifici e complessi speciali; c) Spazi aperti;
d) Ambiti di valorizzazione. Tali componenti sono individuate nell’elaborato 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:10.000, e, relativamente alla parte centrale della Città, nell’elaborato 2.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:5.000. Concorrono all’articolazione della Città storica, gli Ambiti di programmazione strategica di cui all’art. 64, che associano più componenti anche esterne alla Città storica.
Modalità d’intervento
4. Gli obiettivi di cui al precedente comma 2 sono perseguiti: a) tramite interventi prevalentemente diretti nei Tessuti, negli Edifici e complessi speciali, negli Spazi aperti, da attuarsi nel rispetto della specifica disciplina di cui agli articoli da 25 a 42, e secondo quanto previsto nell’elaborato G2. “Guida per
la qualità degli interventi”; b) tramite interventi prevalentemente indiretti negli Ambiti di valorizzazione, da attuarsi nel rispetto della specifica disciplina dell’art. 43 e secondo quanto previsto in Appendice 1 alle presenti NTA, recante “Schede degli Ambiti di valorizzazione”;
c) tramite interventi diretti e indiretti, tra loro coordinati, negli Ambiti di programmazione strategica, da attuarsi nel rispetto della specifica disciplina dell’art. 64 e secondo quanto previsto negli elaborati indicativi da I4 a I8.
5. Fatto salvo quanto più specificatamente previsto nelle norme di componente – e in particolare dagli articoli 25 e 36 -, sugli edifici esistenti di Città storica sono ammesse, in generale, le seguenti categorie d’intervento, come definite all’art. 9:
a) su tutti gli edifici sono sempre consentiti gli interventi di categoria MO, MS, RC, come definiti dall’art. 9;
b) sui beni individuati nella Carta per la qualità, ivi compresi i beni tutelati ai sensi di legge, sono consentiti gli interventi di cui all’art. 16, comma 3;
c) sugli edifici d’interesse storico-architettonico, non inseriti nella Carta per la qualità, sono consentiti interventi di categoria RE1;
d) sugli edifici, o parti di essi, privi di interesse storico e architettonico, sin dall’origine o a seguito di irreversibili altera- zioni, sono consentiti interventi di categoria RE2, DR, AMP, secondo le componenti in cui ricadono.
6. Gli interventi di categoria RE2, DR, AMP, sono ammessi previa verifica, da parte del Comune, dell’interesse storico-architettonico degli edifici esistenti, da effettuare in base alle disposizioni di cui agli articoli 25, comma 5, e 36, comma 5, e ai criteri appositamente definiti nella “Guida per la qualità degli interventi”.
7. Ad esito della verifica di cui al comma 6, oltre a definire l’as senza o la presenza dell’interesse storico-architettonico, il Comune può formulare indirizzi o prescrizioni progettuali da osservare per l’accesso alle categorie d’intervento di cui al comma 5.
8. Nel caso di interventi indiretti, la verifica di cui al comma 6 è parte integrante dello strumento urbanistico esecutivo e della sua istruttoria, fatta salva la facoltà dei soggetti proponenti di procedere con le modalità di cui al comma 9, lett. c), prima della presentazione della strumento urbanistico.
9. Nel caso di interventi diretti, la verifica deve concludersi prima della richiesta del titolo abilitativo, e può avvenire secondo i seguenti procedimenti:
a) di iniziativa pubblica, mediante la pre-individuazione d’ufficio, in sede di aggiornamento della Carta per la qualità, anche per ambiti e per fasi successive, degli edifici su cui sono ammessi o preclusi gli interventi di cui al comma 5, lett. d);
b) di iniziativa pubblica, mediante Programma integrato, nelle forme di cui all’art. 14, ad esito di sollecitazione, valutazione e approvazione, da parte del Comune, delle proposte o istanze private d’intervento;
c) di iniziativa privata, mediante istanza dei proprietari interessati, corredata da apposita relazione tecnico-scientifica, rivolta all’Ufficio competente, che acquisisce il parere del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, secondo le moda-lità di cui al comma 12.
10. Dell’avvio dei procedimenti di cui al comma 9, è data pubblica comunicazione, ai sensi e per gli effetti delle norme di cui al Capo III della legge n. 241/1990; a decorrere dall’avvio di tali procedimenti e per un periodo non superiore a 6 mesi, sono sospese le istanze di cui al comma 9 lett. c), relative a edifici ricadenti negli ambiti interessati dai procedimenti di iniziativa pubblica.
