PERIFERIE: frammenti di non luoghi senza idea
17 novembre 2014 L’articolo di Enzo Scandurra pubblicato su “Il Manifesto” del 15 novembre è sicuramente un dipinto crudo e realistico di questa umanità dolente e di questo girone dantesco che è diventata la periferia delle grandi città.
Sento il fallimento completo della politica, della cultura, dell’urbanistica, dell’architettura, della sociologia, dell’economia. Nessuno ha oramai il controllo dei processi sociali nuovi e sempre più tumultuosi e distruttivi. Tor Sapienza purtroppo è un segnale iniziale di quello che potrà succedere a Roma e altrove. Nessuno di noi può dirsi estraneo ed indifferente e non più per spirito di cristiana carità o di laica solidarietà ma per puro istinto di autodifesa.
Bisogna solo capire dove occorre indirizzare questa umana reazione di autodifesa. Ci si può difendere anche non attaccando, ci si può difendere integrando, ci si può difendere gestendo l’immigrazione in tutte le sue forme da quella abitativa a quella lavorativa a quella culturale.
Ma per fare questo ci vorrebbe una Politica di altissimo livello e un personale di grande profilo morale e culturale. E prima della Politica alta ci vorrebbe una Cultura alta che crea le condizioni per la formazione e la selezione del personale politico.
I gravi problemi delle nostre periferie appartengono ad una nuova categoria non confrontabile con quelle della Roma di Ferrarotti e di Pasolini.
Allora c’erano ancora gli strumenti culturali, sociali, politici ed economici per gestirli, oggi pare drammaticamente di no!
Se non capiamo questo passaggio epocale avremo strumenti sempre più inutili non solo per fronteggiare ma per capire la tragedia che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e che percepiamo non più dentro un asettico schermo televisivo ma per contatto diretto, umorale, carnale, animale.
Di fronte allo scenario magistralmente illustrato da Enzo Scandurra non bastano più cristiani inviti alla solidarietà o sterili tentativi di analisi sociologiche sugli egoismi sociali, sui ricchi, sui poveri, sugli esclusi, sugli ultimi per concludere dicendo che la rabbia si deve indirizzare con chi detiene la massima parte della ricchezza sociale.
Ci vuole una rielaborazione di una teoria e di una pratica sociale e politica che sappia non solo interpretare i fenomeni ma prevenirli e guidarli verso esiti di integrazione sociale, economica, culturale. Che scendano in campo gli intellettuali, che i politici più seri abbiano uno scatto di dignità per una vera rivoluzione della politica!
Ci vuole un sussulto di dignità anche da parte degli architetti quando si costruiscono quartieri solo con la verifica di bianchi plastici spettrali e di freddi rendering in autocad 3D. Basta con le periferie senza servizi, senza aggregazioni sociali, senza bellezza, senza regole, senza lavoro, senza istruzione, senza pietas!
Nel 1979 nei miei cinquanta giorni in India ho toccato con mano i relitti umani, eppure tutto mi sembrava quasi composto in un ordine cosmico che trascendeva l’umana tragedia.
Oggi ho visto un servizio sulle favelas brasiliane e su fantasmi umani vaganti nella notte di Rio, disfatti dal crack in una città che per celebrare i Mondiali ha distrutto interi quartieri e cacciato migliaia di abitanti. All’orrore metropolitano non c’è mai fine se queste sono le metropoli del futuro! Oggi abbiamo la netta sensazione della sopraffazione della Natura Matrigna sulla Polis non solo per quanto riguarda gli eventi meteorologici ma anche per quelli di un degrado senza fine della condizione umana.
E sia per le cataratte che si aprono e che fanno tracimare fiumi e torrenti che per i lividi scenari dell’orrore metropolitano la colpa è nella mancanza del Governo delle cose e dell’assenza di Cultura e di Etica che questo Governo delle cose non riesce più ad esprimere. Oramai la mancanza di un’idea di Città e di altri modelli di coesione sociale nella Città non è più tollerabile. A Roma come altrove.
Paolo Gelsomini (Presidente Progetto Celio)