TUTTO RESTA ESATTAMENTE COME PRIMA
Ore 3.26 di notte, dibattito sul Piano Territoriale Paesaggistico Regionale, prende la parola l’Assessore all’urbanistica Valeriani, che presenta in poche parole il maxiemendamento della Giunta, che sarà votato la notte stessa .
Quando l’Assessore affronta il punto del Centro storico di Roma, è subito chiaro che non sarà cancellato il comma che lo esclude dalle tutele paesaggistiche previste per i centri storici degli altri comuni del Lazio, e che non saranno inserite neanche autorizzazioni paesaggistiche vincolanti(1).
Questa la nuova formulazione proposta del comma (anticipataci da alcuni consiglieri regionali*):
17. Non si applicano le disposizioni sostanziali e procedurali di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco centro storico di Roma. All’interno di tale perimetro, le valutazioni in ordine alla conformità e compatibilità paesaggistica degli interventi sono esercitate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma, secondo quanto stabilito dal Protocollo di intesa tra Ministero per i Beni e le attività culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)
“Valutazioni”.
Andando a leggere i documenti citati, si capisce che si tratta di un escamotage che non sposta di una virgola la situazione che da 12 anni lascia il Paesaggio del centro storico della Capitale – e a maggior ragione certi tessuti della città storica – privo di qualunque tutela obbligata.
Già nella versione della Proposta di deliberazione 26 del 4 gennaio 2019 era previsto che “…L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità”(2): un ulteriore rimando, dopo 12 anni dall’adozione del PTPR, a una ulteriore e lunga procedura – elaborazione, pubblicazione, raccolta osservazioni, controdeduzioni etc – che in pratica si sarebbe tradotta in un rinvio alle “calende greche”.
Ma con questo comma si fa ancora peggio: anzichè inserire, come prescritto dal Codice dei Beni culturali (e auspicato nel Piano di Gestione Unesco poi approvato da Tronca), anche il Centro storico di Roma nel Piano Territoriale Paesaggistico Regionale, restituendo i giusti colori alla “macchia rossa” che l’attuale cartografia lascia all’interno delle Mura Aureliane, si è scelto di mettere una pietra tombale sulla sua tutela paesaggistica.
Infatti la Regione, che secondo il Codice è il soggetto preposto, insieme al Ministero dei Beni culturali, alla pianificazione del PTPR, vi rinuncia per quanto riguarda il centro storico di Roma, dove il PTPR poteva introdurre le autorizzazioni vincolanti del MIBAC, scaricando la “patata bollente” alla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per il Comune di Roma (tra l’altro: quali prescrizioni dovrebbe applicare la Soprintendenza se non sono normate da nessuna parte ?).
Lo scaricabarile viene giustificato con un “Protocollo di intesa tra Ministero per i Beni e le attività culturali ed il Comune di Roma”, siglato nel 2009 (3) che in realtà ha per oggetto “La definizione delle modalità di collaborazione relativa all’acquisizione del parere consultivo di cui all’art. 24 comma 19 delle Norme tecniche di attuazione del Nuovo Piano Regolatore di Roma ai sensi dell’art. 24 comma 20 delle stesse NTA“(4).
E a scorrere il protocollo, la parola “parere consultivo” ricorre continuamente (con la sola esclusione degli immobili vincolati) e balza agli occhi il punto c): “Progetti relativi a immobili non vincolati ai sensi del DL 42/2004 (il Codice) ricadenti nella parte di Città Storica dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità“: “i progetti relativi a tali immobili ove riguardino interventi di categoria DR [demolizione ricostruzione]; AMP [ampliamento] , NE [Nuove edificazioni su aree libere] (5) devono essere sottoposti al parere consultivo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Comune di Roma“.
Quindi nel PTPR approvato non viene inserita nessuna tutela paesaggistica per i “villini” dei tessuti dei quartieri novecenteschi, e neanche per il centro storico dentro le Mura Aaureliane.
Potranno quindi proliferare interventi che non saranno sottoposti a nessuna autorizzazione paesaggistica vincolante, ma solo a “pareri”.