11. Nei procedimenti di cui al comma 9, lett. b) e c), ove le istanze private siano corredate da proposta progettuale e gli stessi procedimenti si concludano con esito favorevole, si prescinde dal parere consultivo di cui al comma 12. Dai procedimenti del presente paragrafo sono esentati i beni di cui all’art. 16.
Approvazione dei progetti
12. Gli strumenti urbanistici esecutivi e i progetti edilizi ammessi con modalità diretta sono predisposti secondo i contenuti e le modalità stabilite nell’elaborato G2. “Guida per la qualità degli interventi”; ove riguardino interventi di categoria RE, DR, AMP, NE, sono obbligatoriamente sottoposti, ai fini dell’approvazione o abilitazione, al parere consultivo del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, che si esprime entro 45 giorni dalla richiesta del responsabile del procedimento, decorsi infruttuosamente i quali si prescinde dal parere medesimo.
13. La richiesta del parere è formulata in seno al procedimento di istruttoria degli strumenti urbanistici esecutivi o delle richieste di permesso di costruire. In caso di Denuncia di inizio attività (DIA), presentata ai sensi dell’art. 22 del DPR n. 380/2001, il parere consultivo del Comitato, che si esprime con le modalità di cui al comma 12, è richiesto dal soggetto attuatore prima della presentazione della denuncia e, ove acquisito, ne correda la documentazione.
14. Per le finalità del comma 12, il Comitato è integrato, se già non ne fanno parte, da almeno due esperti di chiara fama in materia di storia e conservazione dei beni architettonici.
15. Il parere del Comitato non deve essere richiesto per i beni inseriti nella Carta per la qualità, per i quali restano ferme le procedure e le competenze previste dall’art. 16; ove il progetto o lo strumento urbanistico esecutivo riguardi un insieme di beni appartenenti alle competenze procedimentali di Organi o Enti distinti, i rispettivi pareri devono essere tutti acquisiti, separatamente per il caso della DIA, o tramite conferenza di servizi nei casi di permesso di costruire o di strumento urbanistico esecutivo. In seno alla conferenza di servizi, il Comune è rappresentato esclusivamente dal responsabile del procedimento (o dal suo dirigente), che abbia preventivamente acquisito i pareri – se dovuti – della Sovrintendenza comunale e del Comitato di cui al comma 12, fatta salva l’ipotesi di infruttuoso decorso dei termini.
Concorsi di progettazione
16. Per la formazione degli strumenti urbanistici esecutivi o dei progetti relativi agli interventi privati diretti di categoria RE2, DR e AMP, ove comportino aumento di SUL, nonché di catego- ria NE, il Comune ha facoltà di disporre il ricorso a concorsi di idee o di progettazione, senza il vincolo delle formalità stabili- te dal Regolamento dei lavori pubblici; alla valutazione delle proposte progettuali concorre il soggetto titolare dell’attuazio- ne degli interventi.
17. I concorsi per gli interventi diretti sono disposti dal responsabile del procedimento di rilascio del titolo abilitativo (o dal suo dirigente), su proposta o previo parere del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, nell’ambito e ad esito della verifica preventiva di cui al comma 6; i concorsi per gli interventi indi- retti sono disposti a seguito della presentazione delle proposte di intervento da parte dei soggetti attuatori o su istanza pre- ventiva degli stessi. I concorsi possono essere altresì disposti con deliberazione di Giunta comunale estesa a determinate categorie di beni o di interventi.
18. Nei concorsi di progettazione, si prescinde dal parere di cui al comma 12. Negli stessi concorsi e in caso di ricorso, prescritto o facoltativo, alla modalità di attuazione indiretta, sono con- sentite, per motivate ragioni di qualità progettuale, deroghe alle prescrizioni particolari stabilite nel comma 3 degli articoli da26a33eda38a40.
Collaborazione della Soprintendenza statale (*)
19. Nella parte di Città storica interna alle Mura Aureliane – dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità -, le competenze consultive assegnate al “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, ai sensi dei commi 9, lett. c), e 12, e dell’art. 25, comma 8, sono esercitate dalla Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma, organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali; in tal caso, il parere consultivo di cui al comma 12 è esteso agli interventi di categoria MS [Manutenzione straordinaria ] e RC [Restauro e risanamento conservativo], nonché agli interventi da abilitare tramite DIA, ai sensi del comma 21.
20. Le disposizioni del comma 19 si applicano dall’entrata in vigore del presente PRG. Con la formalizzazione di apposita intesa tra Comune e Ministero per i Beni e le Attività culturali – Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, saranno individuate le modalità di collaborazione tra le due amministrazioni e definiti i criteri di valutazione di immobili e progetti, sulla base di quanto indicato nella “Guida per la qualità degli interventi”.
21. Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del DPR n. 380/2001, nei Tessuti T1, T2, T3, T10, negli Edifici e complessi speciali, nei beni indivi-duati nella Carta per la qualità, gli interventi di categoria MO, se interessano le parti comuni, con rilevanza esterna, delle Unità edilizie, sono soggette a DIA.
[12] Il protocollo è lo stesso poi maldestramente inserito nelle NTA del PTPR dal maxiemendamento dell’assessore Valeriani la notte del 2 agosto 2019, approvato in consiglio regionale. A scorrere il protocollo, la parola “parere consultivo” ricorre continuamente (con la sola esclusione degli immobili vincolati) e balza agli occhi il punto c): “Progetti relativi a immobili non vincolati ai sensi del DL 42/2004 (il Codice) ricadenti nella parte di Città Storica dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità“: “i progetti relativi a tali immobili ove riguardino interventi di categoria DR [demolizione ricostruzione]; AMP [ampliamento] , NE [Nuove edificazioni su aree libere] devono essere sottoposti al parere consultivo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Comune di Roma“.
Parte IV SanzioniTitolo I Sanzioni amministrative Capo I Sanzioni relative alla Parte secondaArticolo 160. (Ordine di reintegrazione)
1. Se per effetto della violazione degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del Capo III del titolo I della Parte seconda il bene culturale subisce un danno, il Ministero ordina al responsabile l’esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione. 2. Qualora le opere da disporre ai sensi del comma 1 abbiano rilievo urbanistico-edilizio l’avvio del procedimento e il provvedimento finale sono comunicati anche alla città metropolitana o al comune interessati. 3. In caso di inottemperanza all’ordine impartito ai sensi del comma 1, il Ministero provvede all’esecuzione d’ufficio a spese dell’obbligato. Al recupero delle somme relative si provvede nelle forme previste dalla normativa in materia di riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato. 4. Quando la reintegrazione non sia possibile il responsabile è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa. 5. Se la determinazione della somma, fatta dal Ministero, non è accettata dall’obbligato, la somma stessa è determinata da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal Ministero, uno dall’obbligato e un terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dall’obbligato.
1. Ogni individuo ha diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione.
2 Tale diritto comprende in particolare: il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio, il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale, l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.
3. Ogni individuo ha diritto al risarcimento da parte della Comunità dei danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri.
4. Ogni individuo può rivolgersi alle istituzioni dell’Unione in una delle lingue del trattato e deve ricevere una risposta nella stessa lingua.
Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge [95 c.3], in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari [28].
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge [51 c.1].
[17] dall’art. 7, comma 5, delle NTA PTPR [adottato nel 2008]
art. 7 (misure di salvaguardia del PTPR e dei piani paesistici vigenti e adottati)
(…)
comma 5 Per la parte del territorio interessato dai beni paesaggistici, immobili ed aree tipizzati e individuati dal PTPR ai sensi dell’articolo 134 comma 1 lettera c del Codice si applica, a decorrere dalla adozione, esclusivamente la disciplina di tutela del PTPR, anche in presenza di classificazione per zona ai fini della tutela contenuta nei PTP vigenti
(…)
[18] In realtà la nota citata, con il numero di protocollo 94875 del 19/06/2009, è stata inviata dal Comune di Roma alla regione, com e Parere in merito ai beni paesaggistici inerenti immobili e le aree tipizzati ed individuati dal PTPR, ai sensi dell’art. 134, lett. c) del D.Lgs. n. 42/2004; insediamenti urbani storici e territori contermini
Articolo 81 ( Delocalizzazioni delle attività incompatibili con la tutela e demolizione dei manufatti per i quali il piano prescriva la eliminazione)
1.Tutte le delocalizzazioni delle attività previste dal Piano sono disciplinate ed attuate attraverso appositi strumenti urbanistici attuativi o Piani attuativi di cui all’articolo 79 lettera c)*.
* all’articolo 79 lettera c
Art. 79: Individuazione degli strumenti di attuazione del Piano
1. In conformità con quanto disposto all’art. 31.1 della L.R. 24/98, al fine di realizzare gli interventi previsti dalle presenti norme, sono individuati quali strumenti di attuazione del Piano a) i programmi di intervento per il paesaggio;
b) i parchi culturali ed archeologici; c) i piani attuativi comunali con valenza paesistica.
2. I perimetri da sottoporre a tali strumenti sono individuati graficamente alle tavole serie E4, E5.
Articolo 149 Interventi non soggetti ad autorizzazione
1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 143, comma 4, lettera a), non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta dall’articolo 146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159: (1)
a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici;
b(…)
(1) Alinea così modificato dall’art. 19, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. v), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
[21]’art. 15 del Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni culturali, adottato con D.P.C.M. 29.8.2014 n. 171,
Art. 15 Direzione generale «Belle arti e paesaggio»
1. La Direzione generale Belle arti e paesaggio svolge le funzioni e i compiti relativi alla tutela dei beni storici, artistici ed etnoantropologici, ivi compresi i dipinti murali e gli apparati decorativi, alla tutela dei beni architettonici e alla qualita’ ed alla tutela del paesaggio. Con riferimento all’attivita’ di tutela esercitata dalle Soprintendenze Belle arti e paesaggio, la Direzione generale esercita i poteri di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, solo in caso di necessita’ ed urgenza, informato il Segretario generale, avocazione e sostituzione, anche su proposta del Segretario regionale.
2. In particolare, il Direttore generale:
a) esprime il parere, per il settore di competenza, sui programmi annuali e pluriennali di intervento proposti dai titolari degli uffici dirigenziali periferici e dai segretari regionali, sulla base dei dati del monitoraggio dei flussi finanziari forniti dalla Direzione generale Organizzazione e dalla Direzione generale Bilancio;
b) elabora, anche su proposta dei titolari degli uffici dirigenziali periferici, sentita la Direzione Educazione e ricerca, i programmi concernenti studi, ricerche ed iniziative scientifiche in tema di inventariazione e catalogazione dei beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici;
c) esprime la volonta’ dell’amministrazione nell’ambito delle determinazioni interministeriali concernenti il pagamento di imposte mediante cessione di beni immobili di interesse architettonico, storico, artistico ed etnoantropologico;
d) irroga le sanzioni ripristinatorie e pecuniarie previste dal Codice, secondo le modalita’ da esso definite, per la violazione delle disposizioni in materia di beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici;
e) e’ sentito dagli istituti e musei di cui all’articolo 30, comma 3, ai fini dell’autorizzazione al prestito di beni storici, artistici ed etnoantropologici per mostre od esposizioni sul territorio nazionale o all’estero, ai sensi dell’articolo 48, comma 1, del Codice, anche nel rispetto degli accordi di cui all’articolo 20, comma 2, lettera b), e delle linee guida di cui al medesimo articolo 20, comma 2, lettera u), fatte salve, in ogni caso, le prioritarie esigenze della tutela;
f) puo’ proporre alla Direzione generale Musei di dichiarare, ai sensi dell’articolo 48, comma 6, del Codice, ed ai fini dell’applicazione delle agevolazioni fiscali ivi previste, il rilevante interesse culturale o scientifico di mostre od esposizioni di beni storici, artistici ed etnoantropologici e di ogni altra iniziativa a carattere culturale che abbia ad oggetto i beni medesimi, anche nel rispetto degli accordi di cui all’articolo 20, comma 2, lettera b), e delle linee guida di cui al medesimo articolo 20, comma 2, lettera u), fatte salve, in ogni caso, le prioritarie esigenze della tutela;
g) adotta i provvedimenti in materia di acquisizioni coattive di beni culturali nel settore di competenza a titolo di prelazione, di acquisto all’esportazione o di espropriazione, ai sensi degli articoli 60, 70, 95, 96 e 98 del Codice;
h) adotta i provvedimenti di competenza dell’amministrazione centrale in materia di circolazione di cose e beni culturali in ambito internazionale, tra i quali quelli di cui agli articoli 65, comma 2, lettera b), 68, comma 4, 71, comma 4, 76, comma 2, lettera e), e 82 del Codice;
i) predispone ed aggiorna, sentiti i competenti organi consultivi, gli indirizzi di carattere generale cui si attengono gli uffici di esportazione nella valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione, ai sensi dell’articolo 68 del Codice;
l) esprime le determinazioni dell’amministrazione, concordate con le direzioni generali competenti, in sede di conferenza di servizi o nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale per interventi di carattere intersettoriale, di dimensione sovraregionale;
m) istruisce, acquisite le valutazioni delle direzioni generali competenti, i procedimenti di valutazione di impatto ambientale ed esprime il parere per le successive determinazioni del Ministro;
n) esprime il parere sulla proposta della Commissione regionale per il patrimonio culturale competente, ai fini della stipula, da parte del Ministro, delle intese di cui all’articolo 143, comma 2, del Codice;
o) predispone, su proposta del segretario regionale competente,
la proposta per l’approvazione in via sostitutiva, da parte del Ministro, del piano paesaggistico limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), del Codice;
p) ai sensi dell’articolo 141 del Codice adotta, sentite le Commissioni regionali per il patrimonio culturale competenti, la dichiarazione di notevole interesse pubblico relativamente ai beni paesaggistici che insistano su un territorio appartenente a piu’ regioni;
q) promuove la stipula di convenzioni tra il Ministero, gli enti territoriali e locali e cooperative di giovani, storici dell’arte, archeologi, archivisti e bibliotecari, per la migliore gestione di beni storici e artistici, per rendere piu’ fruibili e funzionali i luoghi d’arte e di studio e accrescere la sensibilita’ culturale e l’educazione al patrimonio storico e artistico;
r) promuove la valorizzazione del paesaggio, con particolare riguardo alle aree periferiche compromesse o degradate, al fine della ridefinizione e ricostituzione di paesaggi, secondo le previsioni della Convenzione europea del paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dall’Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14;
s) fornisce per le materie di competenza il supporto e la consulenza tecnico-scientifica agli uffici periferici del Ministero;
t) decide, per i settori di competenza, i ricorsi amministrativi previsti agli articoli 16, 47, 69 e 128 del Codice;
u) esercita le funzioni di indirizzo e, d’intesa con la Direzione
generale Bilancio, di vigilanza,
costituito con la partecipazione
attinenti agli ambiti di competenza
3. La Direzione generale Belle coordinamento e le funzioni di indirizzo e, d’intesa con la Direzione generale Bilancio, di vigilanza, sull’Istituto centrale per la demoetnoantropologia e sull’Istituto centrale della grafica, anche ai fini dell’approvazione, su parere conforme della Direzione Bilancio, del bilancio di previsione, delle relative proposte di variazione e del conto consuntivo. La Direzione generale assegna, altresi’, d’intesa con la Direzione generale Organizzazione e la Direzione generale Bilancio, le risorse umane e strumentali ai suddetti Istituti. Presso la Direzione generale opera il Comitato tecnico-scientifico speciale per il patrimonio storico della Prima guerra mondiale di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 78.
4. La Direzione generale Belle arti e paesaggio costituisce centro di responsabilita’ amministrativa ai sensi dell’articolo 21, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, ed e’ responsabile per l’attuazione dei piani gestionali di competenza della stessa.
5. La Direzione generale Belle arti e paesaggio si articola in cinque uffici dirigenziali di livello non generale, compresi l’Istituto centrale per la demoetnoantropologia e l’Istituto centrale della grafica, e in Soprintendenze Belle arti e paesaggio, uffici dirigenziali di livello non generale periferici, individuati ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e dell’articolo 4, commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.
Articolo 136 Immobili ed aree di notevole interesse pubblico
1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico:
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali (1);
b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza;
c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici (2);
d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze (3).
(2) Lettera così modificata dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. f), n. 2), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
[25] Codice sulla protezione UNESCO (?) 1. Le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione e la promozione delle diversità culturali, adottate a Parigi, rispettivamente, il 3 novembre 2003 ed il 20 ottobre 2005, sono assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 10.*
* Dispositivo dell’art. 10 Codice dei beni culturali e del paesaggio
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
2. Sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all’articolo 47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 .
3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, il provvedimento di cui all’articolo 13 può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale;
d-bis) le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione;
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse.
4. Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio;
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
l) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale.
5. Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, nonché le cose indicate al comma 3, lettera d-bis), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni.
1. Indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione all’albo pretorio prevista dagli articoli 139 e 141, ovvero dall’avvenuta comunicazione prescritta dall’articolo 139, comma 3, la regione o il Ministero hanno facoltà di: (1)
a) inibire che si eseguano lavori senza autorizzazione o comunque capaci di recare pregiudizio al paesaggio; (2)
b) ordinare, anche quando non sia intervenuta la diffida prevista alla lettera a), la sospensione di lavori iniziati.
2. L’inibizione o sospensione dei lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all’albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 138 o all’articolo 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione prevista dall’articolo 139, comma 3. (3)
3. (4)
4. I provvedimenti indicati ai commi precedenti sono comunicati anche al comune interessato.
(1) Alinea così modificato dall’art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. z), n. 1), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
(2) Lettera così modificata dall’art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.
(3) Comma così modificato dall’art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e, successivamente, dall’art. 2, comma 1, lett. z), n. 2), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. (5)
2. Sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all’articolo 47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. (2)
3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, il provvedimento di cui all’articolo 13 può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale; (6)
d-bis) le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione; (8)
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse. (3)
4. Sono comprese tra le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettera a):
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano carattere di rarità o di pregio; (1)
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di pregio;
e) le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f) le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;
i) le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etnoantropologico;
l) le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale. (4)
5. Salvo quanto disposto dagli articoli 64 e 178, non sono soggette alla disciplina del presente titolo le cose indicate al comma 1 e al comma 3, lettere a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni, nonché le cose indicate al comma 3, lettera d-bis), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni. (7)
(1) La presente lettera, da ultimo, è stata così modificata dall’art. 2, comma 1, lett. a), n. 5), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 62.
1. La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’articolo 10, comma 3.
2. La dichiarazione non è richiesta per i beni di cui all’articolo 10, comma 2. Tali beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica
1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;
e) i ghiacciai e i circhi glaciali;
f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;
g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;
h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;
i) le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
l) i vulcani;
m) le zone di interesse archeologico (2).
2. La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985 (3):
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici , ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B (4);
b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate (5);
c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.
3. La disposizione del comma 1 non si applica, altresì, ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è sottoposto alle forme di pubblicità previste dall’articolo 140, comma 4. (6)
4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all’articolo 157.
(1) Articolo sostituito dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157.
1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: “piani paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143.
2. I piani paesaggistici, con riferimento al territorio considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari, nonché le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i relativi ambiti.
3. In riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d’uso, per le finalità indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualità.
4. Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare:
a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonché delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici;
b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate;
c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio;
d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.
(1) Articolo sostituito dall’art. 5, comma 1, D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 63.
Art. 25 (Autorizzazioni e pareri paesistici nelle zone vincolate)
1. Ogni modificazione allo stato dei luoghi nell’ambito delle zone sottoposte ai vincoli di cui all’articolo 19, comprese quelle non individuate nelle tavole indicate all’articolo 20, comma 1, lettera b), è subordinata all’autorizzazione di cui all’articolo 7 della l. 1497/1939 ed ai pareri paesistici relativi agli strumenti urbanistici espressi ai sensi della stessa legge.
1bis. Non è richiesta l’autorizzazione di cui al comma 1: a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici; b) per gli interventi inerenti all’esercizio dell’attività agro-silvo pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio; c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste di cui all’articolo 10, purchè previsti ed autorizzati ai sensi della normativa vigente. (62)
2. Le autorizzazioni e i pareri di cui al comma 1, nelle zone classificate ai fini della tutela, sono espressi in coerenza con le norme dei PTP o del PTPR e delle relative cartografie.
3. Nell’ambito delle zone vincolate ma non classificate dai PTP o dal PTPR ai fini della tutela si applicano le norme di salvaguardia di cui all’articolo 31*.
4. Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico ricadenti in ambiti territoriali sprovvisti di PTP si applicano le misure di salvaguardia previste dall’articolo 31, commi 3 e 4.
5. Nelle aree interessate da una sovrapposizione di vincoli relativi ai beni diffusi di cui alla l. 431/1985 e alle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi della l. 1497/1939 si applicano entrambe le norme, se compatibili; in caso di contrasto, prevale la più restrittiva.
6. Le autorizzazioni di cui all’articolo 7 della l. 1497/1939 per le opere per le quali è prevista la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) in attuazione delle direttive comunitarie sono rilasciate dall’ente competente all’interno del procedimento di VIA. (63)
7. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 7 della l. 1497/1939, prima dell’entrata in vigore della presente legge e relative ad interventi per i quali non si sia ancora proceduto all’inizio dei lavori e nei casi di demolizione e ricostruzione non si sia proceduto alla ricostruzione, debbono ritenersi sospese sino alla verifica della loro conformità alle norme della presente legge, cui provvede l’organo preposto alla tutela del vincolo entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa; decorso inutilmente tale termine, le medesime autorizzazioni si intendono assentite (64).
* Art. 31 (Norme di salvaguardia)
1. Le aree sottoposte a vincolo paesistico, comprese in ambiti per i quali è stato approvato un PTP o il PTPR ma sprovviste della classificazione ai fini della tutela, sono disciplinate dalle seguenti norme di salvaguardia: a) nelle zone agricole si applica la normativa prevista dai singoli PTP o dal PTPR per zone agricole analoghe;
b) nelle altre zone sono consentiti gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico e igienico e restauro conservativo nonché, subordinatamente all’approvazione di piani attuativi accompagnati dal SIP di cui agli articoli 29 e 30, gli interventi consentiti dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP. (72)
2. Per le aree sottoposte a vincolo paesistico successivamente all’approvazione dei PTP o del PTPR, per le quali i singoli PTP o il PTPR abbiano già previsto la classificazione ai fini della tutela, si confermano i livelli di tutela previsti, da applicare in regime di salvaguardia; la stessa disposizione si applica per le aree che siano state sottoposte a vincolo paesistico successivamente all’adozione dei PTP o del PTPR.
3. Per gli ambiti territoriali sprovvisti di PTP, nei territori soggetti a vincolo paesistico ai sensi dell’articolo 1 della l. 431/1985, si applica la normativa contenuta nel Capo II.
4. Per gli ambiti territoriali sprovvisti di PTP nelle aree sottoposte a vincolo paesistico con provvedimento dell’amministrazione competente si applicano le seguenti norme di salvaguardia: a) nelle zone agricole l’edificazione è consentita, se prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, con l’indice di edificabilità fondiaria non superiore a metri cubi 0,015/mq su lotti minimi di 50.000 mq; b) nelle altre zone sono consentiti gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico e igienico e restauro conservativo nonché, subordinatamente all’approvazione di piani attuativi accompagnati dal SIP di cui agli articoli 29 e 30, gli interventi consentiti dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP. (73)
[33] legge n. 77/2006, https://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1755175100.html
[34] Il testo del Piano di Gestione del sito patrimonio mondiale UNESCO di Roma viene licenziato dalla Commissione tecnico-scientifica nell’ottobre 2015; il Commissario Tronca, subentrato alla guida della Capitale dopo la caduta della Giunta Marino, approva il Piano generale gestione per la tutela e la valorizzazione (delibera 62/2016) che tuttavia, come scopre ed esplicita nel paragrafo ” Il Piano Territoriale Paesistico Regionale e i suoi effetti sul sito“, è stato “impropriamente investito” di “un ruolo di sorgente normativa” , concludendo che “risulta pertanto necessario eliminare tale rinvio, integrando il PTPR con le specifiche disposizioni di tutela previste per l‟insediamento urbano storico e le relative procedure“.
Questo il testo (dal Piano generale gestione per la tutela e la valorizzazione (delibera 62/2016) : Nella fase di adozione il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale ha rinviato al Piano di Gestione la formulazione delle indicazioni relative all‟insediamento urbano storico corrispondente al sito UNESCO di Roma , attribuendo impropriamente al PdG un ruolo di sorgente normativa. Compito del Piano di Gestione è svolgere un coordinamento tra i diversi livelli di pianificazione per mantenere nel tempo l‟integrità dei valori che hanno consentito l‟iscrizione sulla Lista del Patrimonio Mondiale. Risulta pertanto necessario eliminare tale rinvio, integrando il PTPR con le specifiche disposizioni di tutela previste per l‟insediamento urbano storico e le relative procedure. Sarà opportuno inoltre individuare le opportunità e i fattori di rischio presenti nel Sito e le strategie da attuare per gestire i processi di trasformazione urbana coniugando tutela e valorizzazione e garantendo pronunciamenti rapidi e condivisi.